Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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La surrogazione di maternità oltre confine: Italia e Inghilterra (di Connie Atkinson, Partner in Divorce and Family Team at Ringsley Napley Veronica Dindo, Avvocata in Verona)


Le Autrici trattano in chiave comparata della maternità surrogata in Italia e in Inghilterra e Galles e con riguardo a quest’ultimo ordinamento approfondiscono la procedura per ottenere un “provvedimento di genitorialità” (PG) che riconosce formalmente i genitori committenti quali genitori legali ai sensi della legge inglese a certe precise condizioni.

Al fine di ottenere un PG, devono essere rispettati i parametri previsti nella sezione 54 (per due richiedenti) e nella sezione 54A (per un singolo richiedente) dello Human Fertilisation and Embryology Act 2008.

The Authors compare surrogacy in Italy with that in England and Wales. With regard to the latter system, they analyze the procedure for obtaining a “parental order” (PO) that formally recognizes intended parents as legal parents under British law under certain, precise conditions.

To obtain a PO, the parameters established in section 54 (for two applicants) and in section 54A (for a single applicant) of the Human Fertilisation and Embryology Act 2008 must be complied with.

Keywords: parental order – parental responsibility – commissioning parents – Human Fertilisation and Embryology Act 2008.

SOMMARIO:

1. La surrogazione di maternità oltre confine: Italia e Inghilterra - 2. La surrogazione di maternità in Inghilterra e Galles - 2.1. Sezione 54 (per due richiedenti) e nella sezione 54A (per un singolo richiedente) dello Human Fertilisation and Embryology Act 2008 - 2.2. Il procedimento - 2.3. Il futuro - 3. La surrogazione di maternità in Italia - 3.2. La sentenza delle Sezioni Unite del maggio 2019 - 3.3. Il parere consultivo della Corte EDU e l’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale - 3.4. La sentenza della Corte cost. n. 33/2021 - 4. Alcuni spunti di riflessione - NOTE


1. La surrogazione di maternità oltre confine: Italia e Inghilterra

La surrogazione di maternità è uno dei temi più delicati ed attuali del diritto di famiglia. Ha recentemente interessato, infatti, le più autorevoli Corti domestiche, nonché la scena giurisprudenziale internazionale presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo [1], in un vivo dialogo tra Corti. In particolare, i temi in discussione riguardano non tanto l’esperimento della gestazione per altri (GPA) all’interno dell’ordinamento italiano, dove ne vige pacificamente il divieto (art. 12, 6° comma, l. n. 40/2004), quanto piuttosto il fenomeno delle richieste di riconoscimento di certificati di nascita legittimamente formati all’estero, relativi a bambini ivi nati a seguito del ricorso alla gestazione per altri. Con il medesimo fenomeno si trova, peraltro, a dover fare i conti anche l’Inghilterra che, diversamente dall’Italia, non proibisce a livello interno il ricorso alla GPA, pur intendendo, tuttavia, garantire che la stessa si svolga nel rispetto di parametri precisi. Il presente articolo si propone di illustrare la disciplina applicabile alle richieste di riconoscimento che presentano tali caratteristiche, dal punto di vista dell’ordinamento sia italiano che inglese. Un approccio comparatistico si rivela, infatti, particolarmente interessante, nella prospettiva de iure condendo del diritto italiano, anche in ragione del fatto che l’Inghilterra, a differenza dell’Italia, ha adottato soluzioni specifiche al fenomeno, a livello sia sostanziale che processuale, a mezzo di una disciplina legislativa ad hoc. È illustrata, quindi, di seguito, la panoramica del quadro giuridico attuale nei due ordinamenti, rispettivamente quello di Inghilterra e Galles e quello italiano. Seguono alcuni spunti di riflessione conclusivi.


