Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La riforma della filiazione. Il punto su principi e regole di diritto sostanziale (di Gilda Ferrando (Professore ordinario di Diritto privato, Università di Genova))


Relazione tenuta a Firenze il 26 marzo 2013 all’incontro di Studio promosso dall’AIAF Toscana, Legge 10 dicembre 2012, n. 219: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali. Profili sostanziali e processuali, dedicata a Milena Pini.

SOMMARIO:

1. Una premessa - 2. Il principio della unicità dello status - 3. La riforma del riconoscimento e della dichiarazione giudiziale - 4. Ulteriori modifiche immediate. Disposizioni di attuazione al codice civile (e non solo) - 5. Il contenuto della delega - NOTE


1. Una premessa

La l. 10 dicembre 2012, n. 219 (“Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, G.U. 17 dicembre 2012, n. 293) si presenta con un titolo non pienamente corrispondente al suo contenuto ed anche un po’ contraddittorio: in realtà non si parla solo di riconoscimento e non si parla di figli naturali, visto che questa denominazione è cancellata dal linguaggio giuridico secondo quanto dispone la legge stessa. La legge è molto più ambiziosa, in quanto intende unificare la condizione dei figli, vale a dire rendere la loro condizione giuridica indifferente rispetto al fatto che tra i genitori vi sia o non vi sia il matrimonio. Questo principio è stabilito in modo chiaro dal nuovo art. 315, intitolato allo stato giuridico dei figli, secondo il quale «tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico» (art. 1, 7° comma). Conseguentemente viene affermata la rilevanza della parentela in ogni ordine e grado a prescindere dal matrimonio dei genitori (art. 1, 3°, 4° comma). Viene abrogata la legittimazione (art. 1, 10° comma). Vengono disciplinati in modo unitario diritti e doveri tra genitori e figli (nuovo art. 315 bis) (art. 1, 8° comma) e viene definita una nuova nozione di responsabilità genitoriale (art. 2, lett. h). A partire dal 2 gennaio di quest’anno tutti i figli hanno lo stesso status. È eliminata ogni differenza, anche quella, non trascurabile, delle parole per dirlo. Dal 2 gennaio non ci sono più figli legittimi e naturali ma solo figli. Viene cancellata dal linguaggio normativo la “terminologia della diversità” sostituendo alle espressioni “figli legittimi” e “figli naturali” l’unico riferimento ai “figli” [1]. Dal codice civile la cancellazione è immediata (art. 1, 11° comma), per quanto riguarda la legislazione speciale, si dovrà provvedere con i decreti delegati (art. 2, lett. a) [2]. La legge lascia dunque intravvedere scenari pieni di promesse che tuttavia per il momento solo in piccola parte sono mantenute, in quanto il completamento dell’opera è affidato al legislatore delegato sulle cui spalle ricade un compito di grande impegno perché si tratta di adeguare al principio tutta la materia della filiazione, quella successoria, di rivedere nel suo complesso la legislazione speciale. Sul sito del [continua ..]


2. Il principio della unicità dello status

L’unificazione dello status di figlio segna una svolta epocale nel diritto della filiazione, in quanto a distanza di quasi quarant’anni dalla riforma del 1975 si realizza quella separazione tra filiazione e matrimonio in forza della quale la condizione giuridica del figlio è tutelata in ogni ordine di rapporti come valore autonomo e indipendente dal vincolo eventualmente esistente tra i genitori. Tale principio si colloca certamente nella linea indicata dalla nostra Costituzione e dai principi europei, secondo l’interpretazione offerta dalla Corte europea di Strasburgo [15]. In tal modo non si intende svalutare il matrimonio, ma considerare il rapporto di filiazione come valore “originale e non dipendente”, si intende attuare pienamente il principio di eguaglianza di tutti i figli, senza distinzione di nascita (art. 21, Carta di Nizza, art. 3 Cost.), dare tutela al preminente interesse del minore, realizzare il principio di responsabilità per la procreazione (art. 30, 1° comma, Cost.). Il legislatore, nell’esercizio della discrezionalità che la Corte costituzionale ancora di recente gli ha riconosciuto [16], manifesta che limite di compatibilità tra diritti dei figli naturali e diritti dei membri della famiglia legittima, previsto dall’art. 30 Cost. come meramente eventuale, non giustifica più, nel contesto attuale, alcuna residua disparità di trattamento ed il precetto costituzionale di eguaglianza può dispiegarsi pienamente non solo nella relazione verticale tra genitori e figli, ma anche in quella orizzontale con i parenti.   a) La parentela Come dicevamo, una delle residue differenze esistenti tra i figli nati nel e fuori del matrimonio derivava dal mancato riconoscimento della parentela naturale. Ora, invece, il legame di parentela sussiste tra le persone che discendono da uno stesso stipite in ogni ipotesi di filiazione nata nel e fuori del matrimonio (art. 74, 1° comma, c.c.). A ben vedere, solo una lettura “distorta” dell’art. 258 poteva far escludere la rilevanza della c.d. “parentela naturale” [17] che parte della dottrina riteneva già insita nel significato normativo degli artt. 74 e 258 c.c., legando il primo, anche nel testo previgente, la parentela alla generazione (e non al matrimonio) e contenendo il secondo la regola per cui il riconoscimento compiuto da un [continua ..]


3. La riforma del riconoscimento e della dichiarazione giudiziale

La nuova legge modifica inoltre con effetto immediato alcune delle norme sulla filiazione.   a) Il riconoscimento La disciplina del riconoscimento viene innovata sotto alcuni aspetti rilevanti [29]. L’età per compiere il riconoscimento resta fissata a sedici anni. Tuttavia questo limite da rigido diventa elastico, dato che il giudice può autorizzare il riconoscimento, «valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio». La scelta sembra opportuna. Vi sono casi in cui aspettare i sedici anni per il riconoscimento costituisce un’interferenza nella relazione tra genitore e figlio ingiustificata e dannosa per l’uno e per l’altro. Tra le circostanze da valutare dovrebbero essere incluse l’adeguata maturità del genitore, l’esistenza di una rete (familiare, o di altro tipo) che sostenga la madre adolescente nello svolgimento dei suoi compiti e nella sua crescita personale. Viene poi portata da sedici a quattordici anni l’età in cui il figlio può dare personalmente l’as­senso al riconoscimento compiuto dal genitore, segno della maggiore considerazione per la personalità del minore e per la sua capacità di essere protagonista delle proprie scelte esistenziali. Nel caso di figlio minore di quattordici anni occorre il consenso dell’altro genitore che non può rifiutarlo se risponde all’interesse del figlio. Nel caso di rifiuto l’altro può ricorrere al giudice competente, «che fissa un termine per la notifica del ricorso all’altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l’opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’art. 315-bis e al suo cognome ai sensi dell’art. 262». Con la previsione del consenso del genitore e dell’autorizzazione del giudice [continua ..]


4. Ulteriori modifiche immediate. Disposizioni di attuazione al codice civile (e non solo)

L’art. 3 della legge prevede da un lato la modifica – immediatamente operativa (v. art. 4, 1° com­ma) – dell’art. 38 disp. att. c.c. [38] e dall’altro una disciplina uniforme delle garanzie per l’adem­pimento degli obblighi a contenuto patrimoniale nei confronti dei figli. Si tratta di due modifiche di grande rilevanza non solo pratica. In linea di principio tali disposizioni sono applicazione del principio di unicità dello status e dunque confermano che tale principio costituisce regola di carattere generalissimo e pervasivo cosicché le differenze di disciplina tra figli nati nel e fuori del matrimonio possono giustificarsi solo se indispensabili e per tener conto, dove vi siano, di differenze obiettive. Al di là degli aspetti processuali, che verranno esaminati in altro commento, la concentrazione nel Tribunale ordinario della competenza sulle controversie di separazione e divorzio da un lato e di affidamento dei figli in occasione della separazione delle coppie di fatto, dall’altro [39] si segnala come importante attuazione del principio di unicità dello status. Tenuto conto, poi, che in seguito a tale riforma restano di competenza del Tribunale per i minorenni i procedimenti di adozione dei minori e quelli de potestate(sempre che non sia in corso tra le parti un giudizio di separazione o divorzio, o una controversia ex art. 316 c.c.), si può forse guardare a questa modifica come ad un primo passo verso l’attribuzione delle competenze civili in materia di famiglia e minori ad una sezione specializzata del Tribunale ordinario [40]. Quanto alle garanzie, si prevede che «il giudice, a garanzia dei provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della prole, può imporre al genitore obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi suddetti. Per assicurare che siano conservate o soddisfatte le ragioni del creditore in ordine all’adem­pimento degli obblighi di cui al periodo precedente, il giudice può disporre il sequestro dei beni dell’obbligato secondo quanto previsto dall’art. 8, settimo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898. Il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro [continua ..]


5. Il contenuto della delega

Il principio di unicità dello status costituisce dunque il super principio posto dalla nuova legge, che getta luce anche sui modi in cui attuare la delega, il filo rosso da seguire per sciogliere alcuni dei passaggi non sempre limpidi in essa contenuti e giungere dunque ad una disciplina moderna della filiazione, rispettosa dei diritti delle persone, della loro dignità e identità. L’art. 2 della legge dispone un’ampia delega al governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, delega che dovrà essere attuata entro il 2013. È prevista quindi una nuova rinominazione dei capi del Titolo VII del Libro I del codice civile per eliminare il riferimento ai figli legittimi e naturali. Le modifiche dovranno riguardare l’intera disciplina della filiazione, a partire dai modi di accertamento dello status, delle prove, delle azioni di contestazione. Questa parte della legge, al pari delle disposizioni processuali, presenta non poche ambiguità ed è quindi fonte di problemi ed incertezze. Il rischio che si prospetta è quello di un’attuazione riduttiva che tradisca il principio informatore dell’intera legge. Il punto più delicato è quello dell’accertamento di status e delle relative azioni. Le regole del codice civile attualmente vigenti attribuiscono allo stato legittimo un grado di solidità e stabilità maggiore rispetto allo stato di figlio naturale sia per quanto riguarda l’accertamento – che avviene sulla base di meccanismi automatici (mentre nella filiazione naturale dipende da un atto volontario, il riconoscimento) – sia per quanto riguarda la contestazione – in quanto il disconoscimento di paternità è a legittimazione limitata (il marito, la madre e il figlio) ed è soggetto a termini di decadenza stretti, mentre l’impugnazione del riconoscimento può essere esercitata da qualunque interessato senza limiti di tempo. L’unicità dello status di figlio richiede, invece, regole di protezione omogenee.   a) Accertamento di status A questo proposito l’art. 2, lett. d) prevede che la presunzione di paternità venga estesa a tutti i figli nati (oltre che concepiti) durante il matrimonio. La nascita da donna coniugata comporta dunque sempre l’accertamento automatico in capo alla madre ed [continua ..]


NOTE