Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Prime riflessioni sulla modifica introdotta dalla l. N. 219/2012 al procedimento civile in materia di affidamento e mantenimento dei figli naturali (di Valeria Vezzosi (Avvocato del foro di Firenze))


SOMMARIO:

Premessa - 1. Problematica irrisolta: il rito camerale - 2. Problematiche risolte: efficacia del titolo, suo contenuto - 3. Critiche alla l. n. 219/2012 - NOTE


Premessa

La recente l. 10 dicembre 2012, n. 219 “Disposizioni in materia di figli naturali” che ha unificato lo status di figlio, riconoscendo ai figli nati fuori dal matrimonio diritti eguali a quelli riconosciuti ai figli legittimi, introducendo modifiche rilevanti al codice civile e all’art. 38 disp. att. c.c., ha sottratto alla competenza del Tribunale per i minorenni i procedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei figli nati da coppie non coniugate e li ha attribuiti alla competenza del Tribunale ordinario. Gli effetti sui figli della disgregazione delle unioni non fondate sul matrimonio, sono attualmente regolamentati dagli artt. 155, 155 bis, ter, quinquies, sexies c.c., introdotti dalla l. n. 54/2006, ed ora anche dall’art. 38 disp. att. c.c., come novellato dalla l. n. 219/2012 che, sommariamente, indica nel rito camerale la disciplina processuale di questi procedimenti. Nello specifico, l’art. 38 disp. att. c.c., come modificato dall’art. 3 della l. n. 219/2012, disciplina i procedimenti in materia di affidamento di figli di genitori non coniugati introdotti dopo il 2 gennaio 2013; l’art. 4, 2° comma della l. n. 219/2012 quelli pendenti a tale data, lasciandoli alla competenza dei Tribunali minorili. La modifica del regime processuale dei procedimenti in materia di affidamento di figli naturali, auspicata fin dall’entrata in vigore della l. n. 54/2006, per come è stata realizzata, ha lasciato, nuovamente, insoddisfatti i giuristi che si occupano di diritto di famiglia.


1. Problematica irrisolta: il rito camerale

Ricordo che, all’indomani dell’entrata in vigore della l. n. 54/2006, si era posto il quesito se l’art. 4, 2° comma nell’estendere l’applicazione della normativa anche ai figli nati da coppie non coniugate, avesse inciso sul riparto di competenze fra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, disciplinato dall’art. 38 disp. att. c.c., secondo il quale i procedimenti ex art. 317 bis c.c. erano di competenza esclusiva del Tribunale per i minorenni. Si era posto cioè il quesito se l’art. 4, 2° comma avesse o meno operato un’abrogazione tacita dell’art. 38 disp. att. c.c. e, per l’effetto, avesse attribuito la competenza a decidere sulle cause in materia di affidamento di figli naturali ai Tribunali ordinari, sottraendola al Tribunale per i minorenni. Dopo un anno dall’entrata in vigore della normativa, in seguito a pronunce incrociate, dichiarative della propria incompetenza, rese dal Tribunale per i minorenni di Milano (decreto depositato in data 15 febbraio 2006) e dal Tribunale ordinario avanti al quale la causa era stata riassunta (ord. 21 luglio 2006), che avevano determinato un conflitto negativo di competenza, la Corte di Cassazione si era pronunciata con ord. 3 aprile 2007, n. 8362 [1], asserendo che era rimasta ferma la competenza del Tribunale per i minorenni in forza dell’immutato rinvio all’art. 317 bis c.c. contenuto nell’art. 38 disp. att. c.c. [2] La l. n. 54/2006 non aveva abrogato l’art. 317 bis c.c. ma lo aveva riplasmato innovandolo nel suo contenuto precettivo. Era stato così superato il doppio binario che, all’indomani della cessazione della convivenza more uxorio fra i genitori, imponeva di ricorrere al Tribunale per i minorenni per vedere regolamentato l’esercizio della potestà genitoriale, ed al Tribunale ordinario per vedere disciplinato il dovere di contribuzione al mantenimento e l’assegnazione della casa familiare; ma non era stato risolto integralmente il conflitto determinato dalla vigenza dell’art. 38 disp. att. c.c., in quanto la domanda di solo mantenimento rimaneva di competenza del Tribunale ordinario. Ciò creava difficoltà specie nelle ipotesi in cui non vi fosse conflitto fra i genitori circa il regime di affidamento ed il collocamento dei figli, ma solo sugli [continua ..]


