Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Convivenza delle diversità e universalità dei diritti: antiche e nuove forme di tutela (di Bruno Barel. Avvocato, professore di Diritto dell’Unione europea nell’Università di Padova)


L’autore partendo dalla fotografia della situazione demografica della popolazione italiana residente, in continua diminuzione e sempre più anziana, analizza come a partire dalla nascita dello Stato moderno si sia affermato un nuovo modello di organizzazione politica della società umana. Osserva come si sia arrivati ad una progressiva nazionalizzazione dei metodi per regolare le questioni transnazionali relative agli individui e come in questo contesto il ruolo del giudice interno nella disciplina di situazioni transnazionali sia diventato decisivo per attivare e governare l’interazione fra ordinamento italiano e ordinamenti stranieri e come il limite dell’ordine pubblico rappresenti lo strumento più efficace, flessibile e sensibile per un bilanciamento in concreto dei valori sottesi alla regolazione giuridica. Si arriva infine all’analisi della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 12193/2019, che apre nuovi spazi ad un’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata della disciplina interna sull’adozione in casi particolari.

Starting from an overview of the demographic situation of Italy’s continuously diminishing and increasingly aging resident population, the author analyzes how, starting from the birth of the modern State, a new model of political organization of human society has asserted itself. He observes that we have arrived at a gradual nationalization of methods for regulating transnational issues relating to individuals; that, in this context, the role of judge within the discipline of transnational situations has become decisive for activating and governing the interaction between the Italian and foreign legal systems; and that, in this setting, the limit of public order is the most effective, flexible, and sensitive tool for tangibly balancing the values underlying juridical regulation. He ends with an analysis of decision no. 12193/2019 of the United Sections of Corte di Cassazione, which offers new space for an evolutionary and constitutionally oriented interpretation of domestic discipline on adoption in special cases.

SOMMARIO:

1. Uno sguardo alla società italiana - 2. La convivenza delle diversità: nonna Lucy - 3. Le basi del sistema italiano di regolamentazione delle diversità - 4. (Segue). L’architettura del sistema italiano - 5. La tutela dei diritti fondamentali - 6. L’ordine pubblico internazionale: dalla filiazione intenzionale a nuovi orizzonti dell’ado­zione da parte dei single - NOTE


1. Uno sguardo alla società italiana

La demografia dà una rappresentazione fedele non solo del presente ma anche dei trend e del futuro a lungo termine; rappresenta perciò un riferimento imprescindibile quando ci si interroghi sulle possibili linee evolutive della legislazione in materia di adozione. La società italiana sta vivendo profondi cambiamenti, in parte propri ed in parte indotti da quelli che avvengono nel più ampio contesto internazionale. La popolazione residente sta diminuendo, nonostante il saldo migratorio con l’estero ampiamente positivo, e sta invecchiando. Calano i matrimoni, diminuisco costantemente le nascite. Secondo le più recenti elaborazioni rese note dall’Istat, riferite al 1° gennaio 2019 [1], la popolazione residente è stimata in 60.391.000 unità, oltre 90.000 in meno sull’anno precedente (– 1,5 per mille), in costante calo da vari anni. Nell’Unione europea l’Italia è al 22° posto nella graduatoria decrescente, ben al di sotto della media. La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55.157.000 unità (– 3,3 per mille), mentre gli stranieri residenti sono 5.234.000 (+ 17,4 per mille) e rappresentano l’8,7% della popolazione totale. Gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2018 erano 5.144.440 di cui 2.471.722 maschi e 2.672.718 femmine. Calano le nascite: nel 2018 sono state 449.000, 9.000 in meno del 2017 e minimo assoluto per l’Italia. Il calo è di 128.000 nascite rispetto al 2008. Continua a calare anche l’indice di fecondità: la stima del tasso di fecondità totale per il 2018 si attesta su una media di 1,32 figli per donna, in linea con il 2017, al livello più basso nell’Unione insieme alla Spagna: valore sensibilmente inferiore alla cosiddetta “soglia di rimpiazzo” pari a 2,1 figli per donna, che garantirebbe il ricambio generazionale. L’età media al parto continua a crescere: nel 2018 ha superato la soglia di 32 anni, inferiore nell’Unione europea solo a Spagna e Irlanda. Tra i cittadini italiani continuano a essere più numerose le partenze dei ritorni; nel 2018 risultano 47 mila rimpatri e 120 mila espatri. Meno i giovani, più i vecchi. Aumenta la speranza di vita alla nascita, e di riflesso l’indice di vecchiaia, ossia il rapporto tra gli anziani (65 anni e [continua ..]


