Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Quattro casi pratici in materia successoria (di Michele Sesta, Professore nell’Università di Bologna “Alma Mater” Benedetta De Bellis, Avvocata in Bologna)


Gli Autori pongono all’attenzione del lettore quattro casi pratici relativi alla nullità del testamento, all’applicazione degli artt. 564 e 485 c.c. e alla interpretazione della volontà del testatore.

The Authors focus the reader’s attention on four practical cases relating to the nullity of the will, the appli­cation of Articles 564 and 485 of the Civil Code and to the interpretation of the will of the testator.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il testamento per relationem - 3. L’azione di riduzione del legittimario parzialmente pretermesso nei confronti del donatario non coerede - 4. Sull’applicabilità al chiamato ulteriore che sia nel possesso dei beni ereditari degli oneri di cui all’art. 485 c.c. - 5. L’attribuzione di beni determinati tra istituzione di erede e legato: l’interpretazione della volontà del testatore - NOTE


1. Premessa

La materia delle successioni è senz’altro tra le tecnicamente più complesse che l’avvocato familiarista si trovi a trattare. Come noto, gli istituti disciplinati nel Libro II del codice civile, nella loro pressoché integralità, risalgono al testo originario del Libro, emanato con r.d. n. 1586/1939, che a sua volta si rifaceva al Codice unitario del 1865. Infatti, la riforma del diritto di famiglia del 1975 e la più recente riforma della filiazione hanno inciso nella materia successoria solo su profili specifici, il più rilevante dei quali resta quello relativo alla successione del coniuge, senza però modificare le categorie generali che presiedono al fenomeno successorio. Per queste ragioni, non è infrequente nelle trattazioni più autorevoli [1], il riferimento a dottrina e giurisprudenza della prima metà del secolo scorso. Riteniamo che in questa materia l’avvocato possa essere agevolato da un metodo casistico che, tuttavia, non può ridursi ad una mera ricerca di massime della Cassazione. Il compito più difficoltoso del difensore in queste vicende è, in primo luogo, quello di mettere esattamente a fuoco la fattispecie sottoposta alla sua disamina e, quindi, ricondurla al corretto dato normativo; operazione che spesso richiede un’attenta indagine del panorama dottrinale, anche meno recente, per lumeggiare l’esatta interpretazione dei riferimenti normativi che spesso appaiono formulati in modo criptico e che solo la conoscenza delle fonti più risalenti consente di esplicare. Solo dopo una consimile indagine, e dopo aver messo in luce le peculiarità del caso concreto, gli approfondimenti giurisprudenziali risulteranno effettivamente utili. In poche parole, in questa materia prima occorre “studiare” e “approfondire” attraverso le fonti dottrinali e poi attingere ai precedenti giurisprudenziali. In tale contesto, riteniamo utile offrire una disamina di quattro casi pratici che abbiano trattato professionalmente.


2. Il testamento per relationem

È valido il testamento olografo con il quale il testatore, designati tre eredi, abbia rinviato per l’indivi­duazione dei beni loro rispettivamente relitti a una perizia redatta, con l’ausilio di mezzi meccanici, da un tecnico incarico di stimare gli immobili e predisporre un progetto divisionale con formazione di tre lotti, precisando il testatore che detto atto, da lui sottoscritto per adesione, costituisce la propria volontà testamentaria? * * * La peculiarità dalla fattispecie in esame risiede nel fatto che il testatore, con scheda olografa, ha disposto che «quanto scritto nella relazione del Geom. XXX, in data XXX, costituisca nella sua integralità, per quanto riguarda le mie proprietà immobiliari, le mie volontà testamentarie» e ha poi assegnato ai tre figli, istituiti eredi, un lotto ciascuno di quelli individuati nel progetto divisionale predisposto dal tecnico; si noti che nella scheda i singoli lotti sono individuati in base alla numerazione attribuita dal perito, senza che il de cuius si sia premurato di descriverne la consistenza. Il testamento in esame, come si vedrà, pone questioni relativamente alla sua validità, tanto con riguardo al principio della personalità dell’atto, quanto ai requisiti di forma prescritti per la validità dell’olografo (art. 602 c.c.). Nella fattispecie, il testatore non ha espresso nella scheda una volontà completa e in sé autosufficiente, rinviando a una fonte esterna, ovvero un atto di un soggetto terzo, predisposto prima della redazione del testamento stesso (c.d. relatio). Come noto, la relatio ricorre allorquando, al momento della predisposizione di un atto negoziale, le parti – o il dichiarante nell’ipotesi di negozi unilaterali – rinviano a un dato esterno che va a integrare il contenuto dell’atto stesso [2]. La relatio può essere formale o sostanziale [3]. Nel primo caso, il testatore esprime la sua volontà e rinvia per la determinazione dell’oggetto o del soggetto della disposizione a fatti e circostanze che richiedono una mera presa di cognizione, cioè una semplice attività di accertamento del loro accadere [4]. La relatio, invece, è sostanziale allorché il testatore si rimette alla volontà di un soggetto terzo, investito della scelta dell’oggetto del lascito o della persona da [continua ..]


