Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Procedimento e procedimenti davanti al giudice tutelare (di Massimo Dogliotti, Giudice della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione)


L’articolo analizza i procedimenti davanti al giudice tutelare in tema di minori. L’autore esamina le caratteristiche generali, comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.), la competenza territoriale, soffermandosi sul tema delle impugnazioni e sulla competenza che ai sensi degli artt. 739 c.p.c. e 45 disp. att. c.c., è affidata o al Tribunale ordinario o al Tribunale per i minorenni. Conclude con il procedimento di apertura e chiusura dell’Amministrazione di sostegno.

The article makes an analysis of the proceedings before the “Giudice tutelare”. The Author examines the overall characteristics, that are common with the procedures in chamber of council (art. 737 c.p.c. et seq.), the local jurisdiction, and then focuses about the appeals and the jurisdiction that may be conferred, in according to art 739 c.p.c. and art. 45 disp. att. c.c. implementing provisions, either to the “Tribunale ordinario” or to “Tribunale per i Mino­renni”. The article ends explaining the legal proceeding for opening supporting administration.

 
SOMMARIO:

1. I caratteri generali - 2. La competenza territoriale - 3. Le impugnazioni - 4. L’ Amministrazione di sostegno - NOTE


1. I caratteri generali

Il procedimento davanti al giudice tutelare è regolato dalle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.). Ma la sua posizione è anomala rispetto a quella di altri organi giudiziari. La funzione di “vigilanza” sulle tutele (di minori o maggiorenni) nonché sui provvedimenti assunti dal Tribunale (ordinario e per i Minorenni) richiede che, almeno in tali casi, il G.T. non sia vincolato all’istanza di parte e possa provvedere d’ufficio. Ma pur quando vi sia richiesta di parte, si manifesta ancora la singolarità della posizione del G.T.: nei casi di urgenza, l’istanza può essere fatta anche verbalmente (art. 43 disp. att. c.c.). In ogni caso – e ciò è caratteristico dei procedimenti in Camera di Consiglio – il giudice tutelare può disporre mezzi istruttori al di là di quanto proposto dalla parte: come è noto, l’art. 738 c.p.c. precisa che «il giudice può assumere informazioni», e dunque egli potrà sentire i genitori, il tutore, il minore stesso o l’incapace, parenti o terzi, chiedere l’intervento del servizio sociale dell’ente locale o della polizia giudiziaria, eventualmente rivolgersi ad un tecnico (ad es.: uno psicologo): tutto ciò nell’ambito di una cognizione sommaria (v. peraltro il par. 4) [1].


2. La competenza territoriale

Territorialmente competente è di regola il giudice tutelare del domicilio del minore, che è poi quello della famiglia o del tutore; per l’interdetto, il riferimento è il domicilio del tutore. Ma talora possono rilevare la residenza o addirittura il luogo dove si trova il soggetto (ad es. per la dichiarazione di efficacia del provvedimento di affidamento extrafamiliare del minore); si potrebbe ipotizzare altresì una competenza concorrente tra il G.T. del luogo da cui il minore è partito e di quello ove egli è pervenuto per il richiamo alla casa familiare ex art. 318 c.c. [2]. Ma, ove sia in questione la posizione del minore, sempre di più si è affermata la competenza del luogo di sua residenza o dimora abituale [3]. Le regole suindicate dovrebbero valere (anche se la norma tace sul punto) pure per le recenti funzioni attribuite a G.T. in materia di disposizioni anticipate di trattamento ai sensi della l. n. 219/2017. Quanto ai trattamenti sanitari obbligatori, il G.T. è quello nella cui circoscrizione rientra il comune che ha disposto il trattamento. Una singolarità si ravvisa in ordine all’aborto della minore: è competente il G.T. del luogo in cui “opera” il consultorio, la struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia, cui si è rivolta la donna: e dunque si tratta di una competenza, per così dire, “scelta” dalla ricorrente.


3. Le impugnazioni

Il giudice tutelare pronuncia con decreto, contro cui, nei dieci giorni dalla comunicazione, il P.M. può proporre reclamo; analogo potere ha pure la parte interessata. Ci si chiedeva, quando il G.T. era collocato presso ogni pretura, non essendo sempre chiaro quale fosse il giudice dell’impugnazione, Tribunale ordinario o per i Minorenni, e allo stesso modo, chi fosse il P.M. (presso il Tribunale ordinario o per i Minorenni) legittimato al reclamo [4]. Assai inopportunamente, con la soppressione delle preture e il collocamento del G.T., quale organo monocratico del Tribunale ordinario, non si è modificata la competenza del giudice del reclamo: ai sensi dell’art. 739 c.p.c. e 45 disp. att. c.c., il Tribunale ordinario in composizione collegiale o il Tribunale per i Minorenni, con una cervellotica distribuzione di funzioni, e con qualche margine di incertezza [5]. È da ritenersi, più specificamente, che, per i decreti emessi dal G.T. nell’ambito della vigilanza sui provvedimenti assunti ex art. 330 ss. c.c., giudice dell’impugnazione sia il Tribunale per i Minorenni, negli altri casi quello ordinario. Qualche dubbio si manifesta in ordine al controllo del G.T. sull’affidamento familiare: si è affermato che il provvedimento che rende esecutivo l’affi­damento, disposto dal servizio sociale dell’ente locale con il consenso dei genitori, è irreclamabile, ma assai più correttamente è da ritenersi che sia impugnabile dal P.M. presso il Tribunale per i Minorenni (si tratta infatti di una dichiarazione di efficacia, che presuppone una valutazione, necessariamente suscettibile di riesame, sui presupposti dell’affidamento stesso). Né va dimenticato e, n caso di opposizione dei genitori, è l’organo giudiziario minorile a disporre. Di regola il provvedimento di reclamo non è impugnabile per cassazione, non già perché non siano in questione diritti personali o personalissimi, anche di rango costituzionale (si pensi ad es. all’aborto della minorenne) ma perché i provvedimenti del G.T., espressione di un’attività di vigilanza e controllo, appartengono solitamente alla volontaria giurisdizione [6]: spesso essi consistono in autorizzazioni idonee ad eliminare un ostacolo all’attività del soggetto, vi è una sola parte ricorrente, e dove [continua ..]


4. L’ Amministrazione di sostegno

Il procedimento di apertura (e chiusura) di Amministrazione di sostegno, davanti al giudice tutelare del luogo di domicilio o residenza dell’interessato, così come quelli di interdizione e inabilitazione, presenta caratteri contenziosi (accanto a quelli camerali, pur esistenti) che ben riflettono la presenza di diritti soggettivi nonché di un conflitto, almeno potenziale, e richiedono la piena operatività del “giusto processo ” di cui all’art. 111 Cost., novellato, per cui il procedimento stesso deve svolgersi nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale . E, non a caso, l’art. 720 bis c.p.c. prevede che il decreto del G.T. sia reclamato davanti alla Corte d’Appello, e, contro il provvedimento da essa pronunciato, ammette il ricorso per cassazione [8]. Non così – evidentemente – l’attività gestoria e la richiesta di autorizzazioni ex artt. 374 – 375 c.c. (le quali riguardavano, nella lettera originaria, minori sotto tutela od emancipati, ovvero interdetti e inabilitati, per gli atti straordinari, e vengono estese, con un automatismo non del tutto condivisibile, all’Amministrazione di sostegno), con l’avver­tenza che la limitazione o l’accrescimento della capacità del beneficiario, con provvedimenti successivi a quello di apertura, non potranno sottrarsi alle garanzie del giusto processo.


NOTE