L’Autrice analizza la tutela processual-penalistica del minore vittima di reato sotto il profilo della rappresentanza. Il minorenne deve adeguatamente essere assistito da un rappresentante oppure, nel caso in cui quest’ultimo dovesse mancare o si dovesse trovare in conflitto di interessi con la persona offesa, da un curatore speciale.
The Author analyses the protection, in criminal court proceedings, of the child crime victim from the standpoint of representation. The child must be adequately assisted by a representative or – should said representative be lacking or in conflict of interest with the offended party – by a special administrator.
Keywords: procedural representation – minor – offended person – special curator.
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1. Il minore nel processo penale ordinario - 2. Capacità processuale del minore vittima di reato - 3. La rappresentanza processuale del minore nel processo penale ai fini della costituzione di parte civile: art. 77, 2° comma, c.p.p. - 3.1. Nomina del curatore speciale - 4. Esercizio delle facoltà attribuite al minore vittima di reato esercitate dal Pubblico Ministero: art. 77, 4° comma, c.p.p. - 5. Proposizione ed accettazione della remissione di querela per i minorenni - NOTE
Nel processo penale ordinario la qualità di minorenne è del tutto incompatibile sia con la qualità di responsabile civile che con quella di civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Il minore può comunque ricoprire la veste di danneggiato o persona offesa del reato, parte civile o testimone. Gli spetta altresì il diritto alla proposizione della querela ai sensi dell’art. 120 c.p., potendo così ricoprire la veste di querelante. Si pone, quindi, il quesito se il minore vittima di reato possa esercitare tutte le facoltà attribuite alla persona offesa, genericamente previste dall’art. 90 c.p. La risposta si può rinvenire nelle norme internazionali ed in particolare nella Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata dallo Stato italiano con la l. 20 marzo 2003, n. 77. Difatti, l’art. 3 [1] di detta Convenzione riconosce al minore capace di discernimento il diritto di ricevere ogni informazione pertinente al processo che lo riguarda, essere consultato ed esprimere la propria opinione. Pertanto, il minore viene elevato a soggetto di diritto e, qualora vittima di un reato, si ritiene che possa autonomamente esercitare tutte le facoltà attribuite dalla legge alla persona offesa [2].
A differenza del procedimento penale ordinario, in cui il minore vittima di reato può intervenirvi costituendosi parte civile, nel procedimento penale minorile tale costituzione non è ammessa come fermamente statuito dall’art. 10, d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448 c.d. Codice del Processo Penale Minorile. Pertanto, in tali ipotesi l’azione per il risarcimento del danno o per la restituzione dei beni è ammessa solo in sede civile. Tuttavia, dato che il minore non possiede un’autonoma capacità processuale, la relativa azione deve essere esperita solo attraverso coloro che esercitano su di lui il potere di rappresentanza ai sensi dell’art. 77, 1° comma, c.p.p. [3]. Ciò sia quando l’azione viene proposta in sede penale che quando viene esercitata in sede civile [4]. La disposizione è logica applicazione di quanto enunciato all’art. 75, 2° comma, c.p.c. per cui le persone che non hanno il libero esercizio dei propri diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità. In base a quanto dispone il codice sostanziale, il libero esercizio dei diritti è, in linea generale, escluso per gli incapaci e precisamente: il minore, è rappresentato in giudizio dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e, in mancanza degli stessi, da un tutore (art. 320 c.c.); l’interdetto, è rappresentato dal tutore (art. 357 c.c.); i soggetti semicapaci, cioè il minore emancipato (art. 394 c.c.) ed il maggiore inabilitato (art. 424 c.c.), sono assistiti in giudizio dal curatore [5].
Proseguendo la tematica della rappresentanza del minore, sotto il profilo processual-penalistico, e quindi quando lo stesso sia persona offesa e danneggiata da un reato, si ritiene opportuno continuare la disamina dell’art. 77 c.p.p., per ciò che attiene il 2° comma, in quanto fa riferimento alla figura del curatore speciale. Tale soggetto, che nell’assolvimento del suo incarico ha il dovere di compiere atti in sostituzione del minore e nel suo esclusivo interesse, deve essere nominato in due ipotesi. In primo luogo quando manca la persona cui spetta la rappresentanza o l’assistenza e vi sono ragioni d’urgenza. Ne sono un esempio le situazioni in cui entrambi i genitori sono decaduti dalla responsabilità genitoriale; oppure il minore ha entrambi i genitori deceduti o irreperibili ed ancora non è stato nominato un tutore; oppure il minore è stato temporaneamente affidato a parenti entro il IV grado o a terzi ed il genitore è impossibilitato ad esercitare la rappresentanza per ragioni di salute, per lavoro all’estero, ecc. La seconda e più delicata ipotesi in cui è necessario procedere con la nomina di curatore speciale in favore del minore persona offesa da reato si ha quando sussiste un conflitto di interesse fra il danneggiato e chi lo rappresenta. In genere, tale conflitto sussiste in tutti i casi di illecito endofamiliare, ove le violazioni vengono perpetrate da un membro nei confronti di uno o più soggetti facenti parte della medesima compagine. In tali situazioni, il significato di “conflitto di interesse” deve essere inteso in senso ampio, ricomprendendo non solo quelle situazioni evidenti e palesi, ma anche quelle potenziali. Potrà, quindi, ben sussistere un conflitto di interessi diretto fra il figlio minore ed il genitore-autore del reato, e un conflitto di interessi indiretto anche con l’altro genitore, il quale, ad esempio, ha tenuto una condotta omissiva nel far cessare il comportamento del soggetto agente. Un particolare caso di conflitto di interessi è quello contemplato dall’art. 121 c.p., inerente il diritto di querela esercitato da un curatore speciale, che verrà analizzato successivamente [6].
