Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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I procedimenti congiunti e il cumulo di domande: problemi applicativi e (tentativi di) soluzione (di Alessandro Simeone, Avvocato, Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Pavia – Facoltà di Giurisprudenza)


L’autore illustra la nuova procedura introdotta dalla Riforma Cartabia su domanda congiunta delle parti e dopo una disamina nuova normativa processuale, commenta la recentissima sentenza della Cassazione n. 28727 del 16 ottobre 2023 che consente il c.d. separorzio, cioè un unico ricorso congiunto contenente sia la domanda di separazione che quella successiva di divorzio, con le domande accessorie conseguenti all’una e all’altra statuizione. L’autore tracia uno schema per queste nuove procedure con domanda cumulata e affronta la già vexata quaestio della revoca del consenso e delle sopravvenienze.

The author illustrates the new procedure introduced by the Cartabia reform on the parties’ joint application and, after examining the new trial regulations, comments upon the very recent Court of Cassation decision no. 28727 of 16 October 2023 that permits what is referred to as “separorzio” – that is, a joint petition containing both the separation application and the subsequent one for divorce, with the accessory applications resulting from both decrees. The author provides an outline of these new, aggregated application procedures and deals with the already vexata quaestio of revoking consent and of contingencies.

SOMMARIO:

1. Ambito di applicazione - 2. Atti introduttivi e competenza territoriale - 3. Contenuto del ricorso: domande proponibili e modificabilità - 4. Il procedimento: trattazione orale e trattazione scritta - 5. I procedimenti di modifica su domanda congiunta - 6. Il cumulo di domande (o separorzio) [18] - 6.1. Il confronto tra le diverse tesi e la decisione della Suprema Corte - 6.2. Un possibile schema per i procedimenti con domanda cumulata - 7. Gli accordi in corso di causa: profili problematici - 8. La revoca del consenso - 8.1. Il quadro anteriforma - 8.2. Revoca del consenso e nuovo rito - 9. Il problema delle sopravvenienze - 10.Conclusioni - NOTE


1. Ambito di applicazione

Prima della Riforma i procedimenti su domanda congiunta si differenziavano in base al tipo di domanda: a)  la separazione consensuale si concludeva con decreto collegiale di omologazione; in caso di contrasto delle condizioni proposte dai coniugi con l’interesse dei figli, il tribunale suggeriva le modifiche da apportare che, ove non accolte, potevano determinare il rigetto dell’omo­loga; b)  il divorzio e lo scioglimento su domanda congiunta dell’unione civile si concludevano con sentenza; in caso di contrasto delle conclusioni rassegnate con l’interesse dei figli, il tribunale disponeva l’apertura del procedimento contenzioso ex art. 4, 8° comma, l. n. 898/1970; c)  i procedimenti su domanda congiunta per i figli “non matrimoniali” erano retti dalle norme del procedimento camerale “puro”. Proposta la domanda con ricorso il tribunale provvedeva in conformità e, in caso di contrasto con l’interesse dei figli, rigettava la domanda. In applicazione del principio di delega [1], il d.lgs. n. 149/2022 ha previsto un unico modello, contenuto nell’art. 473 bis.51 applicabile, ex art. 473 bis.47 c.p.c., alle “domande di separazione personale dei coniugi, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, scioglimento del­l’unione civile e regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, nonché per quelle di modifica delle relative condizioni”. Ancorché non espressamente previsto, l’art. 473 bis.51 c.p.c. dovrebbe estendersi anche ai procedimenti su domanda congiunta per l’assegno dovuto per il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente [2], sia perché il Titolo IV bis si applica anche alle domande di contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne, sia perché non è previsto, per questo tipo di domande congiunte, un rito ad hoc.


