Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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I modelli di famiglia nel contesto europeo e nazionale: famiglia legittima, famiglia di fatto, matrimonio omosessuale (di Gabriella de Strobel (Avvocato del Foro di Verona, componente della Giunta esecutiva nazionale AIAF))


Report del gruppo di lavoro in assemblea plenaria.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Famiglia e diritto - 3. Famiglia e Costituzione - 4. Famiglia e prospettiva europea - 5. Famiglia ed interventi legislativi dagli anni '70 fino ad oggi - 6. Convivenza more uxorio e famiglia di fatto - 7. Le coppie formate da persone dello stesso sesso - 8. Punti critici di discussione - 9. Cenni alla situazione europea - 10. Proposta emersa dal gruppo di lavoro, di regolamentazione delle unioni di fatto - NOTE


1. Premessa

Il gruppo di lavoro sui modelli di famiglia ha preso le mosse da un’analisi – sia pure sintetica – del concetto di famiglia e della sua evoluzione storico-culturale. È stato poi preso in esame l’istituto della famiglia così come delineata nella Costituzione italiana e nella legislazione europea. Ci si è, quindi, soffermati ad analizzare la situazione legislativa italiana rispetto alla famiglia e gli interventi legislativi attuati dagli anni ’70 ad oggi, individuando quelli che hanno via via modificato il quadro della famiglia c.d. tradizionale. All’interno di tale quadro normativo abbiamo individuato gli interventi legislativi più significativi che di fatto hanno portato ad un qualche riconoscimento di diritti relativi alle unioni di fatto, sebbene in assenza di qualsiasi intervento legislativo sia in campo civile che in campo penale. Abbiamo, quindi, rilevato le situazioni critiche ed evidenziato la carenza di legislazione sia per quanto riguarda le unioni civili, che per quanto riguarda il riconoscimento alle unioni omosessuali, ma anche del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Infatti, in ambito europeo, l’Italia è una delle ultime nazioni a non avere alcuna regolamentazione. Da ultimo, abbiamo redatto, con il contributo del dott. Piero De Marzo, Consigliere della Corte di Cassazione, una ipotesi di proposta legislativa per la regolamentazione delle unioni civili.


2. Famiglia e diritto

Il fondamento dell’esigenza di costituire una famiglia, o comunque, nuclei sociali di tipo familiare risiede, di fatto, nella necessità di unirsi in ragione della solidarietà affettiva, sessuale e riproduttiva, di collaborazione e accudimento dei figli. Esistono vari tipi di famiglie, anche se si può ragionevolmente sostenere che le caratteristiche fondamentali delle famiglie siano rimaste sostanzialmente analoghe nel corso dei secoli, avendo come elemento essenziale l’unione più o meno stabile di un uomo e di una donna, quasi sempre legati da un vincolo chiamato matrimonio, essenzialmente in funzione della maternità. Non necessariamente la famiglia di oggi si forma con la costituzione di un vincolo matrimoniale. All’inizio del Novecento si sosteneva che la famiglia era «un’isola che il diritto poteva solo lambire» (Jemolo). Secondo tale teoria, la vita che si svolgeva all’interno della famiglia era caratterizzata da situazioni che normalmente non involgono il diritto. La famiglia è, invero, condizionata da fattori sociali, psicologici, religiosi e dalle continue evoluzioni del sistema sociale, che non possono sempre essere espresse in termini di diritto da un lato, e dall’altro non sempre e prontamente vengono recepite nel sistema regolatore dei diritti. Nell’evoluzione storico-giuridica della famiglia, va ricordato il Concilio di Trento che per la prima volta ha codificato nel diritto canonico il matrimonio, fondato su due principi essenziali: il matrimonio come sacramento da un lato e dall’altro la sua indissolubilità. La rivoluzione francese, invece, ha imposto una visione matrimoniale contrattualistica, fondata sul consenso degli sposi e sulla loro volontà, che poteva anche portare alla sua dissoluzione: si affermava, quindi, una visione contrattualistica e privatistica, basata sull’autonomia e libertà delle parti. Altri, invece, hanno sostenuto che la famiglia non sia una società privata, ma un’istituzione, espressione di interessi superiori, che va mantenuta insieme, anche contro la volontà dei suoi membri (Hegel). Lo Stato, anche quello moderno, non rinuncia alla regolamentazione del sistema famiglia: dal momento della sua costituzione, dalla regolazione della vita interna delle famiglie nel momento positivo, fino alla regolazione degli aspetti disgregatori e patologici, [continua ..]


