Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Gli strumenti di tutela e sostegno della maternità e della paternità (congedi, riposi, indennità) con particolare riferimento alle famiglie omogenitoriali (di Valentina Pontillo, Avvocata in Milano, Mediatrice Familiare, Cultrice della materia in Sociologia del Diritto, Università Milano-Bicocca)


L’articolo esplora il percorso effettuato dal nostro ordinamento per il raggiungimento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori nelle famiglie con genitori dello stesso sesso.

L’elaborazione giurisprudenziale ha dato una interpretazione della normativa prevista dal Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, e successive modifiche (d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151), che è volta a tutelare in via prevalente l’interesse dei figli a essere cresciuti da entrambi i genitori o dall’unico genitore presente.

 

The article explores our legal system’s progress in achieving the rights of male and female workers in families with same-sex parents.

Case law has provided an interpretation of the regulation established by the consolidated law of legislative provisions in the matter of protecting and supporting motherhood and fatherhood, as amended (Legislative Decree no. 151 of 26 March 2001), which is in turn aimed at providing prevailing protection to the child’s interest in being raised by both parents or by the only parent present.

Keywords: same-parent families – parental leave – daily rest – maternity allowance – paternity.

SOMMARIO:

1. Nuovi modelli familiari - 2. Il congedo parentale e di malattia per i figli - 3. I riposi giornalieri - 4. L’indennità di maternità al padre - 5. Conclusioni - NOTE


1. Nuovi modelli familiari

Negli ultimi anni il panorama dei modelli familiari in Italia è fortemente cambiato. Nonostante l’esplicita volontà del legislatore di non introdurre una disciplina volta alla regolamentazione delle relazioni genitoriali nelle coppie dello stesso sesso (si pensi allo stralcio dell’adozione del figlio del/lla partner durante i lavori per la l. 20 maggio 2016, n. 76), nel nostro ordinamento le famiglie omogenitoriali esistono, reclamano e sempre più spesso ottengono il riconoscimento di diritti. In particolare, dal 2018, diversi comuni italiani hanno aperto la strada ai riconoscimenti dei figli nati in Italia per le coppie dello stesso sesso e si è via via formata cospicua giurisprudenza a supporto e a sfavore di tale prassi [1]. Di fatto, esistono centinaia di bambini con due genitori dello stesso sesso risultanti dagli atti di nascita e dai documenti identificativi italiani (carte d’iden­tità e passaporti). Oltre ai figli riconosciuti a seguito di PMA, la giurisprudenza ha già riconosciuto le famiglie omogenitoriali accogliendo le richieste di adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, lett. d), l. 4 maggio 1983, n. 184, a favore del genitore non riconosciuto alla nascita sia per le madri sia per i padri [2] e le trascrizioni degli atti di nascita stranieri con l’indicazione di entrambi i genitori [3].


2. Il congedo parentale e di malattia per i figli

La normativa che disciplina il congedo parentale e di malattia del figlio è raccolta nel Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151). Il congedo parentale, disciplinato dall’art. 32 del T.U. [4], prevede che, nei primi dodici anni di vita di un figlio, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo che non può complessivamente eccedere il limite di dieci mesi. Tale diritto può essere goduto dalla madre lavoratrice (trascorso il periodo di congedo di maternità) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, e dal padre lavoratore (dalla nascita del figlio) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette se l’astensione non è inferiore a tre mesi. Il congedo per la malattia del figlio è invece disciplinato dall’art. 47 del T.U. [5] il quale, al 1° comma, prevede che entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per i periodi di malattie di ciascun figlio nei suoi primi tre anni di vita. Nello specifico, quindi, il Testo Unico rappresenta una raccolta omogenea delle norme, anche di derivazione sovranazionale, poste a tutela della maternità e della paternità. Il Testo Unico ha infatti dato attuazione alla direttiva 1996/34 in materia di congedo parentale, successivamente sostituita dalla direttiva 2019/1158/UE, che, come le precedenti, ha ulteriormente accresciuto le tutele e gli incentivi per garantire ai lavoratori il miglior equilibrio possibile tra la vita familiare e l’attività lavorativa. Proprio la direttiva da ultimo richiamata, che all’art. 5 disciplina il congedo parentale, sollecita nel settore una modernizzazione e un adeguamento del quadro giuridico (europeo e nazionale) incoraggiando gli Stati membri a concedere il diritto al congedo parentale a tutti i lavoratori che hanno responsabilità genitoriali in conformità dell’ordinamento giuridico nazionale [6]. Il Tribunale ordinario di Milano, con ordinanza dell’12 novembre 2020, si è pronunciato sulla richiesta di una madre lavoratrice di usufruire, come previsto dal CCNL e dal Testo Unico, del congedo parentale e di malattia del figlio riconosciuto da entrambe le madri, a seguito del rifiuto del datore di lavoro. Nel caso specifico, la [continua ..]