2. Atti introduttivi e competenza territoriale

Il procedimento si instaura con ricorso, da depositarsi presso il “tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’una o dell’altra parte” indipendentemente dalla presenza o meno di figli minorenni [3], dunque in espressa deroga all’art. 473 bis.11 c.p.c. Il ricorso deve contenere [4]: –    l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta; –    tutti i dati delle parti e dei figli minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave, nonché degli altri soggetti ai quali le domande o il procedimento si riferiscono; –    il nome, il cognome e il codice fiscale dei procuratori, unitamente all’indicazione della procura; –    la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali le domande si fondano; –    l’indicazione di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o le domande ad esse connesse; –    le indicazioni relative “alle disponibilità reddituali e patrimoniali” delle parti, relativamente all’ultimo triennio. Tale previsione ha la doppia finalità di fornire al giudice le informazioni necessarie per valutare la rispondenza degli accordi agli interessi dei figli e quella di cristallizzare la situazione economica delle parti oggetto di comparazione nell’ipotesi di successive richieste di modifica dei provvedimenti ex art. 473 bis.29 c.p.c.; –    la dichiarazione, facoltativa, di volersi avvalere della trattazione scritta, ex art. 127 ter c.p.c.; in questo caso le parti devono anche dichiarare, nel ricorso, di non volersi riconciliare, in caso di separazione, divorzio o scioglimento dell’unione civile. Il ricorso deve essere sottoscritto “anche” dalle parti personalmente. L’inserimento dell’avver­bio, unitamente all’obbligo di deposito della procura ex art. 473 bis.12 c.p.c. e al rilievo che il procedimento si conclude con sentenza, induce a ritenere, a differenza di quanto previsto (almeno) per le separazioni consensuali anteriforma, obbligatoria la presenza di almeno un avvocato (anche per entrambe le parti). Al ricorso devono essere allegati: –    i precedenti provvedimenti aventi a oggetto “in tutto o in [continua ..]


3. Contenuto del ricorso: domande proponibili e modificabilità

Anche dopo la Riforma, permane la distinzione tra domande necessarie, domande eventuali e domande accessorie. Sono “necessarie” le domande relative allo status (separazione personale, divorzio, scioglimento dell’unione civile), alle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale e all’assegno perequativo. Sono “accessorie” le domande relative ai contributi economici di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile e all’assegnazione della casa. Sono “eventuali” le domande relative alle pattuizioni che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., potevano inserire, già nella vigenza della precedente normativa, all’interno di un ricorso congiunto (p.e. messa in vendita della casa comune, divisione dei conti correnti, pagamento di debiti pregressi, sistemazioni patrimoniali slegate dagli obblighi di mantenimento) [8]. La possibilità, ammessa dalla giurisprudenza, ha trovato la sua sistemazione normativa nel testo dell’art. 473 bis.51 c.p.c. [9]. La differenza tra domande necessarie, accessorie o eventuali incide sia sulla pronunzia, sia sulla loro modificabilità. Quanto alla pronunzia: per lo status il giudice deve accertare i presupposti sia per la separazione, sia per il divorzio, sia per lo scioglimento dell’unione civile; per le altre domande necessarie e quelle accessorie, il procedimento si chiude con l’omologa delle condizioni, che costituisce condizione perché esse producano effetto; per le pattuizioni afferenti alle domande eventuali, il tribunale si limita a prenderne atto. Quanto, invece, alla modificabilità, implementando i principi giurisprudenziali elaborati sotto la vigenza dell’art. 710 c.p.c. [10], il legislatore della Riforma ha introdotto l’art. 473 bis.29 [11], che prevede che “qualora sopravvengano giustificati motivi, le parti possono in ogni tempo chiedere…. la revisione dei provvedimenti a tutela dei minori e in materia di contributi economici”. Dunque, solo le condizioni “necessarie” e quelle “accessorie” possono essere modificate sul presupposto dell’emergenza di un quid novi; per le ulteriori pattuizioni (afferenti alle domande “eventuali”), invece valgono le regole generali in materia contrattuale.


