Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Sull'applicabilità ai procedimenti in materia di famiglia del dispositivo di esecuzione forzata indiretta ex art. 614 bis c.p.c. (di Andrea Graziosi (Ordinario di Diritto processuale civile, Università di Ferrara))


Questo scritto riproduce, con l’aggiunta delle note e di alcuni aggiornamenti, la relazione svolta all’incontro di studio svoltosi a Firenze il 15 maggio 2012, su iniziativa di AIAF Toscana, intitolato Dall’art. 709 ter c.p.c. al nuovo art. 614 bis c.p.c.: le nuove frontiere dell’esecuzione forzata in materia di famiglia.

SOMMARIO:

1. Breve premessa sull'introduzione del nuovo art. 614 bis c.p.c. nel nostro sistema processuale - 2. Sull'applicabilità dell'art. 614 bis c.p.c. alle pronunce in materia di famiglia e sui rapporti di quest'ultimo con l'art. 709 ter c.p.c. - 3. Profili procedurali - NOTE


1. Breve premessa sull'introduzione del nuovo art. 614 bis c.p.c. nel nostro sistema processuale

Tra le più importanti innovazioni introdotte dalla l. n. 69/2009 rientra sicuramente l’inseri­mento nel nostro c.p.c. [1], tramite il nuovo art. 614 bis, di uno strumento a carattere generale volto ad assicurare l’attuazione coattiva degli obblighi di fare infungibili e di non fare [2]. La finalità di questa disposizione va senz’altro ravvisata nella necessità di contemplare anche nel nostro ordinamento giuridico forme di tutela esecutiva tese a garantire l’esatto adempimento delle obbligazioni che per essere realizzate richiedono comportamenti strettamente personali o addirittura omissivi del debitore, rispetto alle quali i tradizionali strumenti di esecuzione diretta previsti dal codice di rito si rivelano come «vere e proprie armi spuntate» [3]. Il nuovo art. 614 bis c.p.c., collocato all’interno del Libro III, Titolo IV, esordisce affermando, nel suo 1° comma, che «con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento». Tale pronuncia costituirà, a propria volta, «titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza». Il 2° comma, poi, precisa che spetta al giudice determinare l’ammontare della predetta somma di denaro «tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile». Restano infine esclusi dall’am­bito di applicazione di questa disposizione le controversie di lavoro subordinato pubblico e pri­vato ed i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 c.p.c. Non può certamente sfuggire che ci troviamo di fronte ad una svolta, non a torto definita “epocale” [4] ed auspicata da anni dalla dottrina processualistica [5] e dagli operatori del diritto, principalmente in virtù del principio di effettività della tutela giurisdizionale, dal quale discende la necessità che ogni processo sia in grado di dare concreta soddisfazione al diritto sostanziale invocato da colui che si rivolge all’autorità giudiziaria, ispirandosi dunque [continua ..]


2. Sull'applicabilità dell'art. 614 bis c.p.c. alle pronunce in materia di famiglia e sui rapporti di quest'ultimo con l'art. 709 ter c.p.c.

Fatte queste premesse di ordine generale possiamo ora passare al tema che mi è stato assegnato, ossia quello della possibilità di estendere al campo del diritto di famiglia questa nuova forma di misura coercitiva indiretta e delle sue eventuali implicazioni processuali. Il nostro discorso deve prendere le mosse dall’individuazione del campo di applicazione del­l’art. 614 bis c.p.c., ossia il vasto ed eterogeneo settore delle obbligazioni infungibili che, per essere adempiute, o anche solo per essere puntualmente ed interamente adempiute, necessitano della cooperazione del debitore. In presenza di queste situazioni, gli ordinari strumenti di esecuzione forzata, che si fondano sulla tecnica della sostituzione dell’organo pubblico al soggetto inadempiente, si rivelano del tutto inadatti a garantire l’attuazione coattiva del diritto, essendo indispensabile ai fini della soddisfazione dell’avente diritto un comportamento attivo/omissivo dell’obbligato, al quale quest’ultimo non può essere costretto, né può essere posto in essere da un terzo. È appena il caso di precisare che il testo della norma di cui ci stiamo occupando non contiene alcun espresso riferimento al carattere infungibile dell’obbligo, per cui se ne potrebbe dedurre l’applicabilità anche a tutela delle obbligazioni a carattere fungibile; in particolare anche alle statuizioni economiche stabilite in sede di separazione o di divorzio. La sua collocazione (Libro III, Titolo IV, c.p.c.) e la rubrica della disposizione (Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare), tuttavia, non sembrerebbero lasciare spazio a dubbio alcuno [12], anche se tale limitazione non sembra del tutto ragionevole poiché, nell’ottica di favorire l’esatto adempimento, sarebbe stato ben possibile concedere al creditore la possibilità di richiedere l’interven­to del giudice anche a fronte dell’inadempimento di prestazioni a carattere fungibile (come avviene, ad esempio, per le astreintes francesi), che possono trovare attuazione coattiva mediante le forme dell’esecuzione diretta ma con notevoli difficoltà e lungaggini processuali. In specie, tale forma di esecuzione dovrebbe essere consentita «quantomeno nelle ipotesi in cui l’esecuzione diretta dovesse palesarsi infruttuosa o comunque deludente» [13], [continua ..]


3. Profili procedurali

Assodato che anche le pronunce di separazione e di divorzio rientrano nel campo di applicazione dell’art. 614 bis c.p.c., occorre soffermarsi brevemente su quelle che potrebbero risultare le peculiarità procedimentali che contraddistinguono l’operare della nuova misura coercitiva nel nostro ambito, rinviando per tutto il resto ai più generali approfondimenti dedicati all’istituto [18]. Abbiamo già detto che la misura in esame si configura come accessoria rispetto al provvedimento di condanna. Se quindi appare indubbio che possa essere inserita nelle sentenze di separazione o di divorzio (quest’ultima anche se resa su ricorso congiunto), vista la loro scontata natura di provvedimenti di condanna, non vedrei ostacoli nemmeno a che sia contenuta nel­l’ordinanza presidenziale, la quale, pur non avendo i caratteri della definitività, è certamente an­ch’essa un provvedimento di condanna [19]. Anzi, riterrei che l’udienza presidenziale possa essere la sede privilegiata per chiedere la pronuncia di questa misura coercitiva indiretta, giacché di solito è proprio questo il momento più delicato della separazione, il momento di massimo conflitto ed attrito tra le parti, apparendo dunque logica l’adozione di un’ordinanza che, oltre a dettare i provvedimenti temporanei ed urgenti nell’interesse della prole, tenda a dissuadere il genitore obbligato rispetto a condotte ostruzionistiche. A stretto rigore andrebbe invece esclusa la possibilità di inserire una previsione ex art. 614 bis c.p.c. nel verbale di separazione consensuale, non trattandosi di un “provvedimento”; tuttavia, nulla sembra escludere che i coniugi, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, tra le condizioni della separazione possano prevedere che in caso di inosservanza delle disposizioni concordate in tema di affidamento, l’inadempiente sia obbligato al versamento di una somma di denaro all’altro genitore «per ogni violazione ... ovvero per ogni ritardo». Altro interessante profilo cui dobbiamo accennare è quello del termine ultimo per la formulazione della richiesta di emissione della misura compulsoria di cui ci stiamo occupando. L’art. 614 bis c.p.c., infatti, si limita ad affermare che per ottenere la pronuncia di questi provvedimenti occorre [continua ..]


NOTE