Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La comunione dei beni come "regime delle obbligazioni" e il suo scioglimento ex art. 191, 2° comma (di Fulvio Mecenate (Notaio in Roma; Docente presso la Scuola di Notariato del Consiglio Notarile di Roma “Anselmo Anselmi”; Membro della Commissione studi civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato))


SOMMARIO:

1. (In)sicurezza del mercato e nuovo art. 191 c.c. - 2. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: a) il condebito/concredito - 3. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: b) la responsabilità con i beni comuni - 4. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: c) la responsabilità con i beni personali - 5. Conclusioni: l’art. 191, 2° comma e l’(in)sicurezza del mercato - NOTE


1. (In)sicurezza del mercato e nuovo art. 191 c.c.

Ho già avuto modo di occuparmi, sulle pagine di questa Rivista [2], dello scioglimento della comunione ai sensi dell’art. 191, 2° comma, così come riformato della l. 6 maggio 2015, n. 55. Nel breve contributo ho evidenziato le ragioni per cui, a mio avviso, l’art. 191 c.c. è fonte di insicurezza per la generalità dei consociati. Stante il fatto che la comunione è “un regime degli acquisti”, la scelta legislativa di rimetterne lo scioglimento ad un provvedimento meramente interinale (la cui natura è peraltro discussa) ha introdotto un vulnus nella certezza delle situazioni giuridiche soggettive. Quando si vorrà alienare il diritto acquistato dopo lo scioglimento ex art. 191, 2° comma, il mercato (vale a dire: l’avente causa, la Banca finanziatrice, ecc.) non potrà tollerare il dubbio (istituzionalmente presente) circa l’avvenuta stabilizzazione del provvedimento, perché questa stabilizzazione sarà decisiva per la titolarità in capo a colui che intende trasferire. E ciò costringerà a rincorrere, nelle Cancellerie, il certificato di definitività del decreto presidenziale, probabilmente a grande distanza di tempo da esso, o addirittura da parte degli eredi di colui che di tale decreto ha beneficiato. A distanza di quasi due anni vorrei cogliere quest’occasione per sviluppare – nella stessa direzione dell’analisi fatta allora – un argomento ulteriore, a mio avviso molto importante, al quale ho dedicato recentemente grande attenzione in altra sede [3]. La comunione dei beni non è solo “un regime degli acquisti”, così come vuole la communis opinio [4]; la comunione dei beni è anche (o forse soprattutto) un “regime delle obbligazioni”. Il rapporto obbligatorio che ricade su un soggetto in regime di comunione legale è diverso da quello che ricade su un soggetto che tale caratteristica non abbia. La comunione legale modifica, trasforma, altera il regime dell’obbligazione attratta nella sua sfera d’influenza: sia che il soggetto in regime “comunitario” si trovi sul lato attivo del rapporto obbligatorio, sia che si trovi sul lato passivo (caso in cui le conseguenze, però, sono più ampie). Detto in altre parole, [continua ..]


2. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: a) il condebito/concredito

In questa sede si farà riferimento ai coniugi in regime di comunione dei beni, perché ad essi soltanto sono applicabili le norme sulla separazione personale (tra cui appunto l’art. 191 c.c.). Ma è evidente che la comunione come regime delle obbligazioni coinvolge un novero di soggetti assai più ampio, potendo riguardare anche le persone che abbiano contratto un’unione civile senza indicare una scelta diversa; potendo riguardare, ancora, coloro che abbiano registrato una convivenza, stipulato il relativo contratto ai sensi della l. n. 76/2016 e “optato” per il regime della comunione legale (art. 1, 53° comma, lett. c). L’obbligazione che, dal lato attivo o passivo, faccia capo a soggetti in regime di comunione legale dei beni è un’obbligazione plurisoggettiva, o soggettivamente complessa. Sebbene, secondo alcuni autori, la comunione potrebbe essere entificata [5] e considerata quindi come il soggetto “titolare” del rapporto obbligatorio, anche i giuristi che identificano nella comunione un soggetto affermano trattarsi pur sempre di una soggettività intermedia, caratterizzata da un’autonomia patrimoniale largamente imperfetta. Lo schermo della comunione, si dice, non elimina completamente le persone dei coniugi [6]. Non si teorizza dunque, in nessun caso, l’obbligazione comune come propriamente “semplice” da un punto di vista soggettivo [7]. L’obbligazione, senza dubbio, vede nei partners una pluralità di soggetti sul lato attivo o passivo del rapporto. Non potrei dedicarmi, in questa sede, alla complessa analisi circa l’identificazione del tipo di ob­bligazione soggettivamente complessa che fa capo ai partners in regime di comunione; e, scusandomene con il lettore, rimando alle pagine che ho specificamente dedicato all’argomento [8]. Basterà dire che quest’obbligazione (siano i partners con-debitori o con-creditori) non è un’ob­bligazione solidale, come pure si sostiene, ma è qualcosa di assai diverso, e precisamente un’ob­bligazione ad attuazione (rectius: imputazione) congiunta [9]. Questo significa che l’obbligazione può essere attuata solo in via contemporanea e necessaria nei confronti di (o da parte di) [continua ..]


3. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: b) la responsabilità con i beni comuni

Le conseguenze della presenza o meno di un regime di comunione legale in capo al soggetto debitore sono di massimo rilievo persino nell’ipotesi in cui il debito sia personale e tale rimanga, senza quindi trasmettersi alla sfera in comune con il partner. La comunione dei beni, infatti, in questo caso incide in modo decisivo non sulla disciplina del debito (che, nell’ipotesi fatta, è e resta personale) ma sulla disciplina della responsabilità. Un soggetto privo del regime di comunione legale risponde dei propri debiti secondo il canone generale di cui all’art. 2740 c.c., vale a dire con tutto il suo patrimonio. Un soggetto in regime di comunione dei beni, invece, vedrà limitata la sua responsabilità ex art. 2740 ai propri beni personali. Per quel che riguarda il patrimonio comune, al contrario, si applicherà la particolarissima disciplina di cui all’art. 189, 2° comma, c.c.: «i creditori particolari di uno dei coniugi … possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della comunione». La responsabilità ex art. 189 c.c. è una responsabilità che colpisce un patrimonio separato, comune a entrambi i partner [14]. Data quest’alterità patrimoniale (e soggettiva), ho ritenuto di identificare, nell’art. 189 c.c., una situazione di responsabilità senza debito, o responsabilità per debito altrui, che coinvolge anche il partner-non-debitore [15]. Quest’ultimo dunque sarà coinvolto nel rapporto obbligatorio, ma solo nell’ipotesi in cui: a)l’obbligazione rimanga inadempiuta; b)si passi all’attuazione della responsabilità patrimoniale; c)il patrimonio personale sia insufficiente[16]. Una situazione dunque non già immediata e diretta, ma quanto mai indiretta ed eventuale [17]. Le modalità per procedere all’esecuzione ex art. 189 c.c. sono al centro di una notevole pluralità di interpretazioni [18]. La Cassazione ha statuito, anche di recente, che l’espropriazione debba riguardare il singolo bene comune per intero e che metà del ricavato debba essere corrisposto [continua ..]


4. La comunione legale come “regime delle obbligazioni”: c) la responsabilità con i beni personali

Infine, come ultima ipotesi, resta da esaminare il caso in cui il debito a carico dei partners sia, sin dall’inizio, un con-debito; il caso in cui cioè sia pacifico e palese che il loro obbligo sia in realtà un co-obbligo. Anche in questo caso, per quanto sembri paradossale, la presenza del regime di comunione dei beni interviene pesantemente sul rapporto obbligatorio, trasformandolo e trasformandone il regime della responsabilità patrimoniale. Il condebito potrebbe essere contratto come condebito solidale, parziario, ad attuazione congiunta; oppure potrebbe trattarsi di un’obbligazione divisibile o indivisibile. In tutti questi casi l’obbligazione sarà pur sempre un’obbligazione contratta ai sensi dell’art. 186 lett. d) («ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi»). E quindi coinvolgerà in modo immediato e diretto un terzo patrimonio, quello comune. Se così è, il condebito solidale, parziario, ecc. è inevitabilmente attratto nel regime dell’obbliga­zione ad attuazione/imputazione congiunta, che caratterizza indissolubilmente le obbligazioni dei partners in regime di comunione dei beni. Oltre a ciò, la responsabilità del patrimonio comune è inderogabilmente accompagnata da una responsabilità del tutto particolare, a mio avviso ricollegabile anch’essa al concetto di responsabilità senza debito al pari di quella ex art. 189 c.c.: mi riferisco alla «responsabilità sussidiaria dei beni personali» ex art. 190 c.c. Quest’ultima, oltre che sussidiaria, è limitata perché sussiste «nella misura della metà del credito». Sull’art. 190 c.c. è stato scritto molto, spesso nel malcelato intento di espungerlo, grazie ad un’in­terpretazione sostanzialmente abrogatrice, dalle norme dell’ordinamento [23]. A mio avviso, invece, la norma è armonizzabile perfettamente con il nostro diritto delle obbligazioni, se solo si ha ben chiaro che, trattandosi di responsabilità per debito altrui (o di tipo indiretto o secondario), la situazione giuridica ex art. 190 c.c. semplicemente si aggiunge (senza nulla poter togliere) a quella ex art. 2740 c.c. (responsabilità di tipo diretto o primario) [24]. Circa il modo di [continua ..]


5. Conclusioni: l’art. 191, 2° comma e l’(in)sicurezza del mercato

A me sembra che da tutto ciò si debba trarre una conclusione: la sussistenza del regime di comunione dei beni incide notevolmente non solo su quei pochi che domani vorranno acquistare immobili o mobili registrati da uno dei coniugi separati, ma anche e soprattutto su quei tanti che oggi contraggono debiti, e soprattutto crediti, con quegli stessi coniugi. Lo scioglimento della comunione incide sullo statuto del rapporto obbligatorio. Il carattere interinale e provvisorio del provvedimento ex art. 191, 2° comma, c.c. fa sì che si alteri drasticamente il “regime dell’obbligazione” con il rischio di veder poi ripristinare lo status quo ante. La semplice possibilità che un soggetto (il partner estraneo) esca e poi rientri nel novero dei creditori/debitori; la semplice evenienza che il debito/credito sia trasformato (o ritrasformato) in un concredito/condebito; la semplice eventualità che il regime di responsabilità passi da quello ordinario (art. 2740 c.c.) a quello di cui agli artt. 186-189-190 c.c. o viceversa è, a mio avviso, semplicemente intollerabile per la sicurezza del mercato, delle contrattazioni, della vita sociale in genere.c


NOTE