Il legislatore ha scelto di inserire le nuove norme del rito unico della famiglia all'interno del Libro II del codice di procedura civile relativo al processo di cognizione, dopo le norme che disciplinano le controversie in materia di lavoro, sottraendole così all’ambito dei procedimenti speciali. Tale scelta rappresenta il definitivo riconoscimento dei diritti relazionali delle persone quali diritti fondamentali meritevoli di tutela. L'autrice espone quale sia l'ambito di applicazione del nuovo rito e si sofferma sulla fase introduttiva sulla struttura e sul contenuto degli atti introduttivi sulle preclusioni e sulle decadenze che caratterizzando il nuovo rito nuovo.
Lawmakers have chosen to introduce the new regulations on the single family procedure into Book II of the Italian Code of Civil Procedure with regard to the proceedings on the merits, after the regulations governing labour disputes, thus removing them from the sphere of special proceedings. This choice definitively recognizes people’s relational rights as fundamental rights deserving protection. The author describes the new procedure’s sphere of application and discusses the introductory phase, the structure, and the content of the acts introducing the barring and forfeiture of rights characterizing the new procedure.
1. Ambito di applicazione - 2. Decisione collegiale o monocratica - 3. La competenza territoriale - 4. Gli atti introduttivi - 4.1. Il ricorso - 4.2. Le domande proponibili - 4.3. Il decreto di fissazione delludienza - 4.4. I provvedimenti indifferibili - 4.5. La costituzione del convenuto - 4.6. Le ulteriori difese - 5. Preclusioni e decadenze - 6. La prima udienza - NOTE
Il nuovo rito unico per le persone, i minorenni e le famiglie è disciplinato al Titolo IV-bis del c.p.c., rubricato “Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”. Cominciamo quindi col dire che il legislatore ha scelto di inserire le nuove norme all’interno del Libro II relativo al processo di cognizione, dopo le norme che disciplinano le controversie in materia di lavoro, sottraendole così all’ambito dei procedimenti speciali. Tale scelta rappresenta il definitivo riconoscimento dei diritti relazionali delle persone quali diritti fondamentali meritevoli di tutela [1]. Il Capo I contiene le disposizioni generali attinenti al nuovo rito unico mentre il Capo II disciplina nello specifico il procedimento di primo grado. All’art. 473 bis è precisato che le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del Tribunale ordinario, del giudice tutelare e del Tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente. Si è quindi finalmente approdati all’applicazione di regole processuali uguali per tutti i processi delle relazioni familiari, compresi quelli attualmente ancora attribuiti alla competenza funzionale del Tribunale minorile e al definitivo abbandono del rito camerale, tipico invece dei procedimenti speciali, e inidoneo per sua natura ad assicurare le garanzie del giusto processo [2]. L’art. 473 bis è volutamente norma “aperta” e non contiene un’elencazione analitica dei procedimenti sottoposti al nuovo rito. Si tratta di una scelta dovuta dalla necessità di evitare esclusioni immotivate anche in ragione di eventuali situazioni che dovessero sorgere per la prima volta in futuro [3], che però pone all’interprete la necessità di comprendere, anche con riferimento all’art. 40 c.p.c. di cui si dirà in prosieguo, quali domande debbano essere trattate con il rito unitario e quali invece no. Rientrano sicuramente nel perimetro di applicazione del nuovo rito tutti i procedimenti in materia di stato (separazione, divorzio, scioglimento dell’unione civile, disconoscimento di paternità, dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, ecc.) compresi quelli di nullità o annullamento del matrimonio, quelli inerenti l’esercizio della [continua ..]