4. Il procedimento: trattazione orale e trattazione scritta

Come sopra indicato, le parti possono scegliere, in ricorso, se comparire all’udienza ovvero sostituire l’udienza con il deposito di note scritte, in applicazione dell’art. 127 ter c.p.c. A differenza del procedimento ordinario, però la trattazione scritta dei procedimenti su domanda congiunta, può essere disposta solo se ne fanno richiesta le parti e non anche per decisione unilaterale del giudice; la norma generale (art. 127 ter c.p.c.) è infatti derogata da quella speciale (art. 473 bis.51 c.p.c.). Il procedimento su domanda congiunta ha due differenti strutture a seconda della volontà delle parti. Nel caso di trattazione orale: a)  il presidente fissa l’udienza innanzi al giudice relatore, disponendo la trasmissione degli atti, a cura della cancelleria, al pubblico ministero; b)  il pubblico ministero esprime, nei casi in cui è legittimato ex 70 c.p.c., il proprio parere 3 giorni prima dell’udienza in forma evidentemente scritta; c)  all’udienza il giudice relatore sente le parti e prende atto della loro volontà di non riconciliarsi (nei procedimenti di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile); può chiedere i chiarimenti ritenuti necessari e ordinare il deposito della documentazione economica ex 473 bis.12 c.p.c.; successivamente rimette la causa in decisione al collegio, senza concedere i termini per le note conclusive. Nel caso di mancata comparizione [12] valgono le regole generali [13] (artt. 171 e 183 c.p.c.) e, in via analogica, quelle previste dall’art. 473 bis.21 c.p.c.: se nessuna delle parti compare il giudice dichiara l’estinzione del giudizio; se compare solo una di esse, insistendo nelle proprie domande, il giudice rimette la causa al collegio. Nel caso di trattazione scritta, invece: a)  il presidente fissa l’udienza innanzi al giudice relatore, disponendo la trasmissione degli atti, a cura della cancelleria, al pubblico ministero; b)  il presidente, con il decreto di fissazione udienza, ovvero il relatore, preso atto della volontà delle parti, assegna termine non inferiore a 15 giorni dal provvedimento (rectius: dalla comunicazione del provvedimento) per il deposito delle note scritte contenenti le sole richieste e le relative conclusioni. I difensori possono limitarsi a insistere per l’accoglimento delle conclusioni formulate con gli atti introduttivi, [continua ..]


5. I procedimenti di modifica su domanda congiunta

Per le modifiche di precedenti provvedimenti, il procedimento è ancora più snello e la scelta tra trattazione scritta e trattazione orale è ribaltata. In tutti questi casi, infatti: a)  le parti depositano il ricorso, il cui contenuto è disciplinato dai primi due commi dell’art. 473 bis.51 c. p.c.; b)  il presidente del collegio designa il giudice relatore e dispone la trasmissione degli atti, nei casi in cui è necessario, al pubblico ministero, il quale formula il suo parere in un termine che necessariamente deve essere fissato dal giudice, giacché, in questo tipo di procedimento non è prevista alcuna udienza, salvo la facoltà del collegio di disporla; c)  il giudice relatore, letti gli atti, riferisce al collegio in camera di consiglio e la sentenza deve essere depositata nei successivi sessanta giorni; d)  se il collegio ritiene le condizioni in contrasto con gli interessi della prole, fissa udienza di comparizione delle parti per chiedere “chiarimenti” in merito alle condizioni proposte. All’esito emette sentenza, di accoglimento o di rigetto, della domanda proposta. La parziale difformità di rito pone due problemi interpretativi. In primo luogo, occorre chiedersi se le parti debbano depositare o meno la documentazione di cui all’art. 473 bis.12, 3° comma. La risposta dovrebbe essere negativa, giacché la legge delega prevede l’obbligo di deposito di documentazione solo per il caso di richiesta delle parti di trattazione scritta; l’ultimo comma dell’art. 473 bis.51 c.p.c. prevede, al contrario, la mancanza di udienza come soluzione di default. L’altra questione da porsi è se il giudice, anche nei casi di procedimenti di modifica su domanda congiunta, possa ordinare il deposito della documentazione economica. La risposta dovrebbe essere positiva, giacché si tratta di un potere del giudice che, anche se indicato espressamente al solo 3° comma dell’art. 473 bis.51 c.p.c. (e non anche al 4° comma che disciplina le modifiche) trova la sua fonte nell’art. 473.bis.2 che, per la sua collocazione [17], è indubbiamente principio di portata generale.


6. Il cumulo di domande (o separorzio) [18]

Una delle novità più interessanti – e utili – del d.lgs. n. 149/2022 è senza dubbio rappresentata dalla possibilità per le parti di proporre, negli atti introduttivi del giudizio contenzioso della separazione anche la domanda di divorzio (art. 473 bis.47 c.p.c.) che diviene procedibile solo a seguito del decorso del termine di legge (semestrale nel caso di separazione consensuale, annuale nel caso di separazione giudiziale).


