La finalità del Reg. UE 2016/1191 è favorire la circolazione dei documenti pubblici nell’Unione europea. Anche se i destinatari sono sicuramente tutti i funzionari pubblici delle amministrazioni dei diversi Stati (per primi gli operatori degli uffici di stato civile e di anagrafe), tuttavia sono chiamati a dare applicazione al Regolamento anche i notai, i giudici, gli uffici giudiziari ed anche i privati che possono ricevere i documenti rilasciati in base al Regolamento. L’Autore redige un quadro della normativa vigente, segnalando alcune criticità che, almeno fino ad ora, non hanno favorito l’auspicata diffusione del Regolamento.
The purpose of Regulation (EU) 2016/1191 is to promote the circulation of public documents in the European Union. The recipients are certainly all civil servants of the administrations in the various States (above all workers in the civil records and registry offices); in spite of this, notaries public, judges, and court offices are all called upon to enforce the regulation, as are even the private individuals who may receive documents issued based on the regulation. The author has outlined the regulations in force, highlighting certain critical areas that, at least until now, have not fostered the regulation’s desired spread.
Keywords: Regulation (EU) no. 1191/2016 – circulation of public documents multilingual standard forms.
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1. Finalità del Regolamento - 2. Ambito di applicazione - 3. I moduli standard multilingue - 4. L’applicazione pratica del Regolamento - 5. Il rispetto del diritto sostanziale degli Stati e la tutela contro il rischio di falsificazione - 6. La diffusione ancora limitata - NOTE
Il 16 febbraio 2019 è divenuto applicabile il Reg. (UE) 2016/1191 del 6 luglio 2016 sulla libera circolazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione europea. Al fine di assicurare la libera circolazione dei documenti pubblici nell’Unione e, in tal modo, promuovere la libera circolazione dei cittadini europei, tale Regolamento si propone di semplificare la procedura per la presentazione di documenti pubblici e delle relative copie autentiche rilasciati da un’autorità di uno Stato membro ai fini della presentazione in un altro Stato membro [1]. Come indicato nell’art. 1, il Regolamento ha lo scopo di attivare un sistema di esenzione dalla legalizzazione e formalità analoghe e di semplificare le altre procedure richieste, in particolare la traduzione dei documenti: per questo, istituisce una serie di modelli standard multilingue da allegare ai documenti pubblici originali che verranno rilasciati senza alcuna legalizzazione. Il Regolamento non sostituisce altri strumenti o altri sistemi di esenzione della legalizzazione, né convenzioni internazionali già utilizzate e diffuse, ma deve essere considerato uno strumento separato e autonomo rispetto alle diverse modalità esistenti. Le convenzioni internazionali attualmente vigenti, quali la Convenzione dell’Aja del 1961, la Convenzione di Vienna del 1976 sul rilascio di estratti plurilingue di stato civile e la Convenzione di Monaco del 1980 sul rilascio di un certificato plurilingue di capacità matrimoniale, restano pienamente applicabili tra gli Stati aderenti e il Regolamento si pone come strumento obbligatorio per tutti gli Stati, anche quelli che non avevano aderito alle convenzioni [2]. Ricordiamo che alcune delle convenzioni sopra indicate non hanno ottenuto un’adesione tanto vasta da poterle trasformare in un reale e concreto strumento che favorisca la circolazione dei documenti. Laddove questo è avvenuto, come per la Convenzione dell’Aja del 1961 (alla quale hanno aderito più di un centinaio di Stati) che sostituisce la legalizzazione con l’apostille, la procedura applicativa richiede comunque la formalità dell’apposizione dell’apostille a cura dell’autorità competente ed è altresì necessaria la traduzione del documento, tanto da rendere effettivamente auspicabile una procedura più semplice e più agevole per il [continua ..]
Il Regolamento si applica ai documenti pubblici rilasciati dalle autorità di uno Stato membro conformemente alla sua legislazione nazionale e il cui obiettivo principale è accertare uno dei seguenti fatti: nascita, esistenza in vita, decesso, nome, matrimonio, capacità di contrarre matrimonio, stato civile, divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, unione registrata, capacità di sottoscrivere un’unione registrata, stato di unione registrata, scioglimento di un’unione registrata, separazione personale o annullamento di un’unione registrata, filiazione, adozione, domicilio e/o residenza, o cittadinanza. Il Regolamento si applica ai “documenti pubblici” che l’art. 2 individua come: a) i documenti emanati da un’autorità o da un funzionario appartenente ad una delle giurisdizioni di uno Stato membro, ivi compresi quelli emanati dal pubblico ministero, da un cancelliere o da un ufficiale giudiziario; b) i documenti amministrativi; c) gli atti notarili; d) le dichiarazioni ufficiali come le annotazioni di registrazioni, visti per la data certa e autenticazioni di firme, apposte su una scrittura privata; e) documenti redatti da agenti diplomatici o consolari di uno Stato membro che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni nel territorio di qualsiasi Stato, ove tali documenti debbano essere presentati sul territorio di un altro Stato membro o agli agenti diplomatici o consolari di un altro Stato membro che agiscono nel territorio di un paese terzo. Si tratta sicuramente di una definizione che contiene una tipologia di documenti molto numerosa. Ne deriva che anche l’applicazione dovrebbe riferirsi a numerose attività che si svolgono nei diversi Stati e, quindi, la piena realizzazione del Regolamento consentirebbe realmente di semplificare le procedure a carico dei cittadini, favorendo effettivamente la libera circolazione delle persone. Non si applica invece a passaporti e carte di identità in quanto tali documenti non sono soggetti a legalizzazione od altre formalità quando vengono presentati in uno Stato membro. Non si applica neanche ai documenti pubblici rilasciati dalla autorità di uno Stato terzo o alle copie autentiche di tali documenti prodotti da uno Stato membro. Ad esempio, se venisse presentato in Germania un certificato di nascita rilasciato dalle competenti autorità del Brasile, il Reg. 2016/1191 non [continua ..]
