Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La PMA. Scenari psicologici, clinici e dati di ricerca (di Paola Re * (Psicologa, Psicoterapeuta psicoanalitica del Bambino, dell’Adolescente e della Coppia (Socio Associato SIPsIA). Membro dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi della Coppia e della Famiglia AIPCF/ IACFP/AIPPF. Presidente Nazionale della Società Italiana di Mediatori Familiari (SIMeF))  )


SOMMARIO:

1. Premessa: i diversi vertici implicati nella PMA - 2. Genitorialità e filiazione: desiderio, fantasie, attesa e rappresentazioni - 3. La coppia eterosessuale infertile: elaborazione del lutto, ricorso a tecniche di PMA, vicissitudini del legame corpo/mente e della fantasmatica individuale e di coppia - 4. Quando si ricorre all'eterologa: alcune dinamiche, possibili ricadute sul figlio, "segreto" o "rivelazione" delle sue origini biologiche? - 5. Altre questioni da approfondire attraverso osservazioni e ricerche longitudinali sui bambini nati da PMA - 6. Alcune proposte conclusive - NOTE


1. Premessa: i diversi vertici implicati nella PMA

L’utilizzo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) pongono notevoli questioni di ordine etico, giuridico, psicologico, sanitario, nonché sociale. È necessario un confronto e un aperto dibattito da parte dei componenti delle diverse aree; un assetto mentale scevro da stereotipi, ideologie e pregiudizi. Nella nostra realtà sociale, la scelta di avere figli – per ragioni di realizzazione personale e lavorativa, o, ancora, economica – è sempre più procrastinata nel tempo, al contempo, l’infertilità o la sterilità è in aumento anche nei soggetti giovani di entrambi i sessi. In Italia, ci sono figli nati attraverso varie tecniche di PMA, anche attraverso il ricorso a Centri esteri al fine di superare alcuni vincoli posti dalla nostra legislazione. Non ci sono, quindi, solo figli nati dalla fecondazione omologa, secondo le varie tecniche, o, come recentemente autorizzato, figli nati da donazione dei gameti (ovociti o sperma), ma anche figli concepiti attraverso la donazione di embrioni, sia in coppie eterosessuali, sia omosessuali che single (anche eterosessuali), nati dopo crioconservazione degli embrioni omologhi o eterologhi o, ancora, dopo aver trascorso il periodo gestazionale in una madre “surrogata”. Dal punto di vista psicologico è necessario far riferimento a modelli teorici differenti, è indispensabile il confronto tra clinici che, con diverse ottiche, lavorano nel campo; la rilevazione del dato clinico va unito a quanto emerge dalle ricerche longitudinali sulle coppie e sui single divenuti genitori (ricerche ancora poco numerose in Italia), all’osservazione e monitoraggio del­l’evoluzione psico-affettiva, cognitiva e sanitaria dei bambini nati da PMA. L’approccio multidisciplinare è altresì fondamentale in tutti i casi in cui si realizzi un intervento di PMA: è indispensabile un’équipe che unisca tutte le figure mediche, paramediche, psico-sociali, l’assetto mente/corpo, il progetto genitoriale stesso. Alla luce di quanto appena detto, il presente scritto non può che essere alquanto parziale, presentando riflessioni e riferimenti clinici che utilizzano l’ottica psicoanalitica (uno dei tanti vertici di comprensione degli accadimenti umani e strutturazione della psiche nella relazione con gli altri – ottica psicoanalitica [continua ..]


2. Genitorialità e filiazione: desiderio, fantasie, attesa e rappresentazioni

A livello individuale, il desiderio di un figlio è un desiderio complesso. Si manifesta precocemente e ha una lunga storia in ciascuno di noi correlata ai processi di identificazione con gli oggetti primari (madre e padre) ed, altresì, alle vicissitudini transgenerazionali. I primi abbozzi comportamentali della genitorialità sulla base delle identificazioni con l’oggetto primario che nutre, come ricordano Righetti e Sette, si osservano, ad esempio, «... nel momento stesso in cui il bambino piccolissimo, rendendosi conto delle necessità alimentari di chi lo nutre, cerca di fornirgli cibo con un cucchiaio o con altri oggetti a sua disposizione». Detto desiderio precoce (ovviamente è importante aver esperito un ambiente allevante e di cura che sia stato in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino o della bambina) evolve in ragione di numerose vicissitudini tra le quali: quelle connesse alla triangolazione della relazione, all’introduzione della dimensione del terzo e dell’alterità, alla consapevolezza di una scena primaria intesa come luogo di non accesso al bambino e che pone le basi per la differenziazione tra le generazioni, alle identificazioni secondarie, ecc. Il desiderio di un figlio tende e supporta una rielaborazione identitaria del soggetto che rimanda ad un bisogno evolutivo personale, nonché narcisistico di continuità di Sé (insito nella procreazione sia biologica, sia con PMA). A livello della coppia, qui per ora non differenzio tra eterosessuale o omogenitoriale – cosa che farò dopo –, bensì mi riferisco ad una coppia con legami affettivi stabili tra i partner, il “desiderio di un figlio” rimanda, sempre da un punto di vista psicoanalitico intersoggettivo, alla soggettività di ciascuno ed altresì ai campi intersoggettivi multipli e alla organizzazioni fantasmatiche. Può essere sorretto da molteplici aspetti: ad esempio quello di incarnare e manifestare la relazione soddisfacente con il proprio partner, prendersi cura e allevare un bambino e, così facendo, prendersi cura delle proprie parti infantili, proiettare il Sé individuale e il Noi di coppia nel futuro, assumere nuove identificazioni parentali, ecc. Nella coppia eterosessuale, concretamente, vi è altresì il desiderio di trasmettere i propri geni, inscrivere il figlio, frutto dell’unione [continua ..]


