Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il fenomeno sociale delle unioni tra persone di nazionalità diversa: una lettura dei dati statistici (di Antonio La Spina (Professore ordinario di Sociologia, nell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma))


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. I dati sulle coppie miste in Italia - 3. Le caratteristiche e la stabilità delle unioni miste - 4. I figli - 5. Le possibili tensioni - 6. Uno sguardo verso l’estero - 7. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Quello delle unioni tra persone di nazionalità diversa è un fenomeno di grande interesse, per molteplici ragioni. Anzitutto, non si tratta di un’entità omogenea. C’è unione mista e unione mista. Vi sono quelle di comodo (spesso illecite), che servono ad acquisire la cittadinanza, o comunque una condizione di sicurezza economica, e vi sono invece quelle basate su ragioni sentimentali. Vi sono quelle tra soggetti che sono portatori di modelli culturali già simili in partenza, o facilmente ravvicinabili, e quelle tra persone che vengono da mondi assai differenti. È un fenomeno in evoluzione. Certamente se n’è riscontrata una crescita. Non è detto che questa continui. È, inoltre, qualcosa che riveste un importante significato nella prospettiva dell’inte­grazione, anche se tale assunto va attentamente precisato. Ancora, la mescolanza tra etnie potrebbe essere considerata come un esempio di un più generale dinamismo dei modelli culturali, tipico della società tardo-moderna. Nelle pagine che seguono, senza alcuna pretesa di sistematicità ed esaustività rispetto ad un tema alquanto articolato, si presentano anzitutto i dati relativi alla società italiana. Andando più nel dettaglio, si passa alla stabilità delle unioni in questione, alla situazione dei figli, alle tensioni che potrebbero attraversarle, al modo in cui vengono percepiti e trattati alcuni diritti della persona, ad alcune delle variabili da tenere in considerazione. Segue qualche spunto su società diverse dalla nostra, europee e non.


2. I dati sulle coppie miste in Italia

Dal Censimento 2011 è stato ricavato che «le famiglie con almeno uno straniero ammontano a 1.828.338, pari al 7,4% delle famiglie» (secondo questa definizione costituisce una “famiglia”, in contrasto con il senso comune, anche un single, sicché parte di tali “famiglie” sono in effetti soggetti che vivono da soli). Successivamente l’Istat ha affermato che i «nuclei familiari con al­meno uno straniero residente» sono 1.160.101. Prendendo come termine di paragone il precedente censimento del 2001, vi è un incremento del 164%. Guardando ai dati del censimento 1991 e a quelli del censimento 2001, si riscontrava quasi una triplicazione: si passò infatti dalle 235.000 circa famiglie con almeno uno straniero residente del 1991 alle quasi 650.000 del 2001 [1]. Le coppie miste risultavano circa 65.000 nel 1991 e 198.000 nel 2001. Nel 2011 il 59% dei nuclei con almeno uno straniero era costituito da coppie di partner entrambi stranieri (il 95% della stessa cittadinanza). I nuclei monogenitore con almeno uno straniero residente erano il 13,4% del totale. Le coppie miste (un componente italiano e uno straniero) il 27,6% del totale, mentre dieci anni prima la percentuale delle coppie binazionali equivaleva a quella delle coppie di stranieri. Ciò perché nel 2001 gli stranieri residenti erano molti di meno, e pochi di loro erano riusciti a portare con sé la famiglia. Più coppie di stranieri significa quindi più ricongiungimenti e più matrimoni in loco tra immigrati della medesima etnia, non certo meno unioni miste in assoluto. Infatti, le coppie miste, che per l’esattezza erano 198.347 nel 2001, sono passate a 320.234 nel 2011. Ciò appare di per sé in prima battuta un interessante segnale di integrazione (con gli approfondimenti di cui si dirà appresso). Si assiste in generale, a partire dal 1972, a una tendenza alla diminuzione dei matrimoni nel loro complesso, sensibilmente accentuatasi dopo il 2008. Nel 2011, ad esempio, in Italia se ne sono avuti 204.830, 12.870 in meno rispetto al 2010 (tra il 2008 e il 2011, invece, la diminuzione è di 37.000 circa). Si tratta soprattutto (per l’82%) di prime nozze tra italiani. Ma anche i matrimoni tra stranieri o misti hanno fatto registrare un decremento. Nel 2011 i matrimoni in cui almeno uno degli sposi non è cittadino italiano sono stati quasi [continua ..]


