Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Diritti e obblighi dei figli maggiorenni (di Gloria Servetti (Presidente Sezione IX Tribunale civile di Milano))


Testo della Relazione tenuta in occasione dell’incontro del 18 gennaio 2013, AIAF Treviso.

SOMMARIO:

1. Il criterio di proporzionalità per il contributo di mantenimento dei figli - 2. Casistica riguardante il figlio maggiorenne - 3. I criteri per l'individuazione della legittimazione - 4. I figli maggiorenni portatori di handicap - NOTE


1. Il criterio di proporzionalità per il contributo di mantenimento dei figli

Il primario quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 147 e 148 c.c., dove nel secondo è espressamente previsto che ciascun genitore deve provvedere al mantenimento della prole in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la sua capacità di lavoro professionale e casalingo. Alla proporzionalità si aggiunge, attraverso l’art. 147 c.c., l’ulteriore criterio della finalità alla quale l’obbligo di mantenimento deve essere ispirato, e cioè quello del rispetto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli: la stretta connessione sistematica tra le nor­me sta a significare che il contributo deve essere doppiamente proporzionato, e cioè deve esserlo con riguardo alle sostanze, ai redditi e al patrimonio dei genitori coobbligati ma, al tempo stesso, equamente parametrato alle effettive esigenze della prole. L’art. 155 c.c. nel testo introdotto con l. n. 54/2006 ha ribadito e completato tale principale quadro, stabilendo al 4° comma che – fermo il principio secondo il quale «ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito» – il giudice può stabilire un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, considerando ben 5 criteri di riferimento, essenziali per una corretta sua quantificazione. Il successivo art. 155 quinquies c.c. introdotto nel 2006 considera, invece, in modo specifico la posizione dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente e riconosce la possibilità di prevedere a loro favore un assegno periodico che «salva diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto». Il 2° comma dello stesso articolo introduce una sorta di tertium genus di figli, ovvero quello dei maggiorenni portatori di handicap grave (ovvero accertato secondo i criteri della l. n. 104/1992), ai quali si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori. L’analisi che oggi ci impegna deve, allora, avere ad oggetto le categorie dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti (ma, in prospettiva, destinati a diventarlo) e quella dei maggiorenni portatori di accertato handicap grave (in linea di massima per ciò solo [continua ..]


2. Casistica riguardante il figlio maggiorenne

a2) Legittimazione persistente del genitore convivente e suo venir meno Cass. 27 maggio 2005, n. 11320, ipotesi relativa al maggiorenne che per ragioni di studio sia gran parte del proprio tempo lontano dalla casa coniugale: non vengono meno né il diritto della madre all’assegnazione di tale casa né la sua legittimazione a chiedere e ricevere l’assegno di mantenimento, in quanto basta «un collegamento stabile con l’abitazione del genitore», nel senso che il figlio vi faccia ritorno ogniqualvolta i suoi impegni lo consentano. Più specifico, e in certa misura innovativo, il più recente orientamento declinato da: Cass. 22 marzo 2012, n. 4555: «La nozione di convivenza rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, dell’ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità: deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile; quest’ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione a una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese)» [1].   SINTESI: Spetta sempre al giudice di merito valutare detta «prevalenza temporale dell’effettiva presenza», nell’esercizio di un potere discrezionale peraltro affatto irrilevante.   ESEMPLIFICAZIONE CONSEGUENTE: Sulla persistente legittimazione del genitore quanto all’assegno per il figlio e sul diritto all’asse­gnazione della casa coniugale, *    Casa coniugale a Milano, maggiorenne studente a Padova e alloggio in convitto o camera, rientro tutti i fine settimana e tutti i periodi di sospensione delle lezioni: SI. *    Casa coniugale a Milano e maggiorenne studente in GB o USA: NO. *    Casa coniugale a Milano e maggiorenne studente [continua ..]