2. La convivenza delle diversità: nonna Lucy

2.300.000 anni fa, in Etiopia, è vissuta Lucy, una nostra antenata. Era una donna, e probabilmente aveva una convivenza more uxorio con un giovane uomo, originario anch’egli di quelle parti, dato che ha avuto una notevole discendenza. Aveva – ci informa la paleoantropologia – un DNA simile al nostro al 99%. Hanno camminato molto, i discendenti di Lucy, per sopravvivere, cercando cibo e acqua. Hanno – diremmo oggi – girato il mondo. Si muovevano in piccoli gruppi, per aiutarsi a sopravvivere, si capivano un po’, con gesti e suoni gutturali. Qualcuno si fermava, qualcun altro proseguiva. E il loro vissuto diventava sapere. Il loro fare, artigianato. La loro conoscenza della natura, regola orale tramandata, consuetudine. Fin dal primo giorno fu convivenza. Dal secondo, diversità. Diversità come esito delle interazioni fra piccole comunità migranti e luoghi diversi del mondo, come esito della elaborazione delle informazioni ricevute e delle risposte cercate a domande essenziali. L’identità delle piccole comunità di appartenenza era il noto rispetto all’ignoto, la sicurezza rispetto al pericolo, era un bagaglio di informazioni indispensabile per sopravvivere. L’idea del sacro divenne collante e insieme chiave di interpretazione della vita e del mondo. Piano piano il mondo si è rimpicciolito. La comunità si sono ravvicinate, incontrate, hanno cercato di far valere o di conciliare i rispettivi interessi. Un altro livello di diversità, quello che si veniva a creare tra differenti comunità: non nella definizione della propria identità, ma nella relazione con altre identità, tra difesa della propria identità ed evoluzione grazie al confronto. La convivenza delle diversità ha assunto col tempo una duplice dimensione: quella dei rapporti tra comunità, divenute col tempo Stati sovrani, e quella dei rapporti interindividuali. L’una è stata per lungo tempo rimessa all’incontro/scontro fra enti sovrani e così ai rimedi del diritto inter nationes. L’altra, ben messa in evidenza dal Savigny, ha spostato l’attenzione sul piano dei rapporti fra individui, che, nella misura in cui avessero legami con un determinato ordinamento statuale, necessitavano di regolazione giuridica. Matrice comune divenne la sovranità [continua ..]