L’art. 473-bis.1 prevede che, salvo che la legge disponga diversamente, il Tribunale giudichi in composizione collegiale e che la trattazione e l’istruzione possano essere delegate a uno dei componenti del Collegio, che avrà quindi il potere di condurre l’istruzione della causa e di assumere anche provvedimenti provvisori. Tale previsione – che rappresenta la sintesi tra quanto attualmente previsto dal rito della separazione che attribuisce al Giudice Istruttore il potere di condurre l’intera istruttoria e di assumere provvedimenti interinali e quanto invece accade nel rito camerale ove tutte le decisioni, anche provvisorie, devono essere assunte dal Collegio – ha una chiara finalità acceleratoria e di piena attuazione del diritto di difesa [5]-[6]. È bene precisare che tale previsione, che conserva la collegialità su decisioni che incidono sui diritti fondamentali delle persone, verrà parzialmente superata quando tali procedimenti inizieranno a essere trattati dal giudice specializzato, che verrà istituito a norma dell’art. 30 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Con l’istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, prevista per la fine del 2024, la decisione su tutte le controversie attribuite alle sezioni circondariali sarà monocratica. Nelle more, il decreto legislativo in commento ha espressamente previsto che davanti al Tribunale per i minorenni, nei procedimenti iscritti a ruolo a partire dal 1° marzo 2023 e sino a che esso resterà in attività, possano essere delegati ai giudici onorari specifici adempimenti ad eccezione dell’ascolto del minore, dell’assunzione delle testimonianze e degli altri atti riservati al giudice. L’art. 473-bis 1, 2° comma, precisa altresì che la prima udienza, l’udienza di rimessione della causa in decisione e le udienze all’esito delle quali vengono assunti provvedimenti temporanei devono essere tutte tenute davanti al collegio o davanti al giudice relatore. Con l’entrata in vigore di questa disposizione dovrebbe essersi interrotta la prassi da anni diffusa nella maggior parte dei Tribunali minorili italiani di delegare l’intera istruzione della causa ai c.d. «componenti privati». Tale scelta legislativa, da accogliere con grande favore, risponde alla necessità di garantire il rispetto dei principi [continua ..]
L’art. 473-bis.11 disciplina la competenza per territorio, prevedendo al 1° comma che per tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che riguardano un minore, è competente il Tribunale del luogo in cui il minore ha la residenza abituale. La giurisprudenza di legittimità ormai consolidata ha chiarito che per residenza abituale deve intendersi il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale del minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, dove il minore ha il centro dei propri legami affettivi non solo parentali, derivanti dallo svolgimento in tale località della quotidiana vita di relazione [9]. Come noto, le risultanze anagrafiche hanno mero valore presuntivo e possono sempre essere superate, in quanto tali, da prova contraria, ad esempio mediante produzione in giudizio dell’iscrizione scolastica o della documentazione attestante la sua partecipazione ad attività ludiche su quel territorio, rilevando esclusivamente il luogo di dimora effettiva [10]. La scelta di individuare, quale criterio generale per tutti i procedimenti in cui siano coinvolti dei minori, quello della loro residenza abituale appare coerente con i principi enunciati dalle fonti sovranazionali, e quindi di rango costituzionale, nonché dalla Suprema Corte [11], volti a riconoscere la centralità del minore in tutte le questioni che lo riguardano. Proprio le Convenzioni internazionali e i Regolamenti UE riconoscono il criterio della residenza abituale del minore [12]. L’art. 473-bis.11 disciplina anche l’ipotesi di sottrazione del minore, specificando che, qualora vi sia stato un trasferimento non autorizzato e non sia ancora decorso un anno, è competente il Tribunale del luogo dell’ultima residenza abituale del minore prima del trasferimento. Tale scelta legislativa conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza sia nazionale che sovranazionale, finalizzato a garantire piena tutela al genitore che subisce il trasferimento unilaterale operato dall’altro genitore, che conferma la potestas decidendi in capo al Tribunale del luogo in cui il minore aveva la residenza abituale prima dell’illecito trasferimento [13]. Ancora una volta le fonti internazionali vanno nella medesima direzione, laddove il Reg. UE 25 giugno 2019, n. 1111 e il Reg. UE 27 novembre 2003, n. 2201 prevedono la [continua ..]
