Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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L'una tantum divorzile (di Fabiana Romano, Avvocata in Velletri, Referente AIAF Velletri)


La previsione contenuta nella l. 1° dicembre 1970, n. 898, art. 5, n. 8 prevede espressamente che su accordo delle parti la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione, ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. L’autrice analizza i criteri e gli effetti che derivano dalla dazione di un una tantum primo fra tutti quello di non poter, in alcun modo, in futuro, avanzare richieste di tipo economico e di conseguenza in caso di “una tantum” l’ex coniuge non avrà diritto alla quota della pensione di reversibilità cui da diritto la sussistenza dell’assegno divorzile.

The provision contained in Law no. 898 of 01 December 1970, under art. 5, no. 8, expressly states that «upon the parties’agreement, payment may be made in a single tranche, where the court deems this to be fair». The author analyzes the criteria and the effects of making a one-time payment, first among which is that of being unable in the future to bring financial claims; consequently, in the event of a “one-time” payment, the former spouse will have no right to the survivor’s pension to which the existence of alimony entitles the spouse.

SOMMARIO:

1. Origine normativa e caratteristiche dell’una tantum divorzile - 2. Quantificazione dell’una tantum - 3. Gli effetti dell’una tantum - 4. Modalità di dazione ed aspetti fiscali - 5. L’una tantum e la negoziazione assistita - 6. Conclusioni - NOTE


1. Origine normativa e caratteristiche dell’una tantum divorzile

La modalità di corresponsione periodica dell’assegno divorzile, sancita nell’art. 5, l. n. 898/1970, è certamente quella adottata più di frequente, partendo dal presupposto che, in tal modo, possa meglio essere realizzata, di volta in volta, la finalità che caratterizza l’istituto. Ma oltre alla corresponsione periodica di una somma di denaro a titolo di assegno divorzile, il 8° comma della norma ora citata [1] prevede un’alternativa, nella sola disponibilità delle parti (a differenza di altri ordinamenti europei nei quali è prevista la possibilità di avanzare domanda giudiziale di attribuzione in un’unica soluzione), che consente la liquidazione una tantum di ogni spettanza economica di un coniuge nei confronti dell’altro, mediante l’erogazione di una somma in denaro o altra simile attribuzione. Un incentivo all’applicazione della norma che prevede la modalità solutoria dell’una tantum, vi è stato, invero, sin dall’entrata in vigore della norma stessa per ovvie ragioni anche di natura deflattiva del contenzioso divenuto, con il tempo, sempre più imponente in termini di dimensioni numeriche, ad oggi, male e faticosamente gestito dai tribunali. Lo scopo di una tale previsione è stato sin da principio quello di definire ogni questione economica relativa ad una vicenda matrimoniale ormai conclusa, con quanto in termini di conflittualità ne potrebbe derivare nel caso in cui tale definizione non fosse raggiunta. Ed è proprio alla luce dei nuovi interventi giurisprudenziali che hanno reso più incisiva la possibilità di una prognosi incerta in ordine all’attribuzione in sede giudiziale di un assegno divorzile, che può ritenersi maggiore ed innegabile il vantaggio di un’attribuzione una tantum e la sua utilità sia per la parte che lo percepisce che per quella che dovrà corrisponderlo. Da una parte troviamo l’interesse di uno dei due coniugi ad estinguere immediatamente il suo obbligo di assistenza, con esclusione, a monte, del rischio di un’attribuzione superiore o di revisioni di sorta in sede giudiziaria e dall’altra l’interesse del coniuge destinatario dell’importo ad ottenere in anticipo una consistente prestazione in forma capitale, con abbattimento di ogni rischio derivante da una possibile [continua ..]


2. Quantificazione dell’una tantum

Il criterio da utilizzare per la quantificazione dell’una tantum divorzile non potrà che essere di natura eterogenea e tenere conto di una serie di elementi. Di certo non potrà trattarsi di una quantificazione basata su algoritmi precisi, ma derivante dalla valutazione di una serie di parametri che andranno necessariamente, tutti, presi in considerazione. È normativamente sancita la possibilità che la dazione una tantum non consista necessariamente in una somma di danaro ben potendo l’obbligo essere adempiuto mediante trasferimento di beni sia mobili che immobili, anche in godimento. Il dettato normativo, ancora ad oggi, non fornisce in alcun modo un criterio di calcolo dell’una tantum né può ritenersi esistente una giurisprudenza consolidata alla quale fare riferimento, per cui non vi è dubbio che, nella prassi, si attivi una sorta di contrattazione fra le parti assistite dai rispettivi difensori. La più frequente metodologia di calcolo che viene adottata, in sede di trattativa, è quella di moltiplicare l’assegno mensile percepito in fase separativa per un numero di anni mediamente corrispondenti all’aspettativa di vita residua del soggetto percipiente. Si tratta del cosiddetto metodo “moltiplicatorio”. Tale metodo, così frequentemente adottato, appare ancora più incerto alla luce anche della “nuova” qualificazione dell’assegno divorzile, soprattutto in termini di valutazione, certamente complessa, della sussistenza dei parametri necessari per la sua attribuzione. La sua incertezza per non dire erroneità era, invero, già preesistente se consideriamo una serie di fattori ossia: la differente natura dell’assegno di separazione rispetto a quello divorzile (ciò, ancor di più, alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali); il fatto che l’attribuzione di un una tantum comporta la perdita, da parte del coniuge che lo percepisce, del diritto al trattamento di fine rapporto ed alla pensione di reversibilità dell’altro, nonché all’assegno successorio; la non trascurabile valutazione di natura fiscale se consideriamo il fatto che l’assegno periodico è tassato a differenza dell’una tantum; soprattutto la forte incisività, sull’attribuzione di un assegno periodico, che gli elementi variabili che [continua ..]


3. Gli effetti dell’una tantum

Il principale effetto che deriva dalla dazione di un una tantum è quello di non poter, in alcun modo, in futuro, avanzare richieste di tipo economico, anche in ipotesi in cui il soggetto percepiente dovesse trovarsi nuovamente in uno stato di necessità [10]. Altro importante riflesso che sia attua in ipotesi di liquidazione una tantum è quello che si snoda sul terreno della prescrizione essendo, il diritto al versamento della somma capitale, soggetto a prescrizione ordinaria con termine decennale ex art. 2946 c.c. a differenza del diritto al pagamento degli importi scaduti degli assegni periodici soggetti a prescrizione quinquennale qualora, come solitamente accade si tratti di scadenze annