Il panorama dei modelli familiari porta oggi a ritenere che, in una prospettiva futura, diverrà sempre più rilevante il problema, già avvertito nel tessuto sociale, di evitare dispersioni percepite come “ingiustificate” del patrimonio del nucleo familiare originario verso soggetti estranei. L’autore, dopo avere trattato delle prerogative successorie del coniuge separato senza addebito, del coniuge separato con addebito, dei diritti iure hereditario dell’ex coniuge divorziato e in conseguenza anche del matrimonio putativo, auspica che ad evitare le c.d. “contaminazioni” successorie in conseguenza della ricomposizione di nuovi nuclei familiari possano trovare applicazione nel nostro ordinamento gli accordi prematrimoniali al fine di regolamentare non solo la eventuale crisi del rapporto ma anche le successioni future.
The landscape of family models suggests today that, in a future perspective, the problem already perceived in the social fabric, of preventing what are seen as “unjustified” dispersals of the assets of the original family unit towards outside parties, will become increasingly relevant. After discussing the succession prerogatives of the separated spouse without fault and of the separated spouse with fault, the iure hereditario rights of the divorced former spouse, and consequently putative marriage as well, the author hopes that, to avoid the so-called “contaminations” of succession as a consequence of the re-composition of new family units, prenuptial agreements can find application in our legal system in order to regulate not only any crisis in the relationship, but future successions as well.
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1. Crisi del matrimonio e prerogative successorie del coniuge separato senza addebito - 2. La posizione successoria del coniuge separato con addebito - 3. I diritti iure hereditario dell’ex coniuge divorziato - 4. Matrimonio putativo e disciplina successoria - 5. Successione necessaria del coniuge e sacrificio dei figli al cospetto delle seconde nozze dei vedovi e dei divorziati: profili critici - 6. Ricomposizione familiare e “contaminazioni” successorie - NOTE
Il venir meno della comunione di vita tra i coniugi può determinare rilevanti conseguenze sotto il profilo delle aspettative successorie del coniuge. La legge prevede al riguardo un’articolata disciplina, differenziata con riferimento alla posizione del coniuge separato senza addebito, del coniuge a cui sia stata addebitata la separazione, dell’ex coniuge divorziato e del coniuge putativo. Concentrando l’attenzione sulla posizione del coniuge separato senza addebito, può osservarsi che egli gode di una tutela in linea di massima corrispondente a quella del coniuge non separato (artt. 548, 1° comma, c.c. e 585, 1° comma, c.c.) [1]. Più precisamente, egli conserva gli stessi diritti successori del coniuge non separato (art. 548, 1° comma, c.c.) [2] per quanto attiene alla quota di riserva, che coincide con la metà del patrimonio dell’altro (art. 540, 1° comma, c.c.) ove non siano presenti figli, di un terzo in caso di concorso con un solo figlio (art. 542, 1° comma, c.c.) e di un quarto in caso di più figli (art. 542, 2° comma, c.c.). Una simile tutela, che pone il coniuge in una posizione di preminenza nell’ambito degli eredi legittimari, è apparsa, soprattutto in tempi recenti, meritevole di una rimeditazione tesa a valorizzare la crescente rilevanza assunta dalla separazione come passaggio obbligato e tendenzialmente provvisorio verso lo scioglimento definitivo del matrimonio; rimeditazione che appare ancor più necessaria ove si consideri la prospettiva dell’instabilità della coppia coniugale, della flessibilità delle strutture familiari e della pluralità dei modelli di famiglia [3]. L’unico profilo di differenziazione che può cogliersi tra la posizione del coniuge separato senza addebito e quella del coniuge in costanza di matrimonio concerne il diritto di abitazione della casa familiare riconosciuto dall’art. 540, 2° comma, c.c. Infatti, ove i coniugi siano legalmente separati, si pone il problema di stabilire se il presupposto dell’individuazione di una “casa adibita a residenza familiare” possa essere soddisfatto anche in presenza di situazioni di separazione in ragione delle quali i coniugi vivono in unità abitative diverse. Una prima ricostruzione ha ritenuto che il riferimento alla casa adibita a residenza familiare dovesse coincidere con [continua ..]