3. Famiglia e Costituzione

La Costituzione nel suo riferimento alla famiglia (artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.) riconosce solennemente i diritti della famiglia, «quale società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29 Cost.) e affida allo stato il compito di agevolarne la formazione e di favorire l’adempimento delle sue attribuzioni (art. 31 Cost.). La Costituzione consacra due principi fondamentali: l’uguaglianza dell’uomo e della donna nel matrimonio, sia nei rapporti personali che nell’esercizio della potestà sui figli, e la rilevanza dell’interesse dei figli nella vita familiare. Gli artt. 29, 30 e 31 Cost. nel riconoscere i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, individuata dal legislatore come oggetto di primaria tutela, non escludono, almeno secondo le interpretazioni più avanzate, la tutela di “altri tipi di famiglie”. Il riferimento è, innanzitutto, all’art. 2 Cost., volto a tutelare le formazioni sociali idonee a consentire lo sviluppo della personalità umana, all’art. 3 Cost. che si riferisce al compito dello stato di rimuovere ogni ostacolo che limiti la libertà delle persone e all’art. 30 Cost. che tutela tutti i figli, anche quelli nati fuori dal matrimonio. È indubbio che la Costituzione privilegia la famiglia legittima nei confronti della famiglia di fatto e di altre famiglie, ma ciò non significa che un consolidato rapporto, ancorché di fatto, sia costituzionalmente irrilevante [2]. L’art. 2 Cost. è stato definito da autorevole dottrina [3] come “matrice di tutte le libertà civili”. La famiglia rientra tra le formazioni sociali [4] all’interno delle quali devono essere rispettati i diritti inviolabili dell’uomo. Con specifico riferimento alla famiglia, è pacifico l’inquadramento della famiglia legittima come “formazione sociale primaria” [5]. Nella famiglia ottocentesca di stampo liberale, si riconosceva nel gruppo stesso il titolare di interessi superiori; con l’entrata in vigore della Costituzione viene posto un limite di sacrificabilità delle esigenze individuali, che coincide con il nucleo essenziale dei diritti della persona. La Corte costituzionale, con riferimento alla famiglia di fatto, ha affermato che l’art. 2 Cost. è riferibile anche alle convivenze di [continua ..]


4. Famiglia e prospettiva europea

Ci è parso di fondamentale importanza esaminare la normativa europea, al fine di individuare all’interno di tale legislazione le norme che possono essere fatte valere ai fini di un riconoscimento della famiglia di fatto, ovvero delle unioni civili. La Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre del 1950 e ratificata in Italia con la l. 4 agosto 1955, n. 848, è la fonte internazionale di maggior impatto sul diritto di famiglia italiano. In particolare, si rivela di fondamentale importanza l’art. 8 della CEDU [12] che garantisce il rispetto della vita privata e familiare. Gli organi di Strasburgo riconoscono la possibilità per gli Stati contraenti di accordare una tutela giuridica privilegiata all’unione coniugale; pertanto, sinora, non sono mai state reputate contrarie agli artt. 8 e 14 CEDU [13] le normative nazionali che non equiparassero alle coppie coniugate le coppie eterosessuali di fatto per il godimento di benefici previdenziali [14], del diritto di abitazione della casa familiare dopo la rottura del rapporto di coppia [15] e della pensione di reversibilità [16]. In riferimento al “diritto di formare una famiglia” previsto dall’art. 12 della CEDU [17], la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – che si rifà esclusivamente all’esistenza di un vincolo coniugale regolato dalle norme interne di ciascuno Stato membro (in ossequio al «principio di nazionalità del diritto familiare e matrimoniale», art. 9 CEDU) – è apparsa invece statica con la conseguenza che tale diritto non ha un rilievo autonomo e non è quindi riconosciuto ai membri di unioni non matrimoniali. L’art. 12 della CEDU copre azioni puntuali: l’atto di sposarsi; l’atto di avere o di adottare un figlio. L’art. 8 della CEDU copre, invece, uno stato continuativo inglobando i legami relazionali che risultano da queste azioni puntuali. L’art. 12 si applica alla famiglia legittima fondata sul matrimonio; non tutela perciò le relazioni extraconiugali, non estende gli effetti del matrimonio alle coppie non sposate, non protegge il diritto di avere figli al di fuori del matrimonio. Queste tipologie di relazione ricadono nella protezione della vita familiare di cui all’art. 8. Il diritto di ogni persona di contrarre [continua ..]


