Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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L'ascolto del minore nei casi di sottrazione internazionale (di Manuela Cecchi (Avvocato in Firenze. Presidente Aiaf Toscana))


SOMMARIO:

1. Brevi cenni all'ordinamento nazionale e sovranazionale in materia di ascolto - 2. La giurisprudenza di legittimità - 3. L’ascolto con funzione acquisitiva decisionale - NOTE


1. Brevi cenni all'ordinamento nazionale e sovranazionale in materia di ascolto

Il tema dell’ascolto del minore ha avuto un’ampia trattazione nella Rivista AIAF 2014/2 dal titolo “L’ascolto del minore: dove, quando e perché”. Poiché molte pronunce della Suprema Corte in tema di ascolto hanno tratto origine proprio da casi di sottrazione internazionale dei minori, appare opportuno trattare nuovamente il tema del­l’ascolto del minore sottratto. In materia civile la normativa internazionale rappresenta un riferimento imprescindibile, in quanto nella stessa sono indicati i principi generali, che danno modo di interpretare la normativa nazionale, quando la stessa appare insufficiente o contraddittoria. È con: –    l’art. 12 della Convenzione di New York (ratificata e resa esecutiva con l. n. 176/1991) che:  gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, ... tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità;  a tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. –    L’art. 24 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali (c.d. Carta di Nizza, del dicembre 2000) in cui viene affermato che: I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. Quest’ultimo articolo, viene richiamato dal considerando 33 del Reg. UE n. 2201/2003 in cui si afferma che, il medesimo «riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». –    Gli artt. 3 e 6 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori (Strasburgo, 1996; ratificata e resa esecutiva, per taluni procedimenti, con l. [continua ..]


2. La giurisprudenza di legittimità

Fin dalla fine degli anni ’90, la Suprema Corte si è pronunciata sul tema dell’ascolto del minore e sull’opportunità o meno di tenere in debito conto la sua opinione, sulla capacità di discernimento in casi di sottrazione internazionale. In ossequio alle citate Convenzioni, Carte e Regolamenti, la Corte di Cassazione ha previsto che si possa o meno ordinare il ritorno del minore se questi, nel corso del procedimento di rim­patrio, manifesti la sua opposizione al rientro nella residenza abituale, così come il mancato ascolto o il diniego dell’ascolto non opportunamente motivato dal giudice sulla base di argomentazione relativa alla capacità di discernimento raggiunta dal minore, possono costituire motivo di impugnazione della decisione di accoglimento o rigetto dell’istanza di rimpatrio. La Corte dei Diritti dell’Uomo [3] ha stabilito che le autorità nazionali non possono fondare la propria decisione sul rientro del minore sottratto dando rilievo alla sola volontà del minore. So­stiene la Corte, in detta pronuncia, che occorre fare un bilanciamento e tra i diritti delle diverse persone coinvolte e in ordine a un effettivo rischio per il minore in caso di ritorno nel paese da cui è stato sottratto. Dà atto che l’interesse superiore del minore viene al primo posto, ma questo non può essere valutato solo sulla base delle dichiarazioni di minori. Vi era negli anni 2000 [4] un orientamento della Suprema Corte che si basava sulla considerazione del carattere urgente e meramente ripristinatorio della situazione quo ante, alla sottrazione, con la conseguenza che l’ascolto sarebbe stato solo opportuno, se possibile [5]. Per la stessa motivazione, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che in queste procedure si debba procedere all’ascolto tramite CTU i cui tempi allungherebbero di gran lunga la procedura. In tal senso, la sent. n. 3798/2008 della Suprema Corte, ha sostenuto: «... Nell’indagine sul raggiungimento da parte del minore di un’adeguata capacità di discernimento, al fine di esprimere una volontà idonea ad opporsi al rimpatrio, il giudice non è tenuto a procedere all’audizione del minore secondo modalità particolari, in particolare procedendo all’esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio, purché [continua ..]


3. L’ascolto con funzione acquisitiva decisionale

Da quanto fin qui detto, si evince come nel tempo le Convenzioni sopra citate abbiano imposto al giudice di tenere, con tutte le cautele del caso, in debito conto quanto il minore pensa, dice o non dice. Come sostiene G. Dosi [8] la giurisprudenza ha operato nel corso degli anni, una distinzione tra funzione cognitiva e acquisitiva – decisionale dell’ascolto del minore, stabilendo che la prima serva sostanzialmente alla conoscenza di elementi utili per un provvedimento di protezione, mentre la seconda determini o meno l’obbligo per il giudice di adeguarsi all’opinione espressa dal minore. La Suprema Corte con la sent. n. 5237 depositata il 5 marzo 2014, si è pronunciata sulla rilevanza dell’opinione espressa dal minore che si oppone al suo rimpatrio, in una complessa vicenda giudiziaria, dando così al suo ascolto quel valore acquisitivo decisionale e tenendo di gran conto l’opinione espressa. Il caso riguarda una minore quindicenne figlia di due genitori italiani che si erano trasferiti negli Stati Uniti per lavoro dove era nata la bambina. Al momento della separazione la bimba era stata affidata ad entrambi i genitori e collocata negli USA con la madre. Alla fine di una vacanza in Italia con il padre, la ragazza non voleva rientrare dalla madre. Il Tribunale ordinario ascoltata la minore che aveva espresso adeguatamente il proprio pensiero, ritenne di non accoglierlo, ritenendolo condizionato dal maggior permissivismo del padre rispetto alla madre. Il padre ricorreva alla Suprema Corte la quale dopo aver riflettuto «come i recenti interventi normativi in materia di filiazione (art. 315 bis c.c.; art. 2, comma 1, della legge n. 219 del 2012) pongano l’ascolto del minore, come evidenzia anche la nuova “sedes materiae”, fra le regole fondamentali e generali attraverso le quali, realizzandosi il riconoscimento dell’ascolto stesso come diritto assoluto del minore, viene perseguito il suo interesse superiore, corrispondente al suo sviluppo armonico psichico, fisico e relazionale, da perseguirsi anche attraverso l’immediata percezione delle sue opinioni in merito alle scelte che lo riguardano, consentendo, in tal modo, la partecipazione del minore stesso al giudizio, in quanto “parte in senso sostanziale”» (così Cass., S.U., n. 22238/2009, rimeditava sull’orientamento cognitivo dell’ascolto, come letto dal Tribunale [continua ..]


NOTE