Il Regolamento contiene dei moduli standard multilingue che dovrebbero facilitare la traduzione dei documenti pubblici cui sono allegati: in sostanza, tali moduli multilingue non hanno valenza autonoma [4], ma solamente come traduzione dei corrispondenti documenti pubblici che sono allegati. È bene chiarire che la traduzione riguarda solamente quanto previsto dal modello multilingue allegato ed è una traduzione parziale, riferita agli aspetti essenziali del documento originale che potrebbe essere più vasto e contenere indicazioni più estese. Pertanto, tali moduli non possono circolare come documenti autonomi tra gli Stati membri, non hanno la stessa valenza o finalità di altri modelli plurilingue previsti da convenzioni internazionali (Convenzione di Vienna del 1976, Convenzione di Monaco del 1980), ma debbono sempre essere allegati ai documenti originali ai quali si applicano come traduzione degli stessi [5]. I modelli multilingue ed i documenti originali ai quali sono allegati sono esenti da legalizzazione e, come detto, il modello multilingue vale come traduzione [6], anche se dei soli elementi essenziali, tenendo presente che la traduzione, in casi eccezionali, può essere richiesta. Si tratta, almeno a parere di chi scrive, di una delle maggiori criticità del Regolamento stesso e, probabilmente, dell’aspetto che non ne ha favorito una più diffusa e capillare applicazione, come sarebbe stato auspicabile: infatti, le Convenzioni CIEC presentano un maggiore livello di semplificazione e, in particolare, la n. 16 citata (Convenzione di Vienna del 1976), racchiude in un unico documento plurilingue il testo e la traduzione, in completa esenzione da legalizzazione e, nello specifico, anche da traduzione, senza alcun bisogno di unire insieme più moduli, quello relativo al documento originale e quello relativo alla traduzione. Nel rilasciare un modulo plurilingue previsto dalla Convenzione CIEC n. 16, l’autorità competente emette un unico documento, contenente il testo del documento e la relativa traduzione, mentre nel caso del modulo multilingue previsto dal Regolamento, l’autorità competente dovrà rilasciare un documento originale nella propria lingua, completo di timbro e firma e, di seguito, allegare il modello multilingue che dovrà compilare online e scaricare al fine di stamparlo, datarlo, timbrarlo e sottoscriverlo, così da [continua ..]
Qualsiasi autorità o pubblico ufficiale previsti dall’ordinamento interno può agire sia come soggetto che recepisce la documentazione, per utilizzarla nell’accertamento di taluni status del cittadino dell’Unione europea o del cittadino italiano che vive in uno Stato membro, sia come soggetto che rilascia il documento richiesto. Nel primo caso, dovrà verificare che sia stato presentato un documento originale in lingua straniera di uno Stato dell’Unione europea, che sarà comunque esente da legalizzazione ed altre formalità analoghe, al quale ai fini della traduzione dovrà essere allegato un modello multilingue contente la traduzione in italiano, contenente timbro, data e firma dell’autorità straniera che lo ha rilasciato. In mancanza di dubbi sulla falsità del documento o sulla correttezza della traduzione allegata, dovrà ricevere il documento e ritenere adeguatamente certificato quanto contenuto nel documento stesso [8]. Ad esempio, se un cittadino finlandese avesse necessità di documentare il proprio matrimonio in Italia, ad esempio per finalità amministrative o giudiziarie, potrà presentare una certificazione rilasciata in lingua originale con allegato un modello multilingue in applicazione del Regolamento, senza che siano necessarie ulteriori formalità. Allo stesso modo, se volesse contrarre matrimonio in Italia, pur non potendo ricorrere alla Convenzione di Monaco del 1980 relativa al rilascio di un certificato plurilingue di capacità matrimoniale, in quanto la Finlandia non ha mai aderito a tale Convenzione, potrebbe presentare un certificato di capacità matrimoniale con allegato il modello multilingue del Regolamento, senza ulteriori formalità. Ciò permette all’ufficiale dello stato civile di verificare la sussistenza delle condizioni che consentono di procedere agli adempimenti di competenza, al fine della celebrazione del matrimonio richiesto. Nel secondo caso – richiesta di certificazione da far valere all’estero in uno Stato eurounitario – sarà la nostra autorità o pubblico ufficiale che dovrà rilasciare un documento secondo la normativa del nostro ordinamento e a questo dovrà allegare un modello standard multilingue di traduzione previsto dal Regolamento. Tale modello va compilato direttamente on-line sulla piattaforma del Portale europeo [continua ..]
