Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La convenzione di Lanzarote per la tutela penale dei minori dagli abusi sessuali e la sua attuazione in Italia (di Lorenzo Picotti (Professore ordinario di Diritto penale, Università di Verona, Avvocato del Foro di Verona))


SOMMARIO:

1. Introduzione: le fonti sovranazionali a tutela penale dei minori dagli abusi sessuali - 2. Il contesto costituzionale e codicistico interno - 3. Sguardo d'insieme sulle nuove norme penali sostanziali introdotte dalla legge di attuazione della Convenzione di Lanzarote - 4. Le modifiche in materia di pedopornografia - 4.1. Sulla definizione di pedopornografia - 4.2. Le condotte punibili - 4.3. La questione del "mero accesso" - 5. Le modifiche in materia di prostituzione minorile - 6. I nuovi reati di istigazione alla pedofilia e di adescamento di minori - 6.1. L'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia - 6.2. L'adescamento di minorenni - 7. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Introduzione: le fonti sovranazionali a tutela penale dei minori dagli abusi sessuali

  L’esigenza di una più forte ed efficace tutela penale dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali si è affermata ormai da tempo, ed a diversi livelli, in ambito internazionale. Il primo livello è quello mondiale delle Nazioni Unite, in cui è emblematica la fondamentale Convenzione sui diritti del fanciullo [1] adottata a New York nel 1989, alla quale ha fatto seguito il Protocollo opzionale relativo alla vendita di minori, la prostituzione e pornografia infantile del 2000. Sono strumenti importanti, perché si rivolgono a tutti gli ordinamenti giuridici del mondo e traducono in precetti internazionali la necessità di un intervento su scala globale, di natura (anche) penale, per proteggere i minori dalle peggiori forme di sfruttamento che violano la loro persona e la loro – spesso disconosciuta – dignità di uomini. Ad un secondo livello – continentale – si colloca il Consiglio d’Europa, cui aderisce un novero di paesi (attualmente 47) ben più ampio di quello dei membri dell’Unione europea. I diritti proclamati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 sono pacificamente riconosciuti, dalla Corte di Strasburgo, anche ai minori e fra questi sono venuti in rilievo in specie il diritto alla vita (art. 2), il divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti (art. 3), il divieto di schiavitù e di lavoro forzato (art. 4), il diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5), il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8), il divieto di discriminazione (art. 14). Nell’ambito delle sue competenze penali, il Consiglio d’Europa ha poi adottato molteplici strumenti che obbligano gli Stati aderenti ad incriminare i più gravi reati a danno dei minori: con l’art. 9 della Convenzione Cybercrime approvata a Budapest nel 2001, è stata introdotta la punizione della produzione e circolazione, in particolare in Internet, della pornografia che ritrae minori, anche se solo “apparente” o “virtuale” [2]; con la Convenzione di Varsavia del 2005 contro la tratta di esseri umani [3], è stato previsto l’obbligo di aggravare le pene se i fatti sono a danno di minori; infine con la Convenzione sulla protezione dei [continua ..]


2. Il contesto costituzionale e codicistico interno

Venendo all’analisi del diritto vigente nel nostro ordinamento, si deve muovere dal richiamo ai fondamenti costituzionali, che legittimano od anzi impongono un’efficace protezione penale dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali. Dal punto di vista della “meritevolezza” dei beni giuridici oggetto di siffatta “tecnica di tutela” [6], basti sottolineare – in coerente raccordo con quanto sopra esposto a proposito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 24 della c.d. Carta di Nizza – che i diritti dei minori sono riconducibili ai “diritti inviolabili” che la Repubblica “riconosce e garantisce” (art. 2 Cost.), tanto più per il suo specifico “compito” – ex art. 3, 2° comma – di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (...)» (corsivi agg.). Esigenza che ha un più forte significato per i minori, come emerge dagli artt. 30, in particolare 2° comma (nel caso di mancanza di adempimento dei genitori) e 31, in particolare 2° comma, Cost., alla cui stregua l’ordina­mento deve “assicurare” l’istruzione, l’educazione e comunque la “protezione” dell’“infanzia” e della “gioventù”. Quanto all’ulteriore profilo della “sussidiarietà” dell’intervento penale, che deve operare solo come extrema ratio, stante la rilevanza dei diritti delle persone imputate e condannate, che il processo e le pene vanno a loro volta a comprimere, non possono sussistere dubbi circa la sua legittimità in quest’ambito, nei limiti del concorrente principio di “proporzione”. Basti considerare la peculiare “vulnerabilità” delle vittime [7] e l’irreparabilità dei danni che vengono ad esse – ed indirettamente alla società tutta – cagionati da questi reati; nonché la loro diffusione inaccettabile nella moderna società globalizzata, come sottolineano tutte le fonti internazionali sopra richiamate, che danno rilievo allo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con il diffuso accesso ad Internet [continua ..]


