Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Esistono ancora figli non riconoscibili (di Giovanni Francesco Basini. Ordinario di Diritto privato nell’Università di Parma)


L’autore evidenzia come in forza del decreto n. 154/2013 che attua la delega contenuta nella l. n. 219/2012 sulla unificazione dello status giuridico del figlio, e in particolare della previsione dell’autorizzazione giudiziale ex art. 251 c.c., introdotta agli artt. 278 e 279 c.c., a parità di certa e dimostrabile derivazione biologica, oggi potrebbero esservi, invece, figli che hanno lo stato di figlio, ex art. 315 c.c., figli non riconoscibili, e dunque privi di tale stato, ma almeno “assistibili” e titolari di diritti successori ex artt. 580 e 594 c.c. e figli, privi dello stato di figlio, e, inoltre, senza mantenimento o alimenti, e privi pure di ogni diritto successorio ex lege.

The author points out that, by virtue of decree n. 154/2013 which implements the delegation contained in Law n. 219/2012 on the unification of the juridical status of the child, and in particular the provision of the judicial authorization pursuant to art. 251 of the Italian Civil Code, introduced to artt. 278 and 279 of the Italian Civil Code, certain and demonstrable biological derivation being equal, today there might instead be: children with the status of child pursuant to art. 315 of the Italian Civil Code; children that cannot be recognized, and therefore without said status, but that are at least “assistable” and holders of rights of succession pursuant to artt. 580 and 594 of the Italian Civil Code; and children without the status of child, and moreover without maintenance or sustenance, and also without any right of succession pursuant to the law.

SOMMARIO:

1. La filiazione, così detta, “incestuosa”, nel codice civile del 1942 - 2. La riforma della filiazione e la duplice novellazione dell’art. 251 c.c. La valutazione giudiziale dell’interesse al riconoscimento, per soggetti maggiori di età - 3. La, criticabile, novellazione dell’art. 278 c.c., attuata con il d.lgs. n. 154/2013 - 4. La, ancor più criticabile, novellazione operata sull’art. 279, 2° comma, c.c. - 5. Figli riconoscibili, figli non riconoscibili ma “alimentabili”, figli né riconoscibili né “alimentabili” - NOTE


1. La filiazione, così detta, “incestuosa”, nel codice civile del 1942

Nel nostro ordinamento fu con il codice civile del 1942 che si realizzò una prima apertura al riconoscimento dei figli, così detti, “incestuosi” [1]. Tale riconoscimento venne ammesso ex art. 251 c.c., seppure solamente nel caso, eccezionale, in cui il genitore, al momento del concepimento, fosse stato in buona fede, ossia avesse ignorato il vincolo da cui derivava la parentela o l’affinità [2]. Sottolineata la notevolissima importanza simbolica di questa apertura, non se ne può negare, tuttavia, la ben scarsa rilevanza pratica che sembra limitata a casi di parenti disgiunti nella più tenera età, dell’uno o di entrambi [3]. Questa situazione, pressoché immutata pure dopo la Novella del 1975 [4], ha dato luogo a numerose e note critiche da parte degli autori [5], che, sovente, hanno sottolineato il contenuto discriminatorio, e, dunque, l’illegittimità costituzionale di un sistema tanto limitante [6]. Benché si sia cercato di giustificare il limite alla riconoscibilità, e, dunque, all’acquisto del pieno stato di figlio, riguardo ai figli, c.d. “incestuosi”, anche richiamando la tutela dell’interesse del figlio, e affermando che per esso assai pregiudizievoli sarebbero potuti essere sia la rivelazione delle origini incestuose [7], sia il cadere in potestà di genitori talmente “deviati” da essersi legati in un’unione così riprovevole [8], è stata subito, e da più parti, evidenziata la vera ratio dell’irriconoscibilità, come almeno parzialmente, e forse anche esclusivamente, sanzionatoria dei genitori dediti all’incesto [9]. Questo, poi, ha condotto, inevitabilmente, ad indicare come inaccettabile una sanzione che colpiva, non tanto e non solo gli autori della condotta sanzionata, ma anche, e soprattutto il figlio, che, senza avere colpa, di questa condotta era il frutto [10]. La quasi completa impossibilità di riconoscere i figli “incestuosi” poi, si rifletteva anche sulla generale possibilità, per tali soggetti, di ottenere lo status di figlio naturale riconosciuto poiché, come è noto, l’art. 278 c.c. non consentiva le indagini sulla paternità e sulla maternità in tutti i casi in cui il riconoscimento era vietato ai sensi dell’art. 251 [continua ..]