Nel nuovo rito unitario, gli atti introduttivi, ovverosia il ricorso e la comparsa di costituzione, trovano la loro disciplina negli artt. 473-bis.12 (ricorso introduttivo), 473-bis.13 (ricorso del pubblico ministero) e 473-bis.16 (costituzione del convenuto) che sono il fulcro della rivoluzione copernicana attuata dalla riforma.
Il legislatore delegato, nel rispetto dei principi della l. n. 206/2021, ha individuato quale atto introduttivo del rito unico dei processi delle relazioni familiari il ricorso, analogamente a quanto già precedentemente previsto per la maggior parte dei procedimenti familiari, nonché per il rito del lavoro, da cui pure il nuovo rito unico attinge molte caratteristiche [15]. A norma dell’art. 473-bis.12 il ricorso introduttivo deve contenere: a) l’indicazione dell’ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta; b) il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la residenza o il domicilio o la dimora e il codice fiscale dell’attore e del convenuto, nonché dei figli comuni delle parti se minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave, e degli altri soggetti ai quali le domande e il procedimento si riferiscono; c) il nome, il cognome e il codice fiscale del procuratore, unitamente all’indicazione della procura; d) la determinazione dell’oggetto della domanda; e) la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, con le relative conclusioni; f) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione. Agli elementi sopra richiamati, che ricalcano sostanzialmente il contenuto dell’atto di citazione, si aggiunge la previsione che il ricorso deve indicare anche l’esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande a esse connesse. Precisazione quanto mai opportuna se collegata alla necessità per il giudice di assumere, alla prima udienza, provvedimenti che siano il frutto di una corretta ponderazione delle situazioni di fatto della famiglia disgregata (o del minore in situazione di pregiudizio) e alla possibilità che, all’esito dell’udienza, il giudice possa invitare le parti a discutere l’intera causa, con rimessione della stessa al collegio per la sentenza definitiva. In tal caso devono altresì essere allegati i provvedimenti, anche provvisori, già eventualmente emessi in tali procedimenti. La norma in commento dispone inoltre che, qualora tra le domande svolte vi sia quella di un contributo economico, ovvero qualora vi siano figli minori comuni delle parti, al ricorso [continua ..]
Come si è visto, i procedimenti disciplinati dal rito in esame sono quelli relativi allo stato delle persone, quelli relativi ai minorenni e quelli relativi alle famiglie, attualmente di competenza del Tribunale, del giudice tutelare e del Tribunale per i minorenni. Conseguentemente le domande che possono essere formulate nel ricorso introduttivo sono quelle relative allo stato delle persone, tanto con riguardo al rapporto di filiazione (es. dichiarazione di paternità o disconoscimento della stessa), quanto con riguardo allo stato matrimoniale (es. separazione, ma anche nullità del matrimonio, ecc.), o alla capacità delle stesse, nonché tutte le domande attinenti alla titolarità e all’esercizio della responsabilità genitoriale, come l’affidamento, il mantenimento, la regolamentazione delle frequentazioni tra genitori e figli minorenni, ma anche la limitazione o la decadenza della responsabilità genitoriale, e così via. Occorre però fare alcune riflessioni sulla possibilità di introdurre in un unico processo, disciplinato dal rito delle persone, dei minorenni e delle famiglie, più domande tra loro connesse. Oltre alle domande tipiche dei procedimenti relativi alle persone, ai minorenni e alle famiglie, vi sono altre domande che ci si deve chiedere se rientrino nell’ambito di applicazione del nuovo rito unico e se possano configurare casi di connessione stretta, così da poter essere avanzate in un solo giudizio. La prima di tali domande è quella di risarcimento del danno così detto «endofamiliare». La giurisprudenza di merito si è pronunciata per anni in modo contrastante circa l’ammissibilità della domanda risarcitoria nell’ambito dei giudizi di separazione o di divorzio e la Suprema Corte sembrava aver definitivamente risolto in senso negativo la questione [16]. Con l’entrata in vigore del nuovo rito però – ossia per i giudizi instaurati dopo il 28 febbraio 2023 – lo scenario dovrebbe cambiare. La ragione che aveva portato la giurisprudenza ad escludere l’ammissibilità di tale domanda nei processi di separazione e di divorzio era l’impossibilità del simultaneus processus tra le domande di separazione e divorzio (e provvedimenti accessori) e altre domande, in ragione del rito speciale previsto per le prime, in forza del [continua ..]