3. L’azione di riduzione del legittimario parzialmente pretermesso nei confronti del donatario non coerede

Il legittimario che abbia accettato puramente e semplicemente un’eredità di valore modesto (consistendo il relictum unicamente nella somma di Euro 1.000 circa, pari alla quota di un mezzo del saldo del conto corrente co-intestato al de cuius), può considerarsi alla stregua di un legittimario pretermesso e, dunque, agire in riduzione nei confronti del donatario che non sia coerede? * * * Nella fattispecie Tizia, nella sua qualità di legittimaria della madre Caia, ha agito in riduzione nei confronti di Sempronio (soggetto estraneo alla successione di Caia), in favore del quale la de cuius aveva disposto per donazione di una villa di ingente valore. Occorre precisare che il relictum ricomprendeva unicamente un credito di euro 1.000 circa, pari alla quota di un mezzo del saldo del conto corrente cointestato a Caia e al di lei marito. Successivamente all’apertura della successione ma prima dell’instaurazione della causa recante l’esercizio dell’azione di riduzione, Tizia, affermandosi erede della madre Caia, aveva sottoscritto, unitamente all’altro correntista (cioè il marito della defunta), una dichiarazione indirizzata alla Banca, mediante la quale ella – espressamente qualificandosi erede di Caia – aveva disposto che la quota di sua spettanza dell’importo di cui al predetto conto corrente cointestato alla de cuius venisse integralmente attribuita all’altro cointestatario. Il donatario Sempronio, costituendosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità dell’azione di riduzione esercitata da Tizia non avendo ella accettato l’eredità con beneficio d’inventario come richiesto dall’art. 564 c.c. Per contro, Tizia ha sostenuto che non vi era necessità di accettazione beneficiata, argomentando che la somma di cui al saldo del conto corrente era andata integralmente a beneficio del­l’altro co-erede (il marito di Caia), cosicché ella era stata integralmente pretermessa dall’ere­dità materna. L’azione promossa da Tizia nei confronti di Sempronio è ammissibile? Come noto, l’art. 564, 1° comma, c.c. dispone che «il legittimario che non ha accettato l’eredità con il beneficio di inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi [continua ..]


4. Sull’applicabilità al chiamato ulteriore che sia nel possesso dei beni ereditari degli oneri di cui all’art. 485 c.c.

Al chiamato ulteriore che sia nel possesso dei beni ereditari è richiesto di fare l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione e della notizia della devoluta eredità come prescritto dall’art. 485 c.c., sotto pena, in difetto, di essere considerato erede puro e semplice? * * * Alla morte di Tizio, deceduto senza lasciare testamento, sono stati chiamati all’eredità il figlio Caio e la moglie Sempronia. Caio e Sempronia, tenuto conto delle passività gravanti sull’eredità, intendono rinunciare all’eredità. In caso di rinuncia, chiamato per rappresentazione sarebbe il figlio di Caio (Caietto), comproprietario unitamente al de cuius di alcuni beni, sui quale esercitava il compossesso al tempo dell’apertura della successione. La questione che si pone è se, nell’ipotesi di rinuncia dei primi chiamati Caio e Sempronia, Caietto, non avendo tempestivamente dato corso agli adempimenti di cui all’art. 485 c.c., sia da considerarsi quale erede puro e semplice, con ogni relativa conseguenza in ordine alla sua responsabilità patrimoniale diretta in relazione alle passività ereditarie. * * * Come noto, i chiamati ulteriori sono coloro cui l’eredità è messa a disposizione (per legge o in base alle volontà testamentarie del de cuius) nell’eventualità in cui i primi chiamati non possano (poiché indegni o premorti) o non vogliano (poiché vi rinunciano) accettare l’eredità. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che, in caso di pluralità di chiamati a succedere in ordine successivo, la delazione si verifica immediatamente anche in favore dei chiamati ulteriori; da ciò ne consegue che i predetti, sin dal momento dell’apertura della successione, hanno diritto di accettare l’eredità, anche se gli effetti della loro accettazione sono condizionati alla mancata definizione della vicenda successoria in favore dei chiamati anteriori [29]. A fondamento di tale tesi depongono le seguenti considerazioni: –    il termine decennale per accettare l’eredità decorre, tanto per i primi chiamati quanto per i chiamati in subordine, dal momento dell’apertura della successione (art. 480, 3° comma, c.c.), di guisa che, coordinando tale disposizione con il principio generale per cui [continua ..]


5. L’attribuzione di beni determinati tra istituzione di erede e legato: l’interpretazione della volontà del testatore

Due soggetti cui sono stati devoluti per testamento rispettivamente ad uno tutti gli immobili del de cuius e all’altro tutti i beni mobili sono da considerarsi eredi o meri legatari? * * * Nella fattispecie la de cuius ha disposto con testamento olografo dei propri beni in favore della madre e dei cugini, attribuendo loro – attraverso la formula “lascio” – specifici cespiti ereditari e, precisamente, alla prima i fabbricati e i terreni e ai secondi i beni costituenti il “patrimonio mobiliare”. È bene precisare che con le predette disposizioni la testatrice ha esaurito l’intero suo patrimonio e che i beni rispettivamente assegnati alla madre e ai cugini sono di valore pressoché analogo. La questione che si pone è se i predetti soggetti siano eredi della defunta o meri legatari; il che assume particolare rilevanza considerato che la de cuius aveva stipulato in vita alcune polizze assicurative che, per il caso di morte del contraente, individuano quali beneficiari, sulla base di una formula comune nella prassi, gli eredi testamentari o, in difetto di testamento, quelli legittimi. * * * Onde rispondere al quesito, occorre rammentare che ai sensi dell’art. 588, 1° comma, c.c., «le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario». Dunque, è erede colui che subentra nell’universalità o in una quota dei diritti/rapporti facenti capo al de cuius (salvo quelli che si sono estinti per effetto della morte); il legatario, invece, succede esclusivamente in uno o più diritti/rapporti determinati [40]. Tuttavia, il 2° comma della norma in esame precisa che «l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio». In altre parole, l’attri­buzione a titolo universale è compatibile anche con l’assegnazione di uno o più beni determinati (c.d. institutio ex re certa). Come si ricava dal testo normativo, ai fini della configurabilità della fattispecie [continua ..]


NOTE