Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Bullismo e cybermolestie nell'adolescenza (di Giuliana Guadagnini, Psicologa clinica – Sessuologa)


Il cyberbullismo è un fenomeno che si sta espandendo sempre più tra gli adolescenti, che incoscienti delle conseguenze delle proprie azioni, sono capaci di compiere atti di bullismo sul web. Di fatti, il bullo si approfitta della vulnerabilità della propria vittima, la quale tende ad isolarsi. Le vittime di questo vortice senza fondo sono Giada e Maria, due giovani ragazze che testimoniano la propria esperienza e che incitano le altre vittime a chiedere aiuto al fine di prevenire questo fenomeno.

Cyberbullying is a phenomenon spreading more and more among adolescents who, unaware of the consequences of their own actions, are capable of performing acts of bullying on the Internet. In fact, bullies take advantage of the vulnerability of their victims, who tend to isolate themselves. The victims of this bottomless turmoil are Giada and Maria, two girls testifying about their own experience an

Keywords: cyberbullying – bullying – web – adolescence

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SOMMARIO:

1. I casi, tanti numeri che non si possono scordare: sono persone reali con vite reali - 2. Riflessioni - 2.2. Come si puo' fare prevenzione, sensibilizzare, controllare i propri ragazzi? - 2.3. Come si puo' gestire meglio l’utilizzo dei social? - 3. Conclusioni


1. I casi, tanti numeri che non si possono scordare: sono persone reali con vite reali

La testimonianza di “GIADA” «All’inizio provi a capirne il motivo, a chiederti di continuo se sia stato tu a fare qualcosa di sbagliato. Poi subentra la sfiducia, perdi qualsiasi speranza e inizi a stare male. A fare i cattivi pensieri» – questa è una delle frasi che sento ogni giorno. Il cyberbullismo è un vortice senza fondo, un buco nero capace di inghiottire le sue vittime, come ha tragicamente dimostrato il caso di Tiziana, la ragazza napoletana che ha deciso di suicidarsi dopo che un suo filmato hard era diventato “virale” in rete. Tragedia che ha sollevato forse chiaramente il polverone mediatico. Prima era tutto nascosto in un mondo apparentemente solo virtuale, ma in realtà è un mondo di angosce, fiducie tradite, illusioni e dolore. È una spirale da cui è comunque possibile riemergere, come dimostra la storia di Giada (il nome è di fantasia per tutelarne la privacy), giovane ragazza veronese, ora 20enne, letteralmente “inseguita” di scuola in scuola, dal cyberbullismo e dal bullismo, che ha scelto di raccontare la sua esperienza di vittima. Marta che sotto i suoi panni di normale adolescente ha tantissime cicatrici emotive che stiamo cercando di rimarginare, mi chiede: «Il caso della ragazza di Pozzuoli che ha smesso di presentarsi a lezione perché non sopportava più il linciaggio on-line fatto uscire dalla denuncia della Selvaggia Lucarelli? te lo ricordi? Ce ne sono tanti che non sono portati alla ribalta e come il mio però ti accompagnano per tutte le scuole ... La capisco benissimo, perché anche io ero arrivata al punto di essere disposta a farmi bocciare e di perdere un anno scolastico piuttosto di continuare a subire le mie compagne. Avevo persino preso in considerazione l’idea di ritirarmi da scuola o dare gli esami da privatista, non volevo più vedere nessuno. La mattina non volevo alzarmi dal letto, mi veniva il vomito alla sola idea di entrare a scuola ogni mattina». Giada non si nasconde, ammette che i cattivi pensieri, ora come in passato, sono venuti anche a lei. «Soprattutto quando ero più piccola e non riuscivo a dare una spiegazione a tanta cattiveria. Già alle elementari, le mie compagne mi evitavano perché ero un po’ ribelle e con i capelli cortissimi, mi dicevano maschiaccio e io giocavo sempre con i maschi. Poi quando è [continua ..]


2. Riflessioni

2.1. Perché gli adolescenti sono capaci di compiere atti di bullismo e cyberbullismo senza capire fino in fondo le conseguenze delle proprie azioni? Abbiamo una miriade di contatti che non sono amici (amicizia sarebbe un altro dei livelli sui cui portare l’attenzione), è normale chattare con chiunque, sparlare di chiunque, tanto nella realtà non li conosciamo, o si va apposta in social dove è possibile parlare e non solo con sconosciuti. Il linguaggio che viene utilizzato, slang sempre più ricchi di etichette e giudizi che di riflessioni e approfondimenti hanno assai poco o nulla, per la stessa dinamicità dello strumento con cui viene propagato il messaggio e per la cultura dell’apparire e della popolarità (un sì ad affermazioni social potenti rispetto a quelle di contenuto). In risposta al timore di essere invisibili e con la dietrologia che sono solo se non posto qualcosa che mi fa notare. Quindi andrebbe data rilevanza ad uno studio sulla comunicazione ed alla necessità di un certo tipo o certe tipologie di comunicazione. Il diffondersi di linguaggi d’odio che faticano ad essere filtrati, il tema sull’hate-speech ne è l’e­sempio lampante e purtroppo dilagante. Il web amplifica le dinamiche psicologiche e sociali ri­assumendone in un certo senso social-media-digitalmente le dinamiche sociali anche spontanee, replicandone regole e distorsioni ed è dalle distorsioni che nascono le cybermolestie. Andrebbe sempre evidenziato che il mondo virtuale e quello reale non sono sconnessi o scollegati, ma anzi quello che facciamo in uno si traduce e trasla nell’altro sempre ed alla velocità di un click, quindi una cosa detta o fatta nel reale, intanto ha un passaggio immediato e poi quando è in rete non fa altro che assumere una amplificazione, interpretazioni soggettive acritiche e senza riflessioni (data anche a velocità degli strumenti), senza però tempo e senza spazio o luoghi dove la vittima si può nascondere e non si può togliere, questi sono i concetti che fanno molta fatica a passare semplicemente perché siamo abituati a ragionare sul concreto e non sull’astratto. I più considerano che il web non è tangibile e non possa riflettersi nel reale, erroneamente, in quanto sono visibili a tutti varie manifestazioni di cybermolestie (di cui il cyberbullismo è una [continua ..]