L’art. 473-bis.14 statuisce che il presidente del Tribunale davanti al quale è depositato il ricorso, entro tre giorni dal deposito dello stesso, designi il relatore del Collegio, al quale può delegare la trattazione del procedimento, e fissi l’udienza di prima comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che dovrà avvenire almeno trenta giorni prima dell’udienza. Il presidente può nominare un curatore speciale, se il convenuto è malato di mente o legalmente incapace. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà del giudice relatore di nominare, sin dall’inizio del procedimento un curatore speciale del minore, nei casi previsti dall’art. 473-bis.8 c.p.c. La norma precisa che tra il deposito del ricorso e la prima udienza non devono intercorrere più di novanta giorni; qualora il convenuto risieda all’estero il termine è aumentato a centoventi. Il mancato rispetto del termine «è tenuto in considerazione nella formulazione dei rapporti per le valutazioni di professionalità» del giudice ex art. 81 bis, 2° comma, disp. att. c.p.c. Il decreto dovrà contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il termine previsto comporta le decadenze di cui agli artt. 38 e 167, che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria e che la parte, se ne sussistono i presupposti, può presentare l’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello stato. Nel decreto dovrà essere contenuta anche l’informativa che le parti possono avvalersi della mediazione familiare, fermo restando quanto previsto dall’art. 473-bis.43 c.p.c. in materia di violenza domestica o di genere. Il decreto deve essere notificato, unitamente al ricorso, al convenuto a cura dell’attore. Tra la notifica e la data dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a sessanta giorni liberi o, nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero, a novanta. Il decreto di fissazione udienza, dunque, e a differenza di quanto accaduto sino a oggi, non prevede più che sia il giudice a indicare un termine per la notificazione, essendo cura del ricorrente provvedere ad effettuare il computo dei giorni necessari al rispetto del termine a comparire. Infine il decreto dovrà essere comunicato, a cura della cancelleria, al pubblico [continua ..]
L’art. 473-bis.15 disciplina l’ipotesi in cui sussista il rischio di un pregiudizio imminente e irreparabile o in cui la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione dei provvedimenti. In tali ipotesi il presidente (o un giudice da lui delegato), assunte le necessarie informazioni, adotterà con decreto provvisoriamente esecutivo i provvedimenti necessari nell’interesse dei figli e, nei limiti delle domande da queste proposte, anche delle parti. In tal caso, però, con il medesimo decreto dovrà essere fissata, entro i successivi quindici giorni, l’udienza per la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti adottati con il decreto, assegnando alla parte che ha richiesto il provvedimento un termine perentorio per la notifica. La formulazione della norma, che evidentemente è volta a tutelare quelle situazioni di grave pregiudizio per il minore coinvolto, rievoca la disciplina dei provvedimenti cautelari ante causam, prevista dall’art. 669 sexies, 2° comma, c.p.c. La norma, esattamente come per il procedimento cautelare, qualifica espressamente come perentorio il termine per la notifica. Si dovrebbe ritenere, pertanto, che il mancato rispetto di detto termine da parte dell’attore comporti l’inefficacia del provvedimento emesso dal presidente, ferma restando l’eventuale rimessione in termini nel caso in cui il ritardo sia dovuto a causa non imputabile alla parte. Ovviamente per parte deve intendersi anche il p.m., che, ad esempio, abbia richiesto l’emissione di tali provvedimenti indifferibili nell’ambito di un giudizio de responsabilitate. La scelta del legislatore della riforma di prevedere espressamente una tutela cautelare con riguardo ai procedimenti aventi ad oggetto i diritti relazionali delle persone si pone in continuità con la dottrina e la giurisprudenza più recente, che aveva aperto la strada all’ammissibilità di analoghi procedimenti nella fase presidenziale dei giudizi di separazione [21]. Ma soprattutto il legislatore della riforma ha voluto assicurare le garanzie del giusto processo e il rispetto del contraddittorio nell’ambito dei giudizi de responsabilitate, instaurati dinnanzi al Tribunale per i minorenni, nei quali si è sempre fatto largo uso dei provvedimenti inaudita altera parte e ai quali dal 1° marzo 2023 si applicherà il rito unico in commento. Come [continua ..]
