Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Spese straordinarie nella crisi della famiglia ed esecuzione forzata (di Bianca Ferramosca (Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma))


SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Mantenimento e spese straordinarie - 3. L'efficacia esecutiva dei provvedimenti che dispongono in merito al riparto delle spese straordinarie nei processi della famiglia nella giurisprudenza di legittimità e di merito - 4. Le Sezioni Unite sulla determinabilità extratestuale del titolo esecutivo - 5. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione

Il tema dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti di natura economica in favore della prole emessi nei giudizi della crisi famigliare riveste indubbio rilievo incidendo sulla concreta attuazione della tutela di situazioni sostanziali di rango costituzionale quali quelle afferenti il dovere ed il diritto di entrambi i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole così da garantire una crescita equilibrata ed adeguata alle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni dei figli [90]. L’argomento presenta, come vedremo, taluni aspetti problematici legati anche all’incerto di­scrimine interpretativo tra le diverse tipologie di esborsi che vengono solitamente previste e disciplinate nei provvedimenti in esame, abbiano essi ad oggetto la separazione o il divorzio ovvero la regolazione provvisoria pendente iudicio dei rapporti patrimoniali tra coniugi in crisi. Sotto il profilo più strettamente processuale si tratta di verificare se i provvedimenti che dispongono in merito al riparto delle spese straordinarie nei processi della famiglia abbiano o meno natura di titolo esecutivo [91]. Il dibattito sul punto si è riacceso in seguito alla sentenza della Sezione III della Suprema Corte [92] che, come vedremo, limitatamente ad alcune tipologie di cc.dd. “spese straordinarie” (quelle mediche e scolastiche ordinarie) sembra superare il prevalente orientamento giurisprudenziale sia di merito che di legittimità che nega la natura di titolo esecutivo ai provvedimenti in esame. Sul tema in esame è, poi, destinato ad incidere anche il recente arresto delle Sezioni Unite [93] in tema di compatibilità con la natura di titolo esecutivo dell’operazione interpretativa volta a col­mare le lacune del titolo esecutivo ricorrendo, se del caso, anche a dati extratestuali.


2. Mantenimento e spese straordinarie

Il tema in esame rende necessaria un’analisi, sia pur breve, delle varie categorie di esborsi che solitamente vengono in rilievo nella disciplina della crisi della famiglia con riguardo alla prole. La materia del mantenimento dei figli è regolata dagli artt. 147, 155 e 261 c.c., come in ultimo novellati dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54 dopo la prima riforma del 1975. In tale contesto normativo, la previsione, eventuale, dell’obbligo di corrispondere un assegno mensile da parte di uno dei genitori in favore dell’altro volto a coprire il mantenimento dellaprole è ammessa «ove necessario, ... al fine di realizzare il principio di proporzionalità» (cfr. art. 155, 4° comma, c.c.), ossia allorquando il mantenimento diretto dei due genitori, stabilito come regola, darebbe luogo ad apporti non proporzionati ai rispettivi redditi, sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo, ciò che normalmente accade, ad esempio, nell’ipotesi di affidamento esclusivo, o comunque di significativa differenza tra i tempi e modi della presenza dei figli presso l’uno o l’altro genitore (cfr. anche l’art. 148 c.c.). Nella determinazione della misura del contributo di mantenimento l’art. 155, 4° comma, dispone, innanzitutto, che si abbia riguardo alle esigenze della prole (da intendersi con riferimento all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale e all’assistenza morale e materiale) garantendo alla stessa, per quanto possibile, un tenore di vita analogo a quello goduto in precedenza ma anche ai tempi di permanenza presso i genitori, alle risorse economiche a disposizione di ciascuno di essi ed alla valenza economica dei compiti domestici di cura da questi assunti [94]. I riferiti criteri vanno valutati tenendo necessariamente presente il regime di vita dei figli ordinario ed il contesto socio-economico in cui gli stessi sono inseriti [95], ossia una condizione di normalità idonea a ripetersi eguale nel tempo che, taluno in dottrina [96], nel tentativo di chiarire il discrimine tra le diverse tipologie di esborsi e valorizzando la natura dell’assegno mensile come rata di un contributo annuale, delimita all’arco temporale di un anno. La quantificazione del contributo periodico, in definitiva, non è ancorata a schemi astratti ma esclusivamente ai concreti bisogni della prole ed alla effettiva [continua ..]


3. L'efficacia esecutiva dei provvedimenti che dispongono in merito al riparto delle spese straordinarie nei processi della famiglia nella giurisprudenza di legittimità e di merito

