Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Le convivenze di fatto ai sensi del 36° e 37° comma della l. 20 maggio 2016, n. 76. (di Giulia Sarnari (Avvocati in Roma))


Requisiti di fatto e dichiarazione anagrafica

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il 36° comma della l. 20 maggio 2016, n. 76 - 3. La dichiarazione anagrafica di cui al 37° comma della l. 20 maggio 2016, n. 76 - NOTE


1. Premessa

La l. 20 maggio 2016, n. 76, nella parte in cui disciplina nel nostro ordinamento “le convivenze di fatto” (dal 36° comma al 65° comma), rappresenta il raggiungimento tardivo del riconoscimento giuridico e non completo delle unioni di fatto e occorrerà ora verificare come la giurisprudenza procederà nel tutelare quella congerie infinita di situazioni di fatto imbrigliata in un testo di legge frammentario e parziale, la cui ratio ispiratrice non è neanche chiara [1]. Tale legge ha sicuramente il pregio di celebrare la parità tra le coppie etero e omoaffettive in quanto entrambe possono essere riconosciute come convivenze di fatto senza alcun distinguo dovuto alla sessualità e quindi ottenere i diritti minimi garantiti dalla legge, tuttavia rimangono fuori dalla disciplina della legge tutte quelle unioni affettive non fondate sulla convivenza [2] e tutte quelle convivenze non fondate sul legame affettivo sessuale [3], e ciò costituisce un vulnus evidente che caratterizza il sistema come innovato.


2. Il 36° comma della l. 20 maggio 2016, n. 76

Uno degli aspetti più spinosi dal punto di vista interpretativo che la legge pone è capire come, secondo il dettato legislativo dato dai commi 36° e 37°, si “identifica” il nuovo istituto della “convivenza di fatto”. Il 36° comma così recita: «Ai fini delle disposizioni di cui ai comma da 37 a 67 si intendono per “conviventi di fatto” due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi, di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale non vincolate da rapporti di parentela affinità o adizione, da matrimonio o da unione civile». La convivenza di fatto a norma del 36° comma della l. n. 76/2016 può sussistere solo tra persone che hanno raggiunto la maggiore età senza alcuna autorizzazione per i minorenni in casi particolari. La convivenza di fatto è espressamente “impedita” anche a chi è già unito in matrimonio, ancorché separato legalmente o è un unito civilmente e ciò introduce nel processo formativo della unione di fatto il “vincolo della libertà di stato”. Le convivenze in cui uno dei partner è separato, sia di fatto che legalmente, sono escluse dalla possibilità di essere considerate convivenze di fatto a norma della l. n. 76, (anche se all’anagrafe risultano come famiglie a norma dell’art. 4, d.p.r. n. 223/1989 a norma del 37° comma). Il legislatore equipara i coniugi legalmente separati ai coniugi conviventi invece che a quelli divorziati in contrasto con alcune importanti pronunce giurisprudenziali quali fra tutte la sentenza n. 17195/2011 della Suprema Corte sulla quale si è formata corposa giurisprudenza di merito, in forza della quale il rapporto di convivenza stabile avviato dal coniuge legalmente separato al pari del coniuge divorziato fa vanir meno il diritto all’assegno di mantenimento [4]. È impedito il riconoscimento della convivenza di fatto tra persone che sono legate da vincoli di parentela e affinità, ma la norma sul punto è molto generica rispetto all’art. 87 c.c. sul matrimonio, che prevede che i legami sono impeditivi sino al secondo o al terzo grado, a seconda dei casi e, in assenza di una specificazione normativa, sembra che qualunque legame sia impeditivo. La convivenza per essere considerata “di fatto” deve avere carattere di [continua ..]


3. La dichiarazione anagrafica di cui al 37° comma della l. 20 maggio 2016, n. 76

Il disposto del 37° comma, secondo cui “per l’accertamento della stabile convivenza” si fa riferimento alla dichiarazione ex artt. 4 e 13, 1° comma, lett. b), del regolamento anagrafico della popolazione residente (d.p.r. n. 223/1989), è davvero ambiguo; una lettura coerente con il 36° comma è risultata subito di difficile realizzazione e ci si interroga sulle ragioni che hanno spinto il legislatore a introdurre siffatta previsione. È evidente che la l. n. 76/2016 disciplinando nell’unico articolo di cui si compone le unioni civili tra persone dello stesso sesso e i rapporti di convivenza di fatto, sia eterosessuali che omosessuali, è frutto di una scelta non solo tardiva, come si evidenziava in premessa, ma anche incongrua con quanto verificatosi nei principali paesi europei a partire dagli anni 2000, laddove l’esigenza di tutelare le convivenze di fatto con la introduzione degli istituti delle convivenze registrate, si fondava sostanzialmente sulla necessità di dare regolamentazione alle unioni tra persone dello stesso sesso, giacché si sosteneva che se una coppia eterosessuale voleva dare veste giuridica al proprio rapporto ben avrebbe potuto accedere al matrimonio [7]. Per tale ragione nei paesi europei che introdussero nei primi anni dello scorso decennio le convivenze di fatto per dare un istituto giuridico alle unioni omosessuali che non potevano ancora accedere al matrimonio, hanno dovuto e voluto dare un valore costitutivo alle varie forme di registrazione anagrafiche previste, rimanendo il rapporto di fatto sullo sfondo. In tal modo si sono andati affermando per le coppie dello stesso sesso degli istituti giuridici a imitazione dell’istituto matrimoniale (ancora non ammissibile), i c.d. marriages in all but name, o matrimoni di serie B, considerati discriminatori [8], tanto da aprire il varco, in quei paesi, alla successiva introduzione del matrimonio egualitario, in quanto le convivenze registrate per le coppie omosessuali altro non erano che una sottolineatura di discriminazione, maggiore della mancata previsione tout court di una disciplina, come accadeva in Italia. Ciò è quanto accaduto in Danimarca, in Svezia, in Islanda, in Norvegia e anche in Inghilterra [9]. Il nostro legislatore giungendo tardi a normare e optando contestualmente sia per la creazione di un istituto giuridico per [continua ..]


NOTE