Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il procedimento per la nomina di un amministratore di sostegno (di Giulia Sapi (Avvocato in Milano))


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Competenza - 3. Legittimazione attiva - 4. Capacità processuale del beneficiario e difesa tecnica - 5. La redazione del ricorso - 6. L’ascolto del beneficiario e i provvedimenti urgenti - 7. L’emissione del decreto e il suo contenuto - 8. L’impugnazione del decreto - 9. Revoca dell’amministrazione di sostegno e rapporti con il giudizio di interdizione - NOTE


1. Premessa

Come ultimamente troppo spesso avviene, anche la l. n. 4/2006, che ha introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno, ha frammentato la disciplina processuale tra il codice di rito, coniando il nuovo art. 720 bis, e il codice civile con gli artt. da 405 a 413. Tale disarticolazione comporta inevitabili difficoltà interpretative anche in ordine alla natura stessa del procedimento. Infatti, se da un lato il richiamo contenuto nell’art. 720 bis c.p.c. alle norme che regolano il giudizio di interdizione indurrebbe a ritenere la natura contenziosa anche del procedimento di am­ministrazione di sostegno, dall’altro molti degli interpreti, all’indomani dell’entrata in vigore della legge, ne hanno affermato la natura di volontaria giurisdizione, ritenendo che i provvedimenti che ne scaturiscono non incidano sullo status del beneficiario, limitandone la capacità di agire solo con riferimento a determinate tipologie di atti. Tuttavia, tale interpretazione oggi non pare convincente in considerazione della possibilità, pre­vista dall’ultimo comma dell’art. 411 c.c., che il giudice tutelare estenda al beneficiario dell’am­ministrazione di sostegno alcuni effetti previsti dalla legge per l’interdizione, e tenuto conto – a oltre dieci anni dall’entrata in vigore della legge – della vastissima applicazione dell’istituto. Anche nella materia della protezione dei soggetti privi in tutto o in parte di autonomia sarebbe stato certamente auspicabile individuare un unico procedimento sufficientemente flessibile da far fronte alle diverse necessità, ma l’univocità processuale nella materia familiare sembra purtroppo essere un’utopia destinata a rimanere tale.


2. Competenza

L’art. 407 c.c. stabilisce una competenza funzionale esclusiva del giudice tutelare, confermando il ruolo centrale che la riforma del 2004 ha inteso attribuirgli, con il riconoscimento di ampie funzioni direttive – laddove nomina l’amministratore di sostegno e sovraintende al suo operato, anche chiedendo l’ausilio degli organi della pubblica amministrazione – consultive – convocando l’amministratore di sostegno per avere chiarimenti sulla sua gestione – deliberative – nell’auto­rizzare il compimento di atti di straordinaria amministrazione – e, infine, di controllo e vigilanza. Quanto alla competenza territoriale l’art. 404 c.c. individua il giudice del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio, analogamente a quanto già previsto per interdizione e inabi­litazione. È bene precisare che i due fori sono da considerarsi concorrenti e alternativi, purché effettivi. Non viene invece estesa all’amministrazione di sostegno la previsione di cui all’art. 343, 2° comma, c.c., secondo cui se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario la tutela può essere ivi trasferita con decreto del Tribunale, non essendo la predetta norma richiamata dall’art. 411 c.c. È stato correttamente evidenziato come, anche sotto il profilo della competenza, il nuovo istituto intenda mettere al centro il beneficiario [1], nel rispetto di quei principi, di matrice europea, che hanno illuminato tutte le riforme degli ultimi anni in tema di soggetti deboli. Tale competenza territoriale è certamente da ritenersi inderogabile, trattandosi di uno di quei procedimenti in cui è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero ai sensi dell’art. 70 c.p.c.


3. Legittimazione attiva

Ai sensi dell’art. 406 c.c. il primo legittimato a presentare ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno è lo stesso beneficiario, in ossequio alla ratio della l. n. 6/2004 tesa a privilegiare la funzione di sostegno e protezione della misura rispetto a quella di limitazione della ca­pacità di agire del soggetto. Gli altri legittimati attivi sono quelli già indicati nell’art. 417 c.c. per la domanda di interdizione, e quindi il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, il tutore o il curatore e il pubblico ministero. La già citata legge è peraltro intervenuta anche a modificare l’art. 417 c.c., aggiungendo tra i legittimati anche la persona stabilmente convivente, con l’evidente finalità di valorizzare il legame affettivo more uxorio, sia esso di tipo eterosessuale o omosessuale. La legittimazione del tutore o del curatore è invece chiaramente riconducibile all’ipotesi di affievolimento della misura di protezione. L’ultimo comma dell’art. 406 c.c. prevede altresì che i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre ricorso al giudice tutelare o a notiziare il pubblico ministero. Trattandosi di un onere posto a carico di un Ente pubblico, non vanno trascurati i profili di responsabilità anche penale in caso di mancata segnalazione, e ciò benché la norma non preveda una specifica sanzione per la condotta omissiva. Tale notevole responsabilizzazione imposta dal legislatore ha comportato, sul piano pratico, ciò che si potrebbe definire un abuso dell’utilizzo della nuova misura, che sta finendo per congestionare, sino allo stremo, gli uffici del giudice tutelare. Sarebbe opportuno ricordare agli operatori dei servizi socio sanitari la necessità che le misure di protezione siano proporzionate e adeguate alle esigenze specifiche del soggetto che ne è beneficiario e applicate per il più breve tempo possibile, come previsto anche dalla Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità, e più volte ribadito an­che dalla nostra giurisprudenza di legittimità. [continua ..]


