Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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L'obbligo di pagamento diretto da parte del datore di lavoro del soggetto onerato. Mancata esecuzione da parte del datore di lavoro (di Alessandro Ciceri, Avvocato in Firenze)


L’articolo affronta in maniera analitica l’istituto del c.d. ordine di pagamento diretto, disciplinato dal­l’art. 156, 6° comma, c.c., nonché dall’art. 8, 3° comma, l. n. 898/1970 e successive modifiche e dell’ampliamento dell’applicabilità di tale istituto anche ai figli nati da genitori non coniugati, a seguito dell’introduzione della l. n. 219/2012.

The article deals analytically with the institution of the “direct payment order” regulated by art. 156, 6th paragraph, of the Italian Civil Code, as well as by art. 8, 3rd paragraph, of Law no. 898/1970 and subsequent modifica­tions, and of the enlargement of the applicability of this institution also to the children born to unmarried parents following the introduction of Law no. 219/2012.

Keywords: direct payment – non-custodial parent – satisfaction warranty – default.

SOMMARIO:

1. La normativa vigente: separazione, divorzio, tutela dei figli, negoziazione assistita - 2. Inquadramento e natura dell’istituto - 3. I presupposti - 4. I soggetti attivi ed i destinatari dell’obbligo - 5. Il procedimento per l’ordine diretto ex art. 156, 6° comma, c.c. - 6. Il procedimento dell’invito diretto ex art. 8, l. n. 898/1970 - 7. La mancata esecuzione spontanea del terzo ed i rimedi esperibili - NOTE


1. La normativa vigente: separazione, divorzio, tutela dei figli, negoziazione assistita

L’introduzione di tale strumento di garanzia nel nostro ordinamento è avvenuta per tappe successive, attraverso l’approvazione di varie norme che si sono succedute ed aggiunte alle precedenti, oltre a numerosi interventi della Corte costituzionale. Nel suo complesso, la disciplina che ne risulta forma un insieme non organico, per vari aspetti contraddittorio, che ha creato in dottrina ed in giurisprudenza notevoli problemi interpretativi e di coordinamento. Separazione. La prima applicazione di tale strumento di garanzia si è avuta nell’ambito della separazione giudiziale. L’obbligo in questione, sotto forma di ordine diretto di pagamento al terzo è previsto dall’art. 156, 6° comma, c.c. come sostituito della l. n. 151/1975 di riforma del diritto di famiglia che, recita: «In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto». Tale istituto è stato pertanto inizialmente introdotto a garanzia dell’assegno di mantenimento disposto con sentenza nella separazione giudiziale. Successivamente, numerosi interventi della giurisprudenza, in particolare della Corte Costituzionale, hanno esteso la tutela: –    agli assegni derivanti da procedimenti di separazione consensuale, in favore dei figli di coniugi consensualmente separati [1]; –    agli assegni previsti in favore dei coniugi consensualmente separati [2]; –    agli assegni disposti in corso di separazione giudiziale con provvedimento del G. Istruttore [3]. Divorzio. Per il divorzio la tutela in oggetto è stata introdotta con la modifica dell’art. 8 della l. n. 898/1970 da parte della l. n. 74/1987, che ha modificato il 3° comma dell’art. 8 ed ha aggiunto i commi da 4 a 6 (oltre al 7° comma dedicato al sequestro). Il 3° comma di tale norma recita: «Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell’asse­gno, dopo la costituzione in mora a mezzo racc. a.r. del coniuge obbligato e inadempiente per almeno 30 giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere [continua ..]


2. Inquadramento e natura dell’istituto

L’obbligo in oggetto, che assume in un caso la natura di ordine di pagamento giudiziale, nel­l’altro quella di un invito stragiudiziale al pagamento formulato al terzo da parte dell’avente diritto, si colloca nel quadro degli strumenti di garanzia dei crediti di mantenimento, a fianco degli altri strumenti di garanzia previsti dal sistema: –    l’imposizione di idonee garanzie reali o personali; –    l’iscrizione di ipoteca giudiziale 2818 c.c. sui suoi beni; –    il sequestro dei beni (o parte dei beni) dell’obbligato. Sotto il profilo processuale, la Suprema Corte ne ha a volte riconosciuto la natura cautelare [8] altre l’ha negata totalmente [9] sulla considerazione che tale istituto prescinderebbe sia dal fumus boni iuris che dal periculum in mora richiesti invece dalle misure cautelari: non serve il “fumus”, esistendo già un titolo, né il “periculum” data la semplice funzione di garanzia. Dal punto di vista sostanziale, la principale giurisprudenza inquadra l’istituto come cessione coattiva del credito, nell’ambito quindi della cessione del credito di cui all’art. 1260 c.c. disposta “ope iudicis” nel caso dell’ordine diretto, o dalla legge nel caso di invito stragiudiziale [10].


