Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La tutela dei soggetti deboli nella crisi familiare (di Antonina Scolaro (Avvocato in Torino))


SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Il matrimonio dell’incapace. Diritti e doveri reciproci tra i coniugi - 3. La separazione e il divorzio dell’incapace - 4. Gestione del patrimonio familiare


1. Introduzione

La l. n. 6/2004 ha radicalmente trasformato i sistemi di tutela e di protezione dell’individuo por­tando alla luce nuovi concetti di assistenza umana, psicologica, medica, amministrativa, per attuare in concreto la correlazione diritto-persona, ovvero di un’identità che non può prescindere dal momento relazionale, di integrazione nel più complesso quadro delle situazioni di crescita collettiva. Parallelamente alle complicazioni del vivere sociale e ai rischi delle posizioni più deboli nella so­cietà, è cresciuta la sensibilità che sempre più accompagna la valutazione delle situazioni di fragilità che espongono a rischio la persona, una sensibilità che ha portato a riaffermare quello spirito del diritto che protegge ed esalta la dignità dell’uomo. Una dignità che dovrà essere garantita da un “affiancamento alla Persona” che si trova in condizione di debolezza e di bisogno, per fornirle aiuto non solo per attivare la sua protezione, ma anche per stimolare e riattivare le risorse personali, anche di natura economica, in quanto funzionali a procurare un sostegno nella disabilità ed anche a valorizzare le sue capacità residue. Si è passati dalla privazione dei diritti (per tutelare quella dei terzi) alla necessità di individuare un sostegno su misura con la minore limitazione possibile della capacità di agire e di tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni che accompagnano la fragilità anche nel contesto familiare, luogo degli affetti, delle relazioni primarie ed anche della propria realizzazione personale: una “tutela” effettiva della persona fragile si può realizzare solo conoscendo e comprendendo la sua collocazione nel contesto interpersonale ed economico-patrimoniale, in primis, della famiglia di appartenenza. Entrano, infatti, in gioco situazioni giuridiche soggettive di natura personale cui appartengono i cosiddetti atti personalissimi, soprattutto quando afferiscono a diritti costituzionalmente garantiti attraverso i quali l’individuo tutela la propria dignità e si realizza nello sviluppo della sua personalità. La riforma del 2004 non è intervenuta sulla questione delle cosiddette incapacità speciali previste da alcune norme del codice civile: divieto di contrarre matrimonio (art. 85 c.c.)., [continua ..]


2. Il matrimonio dell’incapace. Diritti e doveri reciproci tra i coniugi

A norma dell’art. 85 c.c. i minori di età e gli interdetti di tipo giudiziale non possono contrarre matrimonio, a pena di nullità dello stesso. Tale divieto, per gli interdetti, costituisce impedimento non dispensabile di ordine pubblico, operante anche nei confronti dello straniero, anche nel caso in cui il suo ordinamento preveda dispensa o autorizzazione. Tuttavia l’infermità di mente di uno dei nubendi che non sia stato ancora interdetto o nei cui confronti non penda ancora un procedimento di interdizione, non può essere fatta valere come causa di opposizione alla celebrazione del matrimonio, che invece potrà essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo e attuale per impugnarlo. Anche la stessa persona che era stata interdetta e che abbia ottenuto la revoca dell’interdizione può impugnare il matrimonio. E tale azione non può però più essere proposta se dopo la revoca dell’interdizione vi è stata coabitazione per un anno: in questo caso la coabitazione va intesa non in una mera convivenza sotto lo stesso tetto ma presuppone una comunione di vita sorretta sia dal profilo materiale che spirituale. Il matrimonio può essere altresì impugnato da quel coniuge che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere per qualunque causa anche transitoria al momento della celebrazione del matrimonio (art. 120 c.c.). Per quanto riguarda l’amministrazione di sostegno, è sufficiente ricordare che il matrimonio è un atto personalissimo e che, pertanto, rientra sicuramente tra gli atti che la persona beneficiata dall’amministrazione di sostegno può contrarre liberamente. Quale applicazione trovano i doveri e i diritti tra coniugi sanciti nell’art. 143 c.c.? Non vi è dubbio che permangano anche nei confronti dell’incapace i doveri di assistenza morale e materiale mentre per quanto riguarda il dovere di fedeltà dovrà farsi riferimento alla volontarietà della condotta. L’art. 144 c.c. prevede che i coniugi concordino tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissino la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, spettando a ciascuno di essi il potere di dare attuazione all’indirizzo [continua ..]


3. La separazione e il divorzio dell’incapace

Tutti gli atti posti in essere nell’esercizio della comunione di vita morale e materiale da parte dei coniugi attengono alla sfera delle libertà personali dell’individuo. È quindi necessario chiedersi se il sopraggiungere di una malattia o di uno stato di sofferenza psichica di un coniuge possa incidere sulla comunione di vita materiale e spirituale sino a determinarne la cessazione. Al riguardo la Corte di Cassazione con sent. n. 4639/1985 ha statuito che il grave stato di infermità di uno dei coniugi, perdurante nel tempo e non reversibile, può costituire, per le modalità in cui si manifesti e per l’implicazione nella vita degli altri componenti il nucleo familiare, specialmente se investe la sfera psichica della persona, precludendo ogni possibilità di comunicazione, un elemento di così grave alterazione dell’equilibrio coniugale, da determinare per se stesso un’oggettiva impossibilità di prosecuzione della convivenza. Tuttavia non potrà esservi una pronuncia di separazione con addebito ove i comportamenti anche gravi siano manifestazione di una patologia che incide sulla capacità di intendere e di volere. È evidente che l’insorgenza della malattia mentale può incidere sulla comunione di vita materiale e spirituale e sulla tollerabilità della convivenza giustificando la possibilità per l’altro coniuge di ottenere un provvedimento di separazione e successivamente di divorzio. Per gli stessi motivi si può invocare il grave pregiudizio per la prole minore di età, in ragione della gravità del disturbo mentale e comportamentale: a tale riguardo soccorrono le norme di cui agli artt. 330 ss. c.c. sia per quanto riguarda la titolarità e l’esercizio della responsabilità genitoriale, sia per le modalità dell’affidamento, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole. Per quanto riguarda l’affidamento dei figli, ed in particolare le modalità relazionali, è evidente che ove il genitore sia privo del tutto di qualsivoglia capacità relazionale attraverso la quale possa adempiere il diritto; dovere di educare, istruire, accudire il figlio, dovrà essere attentamente valutato l’interesse del minore a coltivare la relazione con il genitore e soprattutto [continua ..]


4. Gestione del patrimonio familiare