Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La procreazione medicalmente assistita e la surrogazione di maternità (di Ida Parisi, Avvocata in Taranto, Docente a contratto di Legislation and Bioethics in Medicine of Reproduction presso l’Università degli Studi di Teramo, International Lawyer Associate presso American Bar Association (ABA) – Family Law Section, Assisted Reproductive Technologies Committee)


L’Autrice si sofferma sull’analisi della normativa italiana in materia di PMA e sui diversi interventi della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcuni dei divieti disciplinati dalla l. n. 40/2004. In seguito tratta della surrogazione di maternità, congiuntamente alla questione relativa al riconoscimento dello status filiationis di un minore nato a all’estero con maternità surrogata, spesso posta in termini di trascrivibilità dell’atto di nascita straniero, cui il contrasto con l’ordine pubblico rappresenta, spesso, un limite.

 

The Author analyzes Italian regulation in the matter of medically assisted procreation (MAP) and the various interventions by the Constitutional Court which has declared unconstitutional some of the prohibitions governed by Law no. 40/2004. She then discusses surrogate motherhood, along with the issue relating to recognition of the status filiationis of a child born by surrogate otherhood abroad – an issue often raised in terms of the transcribability of the foreign birth certificate, upon which the conflict with public policy represents a limitation.

Keywords: medically assisted procreation – gestational carrier (GC) – status filiationis – public order.

SOMMARIO:

1. La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e l’introduzione di nuove forme di genitorialità - 2. La l. 19 febbraio 2004, n. 40 e la PMA in Italia - 3. Gli interventi della Corte costituzionale sulla l. n. 40 e i divieti ancora oggi pendenti - 4. La surrogazione di maternità o gestazione per altri (GPA) - 5. Lo status filiationis di un minore nato all’estero da GPA e PMA da single o coppie omo-affettive - 6. “Ordine pubblico”: l’evoluzione nel tempo - 7. Ordine pubblico e PMA - 8. Conclusioni - NOTE


1. La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) e l’introduzione di nuove forme di genitorialità

La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) è una procedura finalizzata, attraverso l’ausilio di tecniche e strumentazioni mediche, a realizzare il desiderio di avere un figlio di chi, per problemi di sterilità o infertilità, non può procreare in maniera naturale. La genitorialità da fecondazione assistita si affianca alla “genitorialità naturale”, riconosciuta a chi diventa genitore per mezzo del concepimento naturale che richiede, pertanto, un apporto di tipo biologico e genetico, nonché alla “genitorialità sociale”, da attribuire a chi intraprende e conclude un percorso di adozione, nell’ambito del quale l’apporto biologico o genetico diventa, invece, irrilevante. Infatti, nell’ambito della PMA, la genitorialità è riconosciuta e attribuita in base all’assunzione consapevole della responsabilità genitoriale, manifestata attraverso la sottoscrizione del consenso informato; il vincolo genetico o biologico perde, dunque, rilevanza rispetto alla responsabilità procreativa, condizione alla base del riconoscimento della responsabilità genitoriale. Pertanto, è evidente come vi sia un superamento dei criteri generalmente riconosciuti e come alcuni principi come ad esempio quello relativo alla certezza dello status di madre (“mater semper certa est”) o i principi del favor veritatis e favor legitimatis, diventino spesso ormai inapplicabili perché è sempre più spesso solo il favor minoris ad essere considerato prevalente, anche in assenza di collegamento biologico. Così, diminuiscono le certezze e diventa sempre più importante individuare delle soluzioni giuridiche che possano garantire, nei casi nei quali vi è un vuoto legislativo, la tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti.