3. La coppia eterosessuale infertile: elaborazione del lutto, ricorso a tecniche di PMA, vicissitudini del legame corpo/mente e della fantasmatica individuale e di coppia

Ovviamente, data la vastità del tema, è possibile fare riferimento esclusivamente ad alcuni a­spetti generali. Ogni percorso di genitorialità e filiazione va visto nel suo specifico e nella peculiarità di ciascun componente la relazione. L’infertilità e/o la sterilità rappresentano per la coppia che desidera un figlio, quale aspetto comune, un’intensa frustrazione e ferita al proprio Sé. Si tratta di un lutto rispetto all’immagine del partner o di se stessi procreativi, generativi; equivale, psichicamente, come detto, ad un lutto. Questo, deve essere elaborato: nel senso che il dolore deve essere portato a livello di coscienza, non negato o circuitato con soluzioni alternative troppo tempestive. È necessario del tempo per giungere ad una riorganizzazione interna rispetto all’immagine di Sé o del partner non procreativo al fine che non ci sia una ricaduta di fantasie e/o aspettative che possono “imbrigliare” il figlio. Il desiderio di un figlio è, notoriamente, qualcosa di intimo all’interno della coppia, così come riservata è la sfera della sessualità, del coito il quale rappresenta l’unione non solo tra due corpi, ma – altresì – quella tra menti e corpi nell’appagamento del desiderio dell’altro/a. Quando è necessario ricorrere a tecniche, all’esterno (per la diagnosi dei motivi dell’infertilità o della sterilità, per l’eventuale cura o per la scelta della tecnica di PMA da utilizzare) tutto si concretizza, non è più il desiderio dell’altro/a e la fusione nel coito a essere in primo piano, i corpi vengono passivizzati con inevitabile sganciamento dallo psichico. Si può generare una cesura temporale sorretta dalla scissione tra mente e corpo. In detti genitori, come ci ricorda anche Manuela Cecotti, carente è il processo rappresentazionale, la parola e la dimensione del “futuro”, così come quella “passato”, essendo prevalentemente bloccati sull’oggi, sul tecnicismo della PMA. La dimensione del “concepimento” delegata ad altri, i quali inconsciamente possono assumere una funzione materna o paterna protettiva o persecutoria, sembra essere staccata dal “concepire nella mente”. Più Autori, ed altresì coloro che lavorano nei Centri che [continua ..]


4. Quando si ricorre all'eterologa: alcune dinamiche, possibili ricadute sul figlio, "segreto" o "rivelazione" delle sue origini biologiche?

Introduco questo tema con una riflessione sul concetto di “dono” insito nell’utilizzo dei termini “ovodonazione” o “spermodonazione”. Nell’atto del donare è insita la relazione con l’altro e, quindi, la relazionalità, lo scambio emotivo ed affettivo. L’atto del donare è gratuito e quindi riconosce il legame con l’altro, non il contraccambio. La possibilità del dono non può essere compresa se non nella relazione, nel riconoscimento, inteso sia in senso passivo (come essere riconosciuto) che in senso attivo (come riconoscenza). Solamente in un contesto di mutualità si può accogliere non solo il senso del dono, ma anche quello di un’eventuale risposta gratuita, cioè di un debito senza colpevolezza, come ci ricorda lo psicologo E. Parolari riferendosi al filosofo Paul Ricoeur. Rispetto al tema del dono, rimando agli apporti filosofici, antropologici, teologici e psicologici che negli ultimi anni hanno visto un ampio dibattito alla luce dei cambiamenti sociali ed individuali. Ovviamente, quando parlo della dinamica dell’“essere riconosciuto” e di “riconoscimento” mi riferisco ad una dinamica interna (non di riconoscimento concreto); intendo sottolineare l’importanza della fantasmatica circolante tra donatore/donatrice e ricevente per il legame genitori/figlio e per il figlio stesso. Fantasmatica che, per un esito favorevole, nei termini di “salute” del figlio, dovrebbe poggiare su una “maturità psichica” dei futuri genitori. È evidente che laddove manchi la gratuità (che peraltro impedisce di avere gameti soprattutto femminili e sollecita un commercio degli stessi, anche tra Paesi) può inserirsi il senso di colpa e altre dinamiche da parte del ricevente. Più volte, attraverso il lavoro clinico con donne che stavano o avevano intrapreso un percorso di fecondazione eterologa mediante ovodonazione mi sono imbattuta, indipendentemente dal pagamento del gamete femminile, in fantasie di furto, sottrazione e svilimento, se non addirittura denigrazione, rispetto alla donatrice. Dette fantasie, attraverso il lavoro analitico, sono risultate sorrette da difficoltà con la propria madre interna, da sensi di invidia e di colpa. Così come, la donazione dello sperma, oltre a poter ulteriormente far sentire “poco maschile e [continua ..]