3. I presupposti

Unico presupposto per l’applicazione della garanzia in esame è l’inadempimento a uno degli obblighi economici previsti in un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, o all’esito di N.A. È stato ritenuto però che un solo ritardo, magari minimo o avvenuto per pura dimenticanza, può non essere sufficiente per concedere l’ordine; in questo senso si segnala Trib. Milano, decreto del 11 febbraio 2014 [11]. La Cassazione ha però affermato che non devono essere indagate le ragioni dell’inadempi­mento, né deve essere effettuata alcuna comparazione tra le ragioni dell’avente diritto e quelle dell’obbligato [12], affermando che l’ordine può essere concesso in presenza di un ritardo o di un inadempimento che faccia temere il ripetersi di pagamenti inesatti, o irregolari anche per le rate successive (da provare allegando il generale disordine nella gestione delle scadenze, precedenti inadempimenti, pagamenti di entità variabile) [13]. Al fine di evitare il ripetersi di ritardi e la necessità per l’avente diritto di reiterare procedure giudiziarie inutili ove destinate alla cessata materia del contendere, l’ordine può essere emesso anche se il pagamento avviene dopo la domanda, ma prima dell’emissione concreta del provvedimento [14].


4. I soggetti attivi ed i destinatari dell’obbligo

I legittimati sono: –    il coniuge avente diritto all’assegno per sé; –    il coniuge nell’interesse dei figli conviventi, minorenni e maggiorenni se non autosufficienti, con legittimazione “iure proprio” [15]; –    il genitore non coniugato nell’interesse dei figli, ex art. 337 ter c.c.; –    il figlio maggiorenne ex art. 337 septies c.c. (con legittimazione concorrente con quella del genitore, ma autonoma); –    gli eventuali altri affidatari diversi dai genitori (nonni, zii) [16]. I terzi destinatari dell’obbligo diretto sono: –    il datore di lavoro, pubblico o privato; –    enti pubblici o privati che erogano trattamenti pensionistici; –    ogni altro terzo, tenuto a prestazioni periodiche o una tantum. Pertanto i cespiti aggredibili possono essere: –    stipendi, indennità, somme comunque dovute dal datore lavoro; –    trattamenti pensionistici [17]; –    eventuali canoni di locazione; –    ogni altra somma comunque dovuta dal terzo all’obbligato, anche diversa dal credito da retribuzione [18]; –    le somme dovute quale Reddito di cittadinanza [19].


5. Il procedimento per l’ordine diretto ex art. 156, 6° comma, c.c.

Il Giudice su richiesta dell’avente diritto può emettere l’ordine di pagamento diretto a carico del terzo. L’onere probatorio è posto a carico del richiedente, sia per la prova dell’esistenza del diritto all’assegno, sia dell’inadempimento dell’onerato (mediante la prova del ritardo/omissione; di pregressi inadempimenti; di richieste di messa in mora; della notifica di atti di precetto, ecc.). Il richiedente dovrà poi indicare in maniera precisa chi sia il terzo, anche se questi non è parte del giudizio e non deve essere citato, pena l’impossibilità di ottenere l’ordine. Fasi in cui è ammissibile richiedere l’ordine La richiesta è ammissibile: –    all’udienza presidenziale. Qui manca ancora tecnicamente un inadempimento, ma il Presidente può valutare il comportamento processuale avanti a sé e/o quello extraprocessuale dell’obbligato, magari in relazione alla violazione dell’obbligo già previsto ex art. 148-316 bis c.c. per il concorso al mantenimento dei figli [20]; –    durante la separazione, con richiesta al GI a verbale, o con ricorso al GI con il rito camerale; –    in sentenza di separazione; –    con una richiesta congiunta in un verbale di separazione consensuale (per l’efficacia occorre l’omologa); –    per la prima volta anche in appello, non essendo una domanda nuova [21]. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, la domanda si rivolge al Tribunale territorialmente competente: –    con ricorso ex art. 737 c.p.c. che verrà deciso con decreto in composizione collegiale; –    o con ricorso ex art. 710 c.p.c., sempre con rito camerale; –    ma anche nel giudizio di divorzio, se la richiesta avviene prima del passaggio in giudicato della sentenza sullo status, dovrà chiedersi l’applicazione del 156, 6° comma, c.c. –    invece dopo il passaggio in giudicato della sentenza sullo status, si ricorrerà al diverso strumento dell’art. 8 l. divorzio. Efficacia dell’ordine diretto Il pagamento da parte del terzo sarà dovuto dall’avvenuta notifica allo stesso dell’ordine, che dovrà avvenire come [continua ..]


