Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il delitto di sottrazione e trattenimento di minore all'estero: difficoltà applicative e spunti interpretativi (di Lorenzo Picotti (Professore ordinario di Diritto Penale, nell’Università degli Studi di Verona))


SOMMARIO:

1. Introduzione: la novella del 2009 e le sue ragioni - 2. Collocazione sistematica della fattispecie e bene giuridico tutelato - 3. Analisi del fatto di reato: il suo momento consumativo - 4. Il luogo di commissione del reato e la punibilità del fatto commesso all’estero - 5. Incertezze giurisprudenziali sull’applicabilità dell’art. 574 bis c.p. - 6. Osservazioni conclusive


1. Introduzione: la novella del 2009 e le sue ragioni

Il delitto di “sottrazione e trattenimento di minore all’estero” è stato introdotto dall’art. 3, 29° comma, lett. b), della l. 15 luglio 2009, n. 94, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”: una delle leggi dei cosiddetti “pacchetti sicurezza”, che hanno caratterizzato una certa stagione di politica criminale, particolarmente severa contro alcuni fenomeni capaci di suscitare allarme sociale e suscettibili, quindi, di essere strumentalizzati in chiave demagogica per conseguire un ampio consenso politico. Ma di tale contingente genesi la fattispecie presenta solo qualche venatura, mentre la sua previsione risale a più complesse esigenze, da tempo emerse. Invero vi erano state sollecitazioni anche del Parlamento europeo, perché si migliorasse la risposta sanzionatoria dei diversi ordinamenti giuridici di fronte ai nuovi o più frequenti comportamenti illeciti posti in essere nei confronti di figli minori, nelle situazioni di crisi dei matrimoni o delle unioni fra genitori di diversa nazionalità. L’aumento dei matrimoni misti (che secondo fonti non ufficiali sarebbero stati in Italia, ad es., 21.357 nel 2011) e di figli di immigrati (che sarebbero oltre un milione) hanno reso ricorrenti fatti di sottrazione, trasferimento o trattenimento all’estero di figli minori della coppia in crisi, ai quali ha inteso far fronte più efficacemente l’incriminazione in esame, per contrastarne la maggior gravità e nel contempo le difficoltà pratiche a porvi rimedio.


2. Collocazione sistematica della fattispecie e bene giuridico tutelato

Il nuovo art. 574 bis, introdotto nel codice penale accanto agli artt. 573 e 574 c.p. – che puniscono la generica “sottrazione consensuale di minorenni” e “sottrazione di persone incapaci” – mira a superarne l’inadeguatezza nel contrastare i fenomeni richiamati, stabilendo una disciplina ad hoc, che sia altresì più severa sul piano sanzionatorio. La collocazione sistematica, nella parte finale del Titolo XI della parte speciale del codice – dedicato ai “delitti contro la famiglia” – ed in particolare del suo Capo IV, intitolato ai “Delitti contro l’assistenza familiare”, è significativa per cogliere quale sia il bene giuridico che il legislatore ha inteso tutelare. In conformità all’elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi sulle due fattispecie preesistenti, esso sarebbe da ravvisare nell’esercizio della “potestà genitoriale” (già “patria potestà”, ai tempi del codice Rocco), che in seguito alla riforma portata dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 1549 è stata ora ridenominata “responsabilità genitoriale”. In secondo piano sembrano restare il bene della libertà personale ed i diritti fondamentali del minore, pur soggetto passivo della condotta dell’agente, ma considerato in una posizione di subalternità, derivata da quella che ne caratterizza(va) il ruolo all’interno del rapporto parentale e familiare: di persona appunto “minore”, non pienamente riconosciuta come autonomo soggetto giuridico o “uomo” titolare di diritti “inviolabili”. Il riscontro normativo di questa perdurante concezione si evince dal confronto della entità delle pene previste per il nuovo delitto e di quelle previste per il delitto di sequestro di persona (cosiddetto semplice), di cui all’art. 605 c.p. Pur se la pena stabilita per il nuovo reato è più severa di quella prevista dalle fattispecie già vigenti, essendo della reclusione da 1 a 4 anni, nel­l’ipotesi base di cui al 1° comma dell’art. 574 bis e riducendosi alla reclusione da 6 mesi a 3 anni, quando il minore abbia compiuto gli anni 14 e vi sia il suo consenso (2° comma), comunque entrambi i livelli sanzionatori restano ben inferiori a quelli stabiliti per il sequestro a danno di un discendente, che [continua ..]


3. Analisi del fatto di reato: il suo momento consumativo

La giurisprudenza che si è occupata finora dell’applicazione della nuova fattispecie di cui all’art. 574 bis c.p. ha già portato l’attenzione sul suo momento consumativo, da ravvisare nel fatto del­l’“impedimento”, in tutto o in parte, dell’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del genitore o tutore contro la cui volontà sia avvenuta la “sottrazione” del minore. Trattasi, ad avviso dello scrivente, del vero e proprio evento consumativo del reato, che segna il momento di effettiva realizzazione dell’offesa al bene giuridico tutelato, di cui sopra si è detto, e che deve conseguire alla condotta di “sottrazione” del minore, tipizzata con due modalità alternative di realizzazione: “conducendolo” ovvero “trattenendolo all’estero”, in ogni caso contro la volontà dell’altro genitore o del tutore. L’“impedimento” effettivo dell’esercizio della responsabilità genitoriale è dunque il requisito oggettivo essenziale per il perfezionarsi della fattispecie, essendo espresso, seppur in un non felice modo gerundio, dal verbo finale di una complessa sequenza, che riflette la ratio dell’incri­minazione. Ed in effetti era già stato oggetto di elaborazione giurisprudenziale con riferimento alle ipotesi di cui agli artt. 573 e 574, che pur non lo menzionano esplicitamente. La Cassazione, in particolare, in una sentenza del 2013 (Cass., Sez. VI, 27 maggio 2013, ud. 19 febbraio 2013, n. 22911) ha stabilito che la tipicità del reato previsto dall’art. 574 richiede l’im­pedimento dell’esercizio della potestà genitoriale e l’allontanamento del minore dall’ambiente di abituale dimora, richiamando numerosi suoi precedenti (Cass., Sez. V, 8 luglio 2008, n. 37321, Sailis; Cass., Sez. VI, 18 febbraio 2008, n. 21441, C.; Cass., Sez. VI, 4 marzo 2002, n. 11415, Staller). La stessa giurisprudenza ha sottolineato infatti che è essenziale, perché sia integrato il reato, che l’azione posta in essere determini un “impedimento” effettivo per l’esercizio delle diverse ma­nifestazioni della potestà (oggi: “responsabilità”) del genitore, in particolare portando ad una «globale sottrazione del minore alla [continua ..]