Secondo il recente orientamento della Suprema Corte [103] e la gran parte delle decisioni della giu­risprudenza di merito [104], il provvedimento giudiziario con cui, in sede di separazione personale dei coniugi, si stabilisca, ai sensi dell’art. 155, 2° comma, c.c., quale modo di contribuire al mantenimento della prole, che il genitore non affidatario paghi, pro quota o per intero, le spese straordinarie relative ai figli, richiede, nell’ipotesi di non spontanea attuazione da parte dell’ob­bligato, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, in forza del disposto dell’art. 474, 1° comma, c.p.c., un ulteriore intervento del giudice della cognizione, volto ad accertare l’avveramento del­l’evento futuro ed incerto cui è subordinata l’efficacia della condanna, ossia la effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità, non suscettibili di essere desunte sulla base degli elementi di fatto contenuti nella prima pronuncia. In attuazione del riferito orientamento, la via da percorrere da parte del coniuge anticipatario per munirsi di titolo (e quindi accertare la reale sopravvenienza dei pagamenti e l’esatta entità dell’obbligo) è quella del ricorso al procedimento monitorio nell’ambito del quale prova scritta dell’esistenza del credito è rappresentata sia dal provvedimento posto a fondamento della domanda che dalla diversa successiva documentazione di riferimento che attesti l’effettività dell’e­sborso sostenuto e la natura ed entità dello stesso [105]. Il riferito prevalente orientamento giurisprudenziale si fonda su un’applicazione rigorosa del disposto dell’art. 474 c.p.c., secondo cui «l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile». Al riguardo, in via di estrema sintesi, si ritiene che: la liquidità sta indicare l’espressione del credito di danaro o di altre cose mobili fungibili in una misura determinata, così rimanendo escluso ogni credito espresso in modo generico; l’esigibilità significa che l’eventuale condizione cui il credito risulta sottoposto deve essersi realizzata e l’eventuale termine essere venuto a scadenza [106]; diritto certo, infine, [continua ..]


4. Le Sezioni Unite sulla determinabilità extratestuale del titolo esecutivo

Come già anticipato al principio, sul tema in esame utili spunti di riflessione si ricavano dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione con la sent. 2 luglio 2012, n. 11066 [112], che affronta il dibattuto tema della interpretazione extratestuale dei provvedimenti decisori giu­diziali con impliciti riflessi sul connesso tema della determinabilità dell’oggetto dell’accertamento contenuto nel titolo esecutivo. In particolare, per quanto rileva con riguardo al tema in trattazione, le Sezioni Unite sono state chiamate a dirimere il conflitto esistente tra le sezioni semplici in merito alla possibilità di ritenere valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. la sentenza che contenga la condanna al pagamento di un credito non specificamente determinato, ma comunque determinabile attraverso dati provenienti da fonti normative con semplici calcoli aritmetici effettuati sulla scorta di dati desumibili da atti e documenti prodotti nel giudizio e non contestati dall’altra parte [113]. Le Sezioni Unite pervengono ad una soluzione positiva della questione proponendo, in tal mo­do, il superamento dell’orientamento interpretativo che identifica il titolo esecutivo con il documento in cui è consacrato l’obbligo da eseguire e da tale identificazione fa discendere il divieto di interpretazione extratestuale. Il substrato argomentativo della decisione in esame fonda le sue radici nella considerazione che, per i provvedimenti giudiziari cui la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, l’ido­neità a fondare la relativa azione dipende dalla valutazione che l’ordinamento esprime circa l’altrettale idoneità dei relativi procedimenti ad accertare i diritti vantati nel processo, idoneità che a sua volta deriva dalla cognizione al loro riguardo da svolgersi nelle pertinenti forme del contraddittorio. Spostato, in tal modo, il fuoco della idoneità alla esecuzione del provvedimento giudiziale dal­l’individuazione dell’obbligo come individuato nel “documento” giudiziario all’accertamento che legittima la prima (inteso come «tutto ciò che il giudice di merito è stato messo in grado di accertare ed è dimostrabile che abbia accertato»), le Sezioni Unite ritengono del tutto legittima l’ope­ra­zione ermeneutica volta ad [continua ..]


5. Considerazioni conclusive

È proprio la soluzione ponderatamente offerta dalle Sezione Unite, ed appena illustrata, ad evidenziare le criticità della sentenza della Suprema Corte n. 11316/2011, analizzata al paragrafo 3, laddove consente l’integrazione del titolo esecutivo con dati documentali estranei al processo che lo ha formato, in quanto futuri, e, quindi, non sottoposti al contraddittorio della parte onerata. Come visto, la determinabilità dell’oggetto della decisione giudiziale consentita dalle Sezioni Unite è limitata alla sola operazione ermeneutica della portata del titolo e rimane, per la qual cosa, saldamente ancorata al solo materiale probatorio previamente acquisito nel processo restando preclusa la possibilità di integrare il titolo attraverso documenti sorti in epoca successiva alla sua formazione. Peraltro, la soluzione accolta nella sent. n. 11316/2011, dettata da evidenti e condivisibili esigenze di effettività della tutela di crediti di rilevanza costituzionale, comporterebbe non poche difficoltà di ordine pratico nella concreta gestione della procedura esecutiva. Farraginosa si presenterebbe già la fase pre-esecutiva dovendo ipotizzarsi la necessità che la notificazione del titolo in forma esecutiva, imposta dall’art. 479 c.p.c., riguardi anche la documentazione integrativa dello stesso che determina l’ammontare del credito che verrà precettato e che il precetto indichi il credito intimato e le ragioni della sua sussumibilità nella categoria delle c.d. “spese straordinarie”. Appesantita diverrebbe la fase introduttiva della procedura esecutiva dovendosi l’ufficiale giudiziario munire del titolo esecutivo prima di iniziare l’espropriazione forzata (cfr. art. 513c.p.c.) e, quindi, nel caso di specie, anche dei documenti sulla cui base il credito è stato determinato nell’atto di precetto (le fatture e le ricevute attestanti gli esborsi sostenuti) venendo, altresì, chiamato ad una valutazione giuridica in ordine al problema della corretta riconducibilità del­l’esborso alle diverse tipologie di spese previste nel titolo. Altrettanto gravata risulterebbe anche la fase dinanzi al giudice dell’esecuzione (allorquando venisse richiesto di autorizzare la vendita dei beni staggiti ovvero di assegnare il credito pignorato), onerato del controllo ufficioso dell’esatta portata del [continua ..]


NOTE