Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La costituzione delle unioni civili (di Elisa Tosini (Avvocato del Foro di Viterbo; Referente Territoriale AIAF Lazio Sezione di Viterbo))


SOMMARIO:

1. Le unioni civili come fatto - 2. Il procedimento di costituzione del vincolo - 3. Il regime degli impedimenti - 4. L’ opposizione del P.M. - 5. Conclusioni - NOTE


1. Le unioni civili come fatto

In base a quanto previsto dall’art. 1, commi 2 e 3, della l. 20 maggio 2016, n. 76 le unioni civili si costituiscono dinanzi all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, mediante una for­male dichiarazione resa da due partner maggiorenni del medesimo sesso, con cui manifestano la volontà di creare una unione civile da cui discendono reciproci diritti e doveri. Dal punto di vista formale l’atto dichiarativo dell’unione civile, attraverso cui i due partner manifestano la volontà di costituire un’unione civile e di conseguirne il relativo status, è un atto pubblico a fattispecie semplice che si distingue da quello matrimoniale, a fattispecie complessa. Nel matrimonio la celebrazione del rito consta sostanzialmente di due momenti: quello in cui vi è la dichiarazione degli sposi e, a seguire, la dichiarazione dell’ufficiale dello stato civile che attesta che i coniugi sono uniti tra loro dal vincolo di coniugio [1]. Nell’unione civile, invece, l’atto si perfeziona esclusivamente con la dichiarazione dei due partner di volere costituire l’unione. Per tali ragioni, analogamente a quanto sostenuto da autorevole dottrina, si ritiene che la dichiarazione costitutiva dell’unione civile è un atto pubblico bilaterale a forma ordinaria, «privo di quelle forme speciali che caratterizzano il matrimonio» [2]. A conferma di quanto asserito, si rileva che in caso di dichiarazione di costituzione dell’unione civile trovano applicazione le regole ordinarie in materia di forma pubblica dell’atto previste dalla l. notarile n. 89/1913 e dai relativi regolamenti, differenziandosi anche sotto tale profilo dall’at­to matrimoniale in relazione alla costituzione del quale si applica, invece, la disciplina “speciale” di cui all’art. 107 c.c. Ed è proprio in questa ottica che sempre la dottrina anzidetta sostiene che non possono rivestire l’ufficio di testimone in sede di costituzione dell’unione civile i parenti dei due partner, rilevato che l’«ammissibilità di detti soggetti come testimoni rientra esclusivamente nella specialità della forma del matrimonio civile» [3]. Di contro, per un atto a forma pubblica ordinaria, quale è quello in commento, si applica la disciplina [continua ..]


2. Il procedimento di costituzione del vincolo

Sotto il profilo più strettamente operativo, in una prospettiva di semplificazione degli adempimenti riservati all’ufficiale di stato civile, il procedimento di costituzione del vincolo dell’unione civile è più snello rispetto a quello del matrimonio. Sono infatti omesse le pubblicazioni e il pro­cedimento si compone di sole 4 fasi: a) la presentazione della richiesta di costituzione dell’u­nione; b) le verifiche; c) la costituzione dell’unione; d) la registrazione. La prima fase del procedimento di costituzione dell’unione civile è disciplinata dal nuovo art. 70 bis del d.p.r. n. 396/2000, introdotto dal d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5. Per quanto concerne il luogo in cui presentare la richiesta di costituzione dell’unione, la coppia può scegliere liberamente il comune a cui rivolgersi per costituirla, indipendentemente dalla residenza dei partner. La richiesta, da redigersi congiuntamente da parte dei componenti della coppia e da presentarsi all’ufficiale dello stato civile, deve inoltre contenere il nome, il cognome, la data, il luogo di nascita, la cittadinanza, la residenza dei partner e la dichiarazione d’insussistenza di una delle cause impeditive alla costituzione dell’unione civile di cui all’art. 1, 4° comma, l. n. 76/2016. Una volta pervenuta l’istanza all’ufficiale di stato civile questi, dopo avere verificato la sussistenza dei presupposti di legge, ne attesta la ricezione tramite apposito processo verbale e invita le parti a ripresentarsi, in una data indicata da quest’ultime e successiva di almeno 30 giorni alla presentazione della domanda, per rendere la dichiarazione di costituzione dell’unione civile. All’esito di questa prima fase sulle dichiarazioni rese dalle parti, ex art. 70 ter, 1° comma, d.p.r. n. 396/2000, introdotto dal d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, l’ufficiale di stato civile, nel termine di 30 giorni decorrenti dalla data di redazione del processo verbale, deve effettuare le verifiche atte a controllare l’insussistenza d’impedimenti normativi. Se le verifiche hanno esisto positivo, le parti sono onerate dal far pervenire all’ufficiale di stato civile, qualora non vi abbiano già provveduto contestualmente al momento della presentazione della richiesta, una domanda indicante il giorno in [continua ..]


