Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La procedura d'urgenza per il rimpatrio del minore illecitamente sottratto (di Lucia Fazzina (Avvocato in Vicenza))


SOMMARIO:

1. Convenzione dell’Aja e Reg. Comunitario 2201/2003: presupposti per l’applicazione - 2. Il procedimento - 3. Il rigetto dell’istanza di rimpatrio - 4. Conclusioni - NOTE


1. Convenzione dell’Aja e Reg. Comunitario 2201/2003: presupposti per l’applicazione

La Convenzione dell’Aja, integrata e rafforzata dal Reg. Comunitario n. 2201/2003, vuole garantire una protezione tempestiva ed efficace del minore, quale parte oggettivamente debole. La tutela ivi prevista è azionabile qualora sia avvenuto il trasferimento illecito di un minore di anni 16 all’estero senza il consenso dell’altro genitore o dell’affidatario (persona fisica o ente) ovvero quando il minore è lecitamente portato all’estero e poi ivi trattenuto illecitamente. La normativa citata ha l’obiettivo di garantire il bambino leso dal trasferimento illecito e di ripristinare la sua condizione di vita preesistente. Pertanto, nei casi di sottrazione internazionale di minore è prioritario ed essenziale agire con immediatezza sia per contenere il danno arrecato al corretto ed equilibrato sviluppo psicologico del minore dalla privazione di un genitore, sia per evitare che il minore si integri nello Stato e nell’ambiente in cui si trova a seguito della sottrazione, rendendo quindi più traumatico o addirittura inopportuno il ritorno del minore nel paese di residenza abituale. Il trattato convenzionale è nato quindi come procedura d’urgenza volta ad assicurare l’im­mediato rientro del minore nel suo Stato di residenza abituale. Nella trattazione dell’istanza di ritorno del minore sottratto, l’autorità giurisdizionale o amministrativa deve agire con la massima celerità avvalendosi delle procedure d’urgenza previste dal­l’ordinamento giuridico dello Stato richiesto (artt. 2 e 11) e il provvedimento di ritorno deve essere emesso al più tardi entro il termine di sei settimane dal ricevimento dell’istanza di rimpatrio (art. 11). Una volta presentata l’istanza di rientro, o per il tramite dell’Autorità Centrale, o in via diretta ex art. 29 Conv. Aja, la competenza a trattare della medesima spetta alle Autorità dello Stato ove il minore è stato trasferito o trattenuto, e di fronte ad esse viene instaurato il procedimento per il rimpatrio [1]. Decisioni di rimpatrio dall’Italia: ·   TM del luogo ove il minore si trova. Decisioni di rimpatrio verso l’Italia [2]: ·   TM del luogo ove risiedono le persone o ente che esercita la responsabilità parentale sul minore; ·   TM del [continua ..]


2. Il procedimento

Ai sensi dell’art. 7 della l. n. 64/1994 il procedimento si instaura con ricorso promosso su impulso dell’Autorità Centrale la quale, premessi i necessari accertamenti, trasmette senza indugio gli atti al PMM presso il TM del luogo in cui si trova il minore. Il PMM richiede con ricorso d’urgenza al TM l’ordine di restituzione e il Presidente del TM fissa con decreto l’udienza in Camera di Consiglio dandone comunicazione all’Autorità Centrale. La parte che ha effettuato la segnalazione all’Autorità Centrale è informata della data dell’u­dienza e può comparire a sue spese e chiedere di essere sentita. La parte che ha allontanato il minore viene convocata dall’Autorità Centrale, può trattarsi di un genitore, di un parente ovvero di un estraneo. Viene sentito il PMM ed il Presidente può assumere sommarie informazioni senza formalità. L’art. 12 della Convenzione stabilisce che, se l’istanza di rimpatrio viene presentata prima del decorso di un anno dal trasferimento o mancato ritorno del minore nello Stato di residenza abituale, l’autorità giudiziaria di fronte alla quale pende il procedimento di rimpatrio, accertata l’esistenza dei presupposti per l’applicazione della procedura convenzionale e, in primis, l’illicei­tà del trasferimento-trattenimento, ha l’obbligo di ordinare l’immediato ritorno del minore entro 30 gg. o 6 settimane. Come precisa il Regolamento CE (art. 11.3), tale termine può essere superato solo in presenza di circostanze eccezionali, esplicitate e motivate, che ne rendano impossibile l’osservanza. La decisione emessa in Camera di Consiglio è immediatamente esecutiva ed è ammesso il ricorso in Cassazione che non ne sospende l’esecutività. Una volta emesso il provvedimento di ritorno del minore, l’effettività e la rapidità del rientro del medesimo nello Stato di residenza abituale risultano spesso compromesse nel caso in cui la decisione di rimpatrio non risulti immediatamente esecutiva. Nel silenzio della Convenzione dell’Aja, infatti, l’esecutività della decisione giudiziaria è rimessa alle previsioni degli ordinamenti degli Stati Contraenti. In molti ordinamenti si riconosce efficacia esecutiva solo alle decisioni giudiziarie passate in [continua ..]