6.1. Il confronto tra le diverse tesi e la decisione della Suprema Corte

Sin dall’entrata in vigore della norma la giurisprudenza e la dottrina si sono interrogate sull’am­missibilità del cumulo anche nell’ipotesi di procedimenti su domanda congiunta. La stragrande maggioranza dei tribunali (Trib. Milano, Sez. IX, 5 maggio 2023, n. 3542; Trib. Lamezia Terme, ord. 13 maggio 2023; Trib. Vercelli, 17 maggio 2023, n. 230; Trib. Modena, 27 febbraio 2023; Trib. Rovigo, 31 marzo 2023; Trib. Bolzano, 21 aprile 2023; Trib. Genova, sezione Famiglia, verbale riunione ex art. 47-quater ord. giud.; Trib. Terni, 22 giugno 2023) e la dottrina dominante [19] si erano espresse per l’ammissibilità, sostenendo, in breve, che: a)  dal punto di vista letterale il riferimento contenuto nell’art. 473 bis.51 c.p.c. ai “procedimenti” e non “al procedimento” di cui all’art. 473 bis.47 c.p.c. confermava l’intenzione del legislatore di estendere il cumulo ai procedimenti su domanda congiunta; b)  il cumulo aveva la sua ratio nella realizzazione di un evidente risparmio di “energie processuali”; c)  il cumulo non si poneva in contrasto con il divieto di “patti prematrimoniali”. Una tesi minoritaria della giurisprudenza (Trib. Firenze, 15 maggio 2023; Trib. Ferrara, 31 maggio 2023, n. 406; Trib. Bari, nota del Presidente della Prima Sezione civile del 6 aprile 2023 e Trib. Padova, nota del Presidente del Tribunale del 7 aprile 2023) e della dottrina [20] assumeva invece l’inammissibilità del cumulo, sostenendo: a)  il mancato rinvio all’art. 473 bis.49 c.p.c. limitava la possibilità del cumulo solo alle ipotesi contenziose espressamente previste, giacché ubi lex voluti dixit, ubi noluit tacuit; b)  dal punto di vista sistematico, il cumulo di domande, da un lato, era incompatibile con la natura di volontaria giurisdizione della separazione consensuale e, dall’altro, non realizza alcuna riduzione dei tempi, restando il medesimo procedimento pendente per il tempo necessario a rendere procedibile la domanda di divorzio; c)  dal punto di vista sostanziale, il cumulo si poneva in contrasto con il divieto di patti prematrimoniali[21], giacché le parti, con un unico ricorso avrebbero disposto di entrambi gli status. A seguito di rinvio ex art. 363 bis c.p.c. (Trib. Treviso, 31 maggio 2023), la Suprema Corte (Cass. civ. 16 ottobre 2023, n. 28727) si è [continua ..]


6.2. Un possibile schema per i procedimenti con domanda cumulata

Alla luce dei chiarimenti offerti dalla Cassazione, lo schema procedimentale potrebbe essere il seguente: a)  le parti sottoscrivono un ricorso congiunto, chiedendo sia la separazione personale sia lo scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio con le domande connesse; b)  il tribunale pronunzia la sentenza di separazione personale accogliendo, se non in contrasto con l’interesse dei figli, le domande accessorie formulate dalle parti e prendendo atto degli altri accordi (domande eventuali); contemporaneamente rimette con ordinanza le parti innanzi al giudice relatore per la verifica della procedibilità della domanda di divorzio; c)  alla successiva udienza, da tenersi con le modalità della trattazione scritta se richiesto dalle parti in ricorso, il giudice relatore rimette la causa al collegio che, verificato il decorso del termine di sei mesi [23], pronunzia il divorzio, omologa le condizioni delle parti sulle condizioni accessorie e prende atto, se esistenti, degli accordi inerenti alle domande “eventuali”.


