Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il ruolo del pubblico ministero minorile nell'esecuzione degli ordini di ritorno: un caso particolare (di Francesca Stilla (Già sostituto procuratore presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, attualmente Magistrato addetto alla Segreteria del Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e alla Direzione Generale per l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari))


SOMMARIO:

1. Cenni introduttivi - 2. Il ruolo del pubblico ministero nella procedura di cui all’art. 7 della legge di ratifica - 3. L’esecuzione dell’ordine di ritorno - 4. Un caso particolare - 5. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Cenni introduttivi

Quando ho accettato il gradito invito di predisporre una annotazione sul ruolo del pubblico ministero in materia di esecuzione degli ordini di ritorno nei casi di sottrazione internazionale passiva, sapevo che mi sarei dovuta confrontare con una sola norma, un ventaglio amplissimo di situazioni differenti e con la “relazione”. Come è noto, quando un genitore – in violazione degli accordi o dei provvedimenti sull’affida­mento – sottrae il figlio minore all’altro che ne ha l’affidamento per portarlo con sé in un Paese che non sia quello della residenza abituale del figlio, si verifica un caso di sottrazione internazionale illecita. La Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 (di seguito: Convenzione) ha previsto, al fine di ripristinare le condizioni di vita preesistente del minore sottratto, una procedura civile di tipo sommario finalizzata al ritorno. Ai fini della concreta attuazione della Convenzione, con la l. 15 gennaio 1994, n. 64 [1] (di seguito: legge di ratifica) il legislatore conferiva il ruolo di autorità centrale all’Ufficio per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia (art. 3). Oggi, l’autorità centrale italiana è il Dipartimento per la Giustizia Minorile. Investita di un caso di sottrazione internazionale passiva da parte di una autorità centrale estera, l’autorità centrale italiana (e segnatamente l’Ufficio II del Capo Dipartimento) è tenuta, tra le altre cose, ad accertare la presenza del minore sul territorio nazionale attraverso le competenti forze di polizia e a dare avvio alla procedura giudiziaria diretta ad ottenere la restituzione del minore ove non dovessero esservi spazi per la consegna volontaria.


2. Il ruolo del pubblico ministero nella procedura di cui all’art. 7 della legge di ratifica

È compito del procuratore minorile richiedere il ritorno del minore illecitamente sottratto e condotto in uno stato diverso da quello di abituale residenza, con ricorso in via d’urgenza al Tribunale per i Minorenni del luogo in cui è stato portato il minore. Nei casi di sottrazione internazionale passiva, occorre rilevare che il procuratore minorile non ha margini di discrezionalità ed è tenuto a richiedere sic et simpliciter la restituzione del minore all’avente diritto. L’istruttoria consta essenzialmente di tre momenti: a) audizione dei genitori; b) acquisizione delle relazioni dei servizi sociali sulle condizioni personali, familiari e ambientali del minore; c) ascolto del minore, sempre che tale audizione non appaia manifestamente in contrasto con il suo interesse e il minore sia in grado di renderla utilmente. Sarà solamente in sede di conclusioni, all’esito dell’istruttoria compiuta dal Tribunale per i Minorenni, che il procuratore minorile potrà riappropriarsi di tutte le prerogative di parte processuale, inclusa quella di opporsi al rientro del minore, ad esempio per motivi di particolare rilevanza e gravità, richiamati dall’art. 13 della Convenzione. In caso di accoglimento dell’istanza di ritorno, il pubblico ministero minorile è tenuto a curare l’esecuzione del decreto del Tribunale per i Minorenni immediatamente esecutivo. In altri termini, nei procedimenti di sottrazione internazionale passiva, il procuratore minorile assume due diversi ruoli: innanzitutto è colui che necessariamente alimenta il conflitto contribuendo dunque a “sciogliere relazioni” allorquando, pronunciandosi sull’ordine di ritorno, esprime parere su chi sia nel torto o nella ragione; è altresì colui che, in fase di esecuzione delle decisioni, nell’interesse superiore del minore, aspira a “riannodare relazioni”, facendo convergere le istanze dei due contendenti verso un interesse comune, quello appunto del figlio.