A norma dell’art. 473-bis.16 c.p.c. il convenuto si costituisce in giudizio nel termine assegnato dal giudice con il decreto di fissazione dell’udienza, depositando comparsa di costituzione che deve contenere, anche a pena di decadenza, le previsioni di cui all’art. 167 c.p.c. Il convenuto dovrà quindi proporre – in modo chiaro e specifico – tutte le sue difese, prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento delle proprie domande e indicando altresì, oltre alle proprie generalità e al codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulando le proprie conclusioni. Come già l’attore, anche il convenuto dovrà indicare l’esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande a esse connesse, allegando copia di eventuali provvedimenti, anche provvisori, già adottati in tali procedimenti. Inoltre, in caso di domande di contributo economico o in presenza di figli minori, dovrà essere allegata tutta la documentazione prevista per l’attore all’art. 473-bis.12, nonché il piano genitoriale. Pertanto, anche nei giudizi di separazione e divorzio sin dal primo atto difensivo devono essere formulate tutte le domande e forniti i relativi mezzi di prova, con evidente stravolgimento rispetto al precedente rito bifasico, che rinviava qualsiasi decadenza alla successiva fase dinnanzi al giudice istruttore. Peraltro, mentre l’attore ha la possibilità di preparare la propria difesa nel tempo che reputa necessario, il convenuto ha invece termini molto più stringenti, dovendosi costituire almeno trenta giorni prima dell’udienza, e avendo così a disposizione un tempo variabile tra i trenta e i cinquanta giorni circa, fermo restando che tra la notifica e la data dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a sessanta giorni liberi, come stabilito dall’ultimo comma dell’art. 473-bis.14 c.p.c.
Il nuovo rito prevede la facoltà per le parti di depositare ulteriori memorie prima dello svolgimento della prima udienza, a scadenze differenziate, così da consentire il continuo contraddittorio tra le parti. Entro venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art. 473-bis.14 c.p.c., e pertanto presumibilmente dopo circa dieci giorni dalla costituzione del convenuto, l’attore potrà depositare una memoria con cui prendere posizione in maniera chiara e specifica sui fatti allegati dal convenuto, nonché – a pena di decadenza – modificare o precisare le domande e le conclusioni già formulate, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, indicare mezzi di prova e produrre documenti. Nel caso in cui il convenuto abbia formulato domande di contributo economico, che non erano invece state formulate dall’attore, quest’ultimo, nello stesso termine di venti giorni prima dell’udienza, dovrà depositare la documentazione prevista dal 3° comma dell’art. 473-bis.12 relativa alla sua situazione economica e patrimoniale. Entro dieci giorni prima dell’udienza, e quindi dieci giorni dopo il deposito della memoria da parte dell’attore, il convenuto potrà depositare una ulteriore memoria con cui, a pena di decadenza, potrà precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già proposte, proporre le eccezioni non rilevabili d’ufficio che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle difese svolte dall’attore con la memoria sopra richiamata, indicare mezzi di prova e produrre documenti, anche a prova contraria. Entro cinque giorni prima dell’udienza – ossia nei cinque giorni successivi alla replica del convenuto – l’attore potrà depositare una ulteriore memoria per la sole indicazioni di prova contraria rispetto ai mezzi istruttori dedotti dal convenuto. Il nuovo rito consente quindi una ampia difesa, pur in tempi estremamente concentrati, così da consentire al giudice, sin dalla prima udienza, non solo di emettere un provvedimento provvisorio alla luce di una istruzione non sommaria, ma altresì di pronunciarsi sull’ammissione delle prove. I termini ristretti indicati dalla norma erano imposti dalla necessità di rispettare il principio di delega che prevedeva un termine massimo di 90 giorni tra il [continua ..]