5. Famiglia ed interventi legislativi dagli anni '70 fino ad oggi

Dagli anni ’70 ad oggi si sono susseguiti numerosi interventi legislativi, che si sono affiancati alla disciplina della famiglia nella Costituzione e nel codice civile e che hanno contribuito a trasformare gli istituti della famiglia legittima tradizionale [23]. Con tali interventi è evidente il lento ma progressivo passaggio da una visione della famiglia istituzione ad una visione meno istituzionalizzata, come una comunità di persone singole portatrici di singole posizioni di diritto.


6. Convivenza more uxorio e famiglia di fatto

Negli ultimi anni a fianco della famiglia legittima, si è sempre di più imposto un tipo di famiglia non legata dal vincolo matrimoniale ma organizzata sul modello tradizionale, all’interno della quale vigono gli stessi principi di stabilità e solidarietà che si ritrovano nella famiglia legittima [24]. Attualmente nessun riconoscimento giuridico vi è della famiglia di fatto e/o della convivenza more uxorio, ma esistono numerosi interventi legislativi in cui sono le sono attribuiti effetti giuridici alla convivenza. Di seguito un elenco dei più significativi in ambito civile: d.l. 27 ottobre 1918, n. 1726: è possibile ottenere la corresponsione della pensione di guerra, in presenza di specifici requisiti, per la vedova, la promessa sposa, la convivente more uxorio; art. 6, l. 13 marzo 1958, n. 356: è riconosciuta assistenza, per i figli naturali non riconosciuti dal padre caduto in guerra, quando questo e la madre abbiano convissuto “more uxorio” nel periodo del concepimento; art. 2, d.p.r. 31 gennaio 1958, n. 136: considera famiglia anagrafica non solo quella fondata sul matrimonio e legata da rapporti di parentela, affinità, affiliazione ed adozione ma, ogni altro nucleo che si fonda su legami affettivi, caratterizzato dalla convivenza e dalla comunione di tutto o parte del reddito dei componenti per soddisfare le esigenze comuni; art. 1, l. n. 405/1975 (istitutiva dei consultori familiari): ricomprende tra gli aventi diritto alle prestazioni assistenziali anche le “coppie”; art. 30, l. n. 354/1975 (Riforma dell’ordinamento penitenziario): attribuisce un permesso al condannato, in caso di imminente pericolo di vita di un familiare, indicando anche il convivente; art. 5, l. n. 194/1978 (interruzione di gravidanza); permette la partecipazione al procedimento di chi è indicato “padre del concepito”; art. 44, l. n. 184/1983; permette in alcuni casi, l’adozione a chi non è coniugato; art. 17, l. n. 179/1992; permette la sostituzione al socio assegnatario defunto del convivente, purché documenti lo stato di convivenza da almeno due anni prima del decesso; in materia di donazione di organi (art. 6, 4° comma, l. 4 maggio 1983, n. 184, sostituito 28 marzo 2001, n. 149); requisito per l’adozione: 3 anni di convivenza (consente l’adozione ai coniugi che abbiano convissuto in [continua ..]


