Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Diventare mediatore familiare: competenze, formazione e deontologia dell'avvocato (di Cecilia Fraccaroli, Avvocata in Milano)


La mediazione familiare è riconosciuta a livello internazionale quale strumento fondamentale per la composizione dei conflitti legati alla crisi della famiglia, a tutela e protezione anzitutto dei minori di età coinvolti. La c.d. Riforma Cartabia ha attuato un vero e proprio cambiamento culturale in materia di diritto di famiglia, riconoscendo espressamente uno spazio alla mediazione familiare all’interno del nuovo rito unico, celebrato innanzi ad un Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie. La mediazione familiare va intesa come un percorso di riorganizzazione della relazione tra le parti nel difficile momento della transizione tra relazione affettiva di coppia che si interrompe e mantenimento della relazione genitoriale. Si tratta di uno strumento tecnico, connotato da caratteri specifici ed imprescindibili, quali l’autonomia dal giudizio, la terzietà del mediatore e la riservatezza. Anche la formazione del mediatore familiare deve oggi rispondere a specifiche indicazioni normative, al fine di garantire ai fruitori specifica competenza e professionalità. Un ruolo fondamentale svolgono le Associazioni professionali di categoria; in Tribunale i cittadini troveranno infatti appositi elenchi di mediatori familiari, la cui formazione è oggi possibile certificare. È recentissima, infine, l’entrata in vigore – dal 15 novembre 2023 – del decreto interministeriale che disciplina nel dettaglio, finalmente, l’attività del mediatore familiare, preannunciato all’art. 12-sexies disp. att. c.p.c.

Family mediation is internationally recognized as a fundamental tool for settling the conflicts connected to family crisis, in order to protect and safeguard the children involved above all. The so-called “Cartabia reform” has implemented a genuine cultural change in family law, expressly recognizing a space for family mediation within the new, single trial held before a single court for people, juveniles, and families. Family mediation is to be understood as a path for re-organizing the relationship among the parties during the difficult moment of transition between the intimate couple relationship that has been broken and maintenance of the parental relationship. It is a technical instrument with specific, indispensable traits, such as independence from judgment, a third-party mediator, and confidentiality. The family mediator’s training must also respond to specific regulatory indications, in order to guarantee users specific competence and professionalism. A fundamental role is played by the professional associations; in fact, in Court, citizens will find lists of family mediators, whose training can now be certified. The Interministerial Decree went into effect quite recently, (15 November 2023), finally regulating in detail the activity of the family mediator as anticipated in art. 12-sexies of the implementing provisions of the Italian Code of Civil Procedure.

SOMMARIO:

1. L’affermazione della mediazione familiare nel contesto italiano ed il quadro normativo interno - 2. Il quadro normativo internazionale - 3. Che cos’è la mediazione familiare. Definizione, finalità ed obiettivi in sintesi - 4. La figura del mediatore familiare nel quadro della specifica normativa della materia - 5. La formazione del mediatore familiare in concreto: il decreto del Ministero delle imprese e del Made in Italy del 27 ottobre 2023, n. 151 - 6. La deontologia del mediatore familiare - 7. L’avvocato che diventa mediatore: deontologia - 8. Note giurisprudenziali: microconflittualità e mediazione - NOTE