2. La surrogazione di maternità in Inghilterra e Galles

La maggior parte dei genitori cui prestiamo consulenza, che hanno avuto un figlio tramite la surrogazione di maternità, ha una connessione internazionale. Uno o entrambi potrebbero essere nati, ovvero vivere ora all’estero, e/o il contratto di surrogazione di maternità potrebbe esser stato stipulato all’estero. Una delle domande che mi viene regolarmente posta dai genitori è se la posizione giuridica del Paese in cui il bambino è nato, ovvero del Paese in cui i genitori vivono, è riconosciuta in Inghilterra. La mia risposta è sempre negativa. Non c’è attualmente alcuna convenzione internazionale avente ad oggetto il riconoscimento di leggi relative agli accordi di surrogazione e la possibilità di stipulare una tale convenzione è verosimilmente scarsa, posto che la surrogazione è considerata e trattata in modo molto diverso nel mondo. Inghilterra e Galles non riconoscono la posizione giuridica degli altri Paesi, anche laddove la surrogazione è una pratica consolidata e ben regolamentata. In Inghilterra e Galles, se un bambino nasce a seguito di un accordo di surrogazione, sia qui che all’estero, la madre surrogata sarà la madre legale (che sia o meno legata geneticamente al figlio) e il marito, se è sposata, sarà il padre legale. Questa è la situazione, a prescindere dalla posizione del Paese nel quale il bambino è nato. Se la madre surrogata non è sposata, il padre biologico del bambino potrebbe essere considerato il padre legale ai sensi della legge inglese, ma non necessariamente gli sarà riconosciuta la responsabilità genitoriale (“RG”). Per estinguere la responsabilità genitoriale della madre surrogata e del marito, nonché la loro posizione di genitori legali, i genitori committenti, allo stato, devono adire la Corte inglese presentando domanda per un “provvedimento di genitorialità” (“PG”) [ndr: in Inglese “parental order”], che riconoscerà formalmente i genitori committenti quali genitori legali, ai sensi della legge inglese. Nel caso di una madre surrogata non sposata, dove il padre intenzionale è geneticamente legato al bambino, è comunque necessario un PG per estinguere la genitorialità legale della madre surrogata, onde conferire alla madre intenzionale o al secondo genitore intenzionale [continua ..]


2.1. Sezione 54 (per due richiedenti) e nella sezione 54A (per un singolo richiedente) dello Human Fertilisation and Embryology Act 2008

La gestazione del bambino è stata portata avanti da una donna, quale esito dell’impianto nella stessa di un embrione o di sperma e ovulo o di sua inseminazione artificiale; - sono stati utilizzati i gameti di almeno uno dei richiedenti; - nel caso di due richiedenti, questi devono essere marito e moglie, uniti civilmente, ovvero due persone in una relazione stabile e duratura; - i richiedenti devono adire la Corte per il provvedimento entro 6 mesi a far data dalla nascita del bambino; - al momento della richiesta e dell’emissione del provvedimento il bambino deve abitare insieme ai richiedenti; - uno o entrambi i richiedenti devono essere domiciliati nel Regno Unito o nelle Isole Channel o nell’Isola di Man; - i richiedenti devono aver compiuto i 18 anni; - la Corte deve essere persuasa che sia la donna che ha portato avanti la gravidanza, sia ogni altra persona che è genitore del bambino, abbiano liberamente e con piena comprensione delle implicazioni, aderito incondizionatamente all’emissione del provvedimento; - la Corte deve essere persuasa che né denaro né altri benefit (diversi dalle spese ragionevolmente incorse) siano stati dati o ricevuti da alcuno dei richiedenti, a meno che autorizzati dalla stessa Corte.


2.2. Il procedimento

In termini di procedimento, i genitori faranno domanda alla Corte e sarà fissata una prima udienza, affinché il Giudice possa dare indicazioni (attraverso un provvedimento) per la prosecuzione della causa. Il Giudice ordinerà ai genitori di depositare allegazioni a supporto della loro domanda per un PG e nominerà un responsabile della tutela del minore, chiamato Referente per il provvedimento di genitorialità (RPG) [ndr: in Inglese “Parental Order Reporter”], affinché predisponga una relazione che consenta alla Corte di stabilire il contesto e se, avendo conosciuto la famiglia, sia nel miglior interesse del minore che sia emesso un Provvedimento di Genitorialità. Sarà inoltre prevista un’udienza finale. Il Responsabile della tutela del minore è normalmente un membro dell’organismo governativo denominato Cafcass [NDR: Acronimo inglese per “Child and Family Court Advisory and Support Service”, ossia Servizio di Consulenza e Supporto per il Tribunale della Famiglia e dei Minori] che è composto da assistenti sociali il cui ruolo è quello di predisporre relazioni per la Corte. Il ruolo del Responsabile della tutela del minore è quello di incontrare i genitori intenzionali e il bambino, valutare il contesto del loro viaggio per realizzare la surrogazione di maternità, i loro piani per il futuro e i parametri di cui alla sezione 54 e formulare un parere rispetto al contenuto del provvedimento da emanarsi. All’udienza finale, la Corte formulerà un giudizio che conferma il soddisfacimento dei requisiti di cui alla sezione 54 e, considerata la relazione inerente il provvedimento di genitorialità, che conferma che l’emissione del provvedimento è nel migliore interesse del minore. Dal momento in cui viene emesso il PG, la genitorialità legale della madre surrogata e del marito è estinta (secondo la legge inglese) e i genitori intenzionali sono considerati i genitori legali del minore. In breve tempo, l’ufficio del Registro Generale in Inghilterra emetterà un nuovo certificato di nascita con l’indicazione dei nomi dei genitori. Sul certificato, non c’è menzione della madre surrogata o dell’accordo di surrogazione. Di molti dei genitori che aiuto, uno o entrambi hanno una connessione internazionale o vivono all’estero. In questi casi, valutiamo se [continua ..]