3. Sguardo d'insieme sulle nuove norme penali sostanziali introdotte dalla legge di attuazione della Convenzione di Lanzarote

Intervenendo su questo frastagliato quadro, la l. n. 172/2012 si è occupata soltanto dei delitti che ledono la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale e di sfruttamento dei minori per fini sessuali, con molteplici interventi anche in materia processuale e di prevenzione. Le più importanti novità consistono nell’introduzione di due nuovi delitti nel codice penale: l’art. 414 bis, che punisce (con la reclusione da 1 anno e 6 mesi fino a 5 anni) l’istigazione pubblica alla pedofilia e pornografia minorile; e l’art. 609 undecies che punisce (con la reclusione da 1 a 3 anni) l’adescamento di minorenni. È poi stata prevista una nuova ipotesi di associazione per delinquere, finalizzata a commettere delitti di sfruttamento ed abuso sessuale a danno di minori, tramite l’aggiunta di un nuovo ultimo comma all’art. 416 c.p. (che prevede la reclusione da 4 ad 8 anni per gli organizzatori, promotori, vertici e quella da 2 a 6 anni per i meri partecipi); inoltre sono state parzialmente riformulate altre disposizioni incriminatrici, come quella in materia di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.,estesa esplicitamente alla punizione di persone “conviventi” e di cui sono state inasprite le pene, anche per l’introduzione di nuove circostanze aggravanti: norma poi a breve distanza di tempo ulteriormente modificata dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito – con modificazioni – dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119 c.d. contro il fem­minicidio). Mentre ulteriori interventi novellistici hanno riguardato i delitti di prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.), che ha visto modifiche al 2° comma concernente la punibilità del fruitore (cliente) e l’innalzamento della pena (fino a 6 anni di reclusione); di pornografia minorile (art. 600 ter), che ne contiene ora un’espressa definizione normativa conforme a quella degli strumenti internazionali ed estesa a punire anche chi “recluta” minori od “assiste” a spettacoli por­nografici; di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies), cui sono sati aggiunti due nuovi com­mi, per punire anche quella realizzata “facendo assistere” ad atti sessuali di terzi o “mostrando” immagini [continua ..]


4. Le modifiche in materia di pedopornografia

Il primo argomento che merita un’analisi più approfondita concerne la pornografia minorile (o infantile), sinteticamente detta pedopornografia. La Convenzione di Lanzarote, innanzitutto, ne dà una rinnovata definizione, frutto di una significativa evoluzione rispetto alla precedente, contenuta nell’art. 9 della Convenzione Cybercrime del 2001 (supra, par. 1), alla quale sostanzialmente si allineava la decisione quadro dell’Unione europea 2004/68/GAI contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia minorile, sostituita – anche per gli aspetti definitori – dalla citata Direttiva 2011/93/UE.


4.1. Sulla definizione di pedopornografia

Nel nostro ordinamento, i delitti di pornografia minorile sono stati introdotti per la prima volta dalla l. n. 269/1998, senza essere accompagnati da alcuna espressa definizione del nuovo concetto ai fini penali. In un primo approccio la giurisprudenza, distinta la nozione in esame da quella di “oscenità” di cui all’art. 529 c.p. (orientata piuttosto alla difesa di beni pubblicistici, quali la morale pubblica ed il buon costume) [10], collegava la nozione di pedopornografia al previo “sfruttamento” del minore, menzionato nel testo dell’art. 600 ter c.p. che ne incrimina la produzione, ed al pericolo concreto di successiva circolazione, che il giudice avrebbe dovuto accertare, come sottolineava anche una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 2000, nel tentativo di dare una delimitazione accettabile [11]. Questa iniziale prospettiva è stata superata dalla l. n. 38/2006, che nel dare attuazione alla Convenzione Cybercrime del 2001 ed alla decisione quadro dell’Unione europea del 2004, ha riformulato l’art. 600 ter, sostituendo la condotta di “sfruttamento” con quella di semplice “utilizzazione” del minore ed introducendo, nel contempo, l’incriminazione della c.d. “pornografia virtuale” (art. 600 quater.1), per produrre la quale si può anche prescindere dall’utilizzazione effettiva di un minore “reale”. È così emerso chiaramente che la punizione della pedopornografia non è tanto diretta a combattere lo “sfruttamento” dei minori che si realizzi a monte, quanto lo sfruttamento che potrà poi svilupparsi a valle, in ragione della creazione, circolazione e perfino “propaganda” visuale di contenuti degradanti il ruolo e la dignità di persona dei minori, ridotti a puro strumento di soddisfacimento del bisogno sessuale degli adulti: per cui essa assume un suo disvalore intrinseco, che va al di là (anche se non esclude) il fatto che per produrla si sia utilizzato un minore in carne ed ossa. L’importanza della Convenzione di Lanzarote è di aver imposto di definire normativamente il predetto concetto, cui il legislatore italiano ha provveduto aggiungendo un nuovo ultimo com­ma all’art. 600 ter, che riproduce sostanzialmente quanto stabilito dalla Convenzione [12], ponendo fine alla paradossale [continua ..]


