Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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L'ascolto ... balsamico (di Carla Marcucci (Avvocato in Lucca. Componente del Consiglio direttivo nazionale dell’AIAF))


SOMMARIO:

1. L’ascolto in famiglia - 2. L’ascolto in Tribunale - 3. Il significato dell’ascolto della persona minorenne da parte del giudice - 4. La “restituzione”: un momento dell’ascolto tanto necessario quanto dimenticato - NOTE


1. L’ascolto in famiglia

Recentemente una notizia di cronaca e un’esperienza vissuta direttamente hanno spinto i miei pensieri lontano dalle occasionali circostanze dalle quali sono nati facendoli divenire entrambi materia di riflessione nel territorio nel quale mi muovo professionalmente ogni giorno. In giugno, sul quotidiano “La Stampa”, col titolo “Mai più bimbi dimenticati”, è apparso un articolo sul tema dei bambini – Elisa, poi Jacopo ed i molti altri ancora prima di loro – che negli anni sono morti perché dimenticati in auto dai loro genitori. L’autore dell’articolo evidenziava che il fenomeno è esponenzialmente aumentato dal 1998, ossia da quando è entrata in vigore la legge che obbliga a porre il seggiolino sul sedile posteriore del­l’au­to, e faceva notare che esistono strumenti pratici che potrebbero evitare queste tragedie. Si tratta di sensori, inventati dalla Nasa, che vengono installati sul portachiavi quando il bambino è posizionato sul seggiolino sul sedile posteriore e che si attivano dopo un minuto dall’aver levato le chiavi dal cruscotto e continuano a suonare finché il bambino non è stato preso. Il nome di tale marchingegno, con il quale viene ricordata al genitore la presenza del figlio, è Child Presence Sensor. In maggio mi sono recata a Reggio Emilia a visitare un’acetaia famosa per la produzione del­l’autentico aceto balsamico tradizionale, dove l’aggettivo tradizionale fa la differenza perché significa che è davvero “invecchiato” almeno dodici anni e non è stato reso “balsamico” nel giro di una nottata attraverso l’aggiunta di caramello. Prima di allora non conoscevo niente della storia e della modalità di produzione dell’aceto che, apprese entrambe in quella circostanza, hanno fatto volare la mia immaginazione. Uno dei titolari dell’azienda visitata era divenuto padre neppure un anno prima e raccontava di aver allestito una batteria formata delle cinque classiche botticelle di diversa misura e di diverso legno proprio in occasione della nascita del figlio, come d’abitudine in famiglia, contrassegnandola con le iniziali del piccolo. Durante gli anni in cui il bambino crescerà in casa l’aceto acquisterà personalità sempre maggiore nel silenzio della soffitta, affidato anch’esso a [continua ..]


2. L’ascolto in Tribunale

A quelle appena descritte si aggiungono altre due immagini, questa volta colte nella mia attività professionale, relative a uno stesso bambino, diventato poi adolescente, che ho potuto osservare e ascoltare nelle aule del Tribunale come difensore del padre nel giudizio di separazione dalla madre. Matteo ha fatto la sua prima esperienza delle aule giudiziarie quando aveva appena cinque anni perché proprio a quell’età venne ascoltato, insieme alla sua tata, dal Presidente del Tribunale che così poté acquisire informazioni sulle sue condizioni di vita e sulle sue abitudini prima di adottare provvedimenti provvisori ed urgenti all’inizio del giudizio di separazione dei genitori. Matteo è tornato in Tribunale all’età di dodici anni perché nei sette anni trascorsi dal primo al secondo ascolto i suoi genitori hanno continuato ad impegnarsi reciprocamente nella battaglia legale che ha accompagnato la crescita del figlio. Il giudice istruttore del medesimo giudizio di separazione ha ascoltato di nuovo Matteo prima di decidere se modificare il regime di affidamento, da esclusivo al padre, come era sempre stato sino ad allora, in “condiviso” a favore di entrambi i genitori, come non aveva mai cessato di chiedere la madre. Dopo il suo primo ascolto da bambino Matteo, infatti, era stato affidato al padre, decisione que­sta confermata dopo qualche mese anche all’esito di un accertamento peritale e ribadita successivamente, dopo qualche anno ed un secondo accertamento peritale. Dopo il suo ascolto da dodicenne Matteo è stato affidato ad entrambi i genitori, pur continuan­do a vivere col padre. L’impressione che ho avuto ascoltando quel ragazzo, che avevo visto bambino, è che in questa seconda occasione Matteo abbia espresso un bisogno riparativo nei confronti della madre. In quel suo riconoscere di aver piacere nello stare sia con il padre che con la madre e di considerare propria abitazione sia la casa paterna che quella materna Matteo ha forse tentato, da gran­de, di fare i conti con i propri sensi di colpa per aver, da piccolo, “preferito” un genitore all’altro. Mi rimane forte il dubbio che oggi Matteo possa sentirsi in colpa col padre, contrario alla modifica del regime di affidamento, e mi domando quando Matteo potrà sentirsi libero di vivere la sua vita senza sentirsi responsabile di [continua ..]