3. Le caratteristiche e la stabilità delle unioni miste

Secondo un certa opinione di senso comune (“mogli e buoi dei paesi tuoi”) le coppie miste sarebbero fragili ed esposte ad elevate tensioni. Secondo una pubblicazione dell’Istat (che commentava dati del 2005) la durata media dei matrimoni misti sarebbe stata di 9 anni a fronte dei 14 registrati per le coppie con coniugi entrambi italiani. «I matrimoni fra un cittadino italiano per nascita e l’altro con cittadinanza italiana acquisita durano mediamente 11 anni. La vita coniugale fallisce, inoltre, entro i primi quattro anni dal matrimonio per il 41,9 per cento delle coppie formate da un cittadino italiano per nascita e da uno straniero, per il 25,6 per cento di quelle con un cittadino italiano per nascita e uno con cittadinanza italiana acquisita e per il 16,8 per cento delle unioni fra coniugi entrambi italiani per nascita». Inoltre, «nelle coppie miste la gestione della crisi coniugale è caratterizzata da una conflittualità superiore: la quota di procedimenti contenziosi aumenta (circa il 17 per cento dei casi) rispetto a quella registrata nelle coppie di cittadini entrambi italiani per nascita (14,2 per cento)» [3]. Queste informazioni si trovano ancor oggi spesso riportate sul web o in articoli giornalistici, ma lo stesso Istat nei Report più recenti non fa menzione di tali aspetti. Sarebbe utile un aggiornamento. In effetti, nei matrimoni misti (qui intesi come formati da «un cittadino italiano per nascita e un cittadino straniero o italiano per acquisizione») si assiste a una tendenza all’incremento tanto delle separazioni quanto dei divorzi. Le separazioni, ad esempio, che ammontavano a 4.266 nel 2000, nel 2012 risultano quasi raddoppiate (8.176). Va anche considerata, però, la già citata massiccia tendenza all’incremento delle unioni miste. Il raddoppio delle separazioni, quindi, potrebbe non dipendere da un’intrinseca maggiore instabilità di tali unioni, bensì semplicemente dal­l’aumento che esse hanno conosciuto nell’ultimo trentennio (da 65.000 nel 1991 a 198.000 nel 2001, a 320.000 nel 2011, secondo i censimenti). Se a un tratto vi sono molte più unioni miste, è fisiologico che vi siano anche più separazioni e divorzi. Anzi, il ritmo di crescita dei matrimoni è stato evidentemente maggiore (fino al 2009) rispetto a quello delle rotture. Se guardassimo anche [continua ..]