7. Gli accordi in corso di causa: profili problematici

Prima della Riforma: a)  nella separazione iniziata come contenziosa e conclusa con un accordo raggiunto in sede di udienza presidenziale si procedeva alla c.d. trasformazione del rito, da contenzioso a consensuale, con sottoscrizione del verbale e rimessione al collegio per l’omologa; nel caso di accordi raggiunti dopo l’udienza presidenziale, taluni Tribunali procedevano con la trasformazione del rito (sottoscrizione del verbale ex art. 711 c.p.c.), altri invece invitavano le parti a precisare congiuntamente le conclusioni con successiva pronunzia di sentenza; in questo caso, il termine per il deposito del ricorso di divorzio era annuale e non semestrale [24]; b)  nel divorzio, se le parti raggiungevano un accordo prima della sentenza non definitiva sullo status, il giudice ne disponeva la successiva comparizione all’udienza da tenersi con rito camerale, ex art. 4, 16° comma, l. n. 898/1970; in caso di accordo raggiunto successivamente il procedimento si concludeva invece con sentenza emessa sulla base di conclusioni conformi, senza applicazione del rito camerale. È necessario verificare la tenuta dei principi elaborati in passato, a fronte delle previsioni di cui all’art. 473 bis.49 c.p.c. e 473 bis.21 c.p.c. [25]. Si tratta di una questione che la giurisprudenza affronterà sicuramente negli anni a venire; ciò non impedisce all’interprete di tratteggiare un “sistema” che, nel rispetto delle norme di nuovo conio e del diritto di difesa, realizzi quelle esigenze di speditezza, celerità e concentrazione delle tutele che sono alla base della Riforma. In particolare, occorre chiarire il significato del concetto di “trasformazione” della separazione da contenziosa a consensuale, richiamato – ai fini della decorrenza del termine per il deposito del divorzio – dall’art. 3, l. n. 898/1970 parzialmente modificato dal d.lgs. n. 149/2022 [26]. Considerato che, per effetto delle nuove norme, il rito, sia per le domande congiunte sia per le domande contenziose, è unico e che anche la separazione consensuale viene definita con sentenza e che, infine, per il divorzio congiunto non è più previsto il rito camerale (art. 4, 16° comma, l. n. 898/1970) si dovrebbe ritenere che, il termine “trasformazione” debba essere interpretato come riferimento non al rito applicabile, ma alla modalità con cui [continua ..]


8. La revoca del consenso

Uno dei problemi più dibattuti, soprattutto con riferimento alla possibilità di cumulo di domanda (cfr. infra), è quello della possibile revoca del consenso di una delle parti nelle more tra il deposito del ricorso su domanda congiunta e la successiva udienza.


8.1. Il quadro anteriforma

Nella separazione consensuale, era pacificamente ammessa la revoca del consenso sino all’udienza presidenziale [27]. Più dibattuta era invece la questione della revocabilità del consenso dopo l’udienza presidenziale, mediante opposizione all’omologazione: una parte della giurisprudenza la ammetteva, assumendo che la volontà dei coniugi fosse il presupposto per la separazione consensuale e dovesse sussistere sino alla pronunzia del decreto di omologa; altra parte [28] sosteneva la tesi contraria, sul presupposto che la successiva omologazione fosse una “mera condizione di efficacia dell’accordo” giacché la separazione consensuale è di per sé un negozio giuridico perfetto ed autonomo [29]. Nel caso di divorzio congiunto la giurisprudenza di legittimità riteneva la revoca unilaterale del consenso, una volta depositato il ricorso congiunto, irrilevante quanto alla richiesta di divorzio e inammissibile quanto alla disciplina dei rapporti patrimoniali e dei rapporti con i figli [30].