3. I riposi giornalieri

La possibilità di riconoscere i figli per le coppie dello stesso sesso avanti ad alcuni Ufficiali di stato civile, ha consentito ai genitori, per lo più alle madri che ancora non avevano potuto riconoscere i figli alla nascita, di formalizzarne il riconoscimento. Tale apertura ha inoltre consentito alle coppie che si apprestavano a diventare genitori di riconoscere congiuntamente i figli alla nascita; da qui l’esigenza di beneficiare degli strumenti atti a supportare la maternità e la paternità, o meglio sarebbe dire la genitorialità, dai primi giorni di vita dei figli. Ormai, anche nelle famiglie omogenitoriali, è più che frequente presentare istanza e ottenere, in forza degli atti di stato civile attestanti la genitorialità, il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo (alternativo al congedo di maternità della madre) istituiti dall’art. 4, 24° comma, lett. a), della l. 28 giugno 2012, n. 92 a favore del padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, e fruibili entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio o della figlia. L’istituto dei riposti giornalieri è disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 39 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 il quale prevede al 1° comma, che «Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata». Il successivo art. 40 del T.U. di cui sopra introduce una serie numerata di ipotesi in cui i predetti “riposi giornalieri”, spesso definiti permessi per l’allattamento, possono essere goduti dal padre lavoratore anziché dalla madre: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre requisiti. Non di immediata soluzione è stata una tra le prime richieste per i riposi giornalieri [13], presentata all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale dalla madre non partoriente per accudire il figlio avuto insieme alla moglie (matrimonio estero), a seguito di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero, e riconosciuto congiuntamente a quest’ultima, lavoratrice autonoma. Inizialmente, infatti, [continua ..]


4. L’indennità di maternità al padre

Sempre attraverso una chiave ermeneutica evolutiva e costituzionalmente orientata, è stata riconosciuta al padre lavoratore, unico genitore, l’indennità di maternità prevista ai sensi dell’art. 70, 3° ter comma ss., T.U. La norma di riferimento stabilisce, al 1° comma, che «alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza di cui alla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa». Il medesimo art. 70, al 3° ter comma – introdotto dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 80 – stabilisce altresì che «l’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre». Il nuovo comma sancisce, quindi, il diritto del padre, libero professionista, di vedersi corrisposta l’indennità di maternità per tutto il periodo spettante alla madre, nel caso di assenza della medesima. Seppur possa apparire ovvio l’intento del legislatore di estendere al padre lavoratore il diritto di godere dell’indennità nel caso in cui sia l’unico genitore o colui che si occupa in via pressoché esclusiva del figlio, così non è stato per l’Ente assistenziale privato chiamato a decidere su una richiesta in tal senso formulata. Si analizzi la vicenda di un padre libero professionista che, dopo aver provveduto alla trascrizione dell’atto di nascita straniero in Italia, attestante la genitorialità esclusiva nei confronti della figlia, presentava all’Ente di riferimento, domanda di erogazione dell’indennità di maternità ai sensi dell’art. 70, 3° ter comma ss., d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151. L’Ente, tuttavia, riteneva di non poter accogliere la domanda poiché, a suo dire, le condizioni previste dal summenzionato articolo, non contemplano il mancato riconoscimento della madre e considerava oltretutto carente la documentazione a supporto della domanda. In particolare, questi chiedeva prodursi documentazione non prevista dal T.U. al fine di [continua ..]


5. Conclusioni

Si può affermare, in conclusione che, come considerato dalla giurisprudenza qui richiamata, nella valutazione dei diritti delle madri lavoratrici e dei padri lavoratori, è necessario partire dalle attestazioni relative ai legami genitoriali desunte dagli atti di Stato civile, stante l’inaccessibile sindacato di legittimità sullo stato di figlio, per il Giudice del lavoro, al quale resta escluso anche il potere di disapplicazione della documentazione in questione. La normativa relativa alla tutela della maternità e della paternità, che in origine non era pensata per la genitorialità differente da quella dicotomica madre/padre, deve essere quindi interpretata nel senso di garantire la maggiore tutela ai figli e a tutte le relazioni genitoriali, in particolare, attingendo alla ratio del legislatore e, se necessario, andando oltre il dato letterale al fine di realizzare il best interest of child.


NOTE