Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Parte I – La violenza ed i maltrattamenti in famiglia. Gli strumenti di valutazione del rischio (di Anna Costanza Baldry (Dottoressa in Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli))


SOMMARIO:

1. I femminicidi: epilogo del maltrattamento? - 2. La valutazione del rischio - 3. Il SARA (Spousal Assault Risk Assessment) - 3.1. Altre considerazioni - 4. Conclusioni - NOTE


1. I femminicidi: epilogo del maltrattamento?

I dati italiani sul femminicidio ci ricordano che in media una donna ogni tre giorni viene uccisa dal partner o ex partner (Baldry-Ferraro, 2010 [1]). Alcuni casi destano l’attenzione e la morbosità da parte dei mass media e dell’opinione pubblica e di questi si sente maggiormente parlare, molte altre donne sono uccise nel silenzio e nell’indifferenza dei più. Il femminicidio, o femmicidio come preferisce nominarlo qualcun altro, è l’omicidio della compagna o ex della donna in quanto “donna”, “femmina”, è un reato che nella percezione comune è visto come un reato “privato” che riguarda solo le singole persone coinvolte e non desta allarme sociale; in Italia il delitto di onore (art. 587 c.p. è stato abrogato solo nel 1981). Ricerche nazionali e internazionali hanno evidenziato che 7-8 donne su 10 prima di essere uccise dal loro partner o ex partner avevano subito maltrattamenti o erano perseguitate (Campbell et al., 2003; Baldry-Ferraro, 2008, 2010 [2]). Non tutte le donne maltrattate o perseguitate vengono uccise, ed esiste una percentuale comunque ridotta di casi di femminicidi che non avevano antecedenti noti. La violenza non è totalmente prevedibile né del tutto scongiurabile ma sono a disposizione approcci, metodi e strumenti scientifici, validi ed efficaci che aiutano a individuare quei casi di violenza domestica o che sono a rischio di escalation o di recidiva e ridurre al minimo i così detti “falsi negativi” quei casi cioè che vengono sottovalutati nelle loro gravità e nella loro potenziale e reale pericolosità. Questo approccio si chiama “valutazione del rischio”.


2. La valutazione del rischio

Che cos’è la valutazione del rischio? Quali strumenti hanno a disposizione gli operatori sociali e della giustizia per prevenire la recidiva del maltrattamento e mettere in atto azioni efficaci? Per “rischio” si intende la probabilità, la possibilità che un fenomeno, un comportamento, in questo caso la violenza, si presenti o si presenti nuovamente. Valutare il rischio significa prendere in considerazione, analizzare le caratteristiche del reo e delle vittima ma anche delle circostanze in cui si è consumato il delitto; ciò serve al fine di prevenire i casi di femminicidio attraverso l’individuazione dei c.d. fattori di rischio del reo e di vulnerabilità della vittima. La valutazione del rischio consiste nel ponderare tali fattori di rischio e comprendere quali fra loro sono “critici” cioè sono particolarmente significativi nel spiegare il comportamento violento pregresso e valutare la probabilità che esso si presenti nuovamente. Una volta stimato il livello di rischio è opportuno prevedere strategie efficaci per la sua gestione e quindi per la riduzione o la eliminazione di violenze future attraverso il monitoriaggio, supervisione, trattamento e protezione della vittima. Quando una donna è già stata uccisa, questo approccio risulta tardivo; può però servire per indagare cosa era successo prima dell’uccisione, nella relazione, nel contesto dove vivevano per individuare eventuali elementi di rischio che possono poi essere utili per prevenire casi futuri (parliamo delle così dette “fatality reviews”, Baldry-Winkel, 2008 [3]). Ma parliamo qui degli strumenti per prevenire la recidiva della violenza domestica e scongiurare i femminicidi. L’approccio della valutazione del rischio è utile a varie figure professionali che si trovano a occuparsi di questi casi: Forze dell’ordine, magistratura nel suo ruolo inquirente e giudicante, servizi sociali, centri antiviolenza e ha come obiettivo la prevenzione della recidiva utilizzando così un linguaggio condiviso e comprensibile a tutti con la finalità di arrivare a valutare allo stesso modo il caso, in termini di pericolo, di rischio in questione, senza sottovalutare alcuni aspetti che invece possono essere dei campanelli di allarme importanti, o sovrastimarne altri. La valutazione del rischio vede l’esistenza di tre [continua ..]