4. Capacità processuale del beneficiario e difesa tecnica

Grazie al richiamo all’art. 716 c.p.c. contenuto nell’art. 720 bis c.p.c. il beneficiario dell’ammini­strazione di sostegno può stare in giudizio e compiere da solo tutti gli atti del relativo procedimento, compresa l’impugnazione, e ciò anche qualora le sia stato nominato un amministratore di sostegno provvisorio. La ratio è evidentemente quella di consentire allo stesso di difendere il proprio diritto alla conservazione integrale della sua capacità di agire. Ben più controversa, in dottrina e in giurisprudenza, è la questione dell’obbligatorietà o meno della difesa tecnica nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno. Una tesi minoritaria ha infatti sostenuto la necessità che l’attività processuale venga svolta con il ministero di un difensore, e ciò in ragione della regola generale di cui all’art. 82 c.p.c., che prevede che le parti stiano in giudizio a ministero del difensore, salvo che la legge consenta la difesa personale, non avendo la l. n. 6/2004 espressamente previsto che le parti possano stare in giudizio personalmente. Tuttavia la giurisprudenza di merito maggioritaria da tempo ritiene la non obbligatorietà della difesa tecnica, attribuendo al procedimento ex artt. 405 ss. c.c. natura di volontaria giurisdizione. Sul punto si è espressa anche la Suprema Corte, che, tuttavia, non ha contribuito a dipanare efficacemente la matassa, affermando che il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi – da ritenere corrispondenti al modello legale tipico – in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento del­l’amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non sia corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso [continua ..]


5. La redazione del ricorso

A norma dell’art. 407, 1° comma, c.c. il ricorso, fermo il contenuto di cui all’art. 125 c.p.c., deve specificamente indicare: le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si chiede la misura di protezione, il nominativo e il domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario. Va subito evidenziato che le persone sopra indicate non coincidono esattamente con i legittimati attivi indicati all’art. 406 c.c. La ratio delle previsione è infatti quella di fornire al giudice un quadro preciso della situazione abitativa del beneficiario. I soggetti indicati nel 1° comma dell’art. 407 c.c. non sono infatti litisconsorti necessari, avendo semmai un ruolo consultivo, come fonti di informazioni utili per il giudice. È bene ricordare che quanto esposto nel ricorso deve essere supportato da adeguata documentazione, e dovranno quindi essere allegati, oltre all’atto di nascita e ai certificati di residenza e stato di famiglia del beneficiario, idonea documentazione medica relativa alle limitazioni fisiche o psichiche di cui lo stesso è affetto, e, possibilmente, documentazione attestante la consistenza del suo patrimonio. La completezza del ricorso introduttivo è di fondamentale importanza per ottenere dal giudice tutelare un decreto adeguato alle necessità del beneficiario, che non comporti continue richieste di integrazione da parte del nominato amministratore di sostegno. Le ragioni per cui si chiede la misura non devono infatti limitarsi alla menzione delle eventuali patologie del soggetto beneficiario, ma il ricorrente dovrà spiegare in relazione a quali specifiche attività questi necessita di sostegno, così da consentire al giudice tutelare di individuare e­sattamente quali atti lo stesso potrà compiere solo con la rappresentanza o l’assistenza dell’am­ministratore di sostegno, conservando per il resto integra la propria capacità di agire.


6. L’ascolto del beneficiario e i provvedimenti urgenti

Il 2° comma dell’art. 407 c.c. stabilisce che il giudice tutelare senta personalmente la persona a cui si riferisce il procedimento, anche recandosi, se occorre, nel luogo in cui questa si trova. Il giudice deve tenere conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa. L’incombente dell’ascolto del beneficiario rappresenta il fulcro del procedimento, essendo il momento nel quale il giudice è chiamato a comprendere i bisogni e le aspirazione dello stesso, e non può mai essere omesso. Peraltro, soprattutto nei Tribunali di grandi dimensioni, dove le agende dei giudici non consentono audizioni tempestive, si è diffusa la prassi di procedere, inaudita altera parte, prima dell’a­scolto del soggetto da proteggere, con la nomina in via provvisoria di un amministratore di sostegno, che dovrà essere confermato successivamente all’audizione del beneficiario. Tale rimedio è contemplato dal 4° comma dell’art. 405 c.c., che prevede la possibilità, qualora ne sussista la necessità, che il giudice tutelare adotti anche d’ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio, specificando altresì che lo stesso giudice può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere. Si tratta di situazioni nelle quali sussiste il fondato timore che, nel tempo necessario all’instau­razione del contraddittorio, possa verificarsi un grave pregiudizio per il patrimonio del beneficiario o per la cura della sua persona. A titolo esemplificativo, il giudice tutelare di Milano, con decreto in data 8 giugno 2012, rilevato che «l’interessato all’atto delle dimissioni dall’Istituto Neurologico X, è stato collocato prov­visoriamente presso l’abitazione della sua conoscente Y ...; che la persona ospitante dovrà allontanarsi da Milano per motivi di salute in data 27 giugno 2012, e che Z (il beneficiario), non essendo in grado di autogestirsi, a causa dei frequenti vuoti di memoria di cui è affetto, non può essere lasciato solo nell’abitazione; che vi è quindi urgenza di nominare un amministratore di so­stegno che, in coordinazione con i [continua ..]


