Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Introduzione alla pratica collaborativa familiare (di Cinzia Calabrese (Avvocato in Milano, Presidente AIAF Lombardia Carla Loda (Avvocato in Brescia, componente del Comitato direttivo AIAF Lombardia e del Direttivo Nazionale AIAF))


SOMMARIO:

1. Cos'è la pratica collaborativa? - 2. I tre principi della pratica collaborativa - 3. Il brainstorming - 4. La squadra - 5. L'accordo di partecipazione - 6. I vantaggi della pratica collaborativa, per i clienti, per gli avvocati


1. Cos'è la pratica collaborativa?

È un metodo di lavoro, nuovo, per gestire il conflitto familiare fuori dalla giurisdizione. Prima di addentrarci nell’esame dei principi della pratica collaborativa, ci soffermiamo sui dati statistici delle separazioni dai quali emerge che nel nostro Paese oltre l’85% delle separazioni è definito consensualmente, ma questo dato non corrisponde di per sé ad una effettiva soluzione positiva del conflitto familiare. Questo perché in molti casi l’accordo di separazione può essere il risultato di un percorso diverso, determinato da vari fattori, come ad esempio il desiderio di porre fine al più presto alla convivenza coniugale e la conseguente accettazione di condizioni che non corrispondono alle proprie effettive esigenze e aspettative future. Tanto che poi assistiamo ad un costante aumento di procedimenti di modifica delle condizioni di separazione consensuale quale conseguenza di accordi che, di fatto, non rispondono appieno alle esigenze delle parti, o che sono stati redatti senza l’assistenza di almeno un avvocato, visto che in alcuni Tribunali, ad esempio quello di Milano, nelle consensuali non è obbligatorio essere assistiti da avvocato. La diffusione delle procedure fondate su metodi di negoziazione, mediazione e conciliazione in sede stragiudiziale, e tra queste si colloca la pratica collaborativa, non è solo una risposta alle carenze del sistema giudiziario, ma rappresenta soprattutto una soluzione del conflitto fondata sulla valorizzazione del potere di autodeterminazione delle parti e sulla continuità dei loro rapporti in futuro. Un primo vantaggio della pratica collaborativa è che, trattandosi come ho detto, di un metodo di lavoro, non è necessario l’intervento del legislatore, non dobbiamo cambiare normativa, dob­biamo cambiare, noi avvocati, l’atteggiamento, il modo di lavorare, aggiungere alla nostra formazione tradizionale una formazione che ci consegni gli strumenti anche per la negoziazione e la soluzione non contenziosa dei conflitti familiari. Il diritto collaborativo, nato negli Stati Uniti nei primi anni ’90 da un’idea, un’intuizione del­l’avvocato Stuart Webb, e successivamente diffusosi in Canada e in Europa (Francia, Germania, Belgio, Austria, Svizzera, Spagna), è un nuovo modo di separarsi e di risolvere le controversie familiari, è un modo di risoluzione non [continua ..]


2. I tre principi della pratica collaborativa

La pratica collaborativa, applicata alle questioni di diritto di famiglia, propone una soluzione basata sul coinvolgimento diretto delle parti interessate, che restano protagoniste delle decisioni relative alla loro vita e a quella dei loro figli, e che si impegnano a rispettare, con i loro rispettivi avvocati, i principi essenziali della pratica collaborativa. L’obiettivo è quello di cercare una soluzione che soddisfi gli interessi di entrambe le parti e che risolva le loro controversie, nel rispetto della dignità e dell’equità, con l’impegno di non rivolgersi all’autorità giudiziaria durante tutta la durata della pratica collaborativa. Ci si rivolgerà al Tribunale solo all’esito positivo del percorso, una volta raggiunto l’accordo, per farlo omologare dal Tribunale. E questo è un altro aspetto fondamentale della pratica collaborativa, un principio che occorre tenere sempre presente durante tutto il percorso: non c’è la minaccia di ricorrere all’Autorità Giudiziaria. Si costruisce un luogo sicuro dove le parti, entrambe le parti, devono sentirsi al sicuro. Spesso, nelle negoziazioni tradizionali, che gli avvocati che trattano la materia del diritto di famiglia conducono in molti casi, le parti non sono messe nella condizione di discutere e decidere del loro futuro in una posizione paritaria, c’è sempre una parte che impone all’altra le condizioni. La pratica collaborativa si pone come prioritario l’obiettivo di salvaguardare il mantenimento di buone relazioni fra i componenti del nucleo familiare, anche dopo la separazione, nell’inte­resse sì dei figli, ma anche degli adulti coinvolti che, al termine di un riuscito percorso collaborativo, improntato al rispetto reciproco, avranno raggiunto accordi soddisfacenti per entrambi. Siamo di fronte a presupposti teorici e tecniche decisamente nuovi rispetto al tradizionale modo di concepire una separazione da parte dell’ordinamento giuridico italiano. Un primo presupposto teorico della pratica collaborativa è che una separazione (o un divorzio o la cessazione della convivenza) non si possa affrontare solo da un punto di vista legale perché la situazione in cui si trova il cliente quando si separa è ben più complessa ed ha molteplici sfaccettature, vi sono questioni legali, finanziarie, psicologiche, relazionali e di [continua ..]