4.2. Le condotte punibili

Il secondo aspetto da approfondire, con riferimento ai delitti di pornografia minorile, riguarda l’individuazione dei fatti punibili. In conformità alla Convenzione di Lanzarote, il legislatore italiano ha meglio puntualizzato, in sen­so estensivo, l’ambito delle condotte penalmente rilevanti di cui al 1° comma dell’art. 600 ter c.p. Innanzitutto ha specificato che è punibile la realizzazione di “spettacoli” pedopornografici, oltre che di “esibizioni” (1° comma, n. 1 e n. 2), evidentemente ritenendo rilevanti anche fatti di mera registrazione od allestimento di detti “spettacoli”, pur senza immediata o contestuale “esibizione” a terzi o al pubblico [16]. In secondo luogo ha incriminato anche il “reclutamento”, oltre che l’“induzione” di minori a parteciparvi (1° comma, n. 2), dunque anche a prescindere da qualsivoglia influenza sulla libertà di autodeterminazione del minore stesso. Infine ha stabilito che va punito anche chi “trae altrimenti profitto” dai suddetti spettacoli, pur senza aver evidentemente concorso alle condotte di “utilizzazione”, “reclutamento”, “induzione” di minori o comunque “realizzazione” di spettacoli, di cui si è detto. Restano invece immutate le successive disposizioni, in particolare quella di cui al 2° comma (“far commercio” del “materiale” pedopornografico, che per evidente svista è ancora individuato in quello “di cui al primo comma”, laddove la novella lo ha definito al nuovo ultimo comma; ed identica svista è rilevabile anche nei successivi commi 3° e 4°), di cui al 3° comma (“distribuire”, “divulgare”, “diffondere”, “pubblicizzare”, ecc. “anche per via telematica”) e di cui al 4° comma (“offrire” o “cedere ad altri anche a titolo gratuito”), con le relative aggravanti speciali previste dal 5° comma. Da sottolineare è l’introduzione, al 6° comma, di una nuova ipotesi incriminatrice, che punisce chi “assiste a esibizioni o spettacoli pornografici” (corsivo agg.), in conformità alla scelta di politica criminale, affermatasi da tempo a livello europeo, di sanzionare anche il fruitore della [continua ..]


4.3. La questione del "mero accesso"

Una rilevante novità contenuta nella Convenzione di Lanzarote, e presente anche nella Direttiva europea, è l’incriminazione del mero “accesso consapevole” al materiale pedopornografico [18]. La ratio legis è identica a quella che sorregge l’incriminazione delle condotte di mera detenzione o di “procurarsi” comunque tale materiale, di cui si è appena parlato. Tuttavia per queste ultime si richiede una disponibilità permanente, o comunque apprezzabile nel tempo, del materiale stesso da parte del fruitore. La giurisprudenza nazionale aveva da tempo escluso che si potesse applicare il delitto di cui all’art. 600 quater, sopra esaminato, in ipotesi di mera “visualizzazione” o “consultazione” on line di tale materiale, senza down load sul computer o comunque “registrazione” su una memoria fisica dell’utente stesso [19]. Ed il legislatore italiano del 2012 non ha (per ora) colmato la lacuna, né adempiuto alle previsioni delle fonti sopranazionali, ritenendosi in dottrina (e, da quanto traspare, anche nei lavori preparatori) che una siffatta fattispecie sarebbe contraria ai canoni di offensività e materialità, che devono improntare il nostro diritto penale [20]. Per cui il fatto in esame rimane allo stato privo di sanzione. Si deve però obiettare che se si incriminano – da tempo – le condotte di chi fruisce della pornografia minorile, sanzionando chi se la “procura” o la “detiene”, è oggi coerente punire anche chi parimenti ne fruisce mediante il mero “accesso consapevole”. La norma incriminatrice deve infatti adeguarsi all’evoluzione delle nuove tecnologie, che hanno visto lo sviluppo impressionante in poco tempo di uno spazio cibernetico in cui la potenza dei sistemi e dei software, la diffusione degli smartphone e degli apparecchi mobili, il moltiplicarsi dei punti di accesso ad Internet ed alle reti telematiche integrate fra loro, rendono comune il fatto di non “scaricare” affatto i files, le immagini, i video, i testi, la musica, ecc. sui “propri” apparecchi, sistemi o supporti di memoria, interni od esterni, perché è più facile, rapido, economico accedervi piuttosto in modo diretto, essendo i predetti dati e [continua ..]