2. La riforma della filiazione e la duplice novellazione dell’art. 251 c.c. La valutazione giudiziale dell’interesse al riconoscimento, per soggetti maggiori di età

Alla situazione sintetizzata nel paragrafo precedente ha inteso porre rimedio il legislatore del 2012, modificando l’art. 251 c.c. [14], così da rendere possibile, in linea generale e non più come ipotesi eccezionale, anche il riconoscimento del figlio, così detto, “incestuoso”, nell’intento di cancellare dal nostro ordinamento, definitivamente e radicalmente, ogni ipotesi residua di filiazione non riconoscibile. È da notare altresì, come, in poco più di un anno, l’art. 251 c.c. sia stato nuovamente modificato dal decreto delegato del dicembre 2013 [15]. I menzionati interventi normativi, tuttavia, per quanto mossi dai migliori e più condivisibili intenti, si caratterizzano come in parte non sufficientemente coraggiosi, ed in parte potenzialmente forieri di nuovi problemi, generati, oltre che da un incedere titubante [16], anche da una tecnica normativa a dir poco imprecisa [17]. Nella nuova formulazione dell’art. 251 c.c., difatti, il legislatore se da un lato consente, non più soltanto in ipotesi tassative, ma in ogni caso, il riconoscimento dei figli, c.d., “incestuosi”, dall’altro conserva come indispensabile la «previa autorizzazione del giudice», il quale deve decidere «avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio» [18]. Proprio con riguardo a questa previsione nascono notevoli perplessità [19]. L’autorizzazione, infatti, pare ancora richiesta pure per il riconoscimento di figli già maggiori di età [20]. Nell’art. 251 c.c. come riscritto dalla l. n. 219/2012, infatti, per un verso l’autorizzazione giudiziale è richiesta in termini generali, senza nessuna esplicita limitazione ai soli casi di figli minorenni, e, per altro verso, si prevedeva pure, al 2° comma, che «il riconoscimento di una persona minore di età» fosse «autorizzato dal tribunale per i minorenni», in tal modo confermando al contrario, come la competenza ad autorizzare il riconoscimento di un figlio “incestuoso” ormai maggiorenne fosse del giudice ordinario, e come – per quanto ora maggiormente interessa – anche per tale riconoscimento l’autorizzazione giudiziale risultasse necessaria [21]. In verità, come già si [continua ..]


3. La, criticabile, novellazione dell’art. 278 c.c., attuata con il d.lgs. n. 154/2013

A questo paradosso pare aver inteso ovviare il legislatore del 2013, con la novellazione pure dell’art. 278 c.c. L’art. 35, d.lgs. n. 154/2013, infatti, ha modificato l’art. 278 c.c., nel quale oggi, per le ipotesi di filiazione, c.d., incestuosa, si prevede, tra l’altro, che «l’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità non può essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell’articolo 251» [29]. In tal modo, evidentemente, non potrebbe più darsi una situazione paradossale come quelle indicata alla fine del paragrafo che precede, e, qualora al genitore fosse negata l’autorizzazione al riconoscimento, in quanto contraria all’interesse del figlio, nemmeno al figlio sarebbe consentita l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità. Codesta ulteriore novellazione, tuttavia, se pure ha recuperato ad una sorta di “coerenza” il sistema, mi sembra da criticare fermamente, anzitutto poiché rende la situazione del figlio maggiorenne, c.d., “incestuoso” deteriore rispetto a quella che era divenuta sotto la normativa previgente, dopo l’intervento della Consulta del 2002 [30]. A me pare evidente, infatti, come la modifica appena richiamata renda assai più incerto, più lungo, e più complicato, attualmente, per i figli c.d. “incestuosi” maggiori di età, giungere alla dichiarazione giudiziale della filiazione e all’acquisto dello stato, di quanto non fosse sotto la disciplina previgente, a partire dal 2002. Più incerto sarà l’esito dell’azione, poiché per tali figli non basterà la prova del rapporto biologico, ma dovrà essere anche valutato l’interesse alla costituzione del rapporto di filiazione. Più lunga e più complessa sarà la via per acquistare giudizialmente lo stato, poiché, il percorso giudiziale si allungherà almeno di una fase, o, forse, ancora di più, se del provvedimento di autorizzazione si ammetteranno delle impugnazioni [31]. Nel caso in cui il figlio sia minore di età, poi, se la previsione della valutazione giudiziale dell’interesse del minore non costituisce, di per sé, un peggioramento rispetto al passato, poiché essa esisteva anche nel sistema che derivava [continua ..]


