Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Ricorso per cassazione avverso le sentenze di separazione personale, divorzio, scioglimento unioni civili e i decreti pronunciati nei procedimenti ex art. 337 bis ss. c.c. (di Cristina Cecchetti, Avvocata in Roma)


L’articolo analizza la procedura dinnanzi alla Corte di Cassazione, soffermandosi in particolare sui filtri preliminari di ammissibilità/manifesta infondatezza, sul contenuto necessario degli atti e dei documenti da allegare ai fini dell’autosufficienza, nonché sulle principali regole e scadenze che i legali dovranno rispettare per predisporre un ricorso ammissibile ed evitare decadenze.

Le pronunce della Corte di Cassazione citate sono consultabili su http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/ e su http:// www.italgiureweb.it.

The article examines the procedure in front of the Court of Cassation, in particular the preliminary filters, the necessary content of the parties’ acts and documents, the main rules and schedules to be followed by lawyers in order to succeed in drawing up an admissible application and avoiding forfeitures.

SOMMARIO:

1. Il ricorso per cassazione avverso le sentenze che pronunciano la separazione personale dei coniugi, lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, lo scioglimento dell’unione civile - 2. Il ricorso straordinario per cassazione avverso i decreti in materia di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio e quelli relativi ai procedimenti ex art. 337 bis ss. c.c. - 3. Come confezionare un ricorso per cassazione - 3.1. Funzione del ricorso per cassazione e motivi di impugnazione - 3.2. Il contenuto del ricorso per cassazione - 3.3. Il c.d. “filtro” in Cassazione ex art. 360 bis c.p.c. e la c.d. inammissibilità di merito - 4. L’improcedibilità del ricorso per cassazione - 5. Controricorso e ricorso incidentale - 6. Il procedimento presso la VI Sezione e le Sezioni semplici - NOTE


1. Il ricorso per cassazione avverso le sentenze che pronunciano la separazione personale dei coniugi, lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, lo scioglimento dell’unione civile

I giudizi di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di scioglimento dell’unione civile sono disciplinati dagli artt. 706 ss. c.p.c. e dalla l. n. 898/1970 (per il rinvio che la l. n. 76/2016 opera alla legge sul divorzio) e terminano in ciascun grado con la pronuncia di una sentenza [1]. La sentenza di primo grado può essere impugnata tramite l’appello oppure attraverso il ricorso per Cassazione (c.d. omisso medio) ex art. 360, 2° comma, c.p.c., se le parti sono d’accordo per omettere l’appello [2] (ipotesi poco frequente) e per il solo motivo di violazione o falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., nel termine di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento ai sensi dell’art. 325 c.p.c. o nel termine di sei mesi se la sentenza non viene notificata ex art. 327 c.p.c. La sentenza pronunciata in grado di appello può essere impugnata con la revocazione o con il ricorso per Cassazione per tutti i motivi indicati nell’art. 360, 1° comma, c.p.c., nel termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza o nel termine di sei mesi se la sentenza non viene notificata. Occorre evidenziare che in questo tipo di procedimenti è frequente che venga resa, prima della definizione di tutte le domande proposte [3], la sentenza non definitiva sullo status [4], con la quale viene pronunciata la separazione personale dei coniugi, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento dell’unione civile. Tale provvedimento non è suscettibile di appello differito [5] ex art. 709 bis c.p.c. per quanto riguarda i procedimenti di separazione personale dei coniugi, ex art. 4, 12° comma, della l. n. 898/1970 con riguardo ai procedimenti di divorzio, norma quest’ultima applicabile anche ai procedimenti in materia di scioglimento delle unioni civile in forza dell’art. 1, 25° comma, della l. n. 76/2016, di guisa che l’even­tuale riserva d’appello proposta dalla parte va dichiarata inammissibile [6]. Ne consegue che la parte che si duole della pronuncia di separazione/divorzio/scioglimento dell’unione civile o che soltanto voglia procrastinare gli effetti del passaggio in giudicato di tale provvedimento dovrà pro­porre tempestivamente l’appello o [continua ..]


2. Il ricorso straordinario per cassazione avverso i decreti in materia di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio e quelli relativi ai procedimenti ex art. 337 bis ss. c.c.