Il 2° comma dell’art. 77 c.p.p., dopo aver indicato i casi in cui è necessaria la nomina del curatore speciale, statuisce che la relativa istanza possa essere proposta dal Pubblico Ministero, dal rappresentato anche se incapace (minore o interdetto) ma comunque fornito di un minimo di capacità di discernimento, dai prossimi congiunti del minore (e quindi, consultato l’elenco di cui all’art. 307, 4° comma, c.p., compatibilmente con la minore età del danneggiato, gli ascendenti, i discendenti, i fratelli, le sorelle, gli zii), dallo stesso rappresentante quando vi sia conflitto di interessi. Le parti che hanno diritto a proporre l’istanza di nomina possono indicare al Giudice i soggetti che ritengono appropriati a ricoprire l’incarico di curatore speciale. Il Giudice non è tenuto a nominare le persone proposte, ma deve prenderle in considerazione, soprattutto quando siano suggerite dal soggetto incapace che andrà rappresentato. La nomina non prevede particolari formalità, può essere proposta in udienza o fuori udienza. L’istanza va rivolta al Giudice competente della fase processuale in cui si trova il procedimento, il quale provvede con decreto assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone interessate. La nomina del curatore speciale è poi comunicata al Pubblico Ministero al quale spetta l’esecuzione del provvedimento. La funzione di curatore speciale ha carattere provvisorio e urgente, quindi si deve ritenere un incarico obbligatorio. Può essere assunto anche da soggetti che non abbiano particolari rapporti col minore, ma che abbiano adeguati requisiti ed idonee capacità di rappresentanza del minore stesso. Lo stesso avvocato può assumere la veste di curatore speciale, così come previsto dall’art. 5, lett. b) e dall’art. 9, 2° comma, della Convenzione di Strasburgo del 1996. L’ufficio del curatore speciale decade automaticamente nel momento in cui il rappresentato diviene capace o nel caso in cui subentri un soggetto al quale sia devoluto, in modo permanente, il potere di rappresentanza sul minore, come nel caso di nomina di un tutore o di ripristino o di acquisizione della responsabilità genitoriale [7].
Ai sensi dell’art. 77, 4° comma, c.p.p., in determinati casi caratterizzati da estrema urgenza, può essere il Pubblico Ministero, autorizzato dalla legge all’esercizio dell’azione civile, a tutelare gli interessi della persona danneggiata, fintanto che subentri il soggetto al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza oppure il curatore speciale. Lo scopo di tale disposizione è evitare le decadenze di cui all’art. 79 c.p.p. [8] per la costituzione di parte civile, nonché per la richiesta della citazione del responsabile civile – che ben potrebbe essere contemporanea alla costituzione di parte civile – ammessa entro termini rigosi (art. 83, 2° comma, c.p.p. [9]). Un esempio di “assoluta urgenza” è il giudizio direttissimo, caratterizzato per l’assenza dell’udienza preliminare, con il diretto passaggio al dibattimento. Ben si capisce, quindi, come in una tale evenienza sia importante tutelare il minorenne vittima di reato, il quale, privo di rappresentanza, verrebbe sostituito processualmente dal Pubblico Ministero al fine di esercitare i suoi diritti processuali ed evitare le decadenze di cui agli artt. 79 e 83 c.p.p. Questo fintanto che non intervenga il Giudice decretando la nomina del curatore ai sensi dell’art. 77 c.p.p.
È opportuno precisare preliminarmente che l’ordinamento tende sempre di più a considerare perseguibili d’ufficio molti illeciti commessi nei confronti dei minori, anche quando la perseguibilità degli stessi fatti commessi nei confronti degli adulti viene rimessa alla querela di parte. Fra di essi possono essere menzionati la violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p. [10], la violenza sessuale prevista all’art. 609 bis c.p. [11], il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. [12]. Nei casi in cui occorre procedere a querela di parte, la norma a cui si deve fare riferimento è l’art. 120 c.p., 2° e 3° comma, secondo cui «per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti (...) il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore. I minori che hanno compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati, possono esercitare il diritto di querela, e possono altresì, in loro vece, esercitarlo il genitore ovvero il tutore o il curatore, nonostante ogni contraria dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell’inabilitato». Si è già fatto cenno all’art. 121 c.p. [13], in merito al conflitto di interessi che può aversi nei casi in cui siano stati i genitori stessi a commettere un reato nei confronti del figlio minore. In tali situazioni, il diritto di querela è esercitato da un curatore speciale nominato ai sensi dell’art. 338 c.p.p. Difatti, scopo dell’art. 121 c.p. è quello di ovviare a quelle situazioni in cui il minore infraquattordicenne vittima di reato non abbia nessuno che lo rappresenti nel momento in cui deve sporgere querela, oppure vi sia un rappresentante, ma, appunto, in conflitto di interessi [14]. Specularmente a quanto previsto dall’art. 120 c.p., l’art. 153 c.p. stabilisce che, per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti, la remissione della querela è esercitata dal loro legale rappresentante (genitore o tutore). Per i minori ultraquattordicenni e per gli inabilitati, la remissione ha effetto solo se approvata dal rappresentante, Se, però, quest’ultimo rimette la querela, essa non ha effetto se non approvata anche dal minore o dall’inabilitato. Nel caso in cui non vi sia nessuno che esercita la responsabilità genitoriale sul [continua ..]