4. La, ancor più criticabile, novellazione operata sull’art. 279, 2° comma, c.c.

Nemmeno lo scopo di ovviare al paradosso evidenziato in precedenza [35] può addursi per giustificare la modifica apportata al 2° comma dell’art. 279 c.c., a mezzo dell’art. 36, d.lgs. n. 154/2013, così da permettere pure l’azione c.d. “alimentare” colà disposta, unicamente «previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 251». Prima di riflettere su tale nuova, e totalmente criticabile, previsione, peraltro, gioverà compiere qualche considerazione più generale in merito all’art. 279 c.c. ed all’azione in esso prevista. La funzione dell’azione di cui all’art. 279 c.c., come è ben noto, risiede nel permettere anche al figlio che non possa essere riconosciuto di ottenere dal genitore, comunque, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione, o, ove si tratti di maggiorenne in stato di bisogno, almeno gli alimenti [36]; questo in conformità con quanto sancito dall’art. 30, 1° comma, Cost. [37]. Al figlio, il quale abbia esperito con successo l’azione di cui all’art. 279 c.c. inoltre, in conseguenza della morte del genitore, spetta anche un assegno vitalizio pari all’ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbe diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta (ex artt. 580 e 594 c.c.) [38]. I soli soggetti propriamente legittimati all’azione in parola, sovente, erano stati individuati nei figli che non potevano, originariamente ed assolutamente, agire exartt. 269 ss. [39], vale a dire, appunto, nei figli “incestuosi”. Nella prospettiva appena ricordata, peraltro, l’azione prevista dall’art. 279 c.c. aveva perso la propria funzione e la propria ragion d’essere, in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 278 c.c. [40], nel testo vigente prima della riformulazione ad opera del d.lgs. n. 154/2013: poiché, infatti, dalla data della mentovata decisione della Consulta, all’entrata in vigore del d.lgs. n. 154/2013, tutti i figli “incestuosi” potevano agire per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, e, dimostrato il rapporto biologico, ottenere tale dichiarazione, nel recente passato non parevano più individuabili fattispecie concrete, letteralmente [continua ..]


5. Figli riconoscibili, figli non riconoscibili ma “alimentabili”, figli né riconoscibili né “alimentabili”

Ponendo mente alla prospettiva della riforma della filiazione che ha inteso rendere unico lo stato di figlio, infine, conviene evidenziare nuovamente, come, in conseguenza della previsione dell’autorizzazione giudiziale ex art. 251 c.c., introdotta agli artt. 278 e 279 c.c., a parità di certa e dimostrabile derivazione biologica, oggi potrebbero esservi: figli che hanno lo stato di figlio, ex art. 315 c.c.; figli non riconoscibili, e dunque privi di tale stato, ma almeno “assistibili” e titolari di diritti successori ex artt. 580 e 594 c.c. [46]; figli privi dello stato di figlio, e, inoltre, senza mantenimento o alimenti, e privi pure di ogni diritto successorio ex lege [47]. A me pare, insomma, che l’intervento del legislatore delegato del 2013 abbia, non solo mantenuto in vita un’ipotesi, seppure eccezionale, di filiazione sottratta al generale principio di cui all’art. 315 c.c., ma anche ne abbia creata una nuova e ulteriore, sicché oggi parrebbero esservi, sia, e ancora, figli non riconoscibili (seppure nel loro proprio interesse, ma valutato eteronomamente), sia figli né riconoscibili, né “alimentabili” ex art. 279 c.c. (seppure, ancora una volta, nel loro proprio interesse, ma pur sempre valutato eteronomamente) [48]. Assai bene avrebbe fatto, dunque, il legislatore, nel consentire il riconoscimento anche dei figli “incestuosi”, a spogliarsi di un po’ di paternalismo [49], così da mantenere la valutazione giudiziale della rispondenza del riconoscimento all’interesse del figlio unicamente per i figli minorenni, o, forse, unicamente per i figli che, per legge, non hanno la capacità di assentire al riconoscimento, vale a dire per gli infraquattordicenni, così da lasciare soltanto alla libera scelta del soggetto maggiorenne, o, forse, anche solo ultraquattordicenne [50], espressa attraverso l’assenso al riconoscimento, la valutazione della rispondenza al proprio interesse degli effetti giuridici del riconoscimento, anche quando questo riveli un’origine “incestuosa”. Mi pare, inoltre, che mai l’autorizzazione ex art. 251 c.c. avrebbe dovuto divenire necessaria anche per poter agire con la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, nonché per l’azione “alimentare” [continua ..]


NOTE