Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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L'amministrazione di sostegno su istanza del pubblico ministero (di Alessia Sinatra (Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo))


SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La legittimazione attiva del pubblico ministero - 3. L’intervento del pubblico ministero nel procedimento - 4. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

L’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto dell’“amministrazione di sostegno” trae origine da un’approfondita riflessione maturata in dottrina sin dagli anni ’80, anche a seguito dell’osservazione dell’esperienza internazionale, che culmina con l’entrata in vigore della l. 9 gen­naio 2004, n. 6 con la quale si attua una radicale rivisitazione degli istituti tradizionali di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia. Le misure dell’interdizione e dell’inabilitazione apparivano, invero, in parte o del tutto pregiudizievoli, in presenza di particolari condizioni di infermità o di disagio, ove l’annullamento o la riduzione dei diritti avrebbe reso complesso e difficoltoso il trattamento curativo, volto in concreto a riconoscere, recuperare e valorizzare le risorse psico-fisiche e le capacità residue del sog­getto infermo. L’aspetto significativo dell’intervento è, pertanto, costituito dall’obiettivo, divenuto irrinunciabile, di offrire un opportuno e tempestivo sostegno, in considerazione di bisogni ed esigenze spe­cifiche del soggetto, al fine di tutelarne adeguatamente gli interessi, senza escluderne la piena capacità, attraverso la nomina di un amministratore e la limitazione della capacità legale, esclusivamente in relazione al compimento di specifici atti individuati nel provvedimento di nomina dell’Autorità Giudiziaria. La legge ha, pertanto, riformato il sistema di protezione delle persone, rendendolo più aderente alle esigenze del singolo caso, in adesione alle moderne concezioni di trattamento delle persone disabili, che imponevano maggiore flessibilità nell’intervento a tutela delle molteplici e variabili espressioni di infermità, offrendo salvaguardia, senza necessariamente giungere alla totale esclusione della capacità di agire. E i beneficiari delle misure di protezione non sono unicamente coloro i quali versano in condizione di abituale infermità di mente, ma anche le persone che, per effetto di una disabilità ovvero una menomazione fisica o psichica, sono privi in tutto o in parte di autonomia nello svolgimento delle funzioni della vita quotidiana (art. 1, l. n. 6/2004), trovandosi per tale condizione nell’impossibilità, anche solo parziale o temporanea di provvedere [continua ..]


2. La legittimazione attiva del pubblico ministero

L’amministratore di sostegno è nominato, con decreto, dal giudice tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio, su ricorso del soggetto interessato, c.d. “beneficiario” (anche se minore, interdetto o inabilitato) e di altri soggetti legittimati, ai sensi dell’art. 417 c.c., sul presupposto che la persona «per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi» (art. 404 c.c.). In particolare, ove vi siano le condizioni previste per legge, sussiste l’obbligo di esercitare l’azio­ne formale di promuovere l’amministrazione di sostegno per il pubblico ministero e per i responsabili dei servizi sanitari e sociali, laddove gli altri soggetti legittimati (parenti, conviventi e l’interessato) ne hanno unicamente mera facoltà. Si garantisce, in tal modo, una tutela effettiva del soggetto debole, in tutti i casi in cui vi sia diretta conoscenza di una situazione di disagio fisico o mentale, prevedendo la legittimazione con­corrente del pubblico ministero e dei servizi sanitari e sociali. E, sebbene la norma preveda che la persona impossibilitata a provvedere ai propri interessi “può” essere assistita da un amministratore di sostegno, il pubblico ministero non possiede una mera facoltà di proposizione del ricorso, bensì un obbligo di attivarsi ogni qualvolta si ravvisino le condizioni – obbligo che deriva dall’essere parte pubblica, il cui intervento è peraltro previsto in tutte le cause riguardanti la capacità delle persone (art. 70, 1° comma, c.c.). I responsabili dei servizi socio-sanitari – istituzionalmente deputati alla cura e all’assistenza della persona – hanno l’obbligo di promuovere il ricorso direttamente al giudice tutelare ovvero di segnalare al pubblico ministero, che sarà tenuto ad attivarsi di conseguenza (art. 406, 3° comma, c.c.). Emerge, pertanto, una significativa variazione rispetto ai procedimenti di interdizione-inabilita­zione, ove il dualismo pubblico ministero-familiari, caratterizzava i poteri di intervento, in ragione di finalità più strettamente patrimoniali (sottostanti quegli istituti) che rendevano sufficiente confinare l’iniziativa su due distinti [continua ..]


