Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.: struttura e casi pratici (di Greta Sona (Avvocato del Foro di Verona))


SOMMARIO:

1. Il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.: evoluzione storica - 2. L'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 572 c.p. - 3. L'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 572 c.p. - 4. La prescrizione - 5. Casi pratici tratti dalla giurisprudenza di merito del Tribunale di Verona


1. Il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.: evoluzione storica

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è previsto dall’art. 572 c.p., che a livello sistematico si colloca nel Libro II, Titolo XI, Capo IV del codice penale, che disciplina i delitti contro l’assistenza familiare. La norma in questione, recentemente riformata dalla l. n. 172/2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote e dal d.l. n. 93/2013, convertito, con modificazioni, nella l. n. 119/2013, sanziona con la reclusione da due a sei anni – e con previsione di un ulteriore aggravio di pena qualora dai maltrattamenti dovessero derivare alla vittima lesioni gravi, gravissime o addirittura la morte – «chiunque [...] maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte. [comma 2 abrogato]. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni». Rispetto alla precedente formulazione, la l. n. 172/2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote ha introdotto le seguenti modifiche: –    ha esteso l’ambito di applicazione della fattispecie anche all’ipotesi di convivenza, che viene indicata altresì in rubrica (“Maltrattamenti contro familiari e conviventi”); –    ha introdotto, al 2° comma, un’aggravante del reato se il fatto è commesso nei confronti di minore infraquattordicenne (comma abrogato dal successivo d.l. n. 93/2013 convertito nella l. n. 119/2013); –    ha inasprito le pene. Il d.l. n. 93/2013, convertito nella l. n. 119/2013, ha abrogato il 2° comma dell’art. 572 c.p., ossia l’aggravante introdotta dalla Convenzione di Lanzarote («La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici»). Tale abrogazione è stata tuttavia compensata dall’introduzione all’art. 61, 11° quinquies comma, c.p., dell’aggravante comune «del­l’aver commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di [continua ..]


2. L'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 572 c.p.

Sotto il profilo oggettivo il delitto di maltrattamenti, di cui all’art. 572 c.p., è un reato necessariamente abituale proprio: –    “necessariamente abituale” nel senso che è richiesta la reiterazione di atti (diversi dagli “eventualmente abituali” che si perfezionano anche con un solo episodio mentre la successiva reiterazione non dà luogo a concorso di reati o alla continuazione, ma rileva solo ai fini dell’aggravamento della pena, ad esempio l’esercizio abusivo della professione); –    “proprio”, nel senso che gli atti singolarmente considerati possono anche non avere autonoma rilevanza penale (diversi gli “impropri” che si contraddistinguono per la ripetizione di condotte omogenee tutte e sempre dotate di autonoma rilevanza penale, ad esempio la relazione incestuosa).   Cass. n. 22850/2007 Il reato di maltrattamenti in famiglia configura un’ipotesi di reato necessariamente abituale costituito da una serie di fatti, per lo più commissivi ma anche omissivi i quali acquistano rilevanza penale per la loro reiterazione nel tempo. Trattasi di fatti singolarmente lesivi dell’integrità fisica o psichica del soggetto passivo, i quali non sempre singolarmente considerati, configurano ipotesi di reato, ma valutati nel loro complesso devono integrare una condotta di sopraffazione sistematica e programmata tale da rendere la convivenza particolarmente dolorosa. Trattandosi di reato abituale è evidente che l’episodicità degli atti lesivi esclude la responsabilità penale dell’imputato: l’isolamento degli episodi costituisce una delle principali strategie da utilizzare nel processo penale per la difesa di un imputato di maltrattamenti.   Cass. n. 45037/2010 Non integra il delitto di maltrattamenti in famiglia la consumazione di episodici atti lesivi di diritti fondamentali della persona non inquadrabili in una cornice unitaria caratterizzata dall’imposizione ai soggetti passivi di un regime di vita oggettivamente vessatorio. Proprio perché i maltrattamenti si concretizzano in una pluralità di condotte ciascuna delle quali può o meno costituire autonomo reato, ci si trova spesso a doversi confrontare con fattispecie concrete che racchiudono in sé episodi di [continua ..]


3. L'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 572 c.p.

Quanto all’elemento soggettivo del delitto di maltrattamenti, esso va individuato nel dolo generico, non rilevando le ulteriori finalità che l’agente si propone di realizzare (ad esempio la finalità educativa).   Cass. n. 41142/2010 Nel delitto di maltrattamenti in famiglia il dolo è generico, sicché non si richiede che il soggetto attivo sia animato da alcun fine di maltrattare la vittima, bastando la coscienza e la volontà di sottoporre la stessa alla propria condotta abitualmente offensiva.   Cass. n. 16982/2008 Ai fini dell’integrazione del reato di maltrattamenti è sufficiente il dolo generico, che si sostanzia nella volontà dell’agente di sottoporre la vittima a sofferenze fisiche o morali in modo abituale; deve pertanto escludersi che l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per pretese finalità educative possa far venir meno il dolo.   Cass. n. 39927/2005 Ai fini della distinzione tra il delitto di maltrattamenti (572 c.p.) e quello di abuso dei mezzi di correzione (571 c.p.) non rileva la finalità avuta di mira dal reo, sicché non importa se questi abbia agito per scopi ritenuti educativi; quel che rileva è unicamente la natura oggettiva della condotta sicché non è configurabile il meno grave reato di abuso dei mezzi di correzione quando i mezzi adoperati siano oggettivamente non compatibili con l’attività educativa, come nel caso di percosse e maltrattamenti fisici e psicologici. (di fatto il reato di cui al 571 c.p. non trova quasi più applicazione, perché nessuna “violenza” viene più considerata “educativa”). Il dolo del delitto di maltrattamenti si caratterizza inoltre come dolo “unitario”, nell’accezione fornita dalla Suprema Corte nelle sentenze che seguono.   Cass. n. 39927/2005 L’elemento unificatore dei singoli episodi è costituito da un dolo unitario atto a ricomprendere tutti gli episodi in una volontà del soggetto agente di sottoporre la persona offesa ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la personalità della vittima.   Cass. n. 14409/2009 La mera pluralità di episodi vessatori (nella specie, [continua ..]


4. La prescrizione

Per quanto riguarda la prescrizione, il carattere dell’abitualità che caratterizza il reato, implica l’applicazione delle regole del reato permanente. Pertanto il termine di prescrizione decorre dal momento in cui cessa la permanenza (art. 158, 1° comma, c.p.).   Cass. n. 39228/2011 Anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 251 del 2005 il termine di prescrizione previsto per il delitto di maltrattamenti in famiglia decorre dal giorno dell’ultima condotta tenuta dall’agente, non essendo estensibile, stante la diversità di struttura dell’illecito, la disciplina dettata per il reato continuato.


5. Casi pratici tratti dalla giurisprudenza di merito del Tribunale di Verona