2.3. Il futuro

La Commissione legislativa di Inghilterra e Galles e la Commissione legislativa scozzese hanno iniziato delle consultazioni che guardano alla realizzazione di famiglie attraverso la surrogazione di maternità nel 2019 e hanno relazionato i loro primi risultati alla fine dell’anno. Se da un lato non conosciamo ancora l’intera portata del cambiamento, le raccomandazioni iniziali includono l’introduzione di un nuovo percorso per la genitorialità legale per le famiglie che hanno intrapreso un viaggio per la surrogazione di maternità nel Regno Unito. Secondo il nuovo percorso, se i requisiti sono rispettati, i genitori intenzionali saranno i genitori legali del bambino dalla nascita e non saranno necessari procedimenti davanti all’autorità giudiziaria. La Commissione legislativa ha raccomandato modifiche ai parametri di cui alla sezione 54, quali la rimozione del requisito di una connessione genetica (con riferimento agli accordi di surrogazione interni) nei casi di necessità medica e l’inclusione della residenza abituale, in modo che uno dei genitori intenzionali abbia il domicilio ovvero la residenza abituale nel Paese [2]. Il progetto è allo stato in fase di elaborazione politica e siamo in attesa di conoscere quali di queste e altre modifiche saranno introdotte. Infine, la commissione legislativa raccomanda l’introduzione di un registro nazionale per la surrogazione di maternità che registrerà le informazioni relative alla madre surrogata, ai genitori intenzionali e ad ogni donatore di ovulo o sperma. I bambini nati a seguito di un accordo di surrogazione avrebbero quindi accesso a tali informazioni una volta cresciuti.


3. La surrogazione di maternità in Italia

3.1. Introduzione In Italia, l’unica disposizione legislativa esplicita in tema di maternità surrogata è il divieto di realizzarla, organizzarla e pubblicizzarla, a pena di sanzione penale in caso di violazione (art. 12, 6° comma, l. n. 40/2004 [3], contenente “Norme in materia di Procreazione Medicalmente Assistita”). Ferma la sanzione, non sono state, invece, disciplinate, con riferimento allo status dei nati, le conseguenze di una eventuale violazione del divieto o dell’avvenuto ricorso alla tecnica all’este­ro. Diversamente, peraltro, da quanto è previsto per la fecondazione eterologa, ossia realizzata con l’apporto di materiale genetico fornito da un donatore o una donatrice esterni alla coppia, dove l’art. 9 della legge stabilisce esplicitamente, a tutela del nascituro, il divieto di disconoscimento della paternità per il padre ed esclude la possibilità di rimanere nell’anonimato per la madre, una volta prestato il consenso ed applicata la tecnica. Le Autorità e le Corti italiane si sono trovate, quindi, senza indicazioni normative se non l’art. 12 della l. n. 40/2004 e la direttiva di principio dell’ordine pubblico (in particolare, ex art. 64, l. n. 218/1995, art. 18, d.p.r. n. 396/2000, art. 23, Reg. UE 2201/2003), a fronteggiare il fenomeno delle richieste di riconoscimento dei certificati di nascita o “provvedimenti di genitorialità” stranieri, relativi a nati all’estero a seguito di GPA. Ne è sorta una casistica di natura amministrativa, prima (presso gli uffici di stato civile dei comuni competenti) e giurisprudenziale, poi (presso le Corti di merito dove sono stati impugnati i dinieghi), che ha fornito, come era prevedibile, risposte non univoche, a discapito della certezza del diritto e, soprattutto, della tutela dei nati [4]. Nel 2019, uno dei predetti casi è approdato presso la Corte di Cassazione che, con una sentenza pronunciata nella sua composizione più autorevole, ha fornito prime “linee guida” con valenza generale per un approccio univoco alla questione, seppur, naturalmente, non vincolanti alla stregua di norme di legge (Cass. civ., S.U., sent. 8 maggio 2019, n. 12193). La pronuncia, pur con i limiti che sono stati contestati, come di seguito si avrà modo di illustrare, ha avuto il merito di fornire quantomeno una maggiore chiarezza sul tema, [continua ..]