7. Le coppie formate da persone dello stesso sesso

 [25]   Un profilo particolare della problematica relativa alle coppie di fatto è quello delle unioni omosessuali. La Corte costituzionale ha chiarito che nella formazione sociale di cui all’art. 2 Cost. è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra persone dello stesso sesso e che le persone omosessuali godono del diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i diritti e doveri; tale compito spetta al Parlamento [26]. Ed ancora, la Corte di Cassazione, nel giudicare un ricorso presentato da una coppia omosessuale italiana sposatasi in Olanda ha stabilito con la sent. n. 4184/2012 che il matrimonio tra persone dello stesso sesso, contratto in un Paese estero non è valido in Italia; tali soggetti non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero. Ma si ribadisce, tuttavia, che le coppie omosessuali, come quelle eterosessuali, hanno il diritto alla vita alla vita familiare e a vivere liberamente una condizione di coppia e ad avere un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. Sussiste, infatti, in Italia un problema di trascrivibilità del matrimonio omosessuale regolarmente celebrato all’estero: in un recente caso, l’Ufficiale di Stato Civile del Comune competente ha ritenuto l’annotazione contraria all’ordine pubblico internazionale, rifiutando pertanto di procedere. La decisione è stata confermata dalla giurisprudenza [27] (App. Roma 13 luglio 2007). A norma dell’art. 8 della CEDU la relazione di fatto tra partner dello stesso sesso era qualificabile come “vita privata”; recentemente la Corte di Strasburgo, invece, ha ritenuto che la relazione di fatto tra omosessuali conviventi costituisca “vita familiare” [28].


8. Punti critici di discussione

La discussione nel gruppo si è incentrata sulle problematiche della famiglia di fatto e del matrimonio tra persone dello stesso sesso, anche alla luce delle recenti sentenze della Corte cost. n. 138/2010 e Cass. n. 4184/2012. Ci si è interrogati sulla necessità o meno di introdurre i diritti-doveri del matrimonio (artt. 143-146 c.c.) anche nelle unioni di fatto: se vi debbano essere delle differenze o meno tra i due istituti. Si è anche detto che i progetti attualmente proposti in Parlamento presentano il rischio di riconoscere un tipo di famiglia di serie B. L’assenza di norme sulle unioni di fatto nasce – secondo alcuni – dal rischio di riconoscere le unioni omosessuali; in altre parole, disciplinare le unioni di fatto significherebbe aprire l’ordi­namento al riconoscimento delle coppie omosessuali e questo tema in Italia è ancora un tabù. Si è detto che in Italia il problema è essenzialmente politico e quindi per arrivare a legiferare in questa materia, sarebbe più opportuno partire non dal riconoscimento astratto delle unioni di fatto, ma dal più semplice principio di uguaglianza: la famiglia, comunque costituita, è un valore e se è un valore non vi devono essere discriminazioni riguardo a situazioni essenzialmente identiche. Del resto, come abbiamo visto, l’art. 9 della Carta di Nizza riconosce il diritto a tutti i cittadini europei di sposarsi e di formare una famiglia, nessuna legislazione nazionale deve frapporre ostacoli a ciò che è già stato riconosciuto nello spazio giuridico Europa, avendo l’Italia ratificato il Trattato di Lisbona. Attualmente, considerato che non vi è una legge che regola le unioni di fatto, le persone possono stipulare delle convenzioni patrimoniali. Si è anche sottolineato che esistono in vari Comuni italiani le cc.dd. unioni registrate (il nome è poi diverso da Comune a Comune) che evidentemente sono istituti diversi dai patti di convivenza sull’esempio francese, ma che attualmente sembrano essere l’unica via per il riconoscimento di alcuni diritti delle singole persone, perlomeno rispetto ai servizi messi a disposizione dai Comuni alle famiglie, e quindi anche alle unioni registrate. Si è anche detto che oggi in Italia vi è un’urgente esigenza di tutelare le unioni omosessuali, posto che le persone eterosessuali possono [continua ..]