3. Le basi del sistema italiano di regolamentazione delle diversità

Con la nascita dello Stato moderno si è affermato un nuovo modello di organizzazione politica della società umana, fondato sui tre elementi costitutivi del territorio, in grado di fornire alla comunità le risorse necessarie per garantirsi un’autonomia economica e militare, della popolazione, tendenzialmente stanziata sul territorio e qualificata in base al possesso dei requisiti stabiliti per la cittadinanza, e della sovranità, intesa come potere esclusivo di governare il territorio e la popolazione. Ciò ha determinato la progressiva nazionalizzazione dei metodi per regolare le questioni transnazionali relative agli individui: conflitti di leggi e di giurisdizioni e riconoscimento dei provvedimenti stranieri venivano affrontati e risolti autonomamente dai vari Stati. Nel XIX secolo gli studi di F.K. von Savigny hanno portato ad una vera e propria rivoluzione copernicana nell’approccio utilizzato per risolvere i conflitti di legge, in precedenza caricati di una connotazione politica al punto che erano esaminati prevalentemente in chiave di conflitto di sovranità. Le teorie di Savigny sovvertivano questa impostazione, rielaborandola in chiave di conflitto di interessi privati. Partendo dall’osservazione che lo Stato non ha necessariamente interesse ad applicare la propria legge alle fattispecie che contengono elementi di estraneità rispetto al proprio ordinamento, con l’eccezione delle leggi di polizia, il grande giurista tedesco osservava che la legge applicabile al rapporto deve essere scelta non per una forma di rispetto verso il legislatore che l’ha emanata, ma esclusivamente in funzione della soluzione più conveniente al rapporto da regolare, in funzione di interessi prettamente privati. Nei successivi decenni, specialmente in Italia, Francia e Germania, si è sviluppato un acceso dibattito dottrinale su alcune questioni di ordine generale, quali il carattere universale o particolare delle soluzioni ai conflitti di leggi, la vocazione internazionalistica o nazionalistica delle norme di conflitto, la prevalenza dei criteri personali o di quelli territoriali. In un primo momento prevalsero le teorie universalistiche, il cui denominatore comune consiste nel fatto che postulano l’uniformità delle soluzioni ai problemi dei conflitti di leggi in tutti i Paesi, mediante il ricorso a [continua ..]


4. (Segue). L’architettura del sistema italiano

L’ordinamento italiano, dopo la riforma organica del “sistema” di conflitto ad opera della legge fondamentale n. 218/1995, perimetra l’ambito di operatività della giurisdizione italiana a situazioni e rapporti considerati rilevanti per gli interessi del Paese; ricorre poi all’applicazione alternativa della legge interna o di leggi straniere, su un piano di pari dignità fra loro, continuando a privilegiare il legame di cittadinanza per gli aspetti personali e familiari, salvo surrogarlo con quello della residenza comune per evitare discriminazioni di genere, mentre affida alla volontà delle parti la scelta della legge per l’area contrattuale si rimette per il resto alla localizzazione dei rapporti e fatti secondo criteri di matrice territoriale. Apre inoltre i confini dello spazio giuridico interno alla circolazione delle decisioni giudiziarie straniere, limitando al minimo il filtro giudiziario italiano. Questa non comune apertura ai valori giuridici stranieri – siano essi espressi da norme o da atti giudiziari – non condizionata oltretutto a reciprocità, è controbilanciata – per salvaguardare i valori inderogabili propri del Paese – dall’operatività del limite dell’ordine pubblico, affiancato nel corso del tempo dall’istituto di matrice dottrinale delle norme interne di applicazione necessaria, atte a regolare anche situazioni transnazionali precludendo in radice ogni spazio di applicazione a regole straniere. La portata del limite dell’ordine pubblico, per sua natura mutevole nel tempo, è stata progressivamente compressa, principalmente da tre fattori: la Costituzione; il diritto internazionale; il diritto dell’Unione. La Costituzione ha esteso la tutela dei diritti umani fondamentali a tutti gli individui, anche non cittadini, con un progressivo svuotamento della condizione di reciprocità posta dall’art. 16 disp. prel. cod. civ. e con l’affermazione positiva del principio di non discriminazione in base al sesso, neppure sul piano della disciplina della cittadinanza e del sistema di conflitto. Inoltre, il novellato art. 117 Cost. ha assegnato rango superlegislativo, seppure subcostituzionale, al diritto internazionale e al diritto dell’Unione. Il diritto internazionale, dal canto suo, si è arricchito di convenzioni internazionali dedicate [continua ..]


