Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo: non una quarta istanza ma un'opportunità di giustizia (di Sara Menichetti, Avvocata in Roma)


L’articolo offre una panoramica sulla natura, le regole e gli effetti dell’iter procedurale e delle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, invitando gli avvocati a considerare questo rimedio sovranazionale un prezioso strumento di giustizia in caso di violazioni dei diritti fondamentali perpetrate da parte degli Stati membri.

The article offers an overview about nature, rules and effects of the European Court of Human Rights procedural rules and pronunciations, suggesting lawyers to consider this supranational remedy as a precious instrument to ensure substantial justice in cases of human rights violation perpetrated by Member State institutions.

SOMMARIO:

1. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: non una quarta istanza - 2. Il ricorso - 3. La rilevanza delle decisioni della Corte EDU nella normativa e giurisprudenza interna - 4. Conclusioni - NOTE


1. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: non una quarta istanza

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [1] (da ora in poi CEDU) ha istituito un sistema di protezione collettiva di natura prevalentemente giudiziaria imperniato sulla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che vincola gli Stati firmatari. Lo sviluppo del contenuto della CEDU è garantito, oltre che dai Protocolli adottati nel corso degli anni dagli Stati parte del Consiglio d’Europa, dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il cui ruolo fondamentale consiste per l’appunto nell’enunciare erga omnes l’interpre­tazione (e dunque il contenuto attuale) delle previsioni convenzionali. La CEDU, dunque, deve essere concepita come uno strumento di difesa oggettiva dei diritti dell’Uomo [2]. Altro aspetto centrale della CEDU è il ruolo sussidiario e integrativo della Corte europea: ciò non vuol dire che la Corte abbia una funzione ridimensionata e subordinata all’interno del sistema, ma che gli Stati membri debbano per primi rispettare e tutelare in modo effettivo i diritti e le libertà riconosciute ed elencate nella Convenzione mediante strumenti di diritto nazionale (ciò implica la predisposizione di questi, qualora non esistano). Infatti, una delle condizioni di ricevibilità per un singolo individuo possa adire la Corte EDU è l’esaurimento delle vie di ricorso interne ex art. 35 CEDU. La Convenzione ha previsto che, ai sensi dell’art. 35, la Corte EDU non si può si occupare di ricorsi che non soddisfino le condizioni di ricevibilità e, quindi può essere adita soltanto dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne ed entro sei mesi (si ridurranno a 4 mesi appena entrerà in vigore il Protocollo n. 15) dalla data della decisione interna definitiva. È pertanto essenziale che, prima di adire la Corte EDU, la parte ricorrente abbia esperito tutte le vie di ricorso interne previste dall’ordinamento dello Stato chiamato in causa che avrebbero potuto porre rimedio alla situazione lamentata; in caso contrario, è suo onere provare che tali vie di ricorso sarebbero state inefficaci. Essa deve aver quindi proposto appello innanzi ai tribunali interni, sino alla più alta giurisdizione competente, davanti ai quali dovrà aver sollevato, quantomeno in sostanza, le doglianze [continua ..]


2. Il ricorso

Abbiamo visto che la parte ricorrente ha un tempo limitato per adire la Corte dal momento in cui la più alta Autorità nazionale ha emesso una decisione in merito al suo caso. Tale termine inizia a decorrere dal momento della notifica (all’interessato o al suo rappresentante legale) della decisione definitiva pronunciata nell’ambito dei mezzi d’impugnazione ordinari e non invece a partire dal successivo rigetto di un’eventuale istanza di revisione del processo (ricorso straordinario), di una domanda di grazia o di amnistia o di qualunque altra istanza rimessa alla completa discrezionalità delle Autorità. Il termine viene interrotto dalla data di spedizione della prima missiva alla Corte con cui la parte ricorrente esponga, chiaramente, benché sinteticamente, l’oggetto delle sue eventuali doglianze, oppure dall’invio del formulario di ricorso debitamente compilato (come andremo in eseguito ad analizzare). A titolo puramente informativo, segnaliamo che l’attività della Corte ha registrato, negli anni un andamento sempre crescente: nel 2019 la Corte ha registrato 56.800 casi pendenti [3]. Il formulario che si trova sul sito della Corte EDU (https://echr.coe.int/) può essere compilato in tutte le lingue degli Stati membri. Il Regolamento della Corte, ai sensi dell’art 34, 1° comma, stabilisce che le lingue ufficiali della Corte sono il francese e l’inglese, mentre il 2° comma prevede che nella fase anteriore alla decisione sulla ricevibilità tutte le comunicazioni e osservazioni presentate dal ricorrente individuale o dal suo rappresentante legale possano essere redatte nella lingua ufficiale della Parte contraente. È evidente che la ratio del 2° comma del Regolamento della Corte è quello di avvicinare i singoli individui alle istituzioni europee in quanto imponendo l’uso di sole due lingue non si sarebbero tutelati effettivamente i diritti e le libertà riconosciuti dalla Convenzione, dunque nel caso le risulti più agevole, la parte ricorrente potrà scrivere alla Cancelleria nella lingua ufficiale di uno degli Stati membri. Il ricorrente può adire la Corte esclusivamente per posta ordinaria o corriere. È inutile che la parte ricorrente si rechi personalmente a Strasburgo per esporre il caso oralmente. Tutta la corrispondenza riguardante il ricorso [continua ..]