1. L’affermazione della mediazione familiare nel contesto italiano ed il quadro normativo interno

«La mediazione fa bene ai bambini. È una pausa, una boccata d’aria all’interno dei conflitti delle coppie che si separano. È un momento di riflessione sulla crisi all’interno di una contesa. Ed è un’occasione per risolverla ponendo al centro i diritti di bambini e ragazzi. La mediazione insegna agli adulti a “litigare bene”, per alleggerire e superare il conflitto nella direzione del superiore interesse del minore. (…) È necessario convincersi che la mediazione non è solo un istituto, ma soprattutto un “prerequisito culturale”.» (F. Albano, già Autorità Garante per l’Infan­zia e l’Adolescenza). La mediazione familiare è uno strumento nato alla fine degli anni ’30 negli Stati Uniti, diffuso anzitutto nei Paesi di Common Law e di qui, negli anni ’70 ed ’80, anche in Europa ed in Italia, dove ha ottenenuto progressiva valorizzazione. In Italia, in particolare, questo particolare strumento di composizione dei conflitti si è diffuso a partire dai primi anni Ottanta [1]. Nel 1987 Fulvio Scaparro e Irene Bernardini – che da anni lavoravano in qualità di esperti presso il Tribunale di Milano – hanno fondato l’Associazione GeA Genitori Ancòra, tutt’ora attiva sia come Centro di mediazione, sia come scuola di formazione alla mediazione familiare. Nel 1989 è stato aperto il primo servizio pubblico italiano di mediazione familiare, attivato dall’As­sociazione GeA per il Comune di Milano; nel 1995 sono nate le prime due Associazioni a livello nazionale per la mediazione familiare, SIMeF e AIMS. Il mediatore familiare era un professionista che già doveva aver seguito un percorso formativo realizzato dalle scuole di formazione in mediazione, le quali aderirono agli standard professionali e deontologici europei della Chartre Europeenne de la Formation des mediateurs familiaux dans le situations de divorce et séparation del 1992. I parametri formativi e deontologici furono poi ribaditi, in Europa, dal Forum Europeenne formation et recerche en mèdiation familiare del1997 e dal Code Europeenne des mèdateurs familiaux European Commission directorate General Justice and Home Affairs Bruxxeles del 2004 In particolare, la citata Charte Européenne del 1992 era stata realizzata da centri di formazione di tutta Europa [continua ..]


2. Il quadro normativo internazionale

Sul piano internazionale la mediazione familiare è da tempo riconosciuta e valorizzata quale prezioso strumento di prevenzione e risoluzione dei conflitti intrafamiliari; né è valorizzata la funzione di tutela dei minori di età coinvolti nelle controversie. Con riguardo alle fonti di diritto internazionale riferite alla mediazione familiare deve anzitutto essere menzionata la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, adottata a Strasburgo nel 1996 e ratificata dall’Italia con l. n.77/2003, ed in particolare l’art. 13 della citata Convenzione che dispone «Al fine di prevenire o di risolvere i conflitti, e di evitare procedimenti che coinvolgano minori davanti ad un’autorità giudiziaria, le Parti incoraggiano il ricorso alla mediazione e a qualunque altro metodo di soluzione dei conflitti atto a concludere un accordo, nei casi che le Parti riterranno opportuni». Tra i precedenti riferimenti normativi rilevanti, in Europa, vi è la Raccomandazione Europea n. 98 del 21 gennaio 1998 sulla Mediazione familiare, con cui già si raccomandava ai Governi degli Stati membri di introdurre o promuovere la mediazione familiare. Rilevanti anche il Libro verde COM n. 196/19 aprile 2002 sui Metodi alternativi di risoluzione dei conflitti di diritto civile e commerciale, nonché la Convenzione sulle relazioni personali che riguardano i fanciulli, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 15 maggio 2003, in particolare l’art. 7 di tale Convenzione. Ancora, tra le fonti comunitarie, in ordine cronologico ricordiamo il noto Regolamento europeo n 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 (c.d. Bruxelles II-bis) relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, il quale nell’art 55 rubricato “cooperazione nell’ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale” prevedeva: le autorità centrali cooperassero (…) per facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o con altri mezzi, agevolando a tal fine la cooperazione transfrontaliera tra Stati. Il predetto Regolamento, come noto, è stato sostituito a decorrere dal 1° agosto 2022 in tutti i Paesi dell’Unione eccetto la Danimarca dal nuovo Regolamento adottato il 25 [continua ..]


