Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La responsabilità penale dell'amministratore di sostegno e la sua qualifica di pubblico ufficiale (di Stefano Lalomia (Avvocato in Milano))


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. I poteri dell’Amministratore di Sostegno - NOTE


1. Premessa

Attraverso la l. 9 gennaio 2004, n. 6, il legislatore ha introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno (artt. 404-413 c.c.) che, distinguendosi dagli altri strumenti a tutela delle persone c.d. “fragili” (quali l’interdizione e l’inabilitazione), ha la finalità di offrire uno strumento di assistenza che sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire del soggetto, poiché mag­giormente capace di adeguarsi alle esigenze del beneficiario, data la sua flessibilità e la maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Al fine di delimitare l’ambito della possibile rilevanza penale di condotte tenute dall’Ammini­stratore di Sostegno, occorre valutare le norme che disciplinano l’istituto dell’amministrazione di sostegno e, in particolare, l’azione dell’amministratore. Il presupposto per la sua attivazione (art. 404 c.c.) è uno stato di «infermità o una menomazione fisica o psichica» che determina nel soggetto «l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi»: non necessariamente, dunque, una condizione personale che a­gisca sulla capacità di intendere e di volere, potendo l’impossibilità di provvedere ai propri interessi essere provocata da una qualsiasi infermità, anche non mentale, o da una menomazione, anche solo fisica [1]. L’Amministratore di Sostegno è nominato con decreto del giudice tutelare (art. 405 c.c.) su ricorso, oltre che dei soggetti legittimati all’istanza di interdizione [2], dello stesso beneficiario, anche se interdetto o inabilitato (e in tal caso il ricorso sarà accompagnato dalla istanza di revoca della interdizione o della inabilitazione, cfr. art. 406 c.c.). Prima di disporre la misura, il giudice tutelare deve valutare attentamente la conformità di quest’ultima con le esigenze del beneficiario, tenendo conto del tipo di attività da compiersi per conto del beneficiario, considerando anche la durata e la gravità della malattia o, comunque, dell’impedimento. Inoltre, riconosciuta l’importanza della volontà e delle aspettative del beneficiario, «compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona» [3], il giudice tutelare procederà [continua ..]


2. I poteri dell’Amministratore di Sostegno

Il decreto di nomina deve indicare gli atti che l’Amministratore di Sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario e gli atti che questi può compiere solo con l’assistenza del primo (cfr. art. 405 c.c.). Con riguardo agli atti che non sono riservati alla competenza esclusiva o parziale dell’Ammini­stratore di Sostegno, questi rimangono nella sfera di titolarità del beneficiario che, in quest’am­bito, conserva la propria capacità di agire (art. 409 c.c.). Inoltre, l’ultimo comma dell’art. 409 c.c. conserva al beneficiario una sfera di capacità di agire piena attinente, però, ai soli «atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana». Il ventaglio dei compiti affidabili all’Amministratore di Sostegno risulta essere, a livello astratto, molto ampio, poiché la calibratura del sostegno deve dipendere, sotto il profilo della qualità e della quantità dalle caratteristiche fisico-psichiche del beneficiario, dai suoi vissuti, dalle sue e­sigenze e dal riguardo per i suoi impegni e progetti futuri. L’Amministratore di Sostegno, nello svolgimento dei suoi compiti, ai sensi dell’art. 410 c.c., deve anche tenere conto «dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario», il quale deve essere sempre informato degli atti che l’ammi­nistratore intende compiere in sua rappresentanza (e, in caso di dissenso del beneficiario, dovrà essere interpellato il giudice tutelare). In ambito processuale, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva, almeno in linea di principio, la propria capacità, in quanto ritenuto capace di intendere e di volere per tutti gli atti che non richiedano la rappresentanza o l’assistenza necessaria dell’amministratore [4]. Invece, nel caso in cui il decreto di nomina disponga diversamente, l’Amministratore di Sostegno può validamente rappresentare il beneficiario purché tale potere sia previsto all’interno del decreto di nomina o appositamente autorizzato dal giudice tutelare in un momento successivo [5]. L’Amministratore di Sostegno, al pari di quanto previsto per il tutore, è chiamato ad «amministrare il patrimonio con la diligenza del buon padre di famiglia», e risponderà verso il beneficiario di ogni danno a lui cagionato nella [continua ..]


NOTE