3. L’esecuzione dell’ordine di ritorno

Nella fase della attuazione pratica degli ordini di ritorno, emerge tutta la delicatezza delle funzioni del pubblico ministero, che si trova a riannodare una relazione di dialogo tra genitori in conflitto e a scoprirsi, ancora una volta, quel giudice che ricorda a se stesso «homo sum: humani nihil a me alienum puto» [2] il giudice della persona e non dei casi: un giudice di prossimità che deve convocare, deve ascoltare, deve mediare il conflitto nell’interesse superiore del minore già privato dell’in­sopprimibile diritto a mantenere rapporti stabili e costanti con entrambe le figure genitoriali. La peculiarità delle esigenze del minore nelle sue implicazioni affettive, familiari, psicologiche e sociali, così come la frequente acrimonia tra i genitori dispiegano al procuratore minorile un ventaglio di situazioni differenti nell’esecuzione pratica delle decisioni del Tribunale per i Minorenni. Pertanto, ai sensi dell’art. 7, 5° comma della legge di ratifica, al pubblico ministero è data la possibilità di avvalersi dell’ausilio di personale specializzato dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia. Infatti, in tutti i casi in cui il procuratore minorile richieda l’intervento delle forze dell’ordine, le stesse operano in sinergia con gli assistenti sociali, facilitando le ricerche delle parti, intimando al genitore di non allontanarsi con il minore dal luogo di attuale domicilio sino ad assistere i genitori nella fase della riconsegna. Questa fase viene preceduta dalla convocazione delle parti, alle quali vengono spiegate le motivazioni dell’ordine di ritorno e la necessità di pronta collaborazione in merito alla riconsegna del minore, sull’assunto che il giudizio appena conclusosi sulla domanda di ritorno non ha ancora riguardato la migliore sistemazione possibile del minore. Non di rado entrambi i genitori vengono rassicurati sul fatto che a nessuno sarà precluso di mantenere rapporti con il proprio figlio e di fare valere, successivamente, le proprie ragioni innanzi al giudice di merito in ordine ad eventuali modifiche delle condizioni di affido. Nell’interesse del minore, è possibile poi che vengano anche incaricati i servizi specialistici Asl o il personale specializzato degli enti locali, laddove si ritenga che il ritorno debba essere preceduto da interventi di sostegno o [continua ..]


4. Un caso particolare

Come si è già osservato, il decreto del Tribunale per i Minorenni che decide il ritorno è provvedimento immediatamente esecutivo. Tuttavia, non di rado, può capitare che le parti processuali chiedano al Tribunale per i Minorenni la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di ritorno. È quanto accaduto in una vicenda che ha visto coinvolti due minori sudamericani trasferiti dal padre in Italia, senza il consenso della madre [3]. Figli di genitori separati, affidati alla madre, i minori erano stati autorizzati dalla stessa genitrice a trascorrere le vacanze natalizie all’estero con il padre; questi, giunto in Italia, decideva di tenerli con sé violando i precedenti accordi. Tale circostanza induceva la madre ad adire l’Au­torità Centrale italiana, che attivava la procedura giudiziaria innanzi al Tribunale per i Minorenni competente. Nel corso dell’istruttoria il padre dichiarava di essersi stabilito in Italia e di non avere riportato i figli alla madre a causa del comportamento violento del convivente di lei nei confronti dei ragazzi. La madre non compariva adducendo motivi di ordine economico e impegni di lavoro. Esaurita l’attività istruttoria, il Tribunale per i Minorenni emetteva, in data 14 novembre 2013, l’ordine di ritorno dei minori non essendo emersi quegli elementi di pregiudizio psicofisico richiamati dall’art. 13 della Convenzione. Investito del compito di eseguire il provvedimento, il pubblico ministero incaricava l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM) di preparare, in collaborazione con i servizi territoriali ASL, i minori al ritorno, chiedendo al padre di riportarli a casa affinché si potessero ricongiungere con la madre. A fronte della indisponibilità del padre, per ragioni legate alla pendenza di un procedimento penale a suo carico, il pubblico ministero richiedeva nuovamente la presenza in Italia della madre, perché la relazione tra madre e figli riprendesse gradualmente e affinché venisse assicurato ai bambini il rapporto stabile con il padre. Tale necessità nasceva dalle emergenze processuali e, in particolare, dai gravi sintomi di disagio palesati da uno dei due minori alla notizia dell’im­minente ritorno. In particolare il più piccolo, in più di una occasione, aveva manifestato l’inten­zione di togliersi la vita [continua ..]


5. Riflessioni conclusive

L’esperienza personale nel settore conferma l’importanza di una conduzione paziente della fase di esecuzione dell’ordine di ritorno, rispettosa delle relazioni, attenta ai modi in funzione del principio del superiore interesse del minore. L’affermazione di tale principio infatti, non può essere attuata con la coercizione ma con la palingenesi delle parti, vale a dire con la ricostruzione di un dialogo, con la costituzione di quella relazione che, come scrive R. Panikkar, «non è “qualcosa” che mette in relazione “altre” cose precedentemente date o esistenti, ma è la costituzione stessa delle cose in quanto tali» [5].


NOTE