3. La rilevanza delle decisioni della Corte EDU nella normativa e giurisprudenza interna

Le sentenze della Corte EDU in materia di famiglia sono molto interessanti perché, intervenendo sulle questioni di diritto relative a persone e famiglie, interrogano ed interessano ogni cittadino ed ogni Paese, in quanto ogni persona può identificarsi nella parte che si sente lesa nel suo diritto e rivolgersi, quindi, alla Corte di Strasburgo. La situazione del nostro Paese è molto particolare in quanto il legislatore resta sempre molto indietro nel recepire i cambiamenti sociali, non rendendosi conto che il comune sentire non con­corda più con le vecchie norme e ne richiede a gran voce di nuove, perché ormai si sono diffusi e si vanno radicando sempre più nel tessuto sociale, venendo man mano accettati da un numero sempre maggiore di cittadini. Negli ultimi anni è stata però la giurisprudenza della Corte EDU ad “aiutare” il nostro legislatore a recepire tali cambiamenti. Prima di analizzare come questo “aiuto” si sia realizzato occorre capire cosa intendano i giudici di Strasburgo per famiglia. La Corte EDU ha, infatti, elaborato una nozione di vita familiare [6] più ampia di quella tradizionale, attribuendo agli Stati contraenti la facoltà di differenziare, in relazione ai diversi modelli della stessa, le varie forme di tutela. Il concetto autonomo di vita familiare include, in primo luogo, i coniugi [7] nonché i figli legittimi [8] dal momento della loro nascita e a prescindere dal requisito della “coabitazione [9]”. Relativamente al rapporto tra ciascun coniuge e la prole, la vita familiare persiste anche nel caso di scioglimento del matrimonio e di affidamento dei figli ad un solo genitore. Il concetto di “vita familiare” include anche la filiazione naturale essendo il rapporto familiare riconnesso solo al fatto della nascita [10], anche in assenza di convivenza tra i genitori. Anche la filiazione adottiva [11] costituisce vita familiare ai sensi dell’art. 8. L’art. 8 è applicabile allorquando esista un legame familiare anche solo “di fatto”. Anche una vita familiare progettata non è stata completamente esclusa dall’ambito di applicazione dell’art. 8. In particolare, n ella nozione di vita familiare rientrano, anche i rapporti di fatto [continua ..]


4. Conclusioni

La Corte di Strasburgo è l’unico organismo internazionale che permette ai singoli cittadini degli Stati membri di far valere le violazioni dei diritti umani nei loro confronti. La Corte EDU non riesce a modificare una decisione interna agli Stati membri ma sicuramenti riesce a restituire dignità alla persona che è stata vittima di una violazione da parte degli Stati o da chiunque agisca in nome o per conto degli stessi. La Corte EDU è veramente un’opportunità di Giustizia, in quanto attraverso le sentenze si riesce a far avanzare – anche se ancora lentamente – la cultura del rispetto dei diritti umani nei singoli paesi. Inoltre, la Corte EDU è un’opportunità per gli avvocati di rappresentare i propri assistiti davanti ad una Corte Internazionale per il rispetto dei diritti umani, al fine di garantire il ripristino della dignità che molte volte purtroppo nelle nostre aule di giustizia viene continuamente violata.


NOTE