3. Il brainstorming

Una delle tecniche utilizzate nella pratica collaborativa nella ricerca di soluzioni che soddisfino i bisogni del nucleo familiare è quella del c.d. brainstorming, tecnica creativa di gruppo per facilitare la produzione di nuove idee o le soluzioni ad un problema. Nato nel mondo pubblicitario, in seguito si è affermato come tecnica di gruppo utile anche per ricercare nuove soluzioni ai problemi. Si basa sull’assunto che la generazione di soluzioni possibili è stimolata dalla concatenazione di idee e dai commenti degli altri partecipanti che favoriscono una sorta di reazione a catena delle idee. Uno degli errori più comuni è criticare o elencare i motivi per cui l’idea del­l’altro è sbagliata. Questo errore dovrebbe essere evitato a tutti i costi, infatti un atteggiamento del genere scoraggerebbe chiunque ad esprimere le proprie idee. I partecipanti dovrebbero fare in modo che le idee fuoriescano in maniera libera, senza censure e senza giudizi. Piuttosto che approvare o contraddire le idee altrui, è opportuno cercare di sfruttare i suggerimenti degli altri, buoni o inutili che siano, per creare idee nuove e interessanti: ogni idea potrebbe aprire la pista giusta per arrivare alla soluzione del problema.


4. La squadra

Tutti i professionisti che lavorano a un caso condotto in modo collaborativo ispirano il loro operato ai medesimi principi, condividono un’identica formazione alla pratica collaborativa e adottano una stessa metodologia di negoziazione. Il corso di formazione, che deve basarsi sugli standard indicati dall’associazione dei professionisti collaborativi, la IACP, International Academy of Collaborative Professionals www.collaborativepractice.com, che ha sede a Phoenix, in Arizona – è unico per avvocati, psicologi, medici, esperti in relazioni familiari, commercialisti ed esperti finanziari. Per la riuscita del percorso della pratica collaborativa è fondamentale il lavoro di squadra e i rap­porti che intercorrono tra le parti, tra l’avvocato di una parte e l’altra parte, tra i vari professionisti coinvolti, tra i due avvocati e tra questi e gli specialisti di altre materie, che saranno chiamati ad intervenire ove se ne presenti la necessità. Gli avvocati, pur assistendo ciascuno il proprio cliente, non considereranno mai l’altra parte la “controparte” perché l’interesse dell’una parte è strettamente interdipendente con l’interesse dell’altra parte e l’incarico professionale viene conferito dal cliente per essere assistito al fine di raggiungere un risultato soddisfacente per entrambe le parti. Come vedete, è proprio un modo diverso, nuovo di approccio, di svolgimento della professione. L’avvocato è responsabile verso il proprio cliente e lo assiste in tutta la durata del processo, ma ha anche il compito di lavorare in un gruppo, in un team, in una squadra, in cui tutti coloro che vi intervengono hanno come obiettivo la ricerca di un accordo e lavorano in tal senso: se la procedura subisce una battuta di arresto, l’impegno assunto di non ricorrere all’autorità giudiziaria deve spingere le parti e gli avvocati a ricercare, lavorando insieme, la soluzione più adatta a quel nucleo familiare, al fine di conservare gli eventuali accordi già raggiunti ed evitare di vanificare l’attività svolta. L’avvocato diventa così il facilitatore della negoziazione, si concentra sugli interessi sottostanti le richieste del cliente e lo assiste nella loro messa a fuoco e non dà spazio alle posizioni che ne derivano. Aiuta il cliente ad articolare e spesso a [continua ..]


5. L'accordo di partecipazione

I principi ai quali tutti i partecipanti al collaborativo sono chiamati ad attenersi e a rispettare sono trasfusi in un accordo, l’accordo di partecipazione che le parti e i loro avvocati sottoscrivono all’inizio del percorso collaborativo e si impegnano a rispettarlo per tutta la durata del per­corso. L’accordo di partecipazione prevede un espresso richiamo agli obiettivi della pratica collaborativa, all’inizio del percorso ed alla conclusione dello stesso che avrà luogo nel momento in cui le parti avranno raggiunto l’accordo sulle questioni indicate dalle parti ed avranno sottoscritto l’accordo finale oppure per intervenuta interruzione del procedimento collaborativo; prevede altresì l’indicazione delle cause di interruzione del procedimento. Inoltre, nell’accordo di partecipazione si richiamano i principi di trasparenza e di riservatezza propri del collaborativo a cui le parti, gli avvocati e gli eventuali altri professionisti coinvolti devono attenersi. Durante gli incontri, a cui, come detto, partecipano sempre le parti ed i loro rispettivi avvocati, c’è l’impegno di tutti, in primo luogo: –  a non usare espressioni offensive, a non tenere atteggiamenti aggressivi o toni sarcastici; –  a non minacciare di rivolgersi all’autorità giudiziaria, a non nascondere informazioni utili e rilevanti per la conclusione di accordi, ad avere rispetto reciproco. Si tratta di regole che dovrebbero essere normalmente rispettate da tutti coloro che si siedono intorno ad un tavolo per negoziare, ma sappiamo che spesso non accade. Ed allora è importante sottoscrivere dette regole ed impegnarsi a rispettarle sempre, durante tutti gli incontri che saranno necessari per raggiungere l’accordo tra le parti; con la possibilità di ricordare alle parti, ed anche agli avvocati ed agli altri professionisti coinvolti, che hanno sottoscritto l’accordo di partecipazione e che ad esso devono attenersi. Nell’esperienza degli avvocati che da più tempo di noi praticano il collaborativo, il richiamo all’accordo di partecipazione sottoscritto dalle parti e da tutti gli altri partecipanti si è rivelato strumento molto utile nei momenti di impasse o di difficoltà nella prosecuzione delle trattative dovute ad atteggiamenti non consoni ed in violazione degli impegni sottoscritti. Altro punto [continua ..]


6. I vantaggi della pratica collaborativa, per i clienti, per gli avvocati