4. Il luogo di commissione del reato e la punibilità del fatto commesso all’estero

La connotazione specifica del nuovo reato, rispetto alle due fattispecie che lo precedono, è che il minore sia condotto o trattenuto “all’estero”. Tale elemento specializzante, che risponde alle nuove esigenze di tutela emerse di fronte ai menzionati fenomeni, caratteristici della nostra epo­ca (cfr. supra, par. 1), è stato fonte di non pochi problemi interpretativi ed applicativi affrontati dalla giurisprudenza di merito fin dalle prime applicazioni. In particolare, il Tribunale di Milano, in una sent. 5 giugno 2013, n. 13773/12, ha escluso l’applicabilità della nuova e più severa fattispecie, a favore di quella di cui all’art. 574 c.p., in quanto la condotta di “sottrazione” era risultata essere avvenuta soltanto “all’estero”, da parte di una cittadina italiana: con conseguente applicazione dell’art. 9 c.p., che regola la procedibilità per i delitti comuni commessi dal cittadino all’estero, richiedendo, come condizione di procedibilità, che il reo «si trovi nel territorio dello Stato». Occorre precisare che, escluse le condizioni di cui agli artt. 7 e 8 c.p., per cui si applica incondizionatamente la legge penale italiana, la punibilità per i delitti non politici per cui sia prevista una pena restrittiva della libertà personale di durata inferiore “nel minimo” a 3 anni (come si verifica nell’ipotesi dell’art. 574 bis c.p.) richiede sempre anche l’ulteriore condizione della “richiesta del Ministero della giustizia” ovvero dell’“istanza o querela della persona offesa” (ex art. 9, 2° comma, c.p.), elidendosi così l’effetto della introdotta procedibilità d’ufficio. E si tratta di situazioni non infrequenti, data la fenomenologia dei fatti da contrastare, che rende difficoltosa l’applicazione concreta della nuova fattispecie, la cui tipicità normativa riguarda proprio situazioni che si realizzano in territorio estero. È vero che, in base al principio cosiddetto di ubiquità, la determinazione del locus commissi delicti consente di considerare «commesso nel territorio dello Stato» e dunque perseguibile incondizionatamente, ex art. 6 c.p., il reato «quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi [continua ..]


5. Incertezze giurisprudenziali sull’applicabilità dell’art. 574 bis c.p.

Un’interessante fattispecie concreta, giudicata in modo difforme dal Tribunale di Verona (sentenza di condanna in data 16 novembre 2012, n. 2359, L., inedita) e dalla Corte d’Appello di Venezia (sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 9 c.p. in data 11 ottobre 2013, n. 1420, L., inedita), è stata oggetto di un’opposta interpretazione della punibilità del reato in Italia ed, a monte, del suo momento consumativo. Il fatto era complicato dalla circostanza che la madre del minore, cittadina anche italiana, aveva condotto con sé il bambino in Ucraina nel 2007 (anteriormente cioè all’entrata in vigore della nuova fattispecie di cui all’art. 574 bis c.p.) e l’aveva poi trattenuto nel paese di origine, senza più fare ritorno in Italia e senza consentire più al padre di esercitare la sua potestà (rectius: responsabilità) genitoriale, nonostante pronunce unanimi dei giudici civili, sia del Tribunale di Ve­rona, sia del Tribunale locale ucraino, avessero stabilito irrevocabilmente l’affidamento esclusivo del bambino al padre stesso, rimasto in Italia. Questi non si era opposto all’iniziale viaggio della moglie nel suo paese di origine, assieme al figlio minore, per una breve vacanza nel settembre del 2007; ma poi aveva invano richiesto che il figlio rientrasse, proponendo querela in Italia e rivolgendosi alle autorità civili ucraine, al Ministero degli esteri italiano, alla Polizia internazionale: tutto senza successo. La madre, accampando via via scuse o motivazioni non verificabili, aveva prima rinviato il rientro e poi annunciato definitivamente la sua volontà di non rientrare più in Italia e di trattenere con sé il figlio minore in Ucraina. I tentativi di esecuzione dei provvedimenti giudiziari civili, posti in essere dal padre, che si era anche recato in tre occasioni di persona in Ucraina ed aveva ottenuto l’intervento della Procura ucraina del distretto del luogo di residenza, erano stati frustrati dapprima dal rifiuto dei funzionari locali di utilizzare la forza per consegnare il bambino al padre, quindi dal ricovero in ospedale dello stesso bambino per improvvisi disturbi: tanto che infine il padre si è rassegnato a mantenere sporadici contatti telefonici e di corrispondenza a distanza con la madre e con il figlio, che cosi è cresciuto esclusivamente nel paese [continua ..]


6. Osservazioni conclusive