Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La filiazione fuori dal matrimonio: il riconoscimento dei figli nati da genitori non coniugati (di Elisa Tosini. Avvocato in Viterbo)


L’autrice tratta nel dettaglio della disciplina del riconoscimento e delle preventive autorizzazioni ex art. 250 c.c., della forma, della natura e degli effetti del riconoscimento, nonché della dichiarazione giudiziale di paternità e maternità e della prova della filiazione, ciò in considerazione che l’unificazione dello status filiationis, con la riforma introdotta dalla l. n. 219/2012 e dal successivo decreto legislativo di attuazione n. 154/2013, ha determinato una sostanziale modifica della precedente disciplina di cui agli artt. 250 ss. c.c.

The author discusses in detail the regulations on recognition and on the preventive authorizations pursuant to art. 250 of the Italian Civil Code, on the form, nature and effects of recognition, as well as the judicial declaration of paternity and maternity and proof of filiation. All this in consideration of the fact that the unification of status filiationis, with the reform introduced by Law n. 219/2012 and by the subsequent implementation legislative decree n. 154/2013, resulted in a substantial codification of the earlier regulation under art. 250 and following of the Italian Civil Code.

SOMMARIO:

1. La disciplina del riconoscimento e le preventive autorizzazioni richieste ex art. 250 c.c. - 2. Forma, natura ed effetti del riconoscimento - 3. La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità e la prova della filiazione - NOTE


1. La disciplina del riconoscimento e le preventive autorizzazioni richieste ex art. 250 c.c.

Nel nostro ordinamento giuridico l’espresso riconoscimento della c.d. famiglia di fatto non fondata sul matrimonio e l’unificazione dello status filiationis, quest’ultima concretizzata solo con la riforma introdotta dalla l. n. 219/2012 e dal successivo decreto legislativo di attuazione n. 154/2013, ha determinato una sostanziale modifica della precedente disciplina di cui agli artt. 250 ss. c.c. Alla base di tale scelta normativa, l’esigenza, almeno nell’intenzione del legislatore, di equiparare ed eliminare i plurimi profili discriminatori in passato esistenti tra i figli nati in costanza di matrimonio e quelli procreati da parte di genitori non coniugati. È indubbio come la normativa richiamata miri a uniformarsi al dato costituzionale che riconosce ai figli nati fuori dal rapporto di coniugio i medesimi diritti e doveri spettanti alla filiazione c.d. legittima, a fronte del progressivo mutamento dei costumi sociali e consequenziale sgretolamento del concetto tradizionale di famiglia basata sul matrimonio [1]. Si tratta di un approdo normativo che permette di recepire e attuare, pur con alcune ambiguità, i principi cardine di uguaglianza e non discriminazione di cui agli artt. 2, 3 e 30, 3° comma, Cost. In vero, già anteriormente all’entrata in vigore della normativa citata, la Corte costituzionale ha reiteratamente valorizzato e sollecitato il rispetto dei principi richiamati, incentivando il legislatore nazionale a intervenire al fine di eliminare, in ragione dei diversi modelli di famiglia ormai socialmente riconosciuti, tutte le discriminazioni in passato esistenti, in linea anche con gli indirizzi assunti dalla giurisprudenza sovrannazionale in ordine all’equiparazione tra i c.d. figli naturali e quelli c.d. legittimi [2]. In quest’ottica nell’ambito dell’attuale sistema binario dell’accertamento della filiazione, che si distingue tra quello coniugale e non matrimoniale, si finisce per superare al fine del riconoscimento, la mera rilevanza originariamente attribuita dal codice del 1942 alla sola volontà genitoriale [3], dando preferenza all’interesse primario del figlio a vedersi riconoscere il proprio status fi­liationis. Ulteriormente, tale accertamento viene affrancato dai molteplici limiti inizialmente imposti sotto la previgente disciplina al fine di tutelare prevalentemente la famiglia c.d. legittima [continua ..]