Mentre i procedimenti di separazione personale dei coniugi, divorzio e scioglimento delle unioni civili sono regolati dagli artt. 706 ss. c.p.c. e dalla l. n. 898/1970 e si concludono, come detto sopra, con la pronuncia di una sentenza, i giudizi di modifica delle condizioni di separazione personale, di divorzio e di scioglimento delle unioni civili nonché quelli di cui agli artt. 337 bis c.c. ss. si chiudono, anche nel giudizio di reclamo ex art. 739 c.p.c., con la pronuncia di un decreto, trattandosi di procedimenti in Camera di Consiglio disciplinati dagli artt. 737 c.p.c. ss. Si pone così l’interrogativo se i provvedimenti resi all’esito del reclamo ex art. 739 c.p.c., aventi forma di decreto e non di sentenza, possano essere impugnati avanti la Corte di Cassazione, dal momento che l’art. 360 c.p.c. stabilisce che possono essere impugnate col ricorso per cassazione «le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado» e l’art. 111, 7° comma, Cost. stabilisce che «contro le sentenze (...) è sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge». La Corte di Cassazione ha riconosciuto da tempo [7] immediata portata precettiva all’art. 111, 7° comma, Cost., ritenendo che ogni provvedimento giudiziario, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, purché abbia carattere decisorio e definitivo (perché non altrimenti impugnabile) e incida su diritti soggettivi, può essere oggetto di ricorso per cassazione in via stra­ordinaria alla stregua della citata disposizione costituzionale, nel termine di sessanta giorni ex art. 325 c.p.c., se notificato, o in quello più lungo di sei mesi ex art. 327 c.p.c., se non notificato [8]. Alla luce di ciò occorre analizzare ogni singolo provvedimento reso all’esito di un procedimento camerale ex art. 737 c.p.c. ss., vagliando l’esistenza concomitante dei suddetti tre requisiti per stabilire se lo stesso, pur non assumendo la veste formale della sentenza, sia o meno impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. [9]. È stato riconosciuto carattere decisorio e definitivo al decreto pronunciato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle [continua ..]


3. Come confezionare un ricorso per cassazione

3.1. Funzione del ricorso per cassazione e motivi di impugnazione

Il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione ordinario “a critica vincolata” limitato ai soli “errori di diritto”, non avendo di solito a differenza dell’appello effetto devolutivo, nel senso che non consente una rivalutazione del merito. Non costituisce dunque un terzo grado di giudizio [18], né le parti possono in sede di legittimità introdurre questioni o temi di contestazione nuovi [19], non affrontati nella fase di merito e non rilevabili d’ufficio. Con tale rimedio possono farsi valere solo i motivi di doglianza indicati tassativamente dall’art. 360, 1° comma, c.p.c., pena l’inammissibilità del ricorso stesso. L’art. 375, 1° comma, n. 1, c.p.c. infatti prevede che la Corte deve «dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’art. 360». L’indicazione nella rubrica di un motivo non è vincolante per la Corte, la quale può procedere ad una diversa qualificazione del vizio denunciato dal ricorrente [20]. È così frequente che il giudice di legittimità dichiari inammissibile quel motivo che, pur essendo rubricato come vizio di “violazione o falsa applicazione della norma” ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., celi in realtà la richiesta alla Corte di compiere una diversa valutazione del fatto rispetto a quella operata dal giudice di merito [21]. In tale caso non si lamenta un error iuris bensì un error facti, non censurabile avanti al Corte di Cassazione. La falsa applicazione della legge sussiste solo quando viene applicata una norma giuridica che non riguarda la fattispecie concreta così come accertata dal giudice di merito, non invece quan­do si critica l’accertamento e l’apprezzamento compiuto dal giudice di merito in ordine alla quaestio facti, suggerendo una diversa ricostruzione del fatto [22]. Occorre rilevare che l’art. 54, 1° comma, lett. b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella l. 7 agosto 2012, n. 134, ha sostituito il n. 5 del 1° comma dell’art. 360 c.p.c. introducendo la doglianza relativa all’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». La [continua ..]