3. Che cos’è la mediazione familiare. Definizione, finalità ed obiettivi in sintesi

La definizione ufficiale della mediazione, cristallizzata con il recente decreto interministeriale n. 151 del 27 ottobre 2023 (art. 2) è la seguente: «Il mediatore familiare è la figura professionale terza e imparziale, con una formazione specifica, che interviene nei casi di cessazione o di oggettive difficoltà relazionali di un rapporto di coppia, prima, durante o dopo l’evento separativo. Il mediatore opera al fine di facilitare i soggetti coinvolti nell’elaborazione di un percorso di riorganizzazione di una relazione, anche mediante il raggiungimento di un accordo direttamente e responsabilmente negoziato e con riferimento alla salvaguardia dei rapporti familiari e della relazione genitoriale, ove presente. La mediazione familiare è dunque uno strumento di gestione e potenziale risoluzione della crisi delle famiglie in vista o in seguito a separazione o divorzio, sia che si tratti di coppie coniugate che non, quando vi siano figli minori di età che devono essere salvaguardati dal potenziale dannoso coinvolgimento nel conflitto genitoriale. Il mediatore familiare, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale ed in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché padre e madre, insieme, elaborino in prima persona un programma di separazione – che tenga conto degli aspetti psicologici, relazionali, patrimoniali e organizzativi – soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale [4]. La finalità della mediazione familiare è quella di offrire ai genitori un contesto strutturato in cui, con l’aiuto del mediatore, gestire il conflitto, a vantaggio della capacità di negoziare accordi personali e adatti alla specificità della propria famiglia. Si tratta di un percorso relativamente breve (circa 10-12 incontri) il cui focus verte sulla ricostruzione di un canale di comunicazione tra i genitori, anche – ma non solo – per la negoziazione di accordi riferiti alla gestione dei figli. Obiettivi della mediazione familiare sono quelli di garantire la continuità dei legami genitoriali per il mantenimento di stabili e significativi rapporti dei figli con entrambi i genitori, nonché di incentivare la responsabilità congiunta nelle decisioni da prendere per i figli, evitando per quanto possibile di delegare a terzi tali decisioni. [continua ..]


4. La figura del mediatore familiare nel quadro della specifica normativa della materia

Definitiva regolamentazione della disciplina professionale del mediatore familiare, come detto, si è avuta con il decreto interministeriale n. 151/2023, in vigore dal 15 novembre 2023, intervenuto dopo che già la l. di riforma del 26 novembre 2021, n. 206 si è occupata esplicitamente della formazione e qualificazione dei mediatori familiari, con il disposto di cui all’art.1, comma 23, lettere o) e p). L’art. 12-sexies del Capo I-bis introdotto ex novo nel Titolo II delle disposizioni attuative del c.p.c., in attuazione delle disposizioni predette, disponeva infatti che «l’attività professionale del mediatore familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili siano regolate con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, nel rispetto delle disposizioni di cui alla l. 14 gennaio 2013 n. 4». In tale contesto è intervenuto il citato decreto n. 151/2023 sulla disciplina professionale del mediatore familiare. Il predetto decreto interministeriale 27 ottobre 2023 n. 151 ha introdotto, come preannuncia il suo titolo, il Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare, inscrivendolo in un quadro legislativo, nazionale e sovranazionale, che ricomprende gli interventi della Riforma Cartabia (in particolare il d. lgs. 149 del 10 ottobre 2022), la l. n.4/2013 in materia di professioni non riconosciute, la l. n.81/2017 in materia di misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, la l. n.49/2023 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, il cd. Codice del Consumo, il d.lgs. n. 13 del 16 gennaio 2013 che ha introdotto a livello nazionale un sistema unificato di certificazione delle competenze (esso individua regole generali che permettano di valutare in modo omogeneo il livello di competenza e conoscenza relativo ad ogni tipo di apprendimento, formale, non formale e informale, disponendo che la certificazione delle competenze all’esito dell’apprendimento sia competenza di appositi “enti titolati”), il Codice in materia di trattamento dei dati personali unitamente al Regolamento UE 2016/679 e al Regolamento CE n. 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di accreditamento e vigilanza del mercato. Detto Regolamento di cui al decreto 151/2023 fornisce finalmente una definizione precisa e [continua ..]