2.2. Come si puo' fare prevenzione, sensibilizzare, controllare i propri ragazzi?

Internet è ormai parte costituiva dell’identità sociale e personale di ognuno di noi sotto molti punti di vista e secondo significati e modalità diverse a seconda dell’età e di fattori psicologici e culturali. La rete offre la possibilità di condividere interessi e aggregarsi ad altre persone, superando con la velocità di un click confini spaziali e temporali, sarebbe anacronistico e sbagliato da molti punti di vista non utilizzarla. Però, nel contesto del cyberspazio l’identità reale viene completa­mente celata: il concetto di Io-reale lascia il posto a quello di Io-virtuale. La Persona, l’Io della vita quotidiana, svanisce definitivamente, per divenire solamente nickname ed alcuni hanno anche più nickname e vite virtuali. La prima vera prevenzione passa anche dalla sensibilizzazione, per i ragazzi dovrebbe passare dal conoscere le proprie emozioni, dal comprendere davvero cosa significano. Nella società odierna, facciamo poca attenzione alle emozioni ed alla capacità di descriverle, ancora meno alla loro comprensione. Conosciamo sicuramente rabbia e felicità che viene propagata a più livelli, ma le sfumature sono molte di più: rabbia, felicità si accompagnano a ammirazione, apprezzamento estetico, divertimento, ansia, soggezione, imbarazzo, noia, calma, empatia, confusione, desiderio, disgusto, dolore empatico, estasi, invidia, eccitazione, paura, terrore, interessamento, gioia, nostalgia, amore, tristezza, soddisfazione, desiderio, simpatia. Le esperienze emotive poi non sono sistemi semplici, ma complessi e non delineati nei loro confini come spesso si pensa, riducendo l’emozione a una etichetta o una emoji. Le esperienze emotive che spesso non consideriamo o non conosciamo però sono alla base dell’umore, dell’attività cerebrale e dei segnali espressivi, dei comportamenti. Se riuscissimo a comprendere meglio, sarebbe un riuscire a migliorare il nostro modo di porci e metterci anche nei panni del­l’altro. Altra considerazione in merito sarebbe una consapevole educazione in merito ai media, ai social ed alle specificità con cui utilizzarli ... non ultima la chiarezza consapevole delle conseguenze a tutti i livelli (dallo psicologico al fisiologico ma anche quelle sul piano giuridico) non solo per i ragazzi ma anche per i genitori. Molti dei millenials e dei nativi [continua ..]


2.3. Come si puo' gestire meglio l’utilizzo dei social?

I social andrebbero gestiti! Concordo e penso sia la parola migliore, sicuramente gestire in questo caso significa anche conoscere. Conoscere, nel senso di capire cosa facciamo. Ogni giorno, o quasi, abbiamo nuovi social sul web, non tutti quelli che utilizziamo magari sono noti o conosciuti. In alcuni paesi non sono così diffusi i social che qui vanno per la maggiore o sono trendy. Ogni social in teoria nasce con specificità e caratteristiche, quindi capire che social utilizzo e perché lo faccio potrebbe già essere un buon inizio anche per gli adulti. Poi riflettere sulle regolamentazioni dei contratti dei social, che ci sono: all’atto dell’iscrizione non tutti leggiamo, ma scorriamo il monitor o il display per mettere accetto alla fine, per cui è co­me se firmassimo un contratto senza leggere il contenuto, ma in quel momento il nostro pensiero primario è avere il social per condividere social. Quasi peggio poi quando scarichiamo la app per avere un social sul nostro smartphone, diamo l’adesione senza riflettere che in quel momento stiamo dando libero accesso e condivisione ad interim di tutto o di molti dei contenuti che abbiamo salvato nella galleria o nei contatti o nelle note. Dunque, a partire da quando scarico dovremmo attenzionare i nostri comportamenti, non possiamo pretendere che i ragazzi lo facciano se non lo facciamo per primi noi adulti. Seconda attenzione va sulla gestione di come organizzo tutte le opzioni della privacy e poi non meno importante sui contenuti che vengono postati in qualsiasi formato, perché ciò che postiamo è per sempre, poi su ciò che commento e ciò che condivido, perché a dispetto di tutte le opzioni di privacy di cui sopra tutto quello che digito o mando in rete mi rende visibile e può modificare la mia persona virtuale e anche credibilità nel reale.


3. Conclusioni