3. Il significato dell’ascolto della persona minorenne da parte del giudice

Il fil rouge che lega queste tre immagini nella mia mente è rappresentato dal fatto che tutte evocano interrogativi circa l’esigenza di un bambino di essere ascoltato da parte dei genitori e le fun­zioni surrogatorie che mette in campo la giustizia quando tali capacità sono affievolite o completamente assenti. Credo che sia necessario non enfatizzare la positività dell’ascolto da parte del giudice che rimane un rimedio, sia pur necessario, rispetto all’incapacità che i genitori hanno dimostrato di ascoltare i bisogni del figlio, in corrispondenza a una fase particolarmente complessa della loro vita quale è la separazione. Ascoltare un figlio da parte di un genitore ha un significato ben più ampio di quello racchiuso nell’ascolto da parte del giudice: non significa certo, o non significa solo, ascoltare le sue parole ma comprendere i suoi bisogni, ivi compreso talora il bisogno di tacere, di non esporsi con una presa di posizione, di avere il tempo di crescere secondo i ritmi propri dell’infanzia e non secondo le esigenze degli adulti di riferimento. Se i genitori sono (momentaneamente) incapaci di condividere un’unica immagine del figlio e di individuare scelte esistenziali comuni per lui e nel suo interesse, ossia di esercitare un’effet­tiva responsabilità genitoriale nei suoi confronti, è riconosciuto al figlio il diritto di essere ascoltato da un terzo – il giudice – che deve decidere per lui al posto dei genitori. Se nella fisiologia della vita familiare il figlio partecipa ormai attivamente e dialetticamente al modello educativo posto in essere dai genitori considerato che, per l’art. 315 bis c.c., «ha il diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni», nella “patologia” conseguente alla disgregazione familiare il figlio, nel conflitto dei genitori su di lui, è chiamato a partecipare alla formazione del convincimento del giudice. Pertanto, come prima conclusione, direi che il diritto del minorenne ad essere ascoltato dal giudice è un diritto di “secondo livello”, quando quello primario e fisiologico che ha ogni figlio – di essere ascoltato nell’ambito della propria famiglia dai sui [continua ..]


4. La “restituzione”: un momento dell’ascolto tanto necessario quanto dimenticato

L’ulteriore domanda da porsi è a questo punto: quando il minore è stato ascoltato ed esce dalla stanza del giudice, quale uso questi deve fare di quanto ha ascoltato/osservato? In Toscana nell’ambito dell’AIAF Toscana abbiamo elaborato sin dall’anno 2010 un protocollo specifico per il diritto di famiglia con un allegato tutto dedicato all’“Ascolto della persona minorenne” che abbiamo proposto a tutti i Presidenti dei Tribunali del distretto toscano [3]. In esso abbiamo previsto che l’ascolto da parte del giudice si articoli in tre fasi l’ultima delle quali è volta ad una sorta di “restituzione” ai genitori, che hanno atteso in corridoio, del risultato dell’ascolto del loro figlio (avvenuto senza la presenza dei genitori, fra il giudice ed il ragazzo e alla presenza silente degli avvocati). A mio parere questa fase è cruciale perché può restituire il figlio alla famiglia, può aiutare i genitori, distratti dalla loro sofferenza e dal conflitto, a focalizzarsi sui bisogni del figlio, può restituire loro la capacità di riappropriarsi pienamente della capacità di decidere per la propria famiglia. La funzione del giudice terzo che ascolta il figlio, formalizzando con la sua autorevolezza quel forzato processo di adultizzazione posto di fatto in essere dai genitori, in qualche modo crea una sorta di sua separazione dai genitori attraverso il riconoscimento di una sua autonomia. La fase di “restituzione” rappresenta una fase di passaggio importante per responsabilizzare nuovamente i genitori a riprendersi con il figlio la capacità di pensare a lui. Se ciò non accade il rischio è che si verifichi ciò che è successo, a mio parere, a Matteo, il bambino di cui ho appena scritto: sentirsi complice di una decisione presa da un terzo estraneo alla famiglia vissuta come contraria ad uno dei genitori. Una problematica simile, sia pur con profili e ricadute molto diverse, l’affronta chi segue bambini in psicoterapia. Brigitte Allain Dupré, al Convegno tenutosi a Lucca nel 2004 dal titolo “Il Bambino Ascoltato” [4], riconosceva di essersi ritrovata spesso in una situazione etica complessa, in quanto analista di bambini, evidenziando come la parola libera del bambino rivolta all’analista adulto attento rischia di accentuare il fossato che [continua ..]


NOTE