3. Il rigetto dell’istanza di rimpatrio

Alla luce delle disposizioni della Convenzione e del Regolamento, quindi, il rigetto dell’istanza di rientro è da considerarsi ipotesi eccezionale, subordinata al prodursi di determinate e specifiche circostanze, previste in maniera tassativa dall’art. 13 della Convenzione de L’Aja [3]. Tali circostanze devono essere debitamente provate dalla parte resistente. Il diniego può fondarsi innanzitutto sulla prova che il genitore affidatario, al momento della sottrazione, non esercitava di fatto il diritto di custodia o comunque aveva prestato, anche ex post, il suo consenso al trasferimento o mancato rientro del minore (art. 13.1, lett. a). È inoltre possibile addivenire ad un rigetto dell’istanza di rimpatrio qualora sia addotta prova che il ritorno alla residenza abituale determinerebbe nel minore il fondato rischio di essere esposto a pericoli fisici o psichici o di trovarsi in una situazione intollerabile (art. 13.1, lett. b) [4]. Si tratta dell’eccezione invocata più frequentemente dal genitore che si oppone al rimpatrio [5]. Nella prassi è infatti assai frequente che il genitore che trasferisce o trattiene all’estero il figlio minore presenti, immediatamente prima della sottrazione, una denuncia per minacce o violenze ai danni propri o del minore contro il genitore co-affidatario o i di lui prossimi congiunti. Invero, si tratta spesso di argomentazioni pretestuose aventi l’unico obiettivo di impedire il rimpatrio del minore nel tentativo di legittimare la commessa sottrazione di fronte all’Autorità e facendola apparire come un gesto estremo dettato dalla necessità di salvare se stesso e/o il figlio dai gravi rischi e pregiudizi provocati dalla condotta irresponsabile dell’altro genitore. Alla luce di tali circostanze, il Regolamento CE, ad integrazione di quanto stabilito nella Convenzione dell’Aja del 1980, è intervenuto a limitare l’applicazione di tale eccezione al rimpatrio, stabilendo che il giudice del rimpatrio è comunque obbligato a ordinare il ritorno del minore («non può rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore», secondo la dizione dell’art. 11.4) qualora sia dimostrato che, nello Stato di residenza abituale del medesimo, sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo rientro. Ad esempio, in caso di eccezioni afferenti [continua ..]


4. Conclusioni

Nel quadro delineato, la giurisprudenza della Suprema Corte si è espressa nel senso di riconoscere come presupposto fondamentale affinché possa essere disposto il rimpatrio ai sensi del­l’art. 13 della Convenzione dell’Aja che il richiedente esercitasse concretamente il diritto di affidamento sul minore al momento del suo trasferimento [6]. Il percorso istruttorio cui il giudice di merito è tenuto al fine dell’accertamento predetto, risulta ben esplicato nella pronuncia della Suprema Corte [7], con la quale si ribadisce che la dimostrazione del mancato esercizio del diritto di affidamento, cui è tenuto colui che si oppone al rimpatrio del minore soggiace al principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. che non implica che la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto preteso debba ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato dal relativo onere. Ed infatti, vigendo il principio di acquisizione, il Giudice per la formazione del suo convincimento deve utilizzare tutte le risultanze istruttorie comunque acquisite al processo. Pertanto, si deve concludere che nell’applicazione della procedura di cui si discute i Giudici nazionali – come espressamente richiesto dalla Corte dei Diritti dell’Uomo [8]– devono evitare ogni automatismo nelle decisioni di ritorno di un minore e procedere ad un attento esame della situazione, fornendo un’adeguata motivazione sulla insussistenza di rischi per il bambino in caso di rientro nel paese di residenza abituale, senza trascurare alternative al ritorno, previa verifica del­l’effettivo esercizio del diritto di affidamento da parte del genitore istante.


NOTE