3.2. Il contenuto del ricorso per cassazione

Nel confezionare il ricorso per cassazione, occorre prestare attenzione non solo all’art. 360 c.p.c., sopra analizzato, ma anche a quanto stabilito dall’art. 366 c.p.c. Tale norma prescrive che il ricorso per cassazione «deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti; 2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata; 3) l’esposizione sommaria dei fatti di causa; i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’art. 366 bis; 5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto; 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda». Sulla base di tale disposizione è stato enucleato dalla giurisprudenza di legittimità il principio di autosufficienza del ricorso, con l’intento di agevolare la Corte di Cassazione nella comprensione immediata dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi in base alla sola lettura del ricorso, senza che la stessa sia tenuta a ricercare gli atti o a stabilire se ed in quali parti rilevino [25]. La stessa esposizione sommaria dei fatti ex art. 360, 1° comma, n. 3, è funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio e deve permettere al giudice di legittimità di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza sia costretto a ricorrere ad altre fonti o atti [26]. Infatti i requisiti di cui all’art. 366, 1° comma, nn. 3, 4 e 6, c.p.c., devono essere necessariamente assolti dal ricorso e non possono essere ricavati aliunde, come ad esempio dalla sentenza impugnata o dal controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio [continua ..]


3.3. Il c.d. “filtro” in Cassazione ex art. 360 bis c.p.c. e la c.d. inammissibilità di merito

L’art. 360 bis c.p.c. ha introdotto due ulteriori ipotesi di inammissibilità, prevedendo che: «Il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; 2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo». Sin dall’entrata in vigore di tale innovativa norma [35], che mira a rafforzare nel nostro ordinamento il principio dello stare decisis e della vincolatività del precedente, ci si è chiesti se il ricorso scrutinato ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c. dovesse essere dichiarato inammissibile, come si evince dal tenore letterale della norma, o piuttosto andasse rigettato per manifesta infondatezza. Tale interrogativo non è privo di importanza né si presenta in termini meramente terminologici: basti solo pensare che, se la decisione viene qualificata come rigetto per manifesta infondatezza, la Corte non può esimersi dall’esaminare nel merito anche un eventuale ricorso incidentale tardivo che fosse stato proposto dal controricorrente; al contrario la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale comporta l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo ex art. 334, 2° comma, c.p.c. ed evita pertanto al giudice di legittimità il suo esame. Dapprima le Sezioni Unite, intervenute nel 2010 [36], hanno ritenuto che il giudizio espresso dalla Corte ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c. fosse di manifesta infondatezza [37], precisando che la valutazione della corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità deve avvenire al momento della decisione assunta dalla Corte di Cassazione e non a quello della proposizione del ricorso. Recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione [38] sono nuovamente tornate sulla questione, chiarendo che si tratta di un’inammissibilità di rito ex art. 375, 1° comma, n. 5, c.p.c. e non di un rigetto per manifesta infondatezza del ricorso. Ne discende che, qualora sia stato proposto ricorso incidentale tardivo, esso perderà efficacia ex art. 334, 2° comma, c.p.c. Secondo i giudici di [continua ..]


4. L’improcedibilità del ricorso per cassazione

Una volta che il ricorso per cassazione è stato notificato, entro 20 giorni dall’ultima notifica deve essere depositato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, precisamente presso l’ufficio del Re­gistro Generale, a pena di improcedibilità ex art. 369 c.p.c. Unitamente al ricorso devono essere depositati il decreto di concessione del gratuito patrocinio, copia autentica della sentenza impugnata [45] con la relazione di notificazione [46], se questa è avvenuta, la procura speciale se conferita con atto separato, nonché gli atti processuali o documenti o contratti sui quali si fonda. Il mancato loro deposito determina l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, 4° comma, c.p.c. È altresì causa di improcedibilità del ricorso ex art. 371 bis c.p.c. il mancato deposito, entro venti giorni dalla scadenza del termine perentorio assegnato dalla Corte, del ricorso notificato a seguito di ordinanza di integrazione del contraddittorio pronunciata dalla Corte di Cassazione [47]. La declaratoria di improcedibilità, al pari di quella di inammissibilità, comporta la consumazione del potere di proporre l’impugnazione, con la conseguenza che il ricorso per cassazione non è più proponibile, anche se il termine per la proposizione dello stesso non è ancora scaduto ex art. 387 c.p.c.


