Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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L'esecuzione dei provvedimenti relativi all'esercizio del diritto di visita e di collocamento (di Federica Di Benedetto, Avvocata in Pescara, Presidente AIAF Abruzzo, Tesoriere AIAF)


Il sistema normativo come oggi concepito è in grado di rispondere effettivamente alla richiesta di attuazione e di esecuzione dei provvedimenti, resi nelle controversie di diritto di famiglia, che non attengano al pagamento di somme di danaro? L’articolo offre una disamina, anche storica, dell’attuale quadro e delle soluzioni possibili, onde garantire il funzionamento del sistema della bi-genitorialità.

Is the regulatory system as conceived today capable of effectively responding to the demand for implementing and enforcing the measures, rendered in family law disputes, that do not relate to the payment of sums of money? The article offers an examination and a historic analysis of the current framework and of the possible solutions in order to guarantee the functioning of the two-parent system.

Keywords: incoercibility – protective judge – custody – non-custodial parent.

SOMMARIO:

1. La coercibilità dei provvedimenti che disciplinano il diritto di visita e di collocamento del minore - 2. L’art. 709 ter come strumento di attuazione - 3. Conclusioni - NOTE


1. La coercibilità dei provvedimenti che disciplinano il diritto di visita e di collocamento del minore

Una delle maggiori criticità del sistema normativo del diritto di famiglia è rappresentata, sicuramente, dalla incoercibilità degli obblighi derivanti dai provvedimenti attuativi del c.d. diritto di visita genitoriale ma, anche, del collocamento dei figli minori. La categoria delle misure coercitive indirette – ovvero infungibili – non è nuova nel nostro ordinamento giuridico, atteso che il legislatore ha dovuto sperimentare innovazioni normative, al fine di prevedere ipotesi di attuazione coattiva anche di obbligazioni a carattere infungibile. Ci si riferisce, in particolare, agli artt. 18 e 28, l. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), all’art. 156, l. 22 aprile 1991, n. 633, relativa alla protezione del diritto d’autore, agli artt. 124 e 131, d.lgs. n. 30/2005, concernenti i diritti di proprietà industriale, all’art. 140, d.lgs. n. 206/2005 (codice del consumo), art. 37, d.lgs. n. 198/2006 (codice delle pari opportunità tra uomo e don­na) e all’art. 709 ter c.p.c. per quanto più specificatamente al diritto familiare, anche se con tutti i limiti che la norma ha evidenziato nella sua applicazione e che andremo ad approfondire. Molto frequentemente ci imbattiamo nell’inadempimento, ripetuto, da parte dei genitori che, disattendendo il provvedimento dell’autorità, frappongono ostacoli al diritto dell’altro genitore di incontrare il figlio minore, e, quindi, sostanzialmente violando il diritto facente capo al figlio minore stesso che deve incontrare il proprio genitore, ovvero all’inadempimento dell’altro genitore che non esercita il proprio diritto, pur al medesimo riconosciuto dall’autorità, ovvero lo esercita secondo modalità non conformi al provvedimento stesso. Negli anni si sono succedute diverse posizioni giuridiche dalle quali è importante ripartire. Una parte della dottrina aveva espresso dubbi sull’eseguibilità pratica dei provvedimenti in questione, mentre altra parte aveva, invece, ritenuto che, al fine di ottenere l’adempimento, fossero applicabili le forme tipiche dell’esecuzione forzata per consegna di bene mobile ai sensi del­l’art. 605 c.p.c. La Cassazione ha sempre ritenuto entrambe le soluzioni inaccettabili, e, in un primo momento, ha ritenuto plausibile l’applicazione della disciplina dettata per l’esecuzione degli obblighi di fare ai [continua ..]