Come evidenziato sopra, il nuovo rito anticipa notevolmente la tagliola delle domande e dei mezzi di prova introducibili nel processo delle relazioni familiari, quanto meno con riguardo alle domande riguardanti i diritti disponibili. Innanzi tutto, l’art. 473-bis.16 relativo alla costituzione del convenuto, attraverso il richiamo all’art. 167, impone a quest’ultimo di proporre nel suo primo atto difensivo, a pena di decadenza, le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 473-bis.17 l’attore potrà modificare o precisare le proprie domande, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, nonché indicare tutti i mezzi di prova e produrre tutti i documenti nella prima difesa successiva alla comparsa di costituzione del convenuto, ossia nei successivi dieci giorni, e ciò a pena di decadenza. Così pure il convenuto potrà, ancora una volta a pena di decadenza, precisare e modificare le sue domande, proporre solo le eccezioni non rilevabili d’ufficio che siano conseguenza della domanda riconvenzionale svolta dall’attore nella sopra richiamata memoria e indicare i mezzi di prova contraria nei dieci giorni successivi. In ogni caso, come si è detto, le decadenze previste dagli artt. 473-bis.14 e 473-bis.17 operano solo con riferimento alle domande aventi ad oggetto diritti disponibili, come espressamente chiarito dall’art. 473-bis.19. Pertanto le parti possono sempre introdurre nuove domande e nuovi mezzi di prova relativi all’affidamento e al mantenimento dei figli minori. Inoltre le parti possono proporre, nella prima difesa utile successiva e fino alla precisazione delle conclusioni, nuove domande di contributo economico in proprio favore e anche in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente e i relativi nuovi mezzi di prova, se si verificano mutamenti nelle circostanze o a seguito di nuovi accertamenti istruttori. L’intervento del terzo, che è disciplinato dall’art. 473-bis. 20 potrà avvenire nelle stesse modalità previste per la costituzione del convenuto, con la precisazione che il terzo non potrà intervenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, salvo che compaia volontariamente per l’integrazione necessaria del [continua ..]
L’art. 473-bis.21 disciplina la prima udienza di comparizione delle parti. Tale udienza si svolge davanti al collegio o davanti ad un suo componente a ciò delegato (verosimilmente il giudice relatore), che verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio. In caso di mancata comparizione dell’attore – salvo che il processo sia introdotto con ricorso del pubblico ministero – se il convenuto non chiede di procedere in sua assenza il procedimento si estingue. La norma impone la comparizione personale delle parti, che prima dell’entrata in vigore del rito unico era prevista soltanto per i coniugi all’udienza presidenziale nell’ambito dei procedimenti di separazione o di divorzio. Tale comparizione personale potrà essere evitata solo per gravi e comprovati motivi e la mancata comparizione senza giustificato motivo potrà essere valutata ex art. 116 c.p.c. e il Tribunale potrà tenerne conto nella liquidazione delle spese. All’udienza il giudice dovrà sentire le parti – separatamente o congiuntamente – alla presenza dei rispettivi difensori e tentarne la conciliazione. Potrà inoltre formulare una motivata proposta conciliativa della controversia. In caso di conciliazione, il giudice, assunti i necessari provvedimenti temporanei e urgenti, rimetterà la causa in decisione per l’omologazione dell’accordo raggiunto. In caso negativo, dovrà emettere i provvedimenti provvisori e assumere i mezzi di prova.