3. Il SARA (Spousal Assault Risk Assessment)

Fra le varie procedure strutturate esistenti quella maggiormente conosciuta, validata e usata in Italia è il SARA (Baldry, 2006, 2011, Baldry-Roia, 2011 [12]) grazie ai progetti Daphne gestiti dal­l’Associazione Differenza Donna. La valutazione del rischio di recidiva del comportamento violento attuata utilizzando il metodo professionale strutturato è stata studiata inizialmente in Canada (Kropp et al., 1995 [13]) dove è stata messa a punto una procedura identificata come SARA (Spousal Assault Risk Assessment, valutazione del rischio di aggressione della partner, Kropp-Hart, 2000 [14]) voluta dal governo canadese e dal Ministero dell’Interno canadese dopo che si erano verificati tre diversi casi di uxoricidio. Questi fatti di cronaca hanno destato particolare sconcerto nell’opinione pubblica oltre che a livello istituzionale perché in entrambe le occasioni le vittime si erano già rivolte ai servizi e alle forze dell’ordine che probabilmente avevano sottovalutato il rischio. Il SARA, nella sua versione originaria, si basa su 20 fattori di rischio su precedenti penali, violenza pregressa, adattamento sociale, salute mentale, individuati con un’analisi attenta e sistematica della letteratura scientifica e con riferimento all’esperienza clinica. Chi compie la valutazione del rischio è chiamato ad indicare l’eventuale presenza di ogni singolo fattore di rischio e la sua rilevanza e procedere a una valutazione finale e conclusiva sul rischio. Anche se questo metodo per la valutazione del rischio fatto con il SARA ha un margine di discrezionalità, esso può raggiungere livelli di attendibilità e validità pari o addirittura superiori a quelli ottenuti con i metodi attuariali (Kropp-Hart, 2000; Grann-Wedin, 2002 [15]). Utilizzare delle linee guida per procedere nella valutazione del rischio che si basano su fattori oggettivi aumenta la trasparenza delle decisioni e permette la messa a punto di un linguaggio condiviso che aumenta la comprensione e la comunicazione fra le diverse figure professionali, garantendo così contemporaneamente il diritto della difesa e un’adeguata protezione per la vittima. Il SARA non risolve il problema dei maltrattamenti; si tratta tuttavia di una procedura scientificamente valida che sta dando i suoi risultati e che si è rivelata utilissima per tutti [continua ..]


3.1. Altre considerazioni

Oltre ai quindici fattori citati, ce ne possono essere altri rilevanti per il caso specifico al fine della valutazione del rischio che vanno analizzati per valutare la loro presenza. Alcuni di questi fattori sono identificati come: A) presenza di armi da fuoco, B) bambini testimoni di violenza e C) Child abuse inteso come abuso sessuale ma anche fisico o psicologico sui minori.


4. Conclusioni

Il metodo della valutazione del rischio SARA è funzionale per individuare i fattori di rischio e di vulnerabilità utile per prevenire il rischio e mettere a punto strategie efficaci per gestire tale rischio. Sicuramente il problema della violenza domestica non si risolve con un metodo della valutazione del rischio; il cambiamento deve essere culturale, sociale, politico, clinico, legislativo. Tuttavia fornire ai professionisti che si occupano di questi casi di strumenti efficaci per affrontare al meglio questi casi e avere un linguaggio condiviso serve per fornire risposte efficaci (Baldry-Roia, 2011 [22]).


NOTE