2. La l. 19 febbraio 2004, n. 40 e la PMA in Italia

In Italia è la l. 19 febbraio 2004, n. 40 [1] a disciplinare la Procreazione Medicalmente Assistita e a stabilire i relativi requisiti – soggettivi e oggettivi – di accesso. Esistono due tipologie di tecniche di PMA: la fecondazione assistita omologa e quella eterologa. Nel primo caso, non vi è alcuna donazione da parte di soggetti terzi: l’embrione è, infatti, creato con i gameti (ovociti e spermatozoi) della coppia che decide di intraprendere il percorso di PMA; nel secondo, invece, intraprende questo percorso chi, invece, ha la necessità di ricevere in donazione (parzialmente o totalmente) i gameti da un soggetto terzo. Entrambe le tipologie di fecondazione assistita sono legalmente riconosciute in Italia. In particolare, è l’art. 4, 1° comma, a individuare i casi in cui è consentito l’accesso alle tecniche in questione e a stabilire che lo stesso sia consentito quando sia stata accertata l’impossibilità di rimuovere – in altro modo – le cause che impediscono la procreazione, nei casi di sterilità o infertilità inspiegate documentate da atto medico, nei casi di infertilità o sterilità derivanti da causa accertata e certificata da atto medico. Quanto ai criteri soggettivi di accesso, invece, possono accedere alle tecniche di PMA in Italia le coppie di soggetti che soddisfano i seguenti requisiti: maggiore età, sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi. Le coppie fertili possono accedere alla procreazione assistita in Italia soltanto se sono portatrici di malattie genetiche trasmissibili e rispondono a certi requisiti stabiliti dalla legge. L’accesso alla PMA in Italia non è, ad oggi, consentito a single e coppie same-sex. Gli interventi di PMA devono essere effettuati nelle strutture pubbliche o private autorizzate dalle Regioni e iscritte in uno specifico registro nazionale istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità (Registro Nazionale PMA [2]). Le tecniche di procreazione medicalmente assistita devono, poi, essere applicate in base al principio di gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività. Il consenso informato deve essere sempre [continua ..]


3. Gli interventi della Corte costituzionale sulla l. n. 40 e i divieti ancora oggi pendenti

La l. n. 40/2004 nasce con un impianto normativo particolarmente severo e restrittivo con riferimento alla tutela della libertà individuale e delle scelte procreative, nonché della libertà di ricerca scientifica; è, però, altresì, improntata ad un atteggiamento fortemente garantista nei confronti dell’embrione, dal quale discende, ad esempio, il divieto di utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni non idonei per una gravidanza. Tale impostazione si è, spesso, posta in contrasto con la tutela di alcuni diritti fondamentali individuali, nonché con il principio di autonomia decisionale del medico e ha portato alla declaratoria di illegittimità costituzionale di alcuni articoli della legge stessa. In particolare, prima che la Corte costituzionale intervenisse sull’impianto della l. n. 40/2004, i divieti vigenti in materia di PMA erano i seguenti: divieto di accesso alle tecniche di PMA per le coppie fertili (artt. 1, 4° comma), divieto di applicazione di tecniche eterologhe (art. 4, 3° comma), divieto di revoca del consenso dopo la fecondazione (art. 6, 3° comma), divieto di utilizzo e donazione di embrioni per la ricerca scientifica (artt. 13 e 14), divieto di soppressione e crioconservazione degli embrioni (art. 14, 1° comma), divieto di produzione di più di tre embrioni e obbligo di unico e contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti (art. 14, 2° comma). Una delle prime occasioni in cui la Corte costituzionale si è pronunciata in materia di PMA è stato con la sentenza n. 151/2009 che, pronunciandosi sull’art. 14, relativamente al divieto di soppressione e crioconservazione degli embrioni, nonché al divieto di produzione di più di tre embrioni e obbligo di unico e contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti, ha rilevato l’incompatibilità di tale previsione con il diritto alla salute della donna e l’autonomia del medico giacché «in materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali». In seguito a tale intervento, le tecniche di PMA sono ora applicate in base alle esigenze terapeutiche della coppia, prevedendo anche se necessario la produzione di più embrioni e per la tutela della salute della donna è [continua ..]


