Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il lungo (e travagliato) percorso del curatore del minore nei procedimenti de potestate (di Alessandra Cordiano, Professore associato in Diritto privato presso l’Università degli Studi di Verona)


L’Autrice si sofferma sulle peculiarità del procedimento minorile e della figura del Curatore speciale precedenti alla riforma n. 206/2021, ponendo in rilievo gli elementi di criticità, quali l’inadeguata tutela processuale del minore, il non chiaro rapporto tra difensore tecnico e Curatore speciale e gli incerti confini dei poteri di quest’ultimo. Successivamente accoglie con favore la riforma n. 206/2021 in ordine alla rappresentanza e alla difesa tecnica del minore, ma rileva delle carenze nella disciplina sia per quanto riguarda le funzioni del Curatore che la formazione dello stesso.

 

The Author deals with the particular features of juvenile procedure and of the figure of the special Guardian prior to reform law no. 206/2021, emphasizing the critical elements, such as the inadequate protection of the child in court, the unclear relationship between the technical defender and the special Guardian, and the uncertain boundaries of the latter’s powers. She then discusses reform no. 206/2021 in favorable terms as to the child’s representation and tech­nical defense, but points out the regulations’ shortcomings as relates both to the Guardian’s functions and to his or her training.

SOMMARIO:

1. Profili processuali principali (fino all’entrata in vigore della riforma n. 206/2021) - 2. Il dibattito pregresso circa la figura del Curatore speciale del minore - 3. Alcune riflessioni in prospettiva - NOTE


1. Profili processuali principali (fino all’entrata in vigore della riforma n. 206/2021)

La natura e le peculiarità del procedimento de potestate hanno in un certo modo sofferto la storia e l’evoluzione della materia familiaristica e minorile. L’introduzione della legge sull’adozio­ne speciale del 1967, invero, pone per la prima volta l’accento sulla necessità di tutelare l’inte­resse del minore sotto il profilo anche civilistico, attraverso un procedimento estremamente informale e destrutturato, talvolta anche distorsivo dei principi del contraddittorio e del giusto processo. Realmente solo con la riforma n. 149/2001 in materia di procedimento di adottabilità sono stati ridisegnati i confini della materia minorile processuale: è stato così individuato un ruolo nettamente diversificato fra procura e tribunale minorile, come pure la necessità, nei procedimenti in oggetto, di un’assistenza tecnica di tutte le parti coinvolte. Detti profili, infine, sono stati portati a un certo grado di compimento con la riforma della filiazione, d.lgs. n. 154/2013, che ha colmato una rilevante lacuna in tema di ascolto del minore anche infradodicenne, se capace di discernimento, che la stessa disciplina di riforma del 2001 non era in realtà riuscita ad introdurre, non avendo apprestato la puntuale regolamentazione processuale a riguardo. Il nucleo della competenza che residua al giudice minorile, a seguito delle riforme del 2012-2013, è sostanzialmente quella della patologia dei rapporti e del grave pregiudizio. L’unitarietà di visione che dovrebbe riguardare tutte le questioni concernenti il procedimento de potestate di cui all’art. 336 c.c., nelle sue connessioni con altri istituti e altri procedimenti, come quello adottivo e quelli della crisi familiare, conferma, da un lato, la fragilità di un criterio distintivo di competenza fra giudici; dall’altro, la bontà di un definitivo approdo verso la costituzione di un giudice unico delle relazioni familiari, che non disperda, ma anzi rafforzi, la complessità e l’in­terrelazione delle competenze in materia, con la riforma n. 206/2021. Il procedimento individuato dalla disposizione di cui all’art. 336 c.c. ricalca la procedura dettata dal codice di rito agli artt. 737-742 bis c.p.c., sulle «disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio», che si applicano, come precisa l’art. 742 bis c.p.c., anche ai procedimenti non [continua ..]