3.2. La sentenza delle Sezioni Unite del maggio 2019

Il caso riguarda due gemelli, nati in Canada a seguito di maternità surrogata, su commissione di una coppia di cittadini italiani di sesso maschile, coniugati all’estero, dichiarati genitori legali dei minori per effetto di due “provvedimenti di genitorialità” (“parental orders”) emessi dallo Stato canadese. L’ufficio dello Stato Civile del Comune di Trento ha accettato la trascrizione del primo provvedimento, relativo al genitore cui i bambini erano geneticamente legati, ma rifiutato la trascrizione del secondo, relativo al “genitore intenzionale”, ritenendo che confliggesse con l’ordine pubblico. Gli interessati si sono rivolti quindi alla Corte d’Appello di Trento chiedendo, ai sensi dell’art. 67, l. n. 218/1995, il riconoscimento del secondo provvedimento di genitorialità e ottenendo l’accoglimento della loro domanda [6]. Del caso è stata interessata la Corte di Cassazione, dietro impugnazione delle autorità pubbliche [7], e la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite. Il ragionamento della Suprema Corte ha anzitutto tratto le mosse dalla nozione di ordine pubblico internazionale, chiarendo che la stessa andrebbe ricavata sia dall’insieme dei principi e valori consacrati nella Costituzione, nonché nelle fonti sovranazionali e internazionali cui l’Italia ha aderito, sia avendo riguardo alle norme di legge ordinaria, in quanto espressione del modo in cui i predetti valori e principi si sono incarnati nell’ordinamento [8]. In base a tale premessa, la Cassazione ha considerato la fattispecie in esame in relazione al divieto posto dall’art. 12, 6° comma, della l. n. 40/2004 [9], indagando se tale norma possa ritenersi espressione concreta di un principio fondamentale e assurga, dunque, al rango di declinazione dell’ordine pubblico. La Corte ha condotto il ragionamento richiamando le statuizioni di cui a un altro proprio precedente, il caso Paradiso c. Campanelli (sent. Cass. 26 settembre 2014, n. 24001 [10]). La fattispecie originava da una GPA esperita in Russia, per commissione di due coniugi italiani, che non avevano alcun legame genetico con il bambino poi nato. Il riconoscimento del certificato di nascita del minore era stato negato per contrarietà all’ordine pubblico e il bambino posto in adozione. Il caso si è concluso con un rigetto da parte [continua ..]


3.3. Il parere consultivo della Corte EDU e l’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale

Non molto tempo dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, la Corte di Cassazione è stata investita di un caso con profili analoghi a quello considerato in precedenza e ha ritenuto di rimettere la questione alla Corte costituzionale. Secondo l’analisi del Giudice rimettente, infatti, l’interpretazione fornita con la sentenza del maggio 2019, non sarebbe stata in linea con le indicazioni di cui al parere consultivo nel frattempo emesso dalla Corte EDU, né, a ben vedere, con i principi di cui agli artt. 2, 3, 30, 31 nonché 117 Cost. Veniva richiesto, pertanto, alla competente Corte un vaglio della legittimità costituzionale del­l’art. 12, 6° comma, l. n. 40/2004, oltre che degli artt. 18, d.p.r. n. 396/2000 e 64, 1° comma, lett. g), l. n. 218/1995, così come interpretati dal diritto vivente alla luce del dettato delle Sezioni Unite, in relazione alle norme costituzionali citate. Si premette che il parere consultivo reso nell’aprile 2020 origina dal caso francese Mennesson, relativo ad una GPA praticata negli Stati Uniti, su richiesta di una coppia di coniugi francesi di sesso diverso, con apporto genetico del marito. La Corte EDU si era già pronunciata sul caso, condannando lo stato francese per non avere tutelato la vita privata e familiare [13] delle due minori implicate, non avendo garantito in alcun modo il loro stato di filiazione legittimamente acquisito all’estero, nemmeno nei confronti del padre genetico [14]. La Corte di Cassazione francese, tramite lo strumento del parere consultivo in commento [15], si è rivolta di recente, nuovamente, alla Corte di Strasburgo con riferimento al medesimo caso, formulando alcuni quesiti precisi [16], relativi alle modalità e al margine di apprezzamento degli Stati, in relazione al riconoscimento dello status filiationis costituito all’estero nei confronti del secondo genitore, in questo caso la madre intenzionale, priva di legami genetici con le nate. Nel parere reso, la Corte EDU ha chiarito che lo Stato può legittimamente rifiutare la trascrizione nei registri dello stato civile dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero tramite GPA, nella parte in cui tale atto designa come “madre legale” la “madre intenzionale”, senza con ciò eccedere il margine di apprezzamento tollerato all’art. 8 CEDU. Ha precisato, però, anche [continua ..]