5. La formazione del mediatore familiare in concreto: il decreto del Ministero delle imprese e del Made in Italy del 27 ottobre 2023, n. 151

La recente riforma del diritto processuale della famiglia, entrata in vigore nel 2023, ha finalmente ed espressamente normato lo strumento della mediazione familiare e la relativa figura professionale del mediatore; in precedenza detta professione andava inquadrata solo nel­l’ambito della l. 14 gennaio 2013, n. 4, recante disposizioni in materia di professioni non organizzate, sulla base della quale il riferimento tecnico era alla normativa UNI 11644:2016. Tale norma tecnica aveva la finalità di omogeneizzare i programmi di formazione al fine di garantire un livello qualitativo adeguato alla delicatezza della materia trattata. La l. 26 novembre 2021 n 206 (ed in applicazione di essa il d.lgs. n. 149/2022) nel prevedere l’istituzione, presso ciascun Tribunale, di un elenco dei mediatori familiari iscritti presso le associazioni del settore, ha disposto che i mediatori familiari siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori, di violenza contro le donne e di violenza domestica [9]. Oggi, il percorso formativo del mediatore familiare è regolato nel dettaglio con il decreto n.151/2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) recante il Regolamento sulla disciplina del mediatore familiare. Si tratta dello stesso standard della norma tecnica UNI; non è tuttavia richiamata nel citato decreto detta normativa tecnica UNI n. 11644/2016 (che rappresentava il riferimento più completo ed articolato, insieme all’Atlante per il Lavoro, rispetto al profilo del mediatore familiare, alla sua attività e al percorso formativo per acquisire il livello di professionalità necessario per l’iscrizione alle associazioni di categoria descritte dalla l. n.4/2013): ciò va verosimilmente imputato alla natura volontaria di tale norma, che la rende insuscettibile di essere fatta valere erga omnes, esplicando appunto i suoi effetti solo nei confronti di coloro che volontariamente scelgono di aderire all’Ente che l’ha definita. Anzitutto, il citato decreto del MIMIT fissa all’art. 4 i requisiti per l’accesso alla professione di mediatore familiare. Tale professione può essere esercitata da coloro che, oltre ai requisiti di onorabilità di cui all’art. 3 e di formazione di cui all’art. 5, siano in possesso, alternativamente, di uno dei [continua ..]


6. La deontologia del mediatore familiare

Con riguardo agli obblighi deontologici cui sono tenuti i mediatori familiari, tradizionalmente le fonti erano e sono individuate sia a livello nazionale sia sovranazionale, fermo anzitutto il fondamentale obbligo di terzietà rispetto alle parti, di equidistanza e neutralità. Le regole deontologiche per il mediatore familiare, In Italia, sono state fissate in modo univoco con il decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 27 ottobre 2023, n. 151, il cui contenuto si approfondirà nel presente paragrafo. Sul piano sovranazionale le fonti che regolano gli obblighi deontologici del mediatore familiare sono diverse [10]. Un primo importante cardine è stata la Carta Europea sulla formazione dei mediatori familiari nelle situazioni di separazione e divorzio del 1992, che riprende il Codice deontologico dell’APMF [11]; in secondo luogo vi è la Raccomandazione n. R (98) 1 del Comitato dei Ministri Europeo agli stati Membri sulla Mediazione familiare (5 febbraio 1998), che definisce i principi secondo cui si deve svolgere il processo di mediazione. In terzo luogo vi è la Raccomandazione della Commissione Europea 2001/310/CE del 4 aprile 2001 sui princìpi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie, che enuncia quattro principi: imparzialità, trasparenza, efficacia ed equità. C’è poi il Codice europeo di condotta per mediatori (2004) che definisce competenza, indipendenza e imparzialità, correttezza nella gestione del procedimento, riservatezza del mediatore. Fino al 15 novembre 2023, data di entrata in vigore del decreto del MIMIT sulla disciplina professionale del mediatore familiare, il riferimento interno era anche l’Appendice A della citata norma UNI 11644:2016 [12] sui requisiti di conoscenza, abilità, autonomia e responsabilità del mediatore familiare. Con riguardo agli aspetti etici e deontologici applicabili alla professione del mediatore familiare, la citata norma UNI fissava già alcuni principi generali inderogabili, precisando i contenuti etici del lavoro del mediatore familiare, fondato su assenza di giudizio, imparzialità e neutralità. Con l’entrata in vigore del decreto 151/2023 del MIMIT gli obblighi deontologici del mediatore familiare sono fissati nell’art. 6, con l’esplicita premessa che l’esercizio [continua ..]