8.2. Revoca del consenso e nuovo rito

Occorre, a questo punto, domandarsi quale possa essere, nel vigore delle nuove norme, l’effetto della revoca ad nutum dopo la sottoscrizione del ricorso. Chi scrive ritiene che – fermo restando quanto indicato infra nel caso di sopravvenienze – le nuove norme impongano non solo la conferma del precedente orientamento elaborato per il divorzio congiunto, ma anche la sua estensione alla separazione consensuale, giacché la seconda è regolata processualmente, dopo l’intervento del d.lgs. n. 149/2022, come il primo. Conseguentemente si dovrebbe ritenere irrilevante la revoca unilaterale del consenso alla separazione, dopo la sottoscrizione (personale) del ricorso e il suo deposito: –    quanto allo status, giacché per la pronunzia della separazione personale è sufficiente il mero stato di disaffezione di una delle parti [31] restando irrilevante il mutamento di opinione di una sola di esse; –    quanto alle condizioni accessorie relative a diritti disponibili, giacché i coniugi hanno già espresso la loro volontà, mediante la sottoscrizione del ricorso, al momento del deposito dell’atto introduttivo; –    quanto alle condizioni accessorie relative a diritti indisponibili giacché, da un lato, il tribunale è svincolato dalle richieste delle parti e, dall’altro, il giudice può convocare le parti a chiarimenti, ovvero respingere la domanda, qualora ritenga che le condizioni proposte siano in contrasto con gli interessi della prole. A supporto dell’irrilevanza della revoca del consenso milita anche l’evidenza che l’art. 473 bis.51 c.p.c. ha individuato nel deposito del ricorso il momento in cui si cristallizza la volontà delle parti. Conseguentemente: –    nel caso di trattazione orale, se compare solo una parte che insiste nell’accoglimento della domanda, il giudice rimette la causa al collegio; –    nel caso di trattazione scritta, se solo una parte deposita le note, il giudice rimette direttamente la causa in decisione. La ricostruzione sopra operata potrebbe essere messa “in crisi” da un obiter dictum contenuto nella recente sentenza della Suprema Corte che ha ammesso il cumulo di domande: “Il tribunale, all’esito del positivo esame della domanda di separazione personale, [continua ..]


9. Il problema delle sopravvenienze

Occorre domandarsi se il ragionamento sopra fatto in merito all’irrilevanza della revoca del consenso regga alla prova dell’emergenza del quid novi nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e l’udienza di conferma. La questione si pone in misura minore per i procedimenti su domanda “singola” (solo di separazione o divorzio o regolamentazione per figli non matrimoniali) – giacché, in quei casi, il lasso temporale tra deposito del ricorso e udienza (o termine per il deposito di note) dovrebbe essere breve se non brevissimo – e in misura maggiore nel caso di cumulo di domanda di separazione e domanda di divorzio. Sul punto la sentenza della Suprema Corte non fornisce una soluzione, a differenza di quanto risultante dalla precedente relazione del Massimario, ma semmai alcuni elementi che possono essere spunto per un ragionamento articolato. Trattando la controversa questione delle sopravvenienze, il giudice di legittimità chiarisce che “l’intervento di sopravvenienze rilevanti, la revoca del consenso da parte di un coniuge, la modifica unilaterale delle condizioni patrimoniali o riguardanti i figli non vale a impedire” il cumulo, potendo “semmai determinare l’applicazione, con il dovuto adattamento, di orientamenti giurisprudenziali da questo giudice di legittimità già affermati”– cioè il principio di irrilevanza o inammissibilità della revoca – “o di disposizioni normative specifiche (l’art. 473-bis.51 c.p.c. per il procedimento consensuale ... o l’art. 47-bis.19 c.p.c. che condiziona l’ammissibilità della modifica, nel corso del procedimento avviato .... a mutamenti di circostanze, per il procedimento contenzioso”). Le soluzioni percorribili sono almeno quattro. 1.   Si potrebbe sostenere che la sola deduzione di una parte di una sopravvenienza di fatto, possa giustificare la revoca del consenso e dunque determinare il rigetto della domanda. Questa soluzione, all’apparenza la più aderente al dettato normativo, ha però il difetto di non coordinarsi con l’art. 473 bis.29 c.p.c. e di incentivare eventuali comportamenti scorretti che, tra l’altro, non avrebbero neppure la giusta sanzione per il tramite della condanna alle spese, né nel procedimento inizialmente su domanda congiunta, né in quello successivamente [continua ..]


10.Conclusioni

La nuova disciplina dei procedimenti su domanda congiunta si inserisce nel solco del riconoscimento di un sempre maggior valore dell’autonomia negoziale delle parti. Una novità, dunque, da salutare con favore, fermo restando che i problemi che gli operatori del diritto dovranno affrontare sono molteplici e non di facile soluzione.


NOTE