3.4. La sentenza della Corte cost. n. 33/2021

La Corte costituzionale si è pronunciata sul punto con la recentissima sent. n. 33/2021 con cui ha dichiarato la questione sottoposta al suo vaglio inammissibile. La parte motiva del provvedimento ha però inquadrato il tema esprimendo una posizione significativamente in linea con le istanze espresse dall’ordinanza di rimessione e contiene un coerente invito ad intervenire rivolto a legislatore, con apertura quindi di nuove e significative prospettive de iure condendo. L’approccio assunto della Corte è, infatti, incentrato sui diritti del minore nato a seguito di GPA ed è in questa chiave che il provvedimento legge il contesto giuridico come da ultimo articolato dalle Sezioni Unite con la sent. 8 maggio 2019, n. 12193. In sintesi, viene affermato che, in conformità ai parametri nazionali e sovranazionali invocati dall’ordinanza di rimessione, non vi è dubbio che l’interesse del minore sia in questo caso il riconoscimento anche giuridico del legame che nella realtà fattuale già lo unisce ad entrambi i genitori “committenti”, con esclusione peraltro di ogni distinguo correlato al sesso e all’orien­tamento sessuale degli stessi. È espresso quindi esplicitamente che il focus dell’analisi in corso non è il diritto alla genitorialità in capo a coloro che si prendono cura del bambino, ma piuttosto l’interesse del minore a che gli stessi assumano quel fascio di doveri a lui funzionali, inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale. Si dà poi atto che occorre comunque operare un bilanciamento: l’interesse del bambino non può infatti essere considerato automaticamente prevalente rispetto agli altri in gioco, quali lo scopo legittimo dell’ordinamento di disincentivare la GPA. Sul punto, sono richiamati i criteri indicati dalla Corte EDU, ritenuti rispondenti all’insieme dei principi sanciti in materia dalla Costituzione italiana. Lo Stato, dunque, ha un margine di apprezzamento nel dettare le modalità di riconoscimento del rapporto tra il minore e il genitore di intenzione, purché adotti uno strumento idoneo a garantire la costituzione di un legame di vera e propria filiazione, attraverso un procedimento effettivo e celere. Tale strumento, anche secondo questa Corte, non è peraltro rinvenibile nell’adozione in casi particolari, in [continua ..]


4. Alcuni spunti di riflessione

È importante, a mio avviso, sottolineare come l’approccio della Corte costituzionale abbia correttamente presupposto la scissione dei due concetti dell’istituto della maternità surrogata quale pratica vietata in Italia e sanzionata penalmente, da un lato, e delle conseguenze del ricorso a questa pratica, ossia la nascita di un bambino e la costituzione del suo status filiationis, dall’al­tro, in una prospettiva che ha posto il minore e il suo interesse effettivamente al centro. Quanto al divieto di ricorrere alla GPA in Italia, nulla quaestio: si tratta di una scelta politica ed etica dello Stato che, come ha avuto modo di precisare anche la Corte EDU, rientra pienamente nel suo margine di apprezzamento. Problematico e distinto, come si è visto, è, invece, l’aspetto della gestione delle conseguenze dell’esperimento di tale pratica all’estero. Il bilanciamento degli interessi in gioco, in quanto costituzionalmente rilevanti, è infatti molto delicato. Ciò che sembra fondamentale sottolineare e che è stato chiaramente espresso anche dalla sent. n. 33/2021 è, però, la necessità che non sia l’interesse del minore, soggetto debole e incolpevole rispetto alle condotte altrui, a dover necessariamente soccombere davanti all’inte­resse pubblico dello Stato a dissuadere dal ricorso a tale pratica. Il ragionamento è ben espresso dall’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della I Sezione, laddove afferma che dinanzi ai valori fondamentali dell’individuo, l’interesse pubblico (anche se assistito da una sanzione penale), retrocede e che il miglior interesse del minore è esso stesso una componente che concorre alla formazione dell’ordine pubblico. L’interesse dello Stato si declina, più specificamente, come visto, nella necessità di dissuadere i cittadini dal ricorso a pratiche di GPA, per tutelare la dignità della donna e prevenirla dal compiere atti che offenderebbero la prima e minerebbero nel profondo le relazioni umane [19]. È, inoltre, quello di garantire l’istituto dell’adozione, quale strumento per costituire il rapporto di filiazione a prescindere dal dato biologico, secondo le garanzie ad esso connesse. Quanto alla dignità della donna, sarebbe a mio avviso importante considerare anche le modalità con cui, in concreto, [continua ..]


NOTE