Il coniuge a cui sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio a condizione che al momento dell’apertura della successione godesse degli alimenti a carico del coniuge deceduto; l’assegno è commisurato alle sostanze ereditarie, alla qualità ed al numero degli eredi legittimi e in ogni caso non può ammontare ad un importo superiore a quello della prestazione alimentare goduta (art. 548, 2° comma, c.c.) [9]. L’esclusione dalla successione del coniuge a cui la separazione sia stata addebitata non può essere assimilata ad una causa di indegnità [10]. In caso contrario, infatti, la successione risulterebbe preclusa persino nell’ipotesi in cui essa venga disposta da un testamento o in quella nella quale il coniuge assuma anche la veste di parente e quindi concorra, ad esempio, in qualità di parente collaterale di grado superiore al terzo [11]. Il riferimento al godimento degli alimenti a carico del coniuge deceduto quale presupposto per l’attribuzione dell’assegno vitalizio è stato inteso da alcuni nel senso di accertare l’effettivo godimento da parte del richiedente al momento del decesso del coniuge separato [12]; secondo altre letture, invece, potrebbe essere sufficiente la proposizione della domanda volta al conseguimento della prestazione alimentare, o quantomeno la costituzione in mora del defunto [13], ancora, la mera titolarità in astratto di tale diritto [14], infine una consolidata situazione di fatto nell’ambito della quale gli alimenti fossero effettivamente prestati [15]. All’assegno vitalizio ex art. 548, 2° comma, c.c. è attribuita, secondo l’opinione prevalente, la natura di legato ex lege [16]. È particolarmente controversa, invece, la natura alimentare di detto assegno che viene riconosciuta da alcuni interpreti [17], ma anche recisamente negata da altri [18]. Proprio l’esclusione della natura alimentare conduce al corollario secondo cui l’assegno è dovuto in misura fissa, determinata dall’apertura della successione ed è destinata a rimanere cristallizzata in seguito [19]; diversamente, il riconoscimento della natura alimentare dell’assegno consente di affermare la possibilità che esso subisca aumenti o [continua ..]
La previsione dell’art. 9-bis l. divorzio riconosce all’ex coniuge divorziato che goda dell’assegno post-matrimoniale, non sia passato a nuove nozze e versi in stato di bisogno, la possibilità di vedersi attribuire, dopo il decesso dell’obbligato, un assegno periodico a carico dell’eredità tenendo conto dell’importo di quelle somme, dell’entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche [26]. Si tratta di una norma che riveste notevole interesse sul piano sistematico in quanto testimonia che la solidarietà post-coniugale fa sì che quel rapporto di interdipendenza che si crea attraverso il matrimonio persista in qualche misura anche dopo la morte dell’ex coniuge, che determina l’estinzione del diritto all’assegno post-matrimoniale [27]. Presupposto necessario al fine di conseguire l’assegno periodico a carico dell’eredità (art. 9-bis l. divorzio) è lo stato di bisogno dell’ex coniuge divorziato; occorre, inoltre, che l’assegno post-matrimoniale sia effettivamente corrisposto al momento della morte dell’ex coniuge, atteso che, ove l’obbligo di mantenimento fosse stato liquidato in unica soluzione, l’attribuzione dell’assegno a carico dell’eredità sarebbe esclusa. Il diritto a percepire un assegno a carico dell’eredità può estinguersi irreversibilmente qualora il beneficiario passi a nuove nozze o anche nell’ipotesi in cui venga meno lo stato di bisogno; in quest’ultima evenienza, tuttavia, il diritto dell’ex coniuge può considerarsi in “quiescenza”, in quanto, ove lo stato di bisogno si ripresenti, si ripristinerà anche la tutela ex art. 9-bis, l. divorzio. Dubbi interpretativi possono porsi con riferimento all’ipotesi in cui l’ex coniuge beneficiario dell’assegno a carico dell’eredità instauri una nuova convivenza. In quest’ultima ipotesi sarebbe ragionevole propendere per una soluzione che si conformasse agli orientamenti espressi dalla Cassazione con riferimento al problema dell’incidenza dell’instaurazione di una nuova convivenza ai fini del persistente godimento dell’assegno divorzile. Proprio in [continua ..]
La tutela successoria riconosciuta al coniuge, incluso il diritto di abitazione ex art. 540 c.c., è estesa, per espressa disposizione legislativa anche al coniuge putativo nell’ipotesi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo dopo la morte dell’altro coniuge (art. 584 c.c.) [28]. Nonostante l’esplicito riferimento alla condizione di buona fede del coniuge putativo, e quindi alla sua ignoranza circa la causa di nullità del vincolo, è stato sostenuto che l’applicazione dell’art. 584 c.c. possa estendersi anche all’ipotesi della nullità del matrimonio derivante dalla violenza o dal timore [29].È stato chiarito, inoltre, che, nonostante la norma sia collocata tra le disposizioni che riguardano la successione legittima, essa attribuisce al coniuge putativo la qualità di legittimario [30]. La disciplina successoria prevista a favore del coniuge putativo può interferire con le norme che regolano la posizione del coniuge separato o dell’ex coniuge divorziato. Così, nell’ipotesi in cui la dichiarazione di invalidità del matrimonio intervenga successivamente alla separazione o al divorzio, si pone il problema di individuare in che rapporto la tutela garantita al coniuge putativo si ponga rispetto a quella ricollegata alla condizione di coniuge separato o ex coniuge divorziato. Nel caso del coniuge separato senza addebito o separato consensualmente trova applicazione il disposto dell’art. 585 c.c. e pertanto opera la piena tutela successoria prevista per il coniuge. Diversamente, con riferimento al coniuge separato con addebito, è configurabile il solo diritto ad un assegno vitalizio (art. 585, 2° comma, c.c.). Per quanto concerne la posizione dell’ex coniuge divorziato, infine, si è affermata la ricostruzione interpretativa secondo cui, ove ricorrano i presupposti del matrimonio putativo, l’annullamento del matrimonio dichiarato successivamente alla pronuncia di divorzio non pregiudica il diritto all’assegno a carico dell’eredità disposto ex art. 9-bis l. divorzio [31]. Appare particolarmente significativo il disposto del 2° comma dell’art. 584 c.c., nel quale si precisa che il coniuge putativo in buona fede è escluso dalla successione allorché la persona della cui eredità si tratta sia legata al momento della [continua ..]
