Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Il ricorso in cassazione contro i decreti ex artt. 330 e 333 c.c. provvisori e definitivi (di Gabriella Tomai, Consigliere della Corte d’Appello di Caltanissetta)


L’Autrice ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale sino alla recente Pronuncia n. 32358/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha infine affermato l’ammissibilità del ricorso in Cassazione ai sensi dell’art. 111 c.p.c. avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale per Minorenni artt. 330 e 331 c.c. L’arresto della Suprema Corte fa seguito alle recenti riforme normative in materia di filiazione e si pone nella stessa prospettiva di garantire un unico status ai figli sotto il profilo sostanziale e processuale, perseguendo il loro miglior interesse senza alcuna discriminazione.

The Author reviews the jurisprudence evolution until the recent sentence n. 32358/2018 of the United Sections of the Court of Cassation, which has finally affirmed the admissibility of cassation appeal under article 111 of the Civil Procedure Code against decisions of “Tribunale per i Minorenni” pronounced according to artt. 330 and 333 of the Civil Code. This decision of the Supreme Court follows the normative reforms concerning filiation with a view to guaranteeing an equal substantial and procedural status to children, perceiving their best interest without any discrimination.

SOMMARIO:

1. La responsabilità genitoriale fra vecchie e nuove competenze - 2. I rimedi impugnatori: il ricorso per cassazione - 3. Un nuovo impulso interpretativo alla luce delle riforme sulla filiazione - 4. La pronuncia della Corte di Cassazione, S.U., n. 32359/2018 - 5. Conclusioni


1. La responsabilità genitoriale fra vecchie e nuove competenze

Le recenti riforme in materia di filiazione hanno costruito un sistema fondato sull’unicità della condizione di figlio come soggetto parte integrante della relazione giuridica con i genitori, indipendentemente dalla modalità di acquisizione dello status. Emblematica di questa scelta è la riformulazione della rubrica del Titolo IX del Libro I del codice civile che da “Della potestà dei genitori” diventava “Della potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio” operata nella l. n. 219/2012 per poi ulteriormente modificarsi in “Della Responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio” all’esito del completamento del percorso di riforma, per effetto del d.lgs. n. 154/2013. Il mutamento della definizione da potestà a responsabilità genitoriale non è stato solo un mutamento terminologico, ma il tentativo di descrivere la responsabilità come insieme di poteri-doveri dei genitori verso i figli con funzioni principalmente di cura e di protezione, ponendo il focus sul figlio nel cui interesse questa responsabilità è esercitata. La visione unitaria della filiazione trovava, dunque, emblematica consacrazione nel novellato art. 315 c.c., il quale stabilisce che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, e nel nuovo art. 315 bis c.c., che descrive una sorta di statuto dei diritti del figlio, nei cui confronti si pone in condizione di reciprocità il ruolo genitoriale, coniugato in chiave di responsabilità per il soddisfacimento dell’interesse del figlio stesso. Il processo di unificazione della tutela giuridica dei figli era per la verità già iniziato per effetto della l. n. 54/2006 che introducendo il diritto alla bi-genitorialità e nel dettare norme in tema di affidamento condiviso, aveva uniformato le regole sostanziali applicabili, sia in caso di separazione della coppia genitoriale coniugata, sia con riferimento ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Non è mai sfuggito, comunque, all’operatore che l’effettivo percorso di omogeneizzazione ed uniformità delle tutele, necessario per rendere effettiva la paritaria condizione dei figli, non potesse limitarsi alle tutele sostanziali, ma dovesse gradatamente riguardare anche le tutele processuali. Se alla concezione unitaria di “figlio” [continua ..]


2. I rimedi impugnatori: il ricorso per cassazione

Quanto ai rimedi di impugnazione è espressamente previsto dalla norma di cui all’art. 38 disp. att. c.c. che i provvedimenti assunti siano reclamabili alla Corte d’Appello: nel caso in cui il giudice di primo grado sia il Tribunale per i Minorenni sarà competente la sezione della Corte d’Appello per i minorenni. Non v’è dubbio che la Corte d’Appello sia che operi in composizione mista, con l’integrazione dei consiglieri onorari minorili, sia che operi in composizione esclusivamente togata, per i reclami avverso le decisioni del giudice ordinario, opererà con lo stesso schema processuale del rito ca­merale di volontaria giurisdizione ai sensi dell’art. 739 c.p.c. A ben guardare, dunque, la fram­mentazione dei riti sembra trovare un momento di unificazione nei procedimenti di secondo grado che, per come sono costruiti, costituiscono il collettore unico per il vaglio di tutte le decisioni di primo grado, siano esse state emesse nelle forme di cui al procedimento disciplinato dall’art. 336 c.c. che nella forme del rito camerale previsto dagli artt. 737 ss. c.p.c. Peraltro anche il rito camerale disciplinato dall’art. 336 c.c. ha subito negli anni più recenti un processo di conversione da una radicale deformalizzazione e spiccata ufficiosità verso uno schema maggiormente rispettoso dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio. Risale al 2007 l’entrata in vigore della l. n. 149/2001 che ha limitato i poteri ufficiosi del Tribunale per i Minorenni ed ha introdotto il 4° comma dell’art. 336 c.c. prevedendo l’assistenza tecnica del difensore delle parti (minore e genitori). Affermata dunque la uniformità dei provvedimenti di secondo grado in relazione alla pronunce sulla responsabilità genitoriale, si pone di conseguenza la questione dei rimedi esperibili avverso i provvedimenti che decidano i reclami ex art. 330 ss. c.c. ed in particolare sulla possibilità di impugnarli con il ricorso straordinario per Cassazione di cui all’art. 111, 7° comma, Cost. Deve rilevarsi che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (si vedano Cass. n. 15341/2012; Cass. n. 8778/2012; Cass. n. 7609/2011; Cass. n. 11756/2010; Cass. n. 14091/ 2009; Cass. n. 11582/2002; S.U. n. 729/1999) i provvedimenti ex art. 330 c.c. come peraltro tutti i provvedimenti di volontaria [continua ..]


