Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La maternità surrogata (di Marta Rovacchi (Avvocato in Reggio Emilia))


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La normativa vigente in Italia - 3. La maternità surrogata all’estero: panoramica sulla legislazione degli stati europei ed extraeuroepei - 4. La giurisprudenza italiana - 5. La giurisprudenza europea - 6. La recente sentenza CEDU del 27 gennaio 2015 - 7. Conclusioni


1. Premessa

La surroga di maternità è un accordo ai termini del quale una donna (madre surrogata) porta in gestazione un bambino per conto di un’altra donna (madre committente) alla quale si impegna di consegnarlo appena nato. È opportuno precisare che l’embrione impiantato nella madre surrogata deriva di solito da fecondazione, omologa o eterologa, dell’ovocita della committente, ma non è escluso che l’ovoci­ta fecondato appartenga alla surrogata o addirittura ad una terza donna, donatrice. In altre parole, si tratta di accordo fra soggetti privati in forza del quale una donna (la gestante sostitutiva o madre surrogata) si impegna nei confronti di un altro soggetto o di altri soggetti (un uomo, una donna, una coppia, sia questa legalmente riconosciuta o meno) a sottoporsi a fecondazione artificiale, a condurre la gravidanza e a partorire un bambino che sarà “consegnato” al committente ovvero ai committenti e rispetto al quale essa si impegna a non vantare né esercitare alcun ruolo genitoriale. I profili giuridici ed etici che conseguono a tale metodologia, saranno analiticamente esaminati alla luce della legislazione internazionale e nazionale attraverso l’esame delle pronunce, di legittimità e di merito che, nel tempo, si sono trovate a dovere affrontare l’inquadramento dello status filiationisdiscendente dal ricorso alla tecnica della maternità surrogata da parte di sempre più numerose coppie.


2. La normativa vigente in Italia

Le numerose modifiche ed evoluzioni che nel corso degli anni ha subito, dal 2004 ad oggi, la l. 19 febbraio 2004, n. 40, non hanno riguardato il divieto in Italia del ricorso alla maternità surrogata, quale tecnica procreativa, che è ad oggi ancora in vigore. In particolare, si legge all’art. 12, 6° comma che «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organiz­za o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».


3. La maternità surrogata all’estero: panoramica sulla legislazione degli stati europei ed extraeuroepei

Una sintetica panoramica sui Paesi esteri, induce a segnalare che gli Stati Uniti sono stati i primi al mondo ad aver consentito la pratica della gestazione per altri. In particolare, sono otto gli stati americani in cui è legale ricorrere alla surrogazione di maternità. Lo stato americano che ha regolamentato per primo questo processo è quello della California dove è applicato già dalla metà degli anni ’70. All’uopo, negli Stati Uniti sono state istituite agenzie specializzate in grado di seguire tutto il percorso di chi si determina a ricorrere alla maternità surrogata, attraverso la programmazione ed il monitoraggio clinico di una donna disponibile a realizzare il desiderio degli aspiranti genitori che accetta di farsi impiantare uno o più ovuli fecondati e portare avanti la gravidanza dietro rimborso spese. Tali agenzie si occupano della stesura di contratti estremamente dettagliati tra gli aspiranti genitori e la gestante; quest’ultima può anche rinunciare prima del parto ai propri diritti a favore degli aspiranti genitori. Sulla base di tale rinuncia viene rilasciato il certificato di nascita su cui i coniugi o i conviventi “committenti” risultano come genitori. Parimenti, anche in Canada la maternità surrogata è legale ed è praticata da molto tempo. In Russia e in Ucraina la pratica della maternità surrogata è pienamente legale. Il nuovo Codice della famiglia ucraino (art. 123, punto 2) dispone, ad esempio, che nei casi in cui l’embrione generato da due coniugi viene trasferito ad un’altra donna, sono comunque i due coniugi i genitori riconosciuti del bambino. In questi due Paesi la rinuncia ai diritti di madre da parte della portatrice può avvenire solo dopo il parto, ma è possibile stabilirlo con un contratto da sottoscrivere prima della gravidanza. In seguito alla nascita del bambino, la coppia ottiene il certificato (ucraino) di nascita, nel quale i due risultano il padre e la madre. Nei casi in cui si è fatto ricorso ad una donazione, non assume alcuna importanza la relazione genetica “incompleta” con il nascituro. In India la pratica della maternità surrogata è stata legalizzata di recente: dopo alcune oscillazioni, è diventata legale nel 2008. La procedura rispecchia più o [continua ..]


4. La giurisprudenza italiana

Ritenendo utile un esame dello stato dell’arte, è fondamentale segnalare il recente intervento della Corte di Cassazione che, con la sent. 11 novembre 2014, n. 24001 ha assunto un atteggiamento chiaro e tranciante in ordine al divieto nel nostro ordinamento delle pratiche della maternità surrogata. Per meglio chiarire, la vicenda vede coinvolta una coppia di italiani che concludono un contratto di maternità surrogata in Ucraina, dove tale pratica è lecita e consentita. Condannati per il delitto di alterazione di stato, essendo emerso a seguito di accertamenti peritali, che nessuno dei due coniugi era genitore biologico del minore, il Tribunale per i Minorenni di Brescia dichiarava lo stato di adottabilità del piccolo disponendo che fosse collocato presso una famiglia. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, aditi dalla coppia, osservato che nessuno dei due genitori risultava genitore biologico del minore, sottolineavano che in Italia la pratica della maternità surrogata è vietata dall’art. 14 della l. n. 40/2004 e che, poiché la legge ucraina consente la maternità surrogata a condizione che almeno il 50% del patrimonio genetico del nato provenga dalla coppia committente, ne conseguiva che il contratto concluso dai ricorrenti con la gestante era nullo anche per la stessa legge ucraina. Quanto al certificato di nascita, il Tribunale sanciva che, benché debitamente apostillato, lo stesso non poteva essere riconosciuto in Italia ai sensi e per gli effetti dell’art. 65 della l. n. 218/1995, poiché contrario all’ordine pubblico, stante il divieto in Italia della maternità surrogata. I coniugi proponevano dunque ricorso in Cassazione la quale, richiamando il proprio consolidato orientamento (Cass. n. 14545/2003; Cass. n. 15234/2013), ribadisce la vigenza del limite dell’ordine pubblico italiano con il quale la disciplina straniera della filiazione e del suo accertamento si trovi ad essere in contrasto e ciò proprio in applicazione delle regole di diritto internazionale privato. Ciò che viene in rilievo è il fondamento giuridico sotteso al ragionamento degli ermellini i quali, nel respingere il ricorso della coppia, affermano che «il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è certamente di ordine pubblico» e che l’interesse superiore del minore è perseguito dal [continua ..]