La profonda innovazione che ha caratterizzato la disciplina della successione del coniuge nella Riforma del ’75 indubbiamente risponde all’esigenza di valorizzare i principi costituzionali che governano l’unione matrimoniale. Proprio questa finalità, tuttavia, potrebbe porsi in termini antagonistici rispetto a quella di conservare il patrimonio all’interno del nucleo familiare originariamente costituito dalla coppia coniugata. In effetti gli interpreti hanno posto in evidenza i possibili inconvenienti legati ad una tutela del coniuge che talvolta può apparire eccessiva, soprattutto quando le norme sulla successione e quelle sulla comunione dei beni operano sinergicamente [32]. In tal caso la posizione del coniuge assume una preminenza assoluta rispetto a quella dei figli perché egli consegue metà dei beni caduti in comunione al momento dello scioglimento del regime e concorre con i figli sul restante patrimonio del coniuge defunto [33]. Il problema della “sovracompensazione” del coniuge al momento della successione assume una significativa rilevanza quando la struttura del gruppo familiare originario si arricchisce di nuove ramificazioni. Questa situazione si verificava tradizionalmente solo nel caso di scioglimento del matrimonio per la morte di uno dei coniugi e, successivamente all’introduzione del divorzio, ha assunto una diffusione assai più ampia. Indubbiamente un’ipotesi di sovrapposizione di diverse famiglie nel tempo che anche il legislatore del ’75 aveva ben presente era quella del secondo matrimonio dei vedovi. In questo caso l’applicazione delle norme vigenti in tema di successione comporta una significativa alterazione delle aspettative successorie dei figli del primo matrimonio. Infatti il collegamento che si instaura tra i patrimoni dei coniugi che si accostano alle seconde nozze fa sì che, alla morte del primo, l’altro consegua necessariamente una considerevole quota di eredità ed il diritto ad abitare vita natural durante la casa familiare (art. 540 c.c.); inoltre, qualora il regime prescelto sia quello legale, il secondo coniuge si vedrà attribuire una considerevole parte del patrimonio accumulato durante gli anni del matrimonio [34]. Nella prospettiva dei figli del primo matrimonio la situazione appena descritta può rappresentare, di fatto, una significativa lesione [continua ..]
In termini generali il complesso panorama di modelli familiari che emerge dalle statistiche più recenti porta a ritenere che, in una prospettiva futura, diverrà sempre più rilevante il problema, peraltro già avvertito nel tessuto sociale, di evitare dispersioni del patrimonio del nucleo familiare originario verso soggetti estranei; dispersioni che, in qualche misura, possono essere percepite come “ingiustificate” [45]. I complessi problemi che si possono prospettare nel caso in cui il nucleo familiare originariamente unito si divida e dia vita a nuovi nuclei familiari ricomposti possono essere colti con maggiore immediatezza attraverso un esempio concreto nel quale vengono considerate le complesse interazioni che possono crearsi tra diverse tipologie di unioni familiari che si sovrappongono nel tempo. Così è possibile immaginare una famiglia coniugata unita composta dai coniugi (A e B) e da un figlio (C). Una volta intervenuta la separazione, i coniugi A e B instaurano nuove convivenze con persone che, a loro volta, hanno alle spalle precedenti esperienze familiari: segnatamente il marito A instaura una convivenza con D, già madre di un figlio E; la moglie B instaura una convivenza con F, già padre di un figlio G. Dalle nuove unioni nascono altri figli: H, figlio della coppia di fatto formata da A e D ed I, figlio della coppia di fatto formata da B e F. Nel complesso scenario appena delineato l’applicazione delle regole che governano la successione necessaria del coniuge può dare vita a spostamenti patrimoniali che in qualche modo potrebbero essere avvertiti come “inopportuni” ed “iniqui” in quanto alterano la purezza ed integrità delle aspettative successorie dei figli rispetto alla situazione che caratterizzava il gruppo familiare originariamente unito. Anzitutto, nella fase in cui i coniugi della prima famiglia (A e B) sono ancora separati, e quindi eredi necessari, il figlio (C) potrebbe patire una significativa alterazione delle aspettative successorie. Nel caso in cui la madre B venga meno, ad esempio, le regole della successione necessaria determinerebbero in primo luogo la successione del genitore superstite (il padre A) il quale “porterebbe” verso il nuovo nucleo familiare (formato da D e H) una parte considerevole delle risorse della moglie B. Alla morte di A (che si potrebbe immaginare passato a nuove nozze [continua ..]