Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Dalla parte dei figli. Come spiegare loro che il matrimonio tra padre e madre non è mai esistito (di Francesco Vitrano (Neuropsichiatra dell’età evolutiva, psicoterapeuta, componente del direttivo della AIMMF))


SOMMARIO:

1. Figli e separazione coniugale - 2. Figli e nullità del matrimonio - 3. Ricordi, identità e narrazione - 4. Figli e narrazione - 5. Figli, separazione coniugale e significazione - NOTE


1. Figli e separazione coniugale

La separazione dei genitori è stata considerata nelle prime ricerche scientifiche come un evento di per sé disfunzionale per i figli, un’evenienza che determina sempre un significativo effetto negativo sul loro sviluppo psicologico e comportamentale. Le ricerche più recenti hanno posto una maggiore attenzione alle metodiche di studio e alla selezione dei campioni di indagini, riconsiderando questa prospettiva nefasta, così da porre dei dubbi sulla postulata pericolosità strutturale di una separazione coniugale. Questa nuova prospettiva è da ricondursi anche ad una evoluzione del vissuto sociale relativo alla separazione coniugale e più in generale ad una progressione dei modelli familiari. Le recenti ricerche sullo sviluppo psicologico infantile hanno, sempre di più, posto la persona di età minore in un ruolo attivo: non più, quindi, mero bersaglio di eventi esterni, ma soggetto capace di comprendere e significare gli accadimenti in cui rimane coinvolto secondo una prospettiva personale e di rispondere ad essi con movimenti psichici difensivi e adattativi. In piena concordanza con tale presupposto l’ordinamento giuridico ha progressivamente coinvolto il minore in tutte le questioni che lo riguardano e in particolar modo nelle situazioni in cui lo stesso è coinvolto nella separazione dei suoi genitori. Tale prospettiva si realizza concretamente con la partecipazione del minore nel giudizio attraverso un suo ascolto diretto [1], e, quindi, con la possibilità di rappresentare il proprio volere nel contraddittorio delle parti. L’evoluzione del diritto minorile è fortemente orientata a costruire un modello di sistema giudiziario “mite” che abbia come obiettivo la specializzazione, la tutela e il rispetto dell’individuo e che risulti più “prossimo” nel suo avvicinarsi alla complessità della persona. Da una prospettiva potestativa si è giunti a considerare il minore come soggetto portatore di di­ritti propri. La separazione coniugale smette, così, di connotarsi come un evento monolitico ricorrente e ste­reotipo e diventa, invece un processo narrativo specifico e unitario in cui si muovono soggetti che manifestano una dimensione individuale di persone capaci, quindi, di strutturare peculiari legami affettivi e di determinare in relazione alla rottura di tali legami [continua ..]


2. Figli e nullità del matrimonio

Il Codice di Diritto Canonico sancisce che il matrimonio è un «patto coniugale con cui un uomo ed una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita ...». Tale accordo se si realizza tra un uomo e una donna battezzati diventa sacramento e, quando è espresso con un valido consenso, è indissolubile. La Chiesa considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l’elemento indispensabile che costituisce il sacramento del matrimonio. Se il consenso non è espresso il matrimonio non si realizza. Se il consenso tra gli sposi non è espresso validamente il matrimonio può essere dichiarato “nullo”, ossia come mai esistito, poiché il consenso, dal quale appunto scaturisce il matrimonio stesso, è stato espresso in modo non valido. Non si può, quindi parlare di annullamento ma di nullità, qualcosa che non è mai esistito poiché realizzatosi secondo modalità non valide. La nullità del vincolo del matrimonio è dichiarata dalla Chiesa dopo un’indagine accurata volta alla ricerca della verità e della conseguente “salusanimarum”. Aspetto importante di tale procedimento è dato dal fatto che esso non solo non è aperto ai figli della coppia, ma la dichiarazione di nullità del matrimonio dei genitori non ha per la prole alcun effetto. Il procedimento di nullità del matrimonio viene, quindi, condotto senza che i figli possano essere ascoltati. Tutto ciò che accade si risolve in uno spazio altro, in cui i minori non sono ammessi e in cui la ricostruzione della storia personale dei coniugi viene riscritta in relazione alle loro dichiarazioni e a quelle dei testimoni. Si giunge così aduna sentenza che sancisce riformulandola una nuova narrazione densa di significati differenti, una trama che determina, comunque, una ridefinizione dei personaggi e una trasformazione dei ricordi. Poiché noi costruiamo la nostra storia, anche attraverso l’immagine con cui la rappresentiamo agli altri, la nuova narrazione diventa nel vissuto dei coniugi convinzione, identità, matrice su cui riorganizzare i ricordi. Secondo il disposto dell’art. 128, 2° comma, c.c., i figli nati e concepiti durante un matrimonio successivamente dichiarato nullo, conservano il proprio stato “legittimo” nei riguardi di entrambi i genitori, [continua ..]