2. Il dibattito pregresso circa la figura del Curatore speciale del minore

La presenza, come accennato, di una parte peculiare nel procedimento, alla quale di fatto il pro­cedimento si rivolge e verso il quale lo stesso si funzionalizza, che è però incapace a rappresentare autonomamente e direttamente i propri interessi, è questione all’attenzione già delle prime Carte internazionali, poste a tutela dei diritti dei minori. Dalle prime riflessioni nate in seno alla Conferenza internazionale del Lavoro nei primi decenni del ’900, si giunge nel 1989 alla celebre Convenzione di New York sui diritti del fanciullo delle Nazioni unite, la quale riconosce in capo al minore una serie di diritti fondamentali, sancendo la priorità della considerazione del­l’interesse del minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano (art. 3) e il diritto del fanciullo, capace di discernimento, di «esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa»; opinione, che deve essere debitamente presa in considerazione «tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità» (art. 12). Successivamente, la Convenzione di Strasburgo, sacralizzando il principio che «i diritti e gli interessi superiori dei minori debbano essere promossi e che a tal fine i minori dovrebbero avere la possibilità di esercitare i propri diritti, in particolare nelle procedure in materia di famiglia che li riguardano» (Preambolo), obbliga gli Stati a promuovere «nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l’esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone o organi essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria». L’art. 3, in particolare, sancisce il diritto del minore con discernimento, relativamente ai procedimenti giudiziari che lo interessano, di ricevere ogni informazione pertinente; di essere consultato e di esprimere la propria opinione; di essere informato delle eventuali conseguenze che possono discendere dalla sua opinione. Sempre la Convenzione di Strasburgo pone forte l’accento sull’esercizio di quei diritti e sulla necessità di un’adeguata rappresentazione in giudizio degli stessi: se l’art. 9, infatti, individua l’ipotesi del conflitto d’interessi in capo ai soggetti esercenti la [continua ..]


3. Alcune riflessioni in prospettiva

Che la riforma in ordine alla rappresentanza e alla difesa tecnica del minore nei procedimenti de potestate fosse urgente e indifferibile non può che essere del tutto condivisibile, richiedendo attenzione sia al riordino delle regole del codice di rito di cui all’art. 78 c.p.c., sia, come in effetti si prospetta, alla norma procedurale dell’art. 336 c.c. Con riguardo proprio a quest’ultima, da tempo era condivisa l’idea di una revisione circa quelle ipotesi nelle quali la nomina del Curatore fosse obbligatoria a pena di nullità del procedimento ovvero lasciata alla discrezionalità del giudice. Un consenso altrettanto ampio riguardava la necessità di colmare una serie di lacune, come l’assenza della legittimazione del Curatore a dare avvio al procedimento de potestate e di una norma sulla tempestività della nomina dello stesso, unitamente (come in effetti si evince) alla possibilità per il minore almeno ultraquattordicenne di fare autonomamente istanza per la nomina del Curatore, nella prospettiva, quest’ultima, di uno ius commune minorile che attribuisce all’autodeterminazione del minore ampi e significativi spazi di realizzazione (dal mondo digitale alle istanze per l’interruzione della gravidanza; dalle richieste di protezione internazionale alle scelte vaccinali). Se il quadro futuro si prospetta fecondo, restano ancora aperti alcuni temi, fra i quali quello, nient’affatto scevro da complessità, delle funzioni del Curatore nei procedimenti in parola e, ancor prima, quello della formazione dello stesso, che ha meritato e merita ancora riflessioni profonde da parte della più attenta avvocatura. Giacché, accanto ai compiti più tradizionali – come quello di estrarre copia degli atti di causa e di prendere contatti con gli operatori dei servizi territoriali, con la comunità dove il minore è collocato o con gli affidatari e il tutore; di valutare l’adeguatezza dell’azione e delle iniziative intraprese; di vigilare sui provvedimenti emanati (e non emanati), insieme naturalmente alla eventuale costituzione in giudizio – al curatore/avvo­cato spetta un (non sempre facile) dovere di ascoltare il minore, di fornirgli informazioni, di raccogliere le sue opinioni e di spiegargli il contesto processuale, delineandone i possibili rischi e benefici. Spetterà, in buona sostanza, al Curatore [continua ..]


NOTE