5. La giurisprudenza europea

Hanno fatto scalpore le sentenze gemelle della CEDU del 26 giugno 2014 (casi n. 65941 e n. 65192/2011) per avere “aperto” al riconoscimento dello status legittimo di figlio ad un minore nato da maternità surrogata. È pertanto necessario chiarire i punti salienti e le motivazioni delle due sentenze della CEDU in questione per capire l’ambito di applicazione dei principi in esse enunciati. Il caso trae origine dai ricorsi avanzati da due coppie di coniugi francesi, entrambe recatesi negli Stati Uniti ove, a causa della sterilità delle due mogli, si sottoponevano alla pratica della maternità surrogata, a seguito della quale nascevano, quanto alla prima coppia, due gemelli nel 2000 e, quanto alla seconda coppia, una bambina nel 2001 (si precisa che in Francia la maternità surrogata è vietata e punita con la pena di un reclusione e di una multa di 15.000 euro). Le sentenze emesse negli Stati Uniti stabilivano che le coppie erano i genitori dei nati. Il riconoscimento del rapporto legale di filiazione veniva rifiutato dalle autorità francesi che affermavano che la registrazione di tali rapporti di filiazione nei registri dell’ufficio di stato civile francese avrebbe dato esecuzione ad un vero e proprio contratto di maternità surrogata, che è nullo per l’ordinamento francese in quanto contrario all’ordine pubblico. Nel rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, le due coppie invocavano l’art. 8 della Convenzione, lamentando il fatto che, a scapito degli interessi dei bambini, gli stessi non avevano avuto la possibilità di ottenere il riconoscimento in Francia del rapporto di filiazione che invece era stato legalmente riconosciuto all’estero. La pronuncia della Corte europea parte, dunque, dal presupposto della applicabilità ai casi di specie dell’art. 8 sia sotto l’aspetto della “vita familiare” che sotto quello della “vita privata”. Dato certo, infatti, era che la prima coppia avesse accudito i gemelli come veri e propri genitori sin dalla loro nascita, creando una tipica vita di famiglia. E poiché il diritto all’identità è una parte integrale del concetto di vita privata, sussiste un nesso diretto tra la vita dei bambini nati dopo il trattamento di maternità surrogata ed il riconoscimento legale del loro rapporto di [continua ..]


6. La recente sentenza CEDU del 27 gennaio 2015

Ai fini dell’analisi della pronuncia del 27 gennaio 2015 (ricorso n. 25358) della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, è necessario inquadrare il caso: esso prende le mosse da una coppia italiana che ha fatto ricorso ad un contratto di maternità surrogata in Russia presso una agenzia che consente di concludere un accordo con una donna disponibile a portare avanti una gravidanza per conto di altri. Nato il minore il 27 febbraio 2011, le autorità russe, sulla base della normativa del paese, rilasciavano il relativo certificato di nascita dal quale i due italiani risultavano i genitori del bimbo. Tale certificato di nascita veniva regolarmente dotato di apostille, ovvero della certificazione che convalida sul piano internazionale, con pieno valore giuridico, l’autenticità di un atto pubblico o notarile, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961. Dopo pochi giorni dall’ottenimento del permesso dei due coniugi di rientrare i Italia con il minore, il consolato italiano di Mosca comunicava alle autorità competenti italiane che l’atto di nascita conteneva informazioni false. Ne conseguiva il rifiuto della trascrizione dell’atto di nascita e nei confronti dei coniugi veniva instaurato un procedimento penale per il delitto di alterazione di stato di cui all’art. 567 c.p. e per violazione dell’art. 72 della l. n. 184/1983 in materia di adozione e affidamento minori. Poiché il minore veniva considerato in stato di abbandono, il Tribunale per i Minorenni contestualmente avviava il procedimento di adottabilità. Poiché, tra l’altro, il test del DNA certificava che non vi era alcun legame biologico tra il padre e il minore, contrariamente a quanto affermato dalla coppia, nell’ottobre 2011 il minore veniva allontanato dalla coppia e affidato ai Servizi Sociali. Con il loro ricorso alla Corte europea i coniugi lamentavano la violazione dell’art. 8 della Convenzione e sostenevano la legittimità della loro condotta ai sensi della legge russa e la relativa illegittimità del rifiuto della trascrizione dell’atto di nascita da parte delle autorità italiane, colpevoli, per i ricorrenti, di avere violato il supremo interesse del minore ad avere una famiglia. Dal punto di vista procedurale, il ricorso, relativamente al rifiuto della trascrizione dell’atto di nascita, veniva dichiarato [continua ..]


7. Conclusioni