4. La surrogazione di maternità o gestazione per altri (GPA)

Il tema della surrogazione di maternità (o GPA gestazione per altri) si ricollega alla questione della procreazione medicalmente assistita, pur non costituendo di per sé alcuna tecnica procreativa: infatti, è l’utilizzo di tali procedure, e, in particolare della inseminazione artificiale eterologa, a rappresentare un mezzo per realizzare le diverse ipotesi di surrogazione materna. In particolare, l’accordo di gestazione per altri è concluso tra una donna che sceglie, in maniera libera, autonoma e volontaria, di portare avanti la gravidanza per conto altrui, così dando alla luce il minore rinunciando a qualsivoglia diritto genitoriale sul nascituro e un soggetto singolo o una coppia di genitori intenzionali che non possono procreare in maniera naturale e si impegnano ad assumere la piena custodia e la responsabilità genitoriale del nato fin dalla nascita. In Italia è la n. 40/2004 a stabilire all’art. 12, 6° comma che: «... Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro ...». L’art. 12, 9° comma stabilisce poi che: «... È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo ...» e al 10° comma che «... L’autorizzazione concessa ai sensi dell’articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l’autorizzazione può essere revocata ...». Nei paesi in cui il percorso di GPA è consentito, esistono diverse tipologie di accordi di gestazione per altri che vanno distinti in base all’apporto biologico fornito dalla gestante (“traditional surrogacy” o “maternità surrogata tradizionale” e “gestational surrogacy” o “maternità surrogata gestazionale”) ovvero in base al riconoscimento economico corrisposto alla gestante per altri per il suo impegno (maternità surrogata “altruistica” o [continua ..]


5. Lo status filiationis di un minore nato all’estero da GPA e PMA da single o coppie omo-affettive

Considerato il divieto vigente disciplinato dall’art. 12, 6° comma, della l. n. 40/2004, nonché le altre disposizioni inerenti l’accesso alla PMA in Italia, consentito esclusivamente a coppie di sesso diverso conviventi o sposate, è fondamentale analizzare il tema della riconoscibilità in Italia dello status dei figli nati con GPA all’estero o, tramite tecniche di fecondazione assistita, da single o nell’ambito di coppie omo-affettive di nazionalità italiana. Infatti, se da un lato, soprattutto se il minore nasce in un paese del quale acquisisce altresì la cittadinanza, è l’art. 33 della l. n. 218/1995 a disciplinare che «lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita ...», dall’altro, non sempre tale riconoscimento avviene in maniera automatica ed è, pertanto, essenziale operare un bilanciamento tra il principio di tutela dell’interesse del minore, da un lato, e la tutela dell’interesse pubblico, dall’altro. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, in particolare, viene in rilievo la nozione di “ordine pubblico” che, da sempre, costituisce, il limite all’applicazione della legge straniera. È, in primis, l’art. 16 della l. n. 218/1995 a chiarire espressamente che «... la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico ...» e sono, altresì, gli artt. 64 e 65 della stessa legge a stabilire che i provvedimenti, nonché le sentenze straniere, sono riconosciute in Italia e acquistano efficacia automatica, senza la necessità di ricorrere ad alcun procedimento, quando le stesse producano effetti non contrari all’ordine pubblico. Lo stesso dicasi per le norme che regolano la trascrizione di atti stranieri in Italia, ovvero il riconoscimento, nel nostro ordinamento, degli effetti di un atto formato all’estero, in applicazione della legge straniera. Nello specifico, è l’art. 17 del d.p.r. n. 396/2000 a consentire la trascrizione degli atti di stato civile relativi a un cittadino italiano nato all’estero, nonché l’art. 18 dello stesso d.p.r. a stabilire la non trascrivibilità dell’atto straniero se l’atto è contrario [continua ..]


6. “Ordine pubblico”: l’evoluzione nel tempo

La nozione di ordine pubblico, non potendosi identificare con un concetto unitario, è stata oggetto, negli anni, di notevoli mutazioni, in base alla interpretazione che la giurisprudenza ne ha fornito, di volta in volta, con inevitabili ricadute sulle situazioni soggettive, in termini di tutela dei diritti dei soggetti coinvolti – in particolare i più deboli, i minori – e di riconoscimento delle relazioni familiari. Secondo una risalente interpretazione (anni ’60-’70), l’ordine pubblico veniva inteso come limite di sbarramento alla circolazione interna di istituti giuridici stranieri e, come tale, originariamente riferito ai principi evincibili dalla normativa interna inderogabile [6], nonché ispirato dalla difesa delle concezioni morali e politiche che ne costituivano il fondamento; secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato [7], pertanto, la nozione di ordine pubblico non doveva essere intesa in senso astratto ed universale, ma andava riferita all’ordinamento giuridico nazionale ed ai suoi più elevati interessi, dei quali era volta ad assicurare il rispetto. Vi era, dunque, la tendenza a sovrapporre tale concetto con quello di “ordine pubblico internazionale” che, lasciava, dunque, poco spazio all’efficacia dei provvedimenti stranieri nel nostro ordinamento. La nozione di “ordine pubblico internazionale”, intesa come il complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria [8] ha iniziato ad affermarsi contestualmente all’incremento delle influenze derivanti dal diritto sovranazionale e al recepimento dei principi introdotti dalle convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito.