7. L’emissione del decreto e il suo contenuto

Ai sensi dell’art. 405, 1° comma, c.c., la nomina dell’amministratore di sostegno è disposta con decreto motivato immediatamente esecutivo. La stessa norma indica altresì che esso deve contenere: a)  le generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno; b)  la durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato; c)  l’oggetto dell’incarico e gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza del­l’amministratore di sostegno; d)  i limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere disponibilità; e)  la periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario. Il contenuto di cui al punto c) rappresenta la specificità dell’istituto in esame, delimitando i con­fini della misura di protezione, ciò in quanto per tutti gli atti non specificamente indicati nel decreto, il beneficiario conserva integra la propria capacità di agire almeno sino a quando il giudice tutelare, su istanza dell’amministratore di sostegno, valutatane l’opportunità, provveda ad ampliare la rosa degli atti. Il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno deve quindi essere comunicato entro dieci giorni all’ufficiale dello stato civile per le annotazioni a margine dell’atto di nascita del beneficiario, ai fini della pubblicità a tutela dei terzi. Analogamente, in caso di revoca della misura di protezione, il relativo decreto deve essere trasmesso nel medesimo termine. Qualora la durata dell’incarico sia a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto.


8. L’impugnazione del decreto

Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno può essere impugnato con reclamo davanti alla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 739 c.p.c., diversamente da quanto previsto per il giudizio di interdizione. Il termine per proporre reclamo sarà dunque di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento, salvo che il giudizio si sia svolto con la partecipazione del solo beneficiario – in tal caso il termine di dieci giorni decorrerà dalla comunicazione effettuata dalla cancelleria –, ovvero di sei mesi dalla sua pubblicazione. Una questione particolarmente dibattuta riguarda l’impugnabilità del decreto di nomina provvisorio. La giurisprudenza maggioritaria sembra orientata a negare tale possibilità, ritenendo ammissibile il reclamo soltanto avverso quei decreti che hanno carattere di definitività. Tale soluzione non pare però del tutto convincente, dal momento che la natura di tali decreti provvisori risulta assimilabile a quelle delle misure cautelari, soggette ad impugnabilità, pur con la procedura certamente più snella del reclamo al collegio ex art. 669 terdecies c.c. Legittimati attivi al reclamo saranno gli stessi soggetti legittimati a proporre il ricorso, anche se non hanno partecipato al giudizio, oltre all’amministratore di sostegno nominato. Contro il decreto pronunciato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo è ammesso ricorso per Cassazione nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dello stesso, ovvero di sei mesi dalla sua pubblicazione.


9. Revoca dell’amministrazione di sostegno e rapporti con il giudizio di interdizione

Nel caso in cui si siano determinati i presupposti per la cessazione dell’amministrazione di sostegno o per la sostituzione dell’amministratore, i soggetti legittimati possono rivolgere istanza motivata al giudice tutelare, il quale può provvedere anche d’ufficio. Il giudice può altresì dichiarare la cessazione della misura, ove ritenga che si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. In tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere il giudizio di interdizione, ne informa il pubblico ministero. Nel caso invece sia pendente il procedimento di interdizione e il Tribunale ritenga sussistere i presupposti per l’amministrazione di sostegno, rigetterà la domanda e trasmetterà gli atti al giudice tutelare, assumendo, se del caso, i provvedimenti urgenti. Infine, ove si ritenga opportuno sostituire l’interdizione con l’amministrazione di sostegno, la domanda di nomina dovrà essere presentata contestualmente a quella di revoca dell’interdizio­ne. Nel caso in cui sia presentata solo la domanda di revoca dell’interdizione, il Tribunale può, anche d’ufficio, dopo aver pronunciato la revoca, trasmettere gli atti al giudice tutelare. In tal caso, presumibilmente, verrà disposto che gli effetti della sentenza si producano dopo l’avvenu­ta nomina dell’amministratore di sostegno. Quanto alla scelta tra le due misure, il criterio guida dovrà sempre essere quello dell’adeguatez­za della misura alle esigenze del beneficiario. Ha chiarito anche la Suprema Corte che «in materia di distinzione tra amministrazione di sostegno e interdizione, il criterio fondamentale che deve guidare la scelta del giudice va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità e alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Nell’applicazione di tale criterio deve tenersi conto in via prioritaria del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, nel senso che ad un’attività minima, estremamente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare [continua ..]


NOTE