4. I figli

I figli che nascono da unioni miste in cui uno dei partner è italiano si trovano presumibilmente a metà strada, quanto a difficoltà di integrazione, tra la prole di coppie composte da soli italiani e quella di genitori entrambi stranieri. Anzi, essendo il più delle volte nati in Italia o essendovi quanto meno cresciuti, essendo in genere cittadini italiani, conoscendo l’italiano come lingua madre (presumibilmente accanto alla lingua del genitore non italiano) e beneficiando anche, talora, delle reti comunitarie (nonni, parenti, amici, ecc.) in cui è inserito il genitore autoctono, la loro socializzazione dovrebbe essere orientata per lo più alla cultura italiana e il loro grado di inserimento dovrebbe essere in linea teorica più simile a quello dei figli di soli italiani che a quello dei figli di soli stranieri. Ciò dovrebbe pertanto comportare, ad esempio, una performance scolastica, una capacità di partecipazione a reti amicali, un’auto-rappresentazione identitaria analoghe a quella degli autoctoni. Anzi, i “misti” (o meticci) potrebbero godere di una “marcia in più”, proprio per la loro dotazione biculturale [13]. D’altro canto, vi è anche la possibilità che essi siano accettati con difficoltà, perché etichettati come “diversi” da parte della comunità di riferimento. Un’interessante ricerca campionaria svolta da Gilardoni ha riguardato più di 17mila preadolescenti (11-14 anni) allievi di scuole lombarde, di cui circa 13mila italiani, 3.000 stranieri e mille figli di coppia mista (qui intesa come composta da un genitore autoctono e uno straniero, anche se il secondo ha acquisito la cittadinanza italiana, oppure da due genitori stranieri di cittadinanza diversa). Le famiglie miste rilevate presentano in media un livello di benessere economico vicino a quello degli autoctoni, quindi ben superiore a quello medio delle famiglie di emigrati. In genere il benessere è maggiore quando è italiana la madre. La spiegazione è che spesso «i padri italiani si uniscono a una donna straniera in seconde nozze e ... quindi, probabilmente, contribuiscono al mantenimento della famiglia precedente», il che decurta il loro reddito. Le partner straniere peraltro spesso risultano non occupate. Ancora, i figli di coppia mista rilevati da Gilardoni hanno titoli di [continua ..]


5. Le possibili tensioni

Che un ménage tra due persone di nazionalità diverse possa andare soggetto a tensioni è intuitivo. È anche intuitivo che prima di formare un’unione, eventualmente matrimoniale, i due partner, rendendosene conto, valutino punti di forza, di debolezza, opportunità, minacce, costi, rischi. Ma è anche possibile, così come del resto avviene talvolta anche tra coniugi connazionali, che certe valutazioni poi si rivelino erronee. La diversità è certamente una ricchezza, a condizione che vi siano la fiducia, la serietà, il rispetto reciproco. Immaginare tali eventualità, e anche conoscerne direttamente alcune, non equivale tuttavia a dover concludere che le unioni miste come tali siano sempre o quasi sempre strutturalmente a rischio. È plausibile che alcune siano più di altre esposte a un’endemica conflittualità e/o alla rottura. Molti fattori riguardano storie, vissuti, stati psichici, condizioni economiche o di statussoggettive che nulla hanno a che vedere con la nazionalità, e che spesso ritroviamo anche nei rapporti tra connazionali. Assistiamo di continuo a delitti (ivi compresa la soppressione fisica dei figli, e assai più spesso la loro reificazione e strumentalizzazione al fine di ferire e punire) commessi da un partner a danno dell’al­tro. Efferatezze del genere nascono anche nell’ambito di unioni tra autoctoni. D’altro canto, è plausibile che se tra le culture di cui sono rispettivamente portatori due partner di nazionalità differente vi è distanza, o addirittura, su certi punti, incompatibilità, delle due l’una: o qualcuno dei partner (forse entrambi) rinuncia, magari non ufficialmente, ma almeno di fatto, a certi elementi salienti della propria cultura di provenienza, sperimentando una “nuova nascita” e per di più riuscendo poi a mantenere nel tempo la nuova identità culturale, oppure lo scontro potrà essere violento e devastante. Se una certa cultura, pur essendo distante da altre, prescrive l’endogamia, difficilmente si avran­no unioni miste (a meno di un’apostasia da parte di qualcuno dei suoi portatori). Ma non per questo la vita dei soggetti coinvolti sarà esente da tensioni e conflitti. Ad esempio, è avvenuto che ragazze di varie nazionalità e varie religioni (emigrate [continua ..]