2. Problematiche risolte: efficacia del titolo, suo contenuto

Novità importanti sono state introdotte della l. n. 219/2012 quanto alla efficacia del titolo rappresentato dal decreto reso ex art. 317 bis c.c. L’art. 38 disp. att. c.c. novellato specifica in primo luogo che i provvedimenti in materia di affidamento e mantenimento dei minori sono immediatamente esecutivi. Ricordo le difficoltà incontrate ad ottenere nei Tribunali per i minorenni l’apposizione della formula esecutiva all’indomani dell’entrata in vigore della l. n. 54/2006, soprattutto dopo l’ord. n. 8362/2007 della Corte di Cassazione, che attribuiva loro competenza a decidere anche riguardo agli aspetti patrimoniali e, quindi, ad emettere pronunce di condanna al pagamento di somme di danaro. Difficoltà di non poco conto, come si può intuire, giacché è inutile avere un titolo se non ce ne si può valere e la strada alternativa di proporre un ricorso per ingiunzione era gravosa per il genitore, riproponendo la necessità di un ulteriore procedimento. Ci fu chi, nel tentativo di trovare una soluzione, ricorse ex art. 745 c.p.c. avanti al medesimo Tribunale per i minorenni, chiedendo che, stante il rifiuto o il ritardo da parte dei cancellieri al rilascio della copia in forma esecutiva, provvedesse il Presidente del Tribunale con decreto. Nel frattempo, comunque, la giurisprudenza minorile era venuta progressivamente uniformandosi sul punto e l’efficacia esecutiva del decreto emesso dal Tribunale per i minorenni era stata riconosciuta: il Tribunale per i minorenni di Milano, per primo, con decreto del 14 dicembre 2007 [12] ritenne che non potesse negarsi la natura di titolo esecutivo ai decreti emessi dal Tribunale per i minorenni che contengano statuizioni di carattere economico, apparendo una contraria interpretazione manifestamente illogica oltre che lesiva del principio di eguaglianza e parità di trattamento dei figli. Altri Tribunali per i minorenni seguirono tale interpretazione (Trib. min. Bologna 2 aprile 2008 [13], Trib. min. Bari, decr. 2 aprile 2008, Trib. min. Catania, decr. 23 maggio 2008, Trib. min. Venezia, decr. 16 luglio 2008) e, progressivamente, il decreto reso ex art. 317 bis c.c. venne munito di formula esecutiva. Piena parificazione dei titoli viene finalmente riconosciuta, precisamente dal 2° comma dell’art. 38 disp. att. c.c. novellato [continua ..]


3. Critiche alla l. n. 219/2012

Fra le critiche che sono state mosse alla l. n. 219/2012 vi è quella secondo la quale l’attri­buzio­ne al Tribunale ordinario della competenza ex art. 317 bis c.c. sottrae questi procedimenti a un giudice specializzato, quale è quello minorile, per attribuirla al Tribunale ordinario, che porrà minore attenzione alle conseguenze che i provvedimenti vengono ad avere sull’equilibrio psicofisico dei minori destinatari di quelle decisioni [22]. Ritengo che la critica non tenga conto del fatto che i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli naturali differiscono ben poco da quelli di separazione e divorzio, quanto ai bisogni e ai diritti dei figli e quanto alla funzione del Giudice. Non si controverte su addebito e relazione fra i due adulti mentre per i figli non ci sono differenze: infatti il diritto del minore di avere un rapporto paritetico con entrambi i genitori e di ricevere da ciascuno cura, mantenimento ed istruzione è eguale, sia per i figli nati nel matrimonio che per quelli nati fuori dal matrimonio. Il Tribunale ordinario da sempre statuisce al riguardo. Diversamente si sarebbe dovuto ritenere che i figli legittimi erano discriminati processualmente, in quanto dei loro diritti non era investito il Tribunale per i minorenni, giudice specializzato, eccezione che mai nessuno ha sollevato. Peraltro la legge espressamente conserva la competenza del Tribunale Minorile nei procedimenti in materia di decadenza e sospensione dalla potestà genitoriale, pur con le deroghe fissate in pendenza di giudizi relativi alla crisi delle relazioni familiari (separazione, divorzio, affidamento figli e relative modifiche), oltre alle ulteriori materie attribuitegli per legge. Concordo invece sulla necessità della istituzione presso ogni Tribunale di una sezione Famiglia: la materia è delicata e non dovrebbe essere valutata da un giudice che al contempo si occupa ad esempio di risarcimento del danno o di inadempimento contrattuale o di vertenze com­merciali o societarie. La l. n. 219/2012 ha avvicinato il Giudice alla famiglia, rendendolo più accessibile oltre che più inserito nella realtà sociale: i singoli Tribunali ordinari infatti sono più vicini al cittadino e certo hanno maggiore conoscenza della realtà sociale ed economica del territorio di loro competenza. Il fatto che nei Tribunali maggiori vi sia una [continua ..]


NOTE