5. Altre questioni da approfondire attraverso osservazioni e ricerche longitudinali sui bambini nati da PMA

Sono tanti gli ulteriori temi che la PMA pone, ne accenno alcuni. Il primo, è quello della ricaduta, in taluni casi, dello scarso investimento dell’ambiente di cura sul figlio durante la vita fetale. Le più recenti ricerche neurofisiologiche in campo pre-natale evidenziano l’importanza dell’investimento genitoriale e, soprattutto materno, sullo sviluppo cerebrale. Il tema della maternità surrogata, ad esempio, apre ulteriori questioni rispetto alla cesura, o meglio continuità, tra vita intrauterina e vita successiva. Anche in questo caso numerose ricerche, unitamente alla letteratura psicoanalitica nel campo dell’età evolutiva, dimostrano l’impor­tanza della continuità dell’ambiente quale fattore favorente una sana evoluzione del bambino. Così come il tema dei rapporti reali (se ci sono) e delle fantasie tra “committente/i” la maternità e la donna hanno, anch’essi un valore di impingement sul figlio e, secondo la loro qualità, possono risultare più o meno favorenti la “tessitura” della storia delle origini del figlio. Un ulteriore aspetto interessante è quello della crioconservazione dei blastocisti o degli embrioni, sempre a livello di fantasie. Se per i genitori rappresentano, come mi è stato detto durante una seduta, “un paracadute” nel caso di fallimento o in caso di desiderio di altri figli, c’è da chiedersi il posto che un successivo figlio può avere nella catena generazionale e per quello che è stato il primogenito, in realtà, biologicamente “gemello”. La crioconservazione, sempre come rilevato, introduce il tema del freddo, della morte, fuso con quello della vita e, nuovamente, la dimensione dell’onnipotenza degli adulti rispetto alla scelta da operare. Infine, ben sappiamo che attualmente la nostra normativa impone di impiantare due ovuli o blastocisti, ma all’estero, in alcuni Paesi, detto vincolo non esiste o il numero dell’impianto è superiore. Ciò eleva la possibilità di alcuni fallimenti post transfer o nei giorni successivi. Più ricerche evidenziano la cosiddetta “sindrome del gemello sopravvissuto” di cui si parla con riferimento ai vissuti materni e paterni quando uno degli embrioni impiantati non sopravvive. Potremmo dire che l’ombra [continua ..]


6. Alcune proposte conclusive

Per quanto sinora detto, nell’attesa di ulteriori approfondimenti, è chiaro che non è possibile nessuna conclusione, ma è auspicabile, alla luce di quanto già conosciuto, pensare di implementare quelli che sono i fattori a protezione dello sviluppo psico-affettivo dei bambini nati e che nasceranno attraverso tecniche di PMA. Per brevità, li elenco con brevissimi commenti. In primis, è necessario ampliare la politica sociale a sostegno della genitorialità in tutte le sue forme, formare – sin dalla scuola materna – i bambini non tanto sulla base di “modelli di famiglia”, ma rispetto all’importanza dei “legami affettivi”. Non secondo, ma altresì fondante, è il tema del riconoscimento sociale e del bisogno di chiare norme, di un intervento del legislatore rispetto alla PMA: cosa è permesso, cosa viene escluso. Detto tema, affrontato dal prof. Lorenzo D’Avack ha una rilevanza non solo sociale, ma interna al soggetto. Lo Stato, assume a livello sociale la funzione di metagarante psichico (R. Kaes); l’attuale situazione spesso contrastante tra normativa interna (anche tra i diversi livelli), europea e straniera amplifica l’attuale frammentazione del Super-Io con aumento della persecutorietà e cattiva gestione dell’aggressività, aumento dell’onnipotenza negli adulti (tutto diviene possibile, non esistono limiti). Ad avviso di chi scrive, il legislatore dovrebbe inserire nella normativa il sostegno psicologico del o dei genitori durante tutte le fasi della PMA, sin dal suo inizio, così come – già presente in alcune Linee guida – l’inserimento dello psicologo, con esperienza sul campo, nell’équipe dei diversi Centri riconosciuti idonei alla PMA al fine di promuovere l’integrazione mente/corpo a favore del nascituro. Inoltre, parrebbe utile una sensibilizzazione rivolta a ostetrici e pediatri, affinché possano porre particolare attenzione alle prime fasi post-natali al fine di sostenere eventuali impasse dei neo-genitori nella relazione con il figlio. Infine, il legislatore dovrebbe interrogarsi rispetto all’importanza del disvelamento delle origini biologiche al figlio (indipendentemente dal fatto che il donatore/donatrice siano anonimi o no). È chiaro che il percorso è complesso, ma i progressi scientifici [continua ..]


NOTE