7. Ordine pubblico e PMA

L’evoluzione della definizione di “ordine pubblico” rileva particolarmente nell’ambito della discussione avente ad oggetto il riconoscimento dello status filiationis attribuito ad un minore nato a seguito di tecniche di PMA o GPA in paesi stranieri. In particolare, in materia di riconoscibilità della doppia maternità di un bambino nato in Spagna, a seguito di un percorso di fecondazione assistita eterologa, la Suprema Corte [9], ispirandosi al concetto di “ordine pubblico internazionale” ha evidenziato che «... il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero, i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia, a norma degli artt. 16, 64 e 65 della legge n. 218 del 1995 e 18 DPR n. 396 del 2000, deve verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme ad una o più norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo desumibili dalla Carta Costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Si tratta in particolare della tutela dell’interesse superiore del minore anche sotto il profilo della sua identità personale e sociale e in generale del diritto delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia, valori questi già presenti nella Carta Costituzionale (artt. 2, 3, 31 e 32 Cost.) e la cui tutela è rafforzata dalle fonti sovranazionali che concorrono alla formazione dei principi di ordine pubblico internazionale ...». Pertanto, la Corte ha escluso che detto contrasto possa sussistere «... per il solo fatto che la norma straniera sia difforme, contenutisticamente, da una o più disposizioni del diritto nazionale perché il parametro di riferimento non è costituito dalle norme con le quali il legislatore ordinario esercita la propria discrezionalità in una determinata materia, ma esclusivamente dai principi fondamentali vincolanti per lo stesso legislatore ordinario ...» e «il giudice al quale è affidato il compito di verificare preventivamente la compatibilità della norma straniera con tali principi, dovrà negare il contrasto con [continua ..]


8. Conclusioni

Nel portare avanti la discussione su tali temi, spesso si assiste ad un disallineamento tra l’evo­luzione scientifica, sempre più veloce, che influisce sulla vita delle persone, così determinando forti cambiamenti a livello sociale e la risposta giuridica o, comunque, del legislatore, che dovrebbe garantire una tutela dei diritti fondamentali di tutti i soggetti coinvolti, ma che, spesso, risulta totalmente inerte. Con particolare riferimento al tema della tutela dei minori nati all’estero da procreazione medicalmente assistita (o GPA), sono stati i giudici ad adottare, spesso, soluzioni creative per il raggiungimento di un compromesso tra la tutela del superiore interesse del minore e la protezione dell’interesse pubblico, spesso identificato, nei casi di surrogazione materna, con la dignità della gestante e l’istituto dell’adozione. Nei casi di questo tipo, la soluzione identificata sia dalla giurisprudenza di merito, sia dalla giurisprudenza di legittimità e anche costituzionale è stata quella di ricorrere all’istituto dell’ado­zione in casi particolari come strumento per attuare il riconoscimento dello status del genitore intenzionale non biologico, nonostante gli aspetti controversi dello stesso. In altri casi, invece, sono stati i Tribunali [14], anche in assenza di una legge specifica del Parlamento, a disporre la trascrizione integrale dell’atto di nascita straniero recante la doppia paternità o maternità, di un minore nato a seguito di gestazione per altri (GPA) o PMA, stante la necessità di tutelare in maniera adeguata gli interessi del bambino e la famiglia di fatto già formata, anche ai sensi della legge straniera. Al disallineamento sopra menzionato si affianca, altresì, una difformità nella gestione di tali situazioni che, ormai troppo spesso, dipendono dall’evoluzione dei rapporti politici e sociali, quando, invece, la tutela dello status dei soggetti più fragili, come i minori, dovrebbe essere regolamentata da normative ben precise, anche quando gli stessi sono inseriti nell’ambito di modelli familiari diversi da quelli tradizionalmente disciplinati nel nostro ordinamento.


NOTE