Lo scopo del Regolamento non è modificare il diritto sostanziale degli Stati membri e non incide sul riconoscimento in uno Stato membro degli effetti giuridici relativi al contenuto di un documento pubblico rilasciato in un altro Stato membro. Questo significa che nello Stato ricevente l’atto ha il valore che tale ultimo Paese riconosce all’istituto che viene documentato applicando il Reg. UE 2016/1191. In sostanza, l’applicazione del Regolamento non obbliga gli Stati a riconoscere gli effetti giuridici di quanto attestato nei documenti rilasciati in forza del Regolamento stesso, come espressamente indicato nell’art. 2, 4° comma del Regolamento. Uno status riconosciuto in un Paese e documentato attraverso i modelli previsti dal Regolamento rilasciati dal quel Paese non deve essere obbligatoriamente riconosciuto in altro Paese se risulti in contrasto con l’ordine pubblico dello Stato ricevente. Ad esempio, se fosse presentata in Italia una certificazione rilasciata dalla competente autorità della Spagna, attestante il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, delle quali una di cittadinanza italiana, tale certificazione non sarebbe riconosciuta in Italia come matrimonio, ma produrrebbe esclusivamente gli effetti dell’unione civile, come previsto dal nostro ordinamento (artt. 32 bis e 32 quinquies della l. n. 218/1995) [10]. Il Regolamento si preoccupa di fornire garanzie per prevenire la frode e la falsificazione dei documenti pubblici che circolano tra gli Stati. Al fine di garantire un elevato livello di sicurezza e protezione viene confermato che dovrebbe essere il Sistema di informazione del mercato interno («IMI») istituito dal Reg. (UE) n. 1024/2012) a fornire tutte le garanzie in proposito ed offrire meccanismi sicuri di trasmissione elettronica di tali documenti. Qualora si abbia un ragionevole dubbio sull’autenticità di un documento pubblico o della sua copia autentica, le autorità di uno Stato membro a cui tali documenti sono presentati dovrebbero avere la possibilità di verificare i modelli dei documenti disponibili nel repertorio dell’IMI. Si noti che, ai sensi dell’art. 14, 2° comma del Regolamento, il dubbio potrebbe riguardare: a) l’autenticità della firma; b) la capacità con cui ha agito il firmatario del documento; c) l’identità del bollo o del timbro; d) la falsificazione o manomissione [continua ..]
Dopo oltre tre anni di applicazione, non sembra che il Regolamento abbia avuto quella diffusione che ci si poteva aspettare. Infatti, i casi di presentazione dell’originale con allegato il modello multilingue o della richiesta di rilascio per utilizzarlo all’estero non risultano essere molto numerosi. La maggiore criticità è data sicuramente dalla doppia documentazione – originale e modello contenente la traduzione, senza dimenticare che in casi eccezionali potrebbe essere richiesta documentazione integrativa – che non risulta così immediata come, ad esempio, previsto nei documenti rilasciati in forza di specifiche convenzioni (Convenzione di Vienna del 1976 e Convenzione di Monaco del 1980). In relazione a tale aspetto, la scelta del legislatore europeo appare sicuramente poco convincente, in quanto rappresenta una evidente complicazione rispetto alla finalità della normativa che era quella di semplificare la circolazione dei documenti pubblici e, in definitiva, agevolare il movimento dei cittadini nell’Unione europea. Forse, si sarebbe dovuta prendere come base la Convenzione di Vienna del 1976 ed i modelli plurilingue relativi all’estratto di nascita, matrimonio e morte, per prevedere dei modelli, anche più completi, ma con la stessa struttura costituita dalle informazioni da riportare nel documento e dalla traduzione già contenuta nel documento stesso, evitando legalizzazione e traduzione. Forse, sarebbe stato sufficiente prevedere inizialmente un numero limitato di modelli, da aumentare gradualmente previo esame di apposita commissione, purché tali modelli fossero stati comprensivi di testo e traduzione come, appunto, quelli previsti dalla Convenzione di Vienna: la presentazione in un unico documento sia del testo originale che della traduzione, avrebbe maggiormente semplificato il flusso dei documenti pubblici fra gli Stati membri e favorito la circolazione dei cittadini in maniera sicuramente più incisiva. In sostanza, un Regolamento che da poco ha iniziato ad applicarsi e che avrebbe dovuto portare consistenti vantaggi di semplificazione ai cittadini dell’Unione, facilitando lo scambio e la presentazione di documenti pubblici, senza oneri di legalizzazione e traduzione, ma che ancora non sembra funzionare come sarebbe stato auspicabile.