3. Ricordi, identità e narrazione

Scrive Henry Miller [4]: «Ci attacchiamo ai ricordi allo scopo di conservare un identità, che, se soltanto sapessimo coglierla, non potrebbe andare mai perduta. Quando scopriamo questa verità che è un atto di memoria, dimentichiamo qualsiasi altra cosa [...]. Ricordare, dimenticare, decidere quale dei due. Non abbiamo scelta ricordiamo tutto. Ma dimenticare per ricordare meglio ...». Se è vero che non possiamo non ricordare gli eventi della nostra esistenza, complesso e controverso è riuscire a comprendere come trasponiamo il nostro contatto con la realtà esperienziale in un sistema di significati emotivi, che definiscono, poi, il nostro “vissuto” rispetto all’evento stesso. Tale processo utilizza la nostra capacità di attribuire un significato emotivo agli eventi esperienziali, questa competenza presuppone una funzione che si struttura nei primi anni di sviluppo attraverso la relazione affettiva con i nostri genitori, cosicché genitori ambivalenti o incapaci di attuare adeguati processi di mentalizzazione [5] non contribuiscono a svilupparla nei loro figli. Altrettanto complesso è comprendere come utilizziamo i nostri vissuti per costruire un ricordo unitario della esperienza che ci ha attraversato e come mettiamo insieme tutti i nostri ricordi in un unico percorso narrativo, che diventa, poi, il racconto della nostra stessa esistenza, l’estrinsecazio­ne rappresentativa e storica del nostro sé, la trasfigurazione cronologica della nostra identità. Certo è che se il contatto percettivo con l’evento reale mantiene una certa stabilità, la struttura emotiva che ad esso aggiungiamo nella costruzione del ricordo è più mutabile e può risultare influenzata e modificata nel tempo dai nostri meccanismi psichici. In tale direzione se il nostro sistema percettivo attraverso complessi meccanismi in parte consci e in parte inconsci ci permette di costruire una serie di inferenze tali da restituirci delle ipotesi convincenti, efficaci, soggettivamente proficue del mondo esterno. Tale sistema è da intendersi in divenire nel senso che si aggiorna in continuazione rispetto al continuo contatto, interno intrapsichico ed esterno, con la realtà esperienziale. Appare assolutamente evidente come i nostri ricordi rappresentino una sintesi percettiva/emotiva delle nostre esperienze e [continua ..]


4. Figli e narrazione

Preliminarmente è bene precisare che l’esperienza di separazione coniugale determina nel bam­bino che la attraversa, il confronto con un fase di passaggio che inevitabilmente gli restituisce la caducità/fragilità del sistema familiare e quindi del suo mondo affettivo e di protezione. Nello stesso tempo poi, poiché ciascuno di noi fonda la costruzione della propria identità sulla fiducia/riconoscimento nei confronti dei legami affettivi sperimentati immaginare che la propria storia inizi da un legame, quello dei genitori che mostra degli elementi di fragilità o disfunzione rappresenta un vulnus non indifferente che può rappresentare un ulteriore e significativo elemento stressogeno tale da impedire il processo di adattamento del minore coinvolto nella separazione dei genitori. Ovvero la separazione coniugale introduce nella costruzione della storia personale di un bambino e, quindi, nella costruzione della sua identità un drammatico confronto con l’idea che il legame affettivo dei propri genitori, legame da cui ha origine la propria storia e la propria identità, può rompersi. Ciò accade quando gli elementi di conflitto mettono in discussione il legame stesso trasformandolo in uno spazio pervaso da ambivalenze e aggressività, ma anche quando la ricostruzione di una nuova narrazione mette in discussione, annullandolo, cancellandolo, l’esistenza stessa di questo legame. Appare assolutamente intuitivo che il bambino consideri come elemento protettivo la continuità e stabilità affettiva dei genitori e che tale base deve comunque essergli garantita nonostante il processo di separazione dei genitori. Ciò che sembra più difficile da comprendere è che tale continuità non si struttura solo su un processo materiale e concreto ma si sostanzia anche sulla possibilità che i figli mantengano al loro interno una coerenza e continuità del loro processo narrativo mantenendo i genitori in un ruolo di garanti della veridicità affettiva e della storia personale dei figli. I genitori possono anche separarsi ma il legame che li ha tenuti uniti e che ha generato la prole rappresenta uno spazio mentale dei figli, una base solida, una disponibilità affettiva che non può essere stravolta pena la messa a rischio della loro identità e della loro potenzialità di sviluppo. La [continua ..]


5. Figli, separazione coniugale e significazione

In conclusione appare utile ribadire come la possibilità che i figli si adattino ad una separazione connessa con una dichiarazione di nullità del matrimonio dei genitori presupponga inevitabilmente un processo che necessiti della capacità di entrambi i genitori, all’interno della loro ordinaria funzione genitoriale condivisa, di significare ai figli il processo separativo che li sta coinvolgendo, ciò anche sintonizzandosi sui loro bisogni di significato e anche attraverso la possibilità di ascoltare le loro riflessioni, di comprendere le loro paure di ridefinire le loro distorsioni narrative. La possibilità di attivare un percorso di rielaborazione/risignificazione degli eventi che hanno determinato la separazione coniugale e dei vissuti connessi a tale esperienza rappresenta una necessità ineludibile per i figli, poiché l’assenza di un siffatto percorso impedisce la costruzione di un’armonica circolarità dei propri ricordi e lascia al contrario linee d’ombra e spazi di assenza di significato che favoriscono aree vacue della definizione/costruzione dell’identità/storia. In tale direzione svolge un ruolo importante la possibilità di confrontarsi con la propria storia e con l’identità che essa rappresenta attraverso percorsi di rispecchiamento con l’altro. La possibilità di ritrovare una adattamento psichico risulta connessa con un lavoro che faciliti nel bambino e nei suoi genitori una funzione di riflessività, intesa come la capacità di significare con consapevolezza ogni esperienza di vita. Il legame affettivo si definisce così come uno spazio di “conoscenza” della propria storia assumendo la possibilità di apprendere e significare ulteriori attribuzioni di significato. Il legame affettivo con l’altro, la possibilità di sentire da questi la propria storia, rappresenta, quindi, uno spazio utile per la costruzione della consapevolezza e della identità di ciascuno di noi, a patto, però, che tale spazio non risulti inficiato da vincoli e diaframmi affettivi, che distorcono la narrazione restituendo significati della propria storia falsi e poco rappresentativi del significato della propria identità. Appare, infine, importante che tale percorso di conoscenza di significato e di identità venga gui­dato e condotto in una dimensione [continua ..]


NOTE