5. La tutela dei diritti fondamentali

Il principale punto d’incontro delle diverse direttrici di interazione tra diritto sovrannazionale e diritto statuale è certamente quello della individuazione e tutela dei diritti umani, della universalità dei diritti. Si colgono in questo processo alcune linee di tendenza che meritano almeno un cenno: a)  alla tutela statale si affianca quella internazionale, che da un lato orienta e presidia l’effetti­vità di quella statale, dall’altro lato appresta rimedi aggiuntivi, seppure ancora fragili (come il ricorso in extremis alla Corte EDU); b)  la tutela statale è esercitata in modo diffuso, con valorizzazione del ruolo di ciascun giudice nazionale, al quale si dirigono regole e princìpi con la forza propria delle loro fonti e con l’au­torevolezza dell’interpretazione datane da Corti sovrannazionali; c)  il giudice nazionale è chiamato sempre più ad operare come giudice costituzionale, non solo nel senso che interagisce con la Corte costituzionale mediante rinvio di legittimità costituzionale ma soprattutto nel senso che si trova ad applicare direttamente princìpi generali e spesso generici, di matrice sovrannazionale, facendoli prevalere su eventuali disposizioni puntuali difformi; d)  uno spazio importante di tutela immediata ed incisiva dei diritti fondamentali è offerto proprio dall’utilizzazione dell’ordine pubblico internazionale, non solo come limite negativo al­l’applicazione in Italia di regole incompatibili con i valori italiani ma anche come limite positivo nel senso che consente l’applicazione in via sostitutiva di princìpi e regole italiani, con modalità che spesso tendono ad evitare una netta alternatività e a costruire un intreccio normativo peculiare tra princìpi italiani e tessuto normativo proprio della legge straniera richiamata.


6. L’ordine pubblico internazionale: dalla filiazione intenzionale a nuovi orizzonti dell’ado­zione da parte dei single

Il ruolo del giudice interno nella disciplina di situazioni transnazionali è dunque decisivo per attivare e governare l’interazione fra ordinamento italiano e ordinamenti stranieri e in quel con­testo il limite dell’ordine pubblico rappresenta lo strumento più efficace, flessibile e sensibile per un estremo bilanciamento in concreto dei valori sottesi alla regolazione giuridica. Concorrono a potenziare il ruolo riservato al giudice interno vari fattori: a)  la circostanza che la legge (art. 16, l. n. 218/1995) focalizza il controllo di compatibilità con l’ordine pubblico agli effetti dell’applicazione del diritto straniero in Italia, non già al diritto straniero in sé e per sé, nella sua astratta configurazione; b)  il potere del giudice di modellare le conseguenze dell’operatività dell’ordine pubblico, specialmente quando il disvalore sia ravvisato non in disposizioni espresse del diritto straniero richiamato bensì da lacune normative. Valga per tutti l’esempio della filiazione naturale, generalmente priva di riconoscimento giuridico nei Paesi islamici, in contrasto con i nostri princìpi di unicità dello stato di figlio: qui si reagisce all’inaccettabile discriminazione derivante dal diritto straniero attingendo, piuttosto che al diritto interno straniero, al diritto straniero relativo alla filiazione legittima, evitando oltretutto per questa via una possibile discriminazione nel trattamento riservato a fratelli stranieri; c)  il margine interpretativo nel far operare l’interazione fra ordine pubblico e norme di applicazione necessaria, dato che le seconde, nelle più recenti indicazioni del legislatore, non appaiono propriamente configurate come alternative e preferenziali rispetto a quelle straniere richiamate, bensì come fattore di rivisitazione della disciplina straniera, da applicare nella massima misura possibile; d)  l’incidenza del diritto sovrannazionale nella configurazione dei princìpi di ordine pubblico, come nel caso della Convenzione dell’Aja del 1993 sull’adozione di minori, che la consente anche a single. Nel corso del tempo vi è stata un’evoluzione marcata nel modo di intendere l’ordine pubblico, in una direzione che – col linguaggio corrente – appariva sempre meno [continua ..]


NOTE