5. Le modifiche in materia di prostituzione minorile

Le fattispecie penali in materia di prostituzione minorile rappresentano l’altro grande ambito di intervento del legislatore operato in attuazione della Convenzione di Lanzarote. L’incrimi­nazione di questi delitti era da tempo stata introdotta, in forza delle citate convenzioni e fonti sopranazionali, in Italia per la prima volta con la l. n. 269/1998, poi novellata dalla l. n. 38/2006. Ora il legislatore italiano, sulla spinta delle fonti europee, ha reso maggiormente severa e completa la disciplina repressiva. È infatti stato esteso il numero delle condotte punibili, ne è stata meglio precisata la tipologia, sono state aumentate le pene detentive, anche accessorie, con previsione di nuove ipotesi di confisca, è stata meglio definita la nozione stessa di prostituzione minorile ai fini penali. La Convenzione di Lanzarote contiene al riguardo una norma specifica [21], da cui non si discosta sostanzialmente quella contenuta nell’art. 2, lett. d) della Direttiva 2011/93/UE, secondo cui essa consiste nell’«utilizzo di un minore per atti sessuali, dietro promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi o utilità in cambio della partecipazione a tali atti, a prescindere che il pagamento, la promessa o i vantaggi siano rivolti al minore o a terzi» (corsivi agg.). È dunque essenziale l’elemento del “corrispettivo” per l’attività sessuale del minore, che ha una portata molto estesa, potendo essere non solo di natura monetaria, ma anche di altro genere, perfino morale, ed altresì a favore di una terza persona. Quanto al contenuto ed alle modalità dell’“atto sessuale” del minore, che lo rendono rilevante a questi fini, se è pacifico che deve essere “fruito” dall’autore del delitto, non è necessario che si esplichi in un rapporto o contatto fisico con lo stesso, potendo ricadere anche su un terzo o sul minore stesso (quale può essere una masturbazione o anche una esibizione in cui le prestazioni sessuali avvengano su diretta richiesta del cliente, secondo la nostra giurisprudenza anche “a distanza” tramite visualizzazione via Internet) [22]. Quanto alle condotte punibili, vi sono due piani di intervento repressivo: in parallelo a quanto già visto per la pornografia minorile, da un lato sono [continua ..]


6. I nuovi reati di istigazione alla pedofilia e di adescamento di minori

Come si è anticipato, la l. n. 172/2012 ha coniato due delitti del tutto nuovi, che possono considerarsi quale barriera avanzata di prevenzione penale rispetto alla commissione dei delitti finora esaminati, cui deve aggiungersi la punizione aggravata dell’associazione a delinquere specificamente “diretta a commettere taluno dei delitti” di abuso sessuale o sfruttamento di minori sopra elencati (ult. comma aggiunto all’art. 416 c.p.). Solo il delitto di “adescamento di minorenni” discende però da uno specifico obbligo di incriminazione, contenuto in entrambe le fonti sopranazionali menzionate (art. 23 Convenzione di Lanzarote ed art. 6, Direttiva 2011/93/UE), mentre la punizione dell’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia come delitto autonomo, anziché quale semplice forma di partecipazione ai delitti a danno di minori qui in esame, secondo le comuni regole del concorso di persone, come farebbe pensare la formulazione delle fonti sovranazionali (art. 24 Convenzione di Lanzarote ed art. 7, Direttiva 2011/93/UE), appare frutto di una scelta propria – e come diremo criticabile – del legislatore nazionale.