2. L’art. 709 ter come strumento di attuazione

Questa grave situazione di incertezza non è cambiata neppure quando è stato introdotto l’at­tuale art. 709 ter c.p.c. [4] che ha previsto un potere di modifica ex post dei provvedimenti di affidamento, assieme a consistenti strumenti di coercizione indiretta a tutela (anche) della parte affidataria e che, in quanto riferito espressamente alle controversie sulle “modalità di affidamento” e ad atti che, comunque, «ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamen­to», si presta ad esser applicato anche al tema specifico dell’esecuzione, anche perché espressamente accompagnato da una disposizione diretta a renderlo di applicazione tendenzialmente generale: l’art. 4, 2° comma, l. n. 54/2006, che ha introdotto l’art. 709 ter, recita testualmente: «Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati». Solo che, di nuovo, il legislatore non ha voluto occuparsi espressamente delle forme e delle modalità di esecuzione coattiva dei provvedimenti di affidamento. Si è persa, così, l’ennesima occasione per dettare una disciplina univoca dell’esecuzione di tali provvedimenti, di un loro momento essenziale, rispetto al quale la norma è silente, e si è voluto dare preferenza alle misure di coercizione indiretta, trascurando quelle ad esecuzione diretta. Alla luce delle nostre premesse dobbiamo ritenere che, ad oggi, sussista un unico meccanismo processuale di esecuzione dei provvedimenti di affidamento dei minori, costituito da una meno formale, ma più efficace, “attuazione” affidata al giudice che ha emesso il provvedimento, cui spetta la determinazione, anche a tergo e con eventuali modifiche al provvedimento stesso, delle relative modalità. Per giustificare tale scelta legislativa, ovvero non scelta, dobbiamo affermare che, all’interno dei provvedimenti di affidamento, convivono contrapposti tra loro, ma uniti allo stesso tempo, diritti soggettivi di rango costituzionale in capo all’uno ed all’altro genitore ma, soprattutto, che il principale interesse da rispettare ed assicurare sia quello, di rango legislativamente sovraordinato, del minore. Tale principio ispiratore del [continua ..]


3. Conclusioni

Le aspettative di quanti attendono una soluzione alla difficile tematica rimarranno sostanzialmente deluse. Il tema della esecuzione dei provvedimenti in tema di famiglia, e soprattutto di minori, invero, investe necessariamente la conoscenza di diritto sostanziale, processuale civile e di diritto penale. In tale materia vi sono interessi profondamente conflittuali con problemi che allo stato attuale non risultano risolvibili perché il legislatore ha omesso di intervenire sul punto. Già con sentenza del lontano 1987 la Corte costituzionale, pur se con una pronunzia di inammissibilità, dichiarò l’assoluta peculiarità della natura delle esecuzioni sui minori e l’assoluta inadeguatezza dei mezzi a disposizione. Sin da allora veniva sollecitato il legislatore ad intervenire. In queste procedure il minore è soggetto-oggetto al contempo. Per tale motivo l’attuazione concreta del provvedimento, espressione più corretta rispetto a quella di esecuzione, richiede accortezze particolari. Vi è la necessità certamente di una attuazione celere, altrimenti diverrebbero inefficaci i provvedimenti, ma essi non possono essere eseguiti causando traumi ed occorre la collaborazione del minore. Il genitore collocatario deve svolgere una attività di forte persuasione del minore al fine di rendere attuabile il provvedimento. La collaborazione di quest’ultimo è sempre scarsa e non adeguata, quando in non rari casi inesistente. Ovviamente l’attuazione del provvedimento dipende anche dalla età del minore e dalla sua capacità di discernimento. La Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989 (convertita in legge nel 1991) ha imposto l’obbligo di ascoltare il minore capace di discernimento. L’obbligo è ripreso dalla Convenzione di Strasburgo e dall’art. 155 sexies (introdotto dalla l. n. 54/2006). La Cassazione con la nota pronunzia n. 6312/1999 ha statuito che, ogniqualvolta il minore manifesta sentimenti di ostilità nei confronti del genitore, il giudice deve sospendere gli incontri, indipendentemente dalle cause, dalle responsabilità dei genitori e dalle motivazioni addotte dal minore: «Ciò che conta è tutelare immediatamente il minore salvo verificare in altra sede la responsabilità del genitore a livello individuale: in piena realizzazione della Teoria puerocentrica». A questo [continua ..]


NOTE