2. Forma, natura ed effetti del riconoscimento

Esaminati i presupposti e le preventive autorizzazioni necessarie al riconoscimento, ugualmente rilevanti sono le modalità e le forme attraverso cui si perfeziona. La dichiarazione di riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio è un atto formale, solenne e irrevocabile. Una volta effettuato non può più essere revocato, neppure se tale dichiarazione è contenuta in un testamento successivamente rimosso. Quale atto legittimo puro e personalissimo oltre a non tollerare l’apposizione di termini e condizioni, non può neppure essere compiuto da un soggetto diverso da quello normativamente le­gittimato a effettuarlo, non ammettendosi al riguardo un’eventuale rappresentanza. Per quanto concerne l’individuazione dei soggetti legittimati a compiere il riconoscimento ex art. 250, 1° comma, c.c. tra questi vi rientrano la madre e il padre, sia separatamente che congiuntamente, anche nel caso in cui erano già uniti in matrimonio ad altra persona all’epoca del concepimento. Tale possibilità ha rappresentato un’importante svolta in avanti nel processo di parificazione dei diritti da riconoscere ai figli nati al di fuori del rapporto di coniugio rispetto a quelli procreati in costanza di matrimonio. Si sono superati gli stretti limiti che in passato il legislatore aveva posto a tutela della famiglia legittima fondata sul matrimonio, con preclusione per il genitore coniugato di riconoscere il figlio naturale, a meno che il precedente vincolo coniugale fosse nel frattempo venuto meno o si fosse sciolto per morte dell’altro coniuge. Il novellato art. 250 c.c. ha il pregio di consentire alla madre coniugata di riconoscere automaticamente il figlio mediante dichiarazione nell’atto di nascita, semplicemente specificando che trattasi di bambino nato fuori dal matrimonio. In tale ipotesi, secondo parte della dottrina, al fine di un valido riconoscimento non è necessario attendere l’esito positivo dell’azione di disconoscimento, posto che non ostano al suo perfe­zionamento gli artt. 231, 253 c.c. e 42 ss. ord. st. civ. [13]. In ogni caso, ove il riconoscimento dovesse essere effettuato da un solo dei genitore questo è efficace esclusivamente nei confronti del medesimo e dei suoi parenti e nel relativo atto non possono essere contenute indicazioni inerenti [continua ..]


3. La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità e la prova della filiazione

Fatta salva la disciplina del riconoscimento in precedenza rammentata, l’analisi della normativa in questione non può prescindere dall’esame dell’azione di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità con precipuo riferimento ai termini, ai modi per esperirla e alle problematiche sussistenti in ordine all’onere probatorio del rapporto di filiazione. Alla luce delle recenti modifiche normative apportate agli artt. 269 ss. c.c., qualora i genitori non abbiano proceduto al riconoscimento del figlio nato al di fuori del rapporto di coniugio lo stesso può promuovere autonomamente uno specifico giudizio volto a ottenere una sentenza che gli riconosca, con efficacia retroattiva, il proprio status filiationis, con tutti i diritti e i doveri derivanti. Tale azione nasce per consentire al figlio di accertare l’eventuale rapporto di filiazione tra lo stesso e i suoi genitori che precedentemente, per una qualunque ragione, non hanno potuto o voluto riconoscerlo spontaneamente, senza che sussista più l’esigenza di dimostrare preliminarmente i presupposti giustificativi dell’azione. In passato l’art. 274 c.c. ammetteva l’azione di accertamento giudiziale della maternità o della paternità solamente qualora ricorressero circostanze specifiche e tali da farla apparire necessaria. Era prevista una fase preliminare in cui il Tribunale, riunitosi in camera di consiglio, doveva deliberare preventivamente circa l’ammissibilità dell’iniziale domanda. L’art. 274 c.c. è stato in seguito dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con la nota sent. n. 50/2006 per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. in quanto si risolveva in «un irragionevole e discriminatorio ostacolo all’esercizio del diritto di figlio all’ac­certamento del proprio statusfiliationis» [17]. Venuto meno tale iniziale vincolo, attualmente legittimato attivamente e direttamente all’azio­ne è solo il figlio nei confronti del quale l’azione è imprescrittibile, non ravvisandosi di fatto altri limiti di sorta al suo esercizio se non quello previsto dall’art. 253 c.c. in virtù del quale «in nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova». In riferimento [continua ..]


NOTE