5. Controricorso e ricorso incidentale

La parte contro la quale il ricorso è diretto, può contrastare l’impugnazione altrui mediante controricorso ex art. 370 c.p.c., che deve essere notificato al ricorrente entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione il controricorrente può soltanto partecipare all’eventuale discussione orale, senza presentare me­morie. Al controricorso si applicano, in quanto è possibile, le norme di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c. La giurisprudenza ritiene applicabile al controricorso, in forza del richiamo all’art. 366 c.p.c., il prin­cipio di autosufficienza, il rispetto del quale è da considerarsi assicurato anche quando l’atto non contenga l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa, ma faccia semplicemente riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata ovvero alla narrazione di essi contenuta nel ricorso [48]. Tuttavia, qualora il controricorrente, pur senza proporre impugnazione incidentale, sollevi eccezioni sull’ammissibilità del ricorso che implichino una valutazione del materiale documentale delle fasi di merito (come accade quando si eccepisce il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado), il controricorso deve contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire al giudice di legittimità di valutarne la fondatezza o meno dalla sola lettura dell’atto. In caso contrario si costringe la Corte alla ricerca e selezione di ciò che è rilevante ai fini della delibazione dell’eccezione rispetto a ciò che non lo è, il che è inammissibile [49]. Se il controricorrente intende proporre ricorso incidentale contro la stessa sentenza, tale impugnazione deve essere contenuta nel controricorso ex art. 317 c.p.c. e ad essa si applicano le disposizioni di cui agli artt. 365, 366 e 369 c.p.c. Valgono per il confezionamento del ricorso incidentale le considerazioni svolte per il ricorso per cassazione, con la precisazione che, se è pur vero che il ricorso incidentale, in ragione della sua autonomia del rispetto al ricorso principale, deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto degli artt. 371, 3° comma, e 366, 1° comma, n. 3, c.p.c., [continua ..]


6. Il procedimento presso la VI Sezione e le Sezioni semplici

Una volta scaduti i termini per il deposito del controricorso (nel caso in cui sia stato proposto ricorso incidentale occorre attendere anche la scadenza del termine per il deposito del relativo controricorso), il ricorso viene trasmesso dall’ufficio del Registro generale al Primo Presidente, se sono presenti le condizioni previste dall’art. 374 c.p.c. per la decisione da parte delle Sezioni Unite, oppure alla “apposita sezione” di cui all’art. 376 c.p.c., 1° comma, vale a dire la VI Sezione civile, che compie un esame sommario sommario del ricorso, all’esito del quale se non ritiene sussistenti i presupposti di cui all’art. 375, 1° comma, nn. 1 e 5, rimette gli atti alla Sezione semplice. Il ricorso può quindi prendere da subito tre binari differenti: può essere deciso dalle Sezioni Unite [51] oppure può essere trattenuto per la decisione dalla VI Sezione, se ricorre uno dei presupposti di cui all’art. 375, 1° comma, nn. 1 e 5, c.p.c. (la c.d. evidenza decisoria) ovvero può essere rimesso immediatamente senza alcuna formalità dalla VI Sezione alla Sezione ordinaria. Il procedimento avanti la VI Sezione, che esclude la partecipazione del pubblico ministero, è previsto solo nei casi in cui previsti dall’art. 375, 1° comma, n. 1 (inammissibilità del ricorso prin­cipale e di quello incidentale eventualmente proposto) e n. 5 (manifesta fondatezza o manifesta infondatezza del ricorso principale e dell’eventuale ricorso incidentale). Al di là del tenore letterale della disposizione normativa, anche l’improcedibilità viene considerata un’ipotesi che legittima la trattazione del ricorso in VI Sezione. Il consigliere relatore appartenente alla VI Sezione, al quale viene assegnato il fascicolo, se ritiene che ricorra una delle ipotesi stabilite dall’art. 375, 1° comma, nn. 1 e 5, si limita ex art. 380 bis c.p.c., così come modificato dalla l. n. 197/2016, a formulare una proposta di fissazione del­l’adunanza camerale al Presidente (di fatto viene indirizzata al coordinatore della sottosezione [52]), che fissa con decreto l’adunanza della Corte, indicando se è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza. Il decreto è notificato agli avvocati delle parti [continua ..]


NOTE