6.1. L'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia

Muovendo dall’istigazione ed apologia di “pratiche di pedofilia e di pedopornografia” [25], si deve sottolineare che l’art. 414 bis introduce un nuovo delitto “di opinione”, collocato nei delitti “contro l’ordine pubblico” (Titolo V della parte speciale), fra quello di istigazione a delinquere (art. 414) e quello di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415), già fortemente criticati dalla dottrina ed oggetto di plurime censure di illegittimità costituzionale, in quanto espressivi della prospettiva autoritaria del codice Rocco, poco rispettosa della libertà d’opinione e di manifestazione del pensiero, che devono invece caratterizzare lo Stato democratico. Entrambe le condotte punite dal nuovo reato devono avvenire “pubblicamente”, ma con un pleonastico inciso il legislatore ha aggiunto: «con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione», togliendo ogni dubbio sul fatto che vi rientri anche la diffusione o “messa a disposizione” in rete, dunque anche in Internet e nei social network [26]. Oggetto dell’istigazione e dell’apologia (punibili con la severa pena della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni) sono i delitti di abuso e sfruttamento sessuali “in danno di minorenni” il cui elenco è sostanzialmente coincidente con quello dei reati la cui commissione è oggetto del fine specifico del delitto di “adescamento” (art. 609 undecies c.p.: infra, par. 6.2) [27]. L’ultimo comma aggiunge, infine, che non possano essere dall’autore «invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume». La norma desta molteplici profili di perplessità. Innanzitutto, la sua formulazione quale reato di pericolo astratto contraddice quanto da tempo dottrina e giurisprudenza, in specie costituzionale, hanno affermato – con vincolante riferimento alle ipotesi generali di apologia previste dagli artt. 414 e 415 c.p., relativi all’“istigazione a delinquere” ed “a disobbedire alle leggi” – vale a dire la necessità che, per le modalità di commissione, il fatto sia «idoneo a provocare l’effettiva commissione di delitti» e trascenda, quindi, la pura manifestazione del [continua ..]


6.2. L'adescamento di minorenni

L’altra inedita fattispecie inserita nel codice penale dalla l. n. 172/2012, in attuazione dello specifico art. 23 della Convenzione di Lanzarote, è quella di “adescamento di minorenni” (c.d. child grooming), di cui al nuovo art. 609 undecies [31], collocato nell’ambito dei reati sessuali, vale a dire in chiusura della Sezione II – dedicata ai “delitti contro la libertà personale” – del Capo III, Titolo XII del Libro II del codice. La nuova fattispecie ha una chiara struttura di “delitto preparatorio”, con cui il legislatore ha anticipato la punibilità – a titolo di autonomo delitto consumato – di atti prodromici di altri più gravi delitti, non solo sessuali in senso stretto. Infatti sono menzionati, oltre a quelli di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo (ex artt. 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies), anche altri delitti di abuso e sfruttamento di minori, come quelli di cui agli artt. 600 bis, 600 ter e 600 quater, nonché 600 quinquies, che puniscono, come si è visto, rispettivamente la prostituzione minorile, le esibizioni erotiche di minori e la produzione, diffusione, cessione di pornografia minorile, nonché le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, oltre alla ancor più grave ipotesi di riduzione e mantenimento in schiavitù di minori (art. 600 c.p.), che può essere finalizzata a prestazionilavorative, oltre che sessuali, od all’accattonaggio, che comportino comunque lo sfruttamento della vittima . Tecnicamente la commissione di questi delitti rappresenta l’oggetto del fine specifico dell’“adescamento”, i cui atti costitutivi devono dunque essere teleologicamente strumentali alla loro commissione. E di particolare interesse è proprio la definizione normativa di questo nuovo “fatto tipico”, contenuta nell’ultima parte della disposizione in esame: «Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione». Si tratta di una fattispecie che tiene dichiaratamente conto della [continua ..]


7. Osservazioni conclusive

Molteplici sono le altre disposizioni della l. n. 172/2012, che toccando la materia del diritto penale sostanziale, hanno cercato di rinforzare la protezione penale dei minori, anche al di là di quanto stabilito dalla Convenzione di Lanzarote (cfr. supra par. 3). Ed indiscutibile è il generalizzato inasprimento del trattamento punitivo, con ampio ricorso alla pena detentiva, la cui esecuzione trova ulteriori momenti di rigidità [37], se concerne condannati per i delitti in esame. In definitiva, non può dirsi che oggi manchino incisivi strumenti penali di contrasto ai fenomeni di abuso e sfruttamento dei minori, nonostante le carenze od imprecisioni tecnico normative. La questione aperta è ora la prassi applicativa, in cui l’esigenza di efficacia degli interventi non deve andare a detrimento delle garanzie fondamentali del sistema penale. Per questo, il ruolo dell’avvocato assume un ruolo essenziale, quale “tecnico” portatore delle esigenza di difesa dei diritti fondamentali che vengono in gioco, sia sul versante della persona offesa, che su quello dell’imputato. In entrambi i ruoli è essenziale la compiuta ed approfondita conoscenza delle nor­me che regolano la materia, la cui incessante evoluzione richiede un permanente impegno di studio ed aggiornamento professionali, al quale la nostra associazione certamente contribuisce.


NOTE