6. Uno sguardo verso l’estero

Il Regno Unito, la Francia o l’Olanda hanno avuto possedimenti coloniali poi disgregatisi. Lì i flussi migratori vanno indietro di svariate generazioni, cosicché il problema dell’integrazione si è posto molto prima che da noi. Altri paesi, tra cui Stati Uniti, Brasile, Canada, Australia, hanno invece conosciuto mix più o meno complessi. Lì i veri autoctoni erano gli americani, ovvero oceanici, nativi (in passato impropriamente chiamati indios, indiani d’America, aborigeni). Si è avuto prima l’arrivo dei colonizzatori (spagnoli, inglesi, portoghesi e così via), poi la deportazione degli schiavi dall’Africa, poi altri flussi migratori da svariati paesi europei, nonché dal­l’Asia. In Brasile e in gran parte dell’America Latina le unioni interrazziali erano già accettate e diffuse nel XIX secolo, o anche in precedenza. Negli Stati Uniti l’abolizione della schiavitù prima e della segregazione poi sono state ben più conflittuali. Ma anche lì le unioni miste (anzitutto nel senso di interrazziali) e il melting pot sono da tempo una realtà saliente. L’Italia, come si è già ricordato, è stata piuttosto (ed è ancora, sia pure con diverse caratteristiche) terra di emigrazione. Solo da un quarto di secolo circa è diventata anche terra di immigrazione. Una trattazione delle unioni miste in chiave comparativa richiederebbe un articolo o meglio un libro a parte. Svolgo qui un’esposizione estremamente sintetica e parziale, rinviando alla letteratura rilevante [22]. Negli Stati Uniti per matrimoni “misti” si sono intesi anzitutto quelli inter-razziali (quindi, ad esempio, un’unione di un/a bianco/a con un/a afroamericano/a, o con un americano/a nativo/a), e tutt’ora le ricerche si concentrano su questi, oltre che su quelli binazionali. «Nel 2010 circa il 15% di tutti i nuovi matrimoni sono avvenuti tra coniugi di razza o etnia differente tra loro, il che è più del doppio rispetto al 1980 (quando erano il 6,7%). Considerando tutti gli sposi del 2010, il 9% dei bianchi, il 17% dei neri, il 26% degli ispanici e il 28% degli asiatici si è sposato con un compagno/a esterno/a al proprio gruppo. Considerando invece l’insieme di tutte le coppie sposate esistenti nel 2010, a prescindere dalla data del matrimonio, la [continua ..]


7. Conclusioni

Come si è illustrato, il caso italiano ha molte peculiarità. Il dualismo Nord-Sud si rispecchia anche sul fenomeno delle unioni miste. Al Sud ve ne sono molte di meno, non soltanto perché vi è più tradizionalismo, ma anche perché lì è più difficile per gli immigrati (come lo è per gli autoctoni) trovare lavoro, sicché la stanzialità è più rara. Anche nel Centro-Nord, però, le caratteristiche delle unioni miste evidenziano un’integrazione ancora agli albori e – nei comportamenti, al di là delle dichiarazioni – una debole accettazione degli immigrati. Seppure molte coppie – specie quelle tra un italiano e una straniera – quanto a modelli religiosi e culturali non siano reciprocamente molto distanti, le differenze di età e di istruzione possono comunque essere la premessa di una futura disgregazione. Con riguardo sia all’Italia sia alle altre nazioni europee è evidente la necessità di approfondire le analisi, non soltanto aggiornandole rispetto a tendenze che sono in costante e rapidissimo mutamento, ma anche in base a una diversa accezione delle coppia mista. Occorre concentrarsi non solo e non tanto sulla nazionalità, ma anche sulle differenze razziali (un termine che in Europa si tende a evitare, mentre come si è visto risulta ancora centrale nelle analisi americane) o comunque etniche, religiose, culturali in genere. Con l’esempio di cui al paragrafo precedente abbiamo visto che un matrimonio formalmente misto può essere monoculturale e refrattario all’apertura. Ma può anche avvenire che una coppia di connazionali entrambi di discendenza autoctona sia in effetti altamente “mista”, se un partner ha valori, progetti, regole di condotta, un’idea del mondo, un approccio alla religione fortemente divergenti rispetto a quelli dell’altro. Un matrimonio è sempre un connubio tra individui unici e irripetibili, il cui successo non è mai garantito. È possibile che le unioni inter-etniche abbiano anticipato e reso più visibile una realtà che è tipica della società e delle relazioni umane tardo-moderne, ove tutte le coppie sono in qualche misura “miste”, perché potenziali portatrici di visioni della vita polimorfe, e talora divergenti o confliggenti.


NOTE