3. Il regime degli impedimenti

Per quanto riguarda il regime delle invalidità, la l. n. 76/2016 prevede all’art 1, commi 4, 5, 6 e 7, una disciplina quasi simile a quella prevista dal codice civile per il matrimonio. In ordine alle invalidità per mancanza dei presupposti c.d. soggettivi, analogamente a quanto stabilito per il matrimonio, si individuano quali ostacoli per la valida costituzione di un unione civile i seguenti elementi: la mancanza di libertà di stato, l’interdizione di una delle parti per infermità di mente, la minore età, la presenza di vincoli di parentela o affinità tra i partner, l’esi­stenza di un impedimento ex delicto. In riferimento a tali impedimenti il legislatore stabilisce all’art. 1, 2° comma e lett. a), b), c) e d) 4° comma, l. n. 76/2016 una disciplina che richiama sostanzialmente gli artt. 84, 1° comma, 85, 86, 87 e 88 c.c. con qualche correttivo [12]. Si prevede, in caso di loro accertamento, la nullità del­l’unione civile, ferma la possibilità di estenderne, qualora ricorrano determinati presupposti, alcuni degli effetti positivi del c.d. matrimonio putativo ex art. 128 c.c., la cui disciplina viene espressamente richiamata dal legislatore in virtù del rimando all’articolo in questione [13]. In ordine a tale aspetto occorre preliminarmente rilevare come in materia d’invalidità dell’u­nione civile per l’esistenza degli impedimenti in esame il legislatore utilizzi una terminologia sostanzialmente imprecisa, facendo riferimento in maniera assolutamente generica “alla nullità” anche per quei casi in cui, a ben osservare, risulti che l’unione è solo annullabile, al pari di quanto avviene, ad esempio, là dove rimanda alla disciplina propria del matrimonio in materia di simulazione ex art. 123 c.c. È per questo motivo che, partendo dall’assunto secondo cui in linea di massima la nullità colpisce l’idoneità giuridica dell’unione civile a realizzare la sua funzione, mentre l’annullabilità tutela la libertà dell’unione stessa come atto di autonomia, si ritiene, adattando alla normativa in esame un ragionamento già eseguito in dottrina per il regime delle invalidità nel matrimonio, che possa effettivamente parlarsi di nullità dell’unione [continua ..]


4. L’ opposizione del P.M.

Esaminato il regime degli impedimenti delle unioni civili dal punto di vista sostanziale, per quanto concerne l’aspetto più propriamente procedurale della formazione del vincolo deve farsi presente che là dove l’ufficiale di stato civile al momento delle verifiche a questo demandate per legge venga a conoscenza di un impedimento, che non è stato dichiarato dalle parti allorché hanno presentato la richiesta di costituzione dell’unione, deve immediatamente darne comunicazione al procuratore della Repubblica affinché possa proporre la relativa opposizione. In proposito il d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 5, sanando il vuoto normativo esistente al riguardo nella l. n. 76/2016, ha introdotto all’interno del d.p.r. del 3 novembre 2000, n. 396 l’art. 70 undecies, rubricato “Opposizione del pubblico ministero” e volto a disciplinare una procedura preventiva atta a impedire che l’unione civile si celebri. In tale caso, a fronte della segnalazione dell’ufficiale di stato civile, l’atto di opposizione deve esser proposto con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui è stata avanzata la richiesta di costituzione dell’unione. Questi, con decreto, fissa l’udienza di comparizione delle parti dinanzi al collegio entro una data compresa tra i tre e i dieci giorni da quella di presentazione del ricorso. In seguito, tanto quest’ultimo quanto il decreto devono essere comunicati, a cura del ricorrente, al procuratore della Repubblica e notificati, entro il giorno precedente a quello fissato per la comparizione, ai partner dell’unione e all’ufficiale di stato civile del comune in cui l’unione deve essere costituita. Depositato e notificato il ricorso, all’udienza di comparizione delle parti, il tribunale, in composizione collegiale, acquisiti senza particolari formalità gli elementi del caso sottoposto al proprio vaglio, decide con decreto motivato avente efficacia immediatamente esecutiva indipendentemente dall’eventuale reclamo. Quanto al termine per la proposizione dell’opposizione, il legislatore chiarisce, al susseguente art. 70 duodecies, che può essere avanzata in qualunque momento fino all’intervenuta costituzione dell’unione. Successivamente potranno essere esperite esclusivamente, ai fini di accertare l’invalidità del vincolo, [continua ..]


5. Conclusioni

Alla luce della disamina effettuata emerge, senza vantare alcuna pretesa di esaustività, come la regolamentazione delle unioni civili, almeno per quanto concerne la fase della costituzione del vincolo, sia una disciplina complessa che, seppure in parte ricalca quella matrimoniale, se ne distingue sotto plurimi profili. Tali divergenze appaiono giustificate dalla necessità di tenere conto del graduale mutamento sociale e di costume che si è registrato negli ultimi anni, oltre che dell’evoluzione pretoria e della necessità di adottare prescrizioni più elastiche rispetto a quelle previste per l’istituto matrimoniale. In questa ottica è indubbio come la disciplina in questione, seppure con tutti i problemi applicativi e interpretativi che inevitabilmente comporta e che sarà compito degli operatori del diritto tentare di superare, abbia avuto l’indiscusso pregio d’introdurre un concetto fluido di famiglia e di regolamentare un settore, quello dei rapporti affettivi tra persone dello stesso sesso, per troppo tempo lasciato senza alcun tipo di tutela ordinamentale. Già solo per questo, pur con tutte le plurime difficoltà esegetiche che pone, la l. n. 76/2016 merita rispetto e impone, a distanza di oltre un anno dalla sua entrata in vigore, un’attenta riflessione sui suoi contenuti, affinché venga applicata in modo corretto e non discriminatorio in con­formità alla sua ratio e ai principi ispiratori.


NOTE