6. Il procedimento dell’invito diretto ex art. 8, l. n. 898/1970

L’art. 8 come modificato dalla l. n. 74/1987, ai commi dal 3° al 6° contiene la disciplina dell’in­vito diretto da parte dell’avente diritto al terzo, applicabile dopo il giudicato sulla sentenza sullo status. Come già detto, trattasi di procedimento stragiudiziale che prevede tre passaggi: –    la costituzione in mora dell’obbligato tramite invio di raccomandata a.r. o via pec; –    il decorso del periodo minimo di 30 giorni dalla ricezione della messa in mora; –    ove persista l’inadempimento, la notifica diretta al terzo, con comunicazione anche all’obbligato, del provvedimento che ha disposto l’assegno e che ne contiene la misura, con l’invito a versargli direttamente le somme dovute. Non si dovrà pertanto fare ricorso all’Autorità Giudiziaria la quale, in tal caso, respingerà la domanda per carenza di interesse ad agire [29]. Efficacia dell’invito diretto Il versamento diretto da parte del terzo sarà dovuto dal momento dall’avvenuta notifica dell’in­vito suddetto. Limiti quantitativi L’art. 8, 6° comma, l. divorzio indica espressamente che il limite entro il quale il terzo deve effettuare il pagamento diretto, è pari alla metà delle somme dallo stesso dovute al coniuge obbligato, ivi compresi gli assegni ed emolumenti accessori. Il riferimento espresso del 6° comma allo Stato ed agli altri datori di lavoro pubblici e privati, sembra peraltro circoscrivere il limite suddetto ai cespiti derivanti da stipendi e salari. Concorso tra invito diretto e precedente pignoramento L’art. 8 l. divorzio al 5° comma prevede espressamente il caso in esame, attribuendo al G.E. il compito di assegnare e ripartire le somme tra l’avente diritto all’assegno periodico ed i creditori procedente ed intervenuti. Modifica e revoca La revoca del versamento diretto può essere chiesta in caso di cessazione dei presupposti per il pagamento dell’assegno. In tal caso i “giustificati motivi sopravvenuti” andranno fatti valere dall’obbligato avanti al giudice del merito, o nel giudizio d’Appello, o con ricorso avanti al Tribunale che deciderà con rito camerale ex art. 9 l. divorzio. L’onerato non potrà invece far valere tali motivi in sede di opposizione al precetto o [continua ..]


7. La mancata esecuzione spontanea del terzo ed i rimedi esperibili

È possibile che il terzo si rifiuti di adempiere spontaneamente all’ordine diretto notificato, o all’invito diretto comunicato. Per l’ordine al terzo ex art. 156, 6° comma, c.c., in assenza di espresse previsioni della norma, l’orientamento dominante è quello di escludere l’azione esecutiva diretta contro il terzo, sulla considerazione che l’ordine, pur avendo natura latamente espropriativa non sia titolo esecutivo nei confronti del terzo. Si segnala un autorevole parere difforme [31] che si fonda su due motivi: a) sulle argomentazioni espresse da Corte costituzionale nella sent. n. 236/2002 [32] secondo cui l’ordine al terzo contenuto nell’art. 148 c.c. (ora 316 bis c.c.), istituto del tutto analogo, come funzione, a quello dell’art. 156, 6° comma, c.c., è da ritenersi munito di efficacia esecutiva anche contro il terzo; b) nonché sul rilievo che sarebbe contraddittorio avere previsto uno strumento di garanzia aggiuntivo a tutela degli assegni di mantenimento, che fosse però svuotato di contenuto pratico, ove si impedisse all’avente diritto di aggredire direttamente il patrimonio del terzo inadempiente. Peraltro, per l’opinione prevalente secondo cui l’azione esecutiva diretta non è possibile, in caso di inadempimento del terzo le azioni esperibili potrebbero essere solo le seguenti: 1)  o l’azione esecutiva nelle forme del pignoramento presso terzi, in cui il debitore principale rimane il soggetto obbligato al mantenimento, mentre il terzo debitor debitoris riceve la notifica come terzo pignorato ai fini della sua dichiarazione. In caso di dichiarazione positiva il procedimento si concluderà con un’ordinanza di assegnazione dei crediti dichiarati ex art. 553 c.p.c.; in caso di dichiarazione negativa o comunque contestata, l’avente diritto potrà proporre l’azione endoprocedimentale di accertamento del credito; 2)  secondo altra dottrina sarebbe esperibile l’azione ex art. 388 c.p. contro il terzo, facendo valere la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice; 3)  oppure l’azione per l’accertamento dell’obbligo del terzo, con l’eventuale richiesta di risarcimento danni, laddove si dimostri che il terzo ha falsamente negato di essere debitore dell’obbligato al mantenimento [33]. Tale azione verrà introdotta [continua ..]


NOTE