9. Cenni alla situazione europea

La necessità di provvedere ad una legge organica in materia di unioni civili nasce dall’esigenza di rimuovere ogni ostacolo al riconoscimento anche in Italia del diritto delle singole persone a vedere riconosciuto il diritto fondamentale al “rispetto della vita privata e familiare” ratificato nel Trattato di Lisbona che ha recepito la Carta di Nizza. L’Italia, rispetto alla maggioranza dei Paesi europei, non ha alcuna regolamentazione delle unio­ni di fatto, né ovviamente – perché materia ancora sensibilissima – alcun riconoscimento dei “matrimoni” tra persone dello stesso sesso. In alcuni Paesi europei, la situazione è la seguente: –  la Francia fin dal 1999 ha approvato la legge sui Pacs (Patto Civile di Solidarietà) [29]; –  la Germania dal 2001 riconosce l’unione di fatto anche tra omosessuali, con una dichiarazione davanti all’Ufficiale di Stato del Comune [30]; –  l’Olanda dal 1998 ha riconosciuto le unioni di fatto [31] e dal 2001 il matrimonio tra omosessuali [32]; –  in Belgio dal 2003 esiste un’unica legge sui matrimoni etero e omosessuali [33]; –  in Spagna dal 2005 è stata approvata la legge sui matrimoni omosessuali [34]; –  in Portogallo il matrimonio omosessuale è entrato in vigore nel 2010 [35]; –  in Islanda dal 2010 è stato riconosciuto il diritto a contrarre matrimonio anche per gli omosessuali [36]; –  in Gran Bretagna nel dicembre del 2005 è entrato in vigore il “Civil Partnership Act”. Dall’analisi della situazione europea si può concludere che in quei Paesi dove esiste una legge che regolamenta le unioni civili è sentita meno l’esigenza di un riconoscimento del matrimonio omosessuale, mentre viceversa dove vi è stato direttamente il riconoscimento del matrimonio omosessuale, è sentita meno l’esigenza di proporre una legge sulle unioni di fatto. Oggi in Italia sembra percorribile l’approvazione di una normativa sulle unioni civili e l’AIAF ha cercato con la proposta che segue di portare il proprio contributo.


10. Proposta emersa dal gruppo di lavoro, di regolamentazione delle unioni di fatto

A conclusione dei lavori, in collaborazione con il Cons. Dott. Piero De Marzo, abbiamo rielaborato una proposta di regolamentazione delle unioni di fatto predisposta dall’AIAF Veneto nel 2010 [37]. La proposta, che modifica il codice civile introducendo un nuovo Titolo – il VI bis e quindi nuovi artt. dal 230 ter al 230 decies –, parte dal riconoscimento che l’unione di fatto è già riconosciuta nella Costituzione e si rivolge a due persone indipendentemente dal sesso. La procedura è molto semplificata, poiché l’unione civile viene registrata presso un registro istituito in ogni Comune, con una dichiarazione congiunta davanti all’Ufficiale di Stato civile che provvede alle annotazioni. Si prevede anche opportunamente la possibilità di proporrre reclamo all’autorità giudiziaria in caso di grave e fondato dubbio sull’opera dell’Ufficiale di Stato civile. Il contenuto dei diritti dell’unione civile è regolato nell’art. 230 septies c.c. Dall’unione civile così contratta le parti “acquistano gli stessi diritti e gli stessi doveri” e dal­l’u­nione deriva l’obbligo di assistenza e collaborazione spirituale e materiale. È regolato il diritto alla contribuzione economica da parte di entrambi e il diritto di accesso, visita e cura nelle strutture mediche pubbliche e private. Gli artt. 230 novies e decies disciplinano i vari casi della cessazione dell’unione civile sia in caso di accordo sia in caso di disaccordo. In tale ultimo caso è il giudice che provvede su istanza di una delle parti. Infine, sono indicate le altre modifiche necessarie al codice di procedura civile e al codice civile.


NOTE