3. I criteri per l'individuazione della legittimazione

–    Cass. 2 dicembre 2005, n. 26259 (già citata): afferma la non ricostituzione della legittimazione del genitore nel caso di un’attività lavorativa intrapresa dal figlio e poi caratterizzata da un cattivo andamento; nuove circostanze non valgono, dunque, a far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno, ma ovviamente persisterà il diritto del figlio di agire in via autonoma per il mantenimento o per gli alimenti, a seconda delle circostanze di fatto. –    Cass. 12 ottobre 2007, n. 21437 [6]: il coniuge separato o divorziato già affidatario del figlio minore è legittimato iure proprio, anche dopo il compimento della maggiore età del figlio, ove sia con lui convivente e non dotato di autonomia; ne discende che ciascuna legittimazione è concorrente con l’altra, senza che possa ravvisarsi però una ipotesi di solidarietà attiva, trattandosi di diritti autonomi e non del medesimo diritto attribuito a più persone. Infatti, il maggiorenne acquista una legittimazione parimenti iure proprio all’azione diretta a ottenere dall’altro genitore un contributo al proprio mantenimento: qualora il genitore in precedenza affidatario non abbia agito nel giudizio di primo grado anche in rappresentanza del figlio (al tempo minore), bensì azionando un proprio autonomo diritto, il compimento della maggiore età da parte del figlio non dà luogo ad alcun effetto interruttivo né legittima il figlio – che non era parte di quel giudizio – a proporre appello. –    Cass. 26 settembre 2011, n. 19607: il genitore separato o divorziato già affidatario del figlio minore, continua, pur dopo il raggiungimento della sua maggiore età se con lui convivente e privo di indipendenza economica, ad essere legittimato iure proprio a richiedere tanto un assegno periodico al genitore non convivente quanto il rimborso pro quota delle spese già sostenute per il figlio, in assenza di un’autonoma richiesta da parte di quest’ultimo. –    Cass. 5 ottobre 2011, n. 20408: La nuova formulazione dell’art. 155 quinquies non comporta una sorta di obbligo per il giudice di disporre la corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento al [continua ..]


4. I figli maggiorenni portatori di handicap

*    Tribunale di Varese, 21 aprile 2011 [9]: il provvedimento di affidamento non è applicabile, in quanto il richiamo contenuto nell’art. 155 quinquies deve intendersi operato alle sole disposizioni compatibili con lo stato di capacità di agire di quest’ultimo e dunque essenzialmente al provvedimento di assegnazione della casa familiare, alla disciplina del mantenimento, all’obbligo di audizione. Anche il Tribunale di Milano aderisce alla riferita limitazione, anche in considerazione delle possibili interferenze tra la regolamentazione della separazione (o del divorzio) e il provvedimento di AdS, quindi è da escludersi la possibilità di affidamento anche perché l’incapacità può essere solo fisica e una diversa soluzione inciderebbe sulla capacità di agire in ambito che non può invece essere sottratto al soggetto, benché in certa parte incapace. Il tema del mantenimento segue invero le regole generali quanto al grado di autonomia economica o meno del figlio maggiorenne (il quale potrebbe, ancorché colpito da handicap, essere au­tonomo grazie a pensioni e indennità, sempre nel doveroso raffronto con le complessive posizioni economiche di entrambi i genitori). Particolarmente serio permane invece il problema dell’assegnazione della casa coniugale, atteso che l’handicap può produrre sotto il profilo della mancata autonomia un godimento destinato a protrarsi per sempre, con rilevante incidenza sul diritto dominicale del genitore non convivente. Su tale ultimo punto occorre, allora, esercitare massima prudenza e considerare la ratio stessa dell’istituto dell’assegnazione, ovvero verificare se quel domicilio rappresenti per l’incapace (o il solo parzialmente capace) l’unico idoneo a salvaguardare i suoi bisogni e un’adeguata gestione della propria vita, sì che la conservazione del consueto habitat integri elemento imprescindibile per la tutela del figlio portatore di disabilità al pari di quanto il legislatore ha ritenuto in via presuntiva per il figlio minore. Il Tribunale di Milano è stato chiamato ad affrontare in almeno un paio di casi questo delicato problema, reso ancor più grave per il fatto che la casa coniugale risultava essere di proprietà esclusiva del [continua ..]


NOTE