7. L’avvocato che diventa mediatore: deontologia

Rispetto agli avvocati che esercitano la mediazione familiare, presupposto deontologico fondamentale è la separatezza assoluta tra le due attività, sia sul piano sostanziale sia sul piano formale. Per gli avvocati, nel Codice Deontologico elaborato in attuazione della Nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense (l. n. 247/2012) ed entrato in vigore in data 15 dicembre 2014, le principali norme in materia di mediazione – gli attuali artt. 53, 54 e 62 – si trovano nel titolo quarto intitolato “doveri dell’avvocato nel processo”. Tale collocazione non è la più adatta stante che, come noto, l’essenza stessa della mediazione non è certo processuale, in particolare quando svolta in via preventiva rispetto alla lite [14]. Particolarmente delicati sono i profili deontologici cui deve essere informata l’attività dell’avvocato – mediatore. Si tenga presente che il riferimento nel codice deontologico forense è all’istituto della mediazione civile, e non specificamente alla mediazione familiare. In conformità agli artt. 53 e 54, i rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto; l’art. 62 rubricato «Mediazione» fa riferimento al criterio della prevalenza della deontologia forense rispetto alla normativa regolamentare dell’organismo di mediazione. Vi è poi l’obbligo generale per l’avvocato di non assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza, a pena di sanzione disciplinare. Il codice deontologico dà rilievo agli obblighi di imparzialità, terzietà e indipendenza dell’avvo­cato mediatore, aspetti che hanno particolare rilevanza in relazione alla mediazione familiare, anche in linea con i contenuti di cui all’art. 6 del decreto 151/2023 del MIMIT di cui si è detto nei paragrafi precedenti. Il principio di terzietà, neutralità ed imparzialità è tutelato non solo sul piano sostanziale ma anche formale, mediante anche il divieto per l’avvocato di ospitare presso il suo studio la sede dell’organismo di mediazione per il quale egli presta attività di mediatore e viceversa. Con riguardo specificamente alla mediazione familiare, gli obblighi deontologici di neutralità e [continua ..]


8. Note giurisprudenziali: microconflittualità e mediazione

La giurisprudenza di merito ha espressamente sottolineato il valore della mediazione familiare quale strumento utile per la soluzione dei problemi di microconflittualità che affrontano le coppie in separazione; rispetto a tali problemi infatti non è ammissibile ricorrere all’Autorità Giudiziaria, ma è fondamentale invece che le parti in causa recuperino un canale di comunicazione almeno minima, indispensabile per la comune gestione della genitorialità. La gestione della quotidianità familiare infatti, in vista o in seguito alla separazione o al divorzio, può risultare molto difficoltosa in assenza di una sufficiente capacità dei genitori di comunicare e di scindere il proprio ruolo di madre o padre da quello di ex-partner. La tendenza in questi casi è di delegare a terzi, gli avvocati e/o il Tribunale, l’assunzione di ogni decisione. È qui che la mediazione svolge dunque un ruolo prezioso ed insostituibile, ruolo che invece non può e non deve essere demandato al Giudice della famiglia, in relazione alle questioni tecnicamente “minori” o comunque extra giuridiche. Sul punto vi sono alcuni noti provvedimenti dei Tribunali di Milano e Torino che fissano alcuni concetti chiave [16]. Anzitutto, nei procedimenti minorili esiste un vero e proprio obbligo per gli avvocati di assumere un comportamento protettivo dei minori coinvolti: si tratta di un obbligo deontologico, normato e sanzionabile. Testualmente, l’avvocato dunque dovrebbe sempre «arginare la micro-conflittualità genitoriale, scoraggiare litigi strumentali al mero scontro, proteggere il bambino dalle conseguenze dannose della lite». La nota decisione del 2016 del Tribunale milanese precisava che lo strumento ex art. 709 ter c.p.c. (oggi si dovrebbe dire ex 473-bis n. 39, quale attuale rimedio in caso di inadempienze o violazioni da parte di un genitore, che rechino pregiudizio al minore) non è consentito per qualsiasi scontro genitoriale ma limitatamente agli affari essenziali del minore, ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale. Non è infatti ipotizzabile un intervento del giudice per risolvere problemi di microconflittualità: tale richiesta è inammissibile per difetto d’azione. Al cospetto di una conflittualità patologica che travolge aspetti per i quali non è dato ricorso al giudice, il Tribunale, [continua ..]


NOTE