3. Un nuovo impulso interpretativo alla luce delle riforme sulla filiazione

Gli orientamenti interpretativi legati a schemi normativi improntati alla frammentazione delle competenze in materia di “potestà” genitoriale – nella formulazione letterale e nella accezione allora vigente – rischiavano di rivelarsi anacronistici se parametrati al nuovo processo di riforma sulla filiazione che, come osservato, ponendosi quale orizzonte la realizzazione dell’unicità della condizione di figlio suscitava nuovi interrogativi sulla effettività delle tutele non solo in senso sostanziale, ove certamente il legislatore era stato più esplicito, ma soprattutto processuale. Il legislatore in merito al processo, infatti, si era mosso in modo più cauto non avendo scelto di elaborare un rito unitario per la tutela della filiazione. Nella convinzione di interpreti e studiosi, però, era ormai affermata la convinzione che una tutela sostanziale effettiva non può prescindere dalla omogeneizzazione di strumenti processuali che consentano di superare le frammentazioni e scongiurare il rischio del differente trattamento di uguali posizioni soggettive. In questa ottica deve dunque leggersi il progressivo revirement della Suprema Corte in materia della ricorribilità dei provvedimenti sulla responsabilità genitoriale. Un primo tentativo risale al 2016 con la sent. n. 1743/2016 che afferma la ricorribilità per Cassazione di provvedimenti in materia di decadenza e limitazione della responsabilità genitoriale rivisitandone la natura. Nell’argomentare sull’ammissibilità del ricorso, la Corte pone alcuni importanti principi relativi ai procedimenti sulla responsabilità genitoriale. Richiamando l’univoco precedente orientamento in ossequio al quale si tendeva ad escludere la ricorribilità per Cassazione dei provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale, la Suprema Corte ripercorre alcune centrali e ben note premesse, per giungere però a conclusioni innovative. Rammenta che tali sta­tuizioni, legate a diritti-doveri personali e personalissimi, sarebbero, di prassi, provvisorie in quan­to fasi di un procedimento non concluso – restando sovente pendente o sopito fino al compi­mento della maggiore età del minore – e, per loro natura, non definitive, potendo essere revocate o modificate indipendentemente dall’insorgenza [continua ..]


4. La pronuncia della Corte di Cassazione, S.U., n. 32359/2018

Il percorso interpretativo volto a scardinare il persistere di regimi differenziati ed a superare la dicotomia dei rimedi impugnatori può dirsi di recente autorevolmente suggellato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cass. 6 novembre 2018, n. 32359/2018 che ha sancito il principio di diritto in virtù del quale: «I provvedimenti “de potestate”, emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., hanno attitudine al giudicato “rebus sic stantibus”, in quanto non sono revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti, è impugnabile mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.» (S.U., sent. 13 dicembre 2018, n. 32359). Le Sezioni Unite hanno inteso esaminare ex officio la questione dell’ammissibilità del ricorso avverso il decreto emesso in sede di reclamo dalla Corte d’Appello sezione per i minorenni, in materia di decadenza dalla responsabilità genitoriale e lo ha fatto ripercorrendo tutto l’iter giurisprudenziale che, consolidatosi in senso avverso alla impugnabilità, aveva preso le mosse dalla sent. n. 6220/1986, laddove era stato affermato che tutti i procedimenti sulla potestà genitoriale e/o in materia di affidamento di minori ex art. 4, 2° comma, l. n. 184/1983, ancorché resi in secondo grado, fossero sottratti al rimedio del ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost. in ragione della natura non contenziosa dei procedimenti che li generano, procedimenti che sono privi di un vero e proprio contraddittorio e sono caratterizzati da una sostanziale provvisorietà della decisione sempre revocabile e modificabile sia per motivi sopravvenuti che preesistenti. Ha richiamato ancora la successiva giurisprudenza della Corte che si era univocamente conformata a tali principi fino a quando, nel 2009, era cominciata una serie di pronunce che avevano ammesso l’impugnabilità con il ricorso per cassazione dei provvedimenti di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio argomentando sulla necessità di assimilare la disciplina dei figli nati da genitori non coniugati a quella dei genitori coniugati scaturente in primis dalla l. n. 54/2006 e divenuta [continua ..]


5. Conclusioni