3. L’intervento del pubblico ministero nel procedimento

Particolarmente delicata è la questione del ruolo rivestito dal pubblico ministero nel procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, essendovi al riguardo dei pericolosi vuoti normativi, che impongono a monte una riflessione attenta sul significato della presenza della parte pubblica nel processo civile, avente ad oggetto la salvaguardia del superiore interesse pub­blico della tutela della persona disabile, inferma o che versi comunque in condizione di disagio fisico o mentale. Ed invero, l’ultimo comma dell’art. 407 c.c. prevede che nel procedimento di nomina [2] dell’am­ministratore di sostegno “interviene, in ogni caso il pubblico ministero”, senza tuttavia disciplinare nel dettaglio modi, tempi e forme del predetto intervento, né le conseguenze specifiche in caso di assenza dello stesso. Nulla, al riguardo, è disciplinato, ad eccezione di quanto previsto dagli artt. 410, 2° comma, 412, 1° comma e 413, 2° comma, c.c., che attribuiscono al pubblico ministero, unitamente agli altri soggetti legittimati (di cui all’art. 406 c.c.), il potere generico di vigilare sullo svolgimento e sulla gestione dell’attività dell’amministratore di sostegno, nonché di impugnare gli atti illegittimi del beneficiario o dell’amministratore, ovvero di agire per promuovere la revoca del medesimo amministratore. Pertanto, in assenza di una specifica previsione al riguardo, per l’esplicito richiamo dell’art. 720 bis c.p.c. occorre far riferimento alla disciplina processuale dell’interdizione ed in particolare all’art. 713 c.p.c. – che consente al pubblico ministero di esercitare nel giudizio di apertura del procedimento tutti i poteri che la legge attribuisce, con la riserva di compatibilità espressamente prevista dalla norma. In concreto, il giudice tutelare sarà quindi tenuto a disporre la comunicazione del ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno al pubblico ministero, da eseguirsi a cura del cancelliere, come qualsiasi altra comunicazione – quale atto necessario di partecipazione (disciplinato dalla regola generale di cui all’art. 71 c.p.c.), in difetto della quale ne deriverebbe una nullità assoluta e insanabile, rilevabile anche d’ufficio ai sensi dell’art. 185 c.p.c. Altresì il pubblico ministero potrà, [continua ..]


4. Considerazioni conclusive

I differenti orientamenti ed il vivace dibattito emerso, in dottrina e in giurisprudenza, su vari punti della l. n. 6/2004, testimonia indubbiamente l’esistenza di un intervento normativo certamente apprezzabile, seppur in parte lacunoso, in una materia che investe la gestione delicatissima della tutela dei soggetti deboli. Intervento che muove dalla consapevolezza della necessità di coniugare il diritto con le scienze psichiatriche ed altresì il trattamento terapeutico con lo strumento giudiziario, nel superiore obiettivo di riconoscimento della condizione di vulnerabilità della persona e dell’adozione di misure di protezione, che siano tempestive, adeguate e sempre rispettose della dignità della per­sona, della sua disabilità e della presenza di eventuali risorse residue da individuare, valorizzare ed orientare correttamente. Tuttavia, se vi è ingerenza nella sfera dei diritti della persona, occorre necessariamente interagire in rete ed operare in sinergia, attraverso il corretto e costante coordinamento tra i molteplici soggetti istituzionali deputati alla cura e agli interventi, per garantire una completa tutela del sog­getto debole in tutte le fasi ed ambiti di intervento. Il percorso che conduce alla nomina dell’amministratore di sostegno deve comportare in concreto una mediazione tra i soggetti interessati (amministrando, parenti, servizi, autorità giudiziaria), per la ricognizione di situazioni di disagio e l’attivazione di risorse per la presa in carico, tanto giuridica quanto assistenziale del beneficiario. Occorre promuovere tavoli di lavoro interistituzionali, quali indispensabili momenti di aggregazione e di confronto fra i responsabili degli enti, delle associazioni e degli uffici coinvolti, a livello pubblico o privato, per favorire e valorizzare l’istituto e la sua concreta ed efficace applicazione. Per promuoverne la conoscenza, individuarne gli obiettivi, organizzare corsi per la formazione di amministratori di sostegno e consulenti dell’autorità giudiziaria, monitorarne le gestioni nelle sin­gole aree territoriali, raccogliere dati ed adeguarsi alle inevitabili evoluzioni e cambiamenti esterni. Perché, se la misura dell’amministrazione di sostegno ha come presupposto l’accertamento di una menomazione fisica o psichica, non sempre la capacità di autodeterminazione e di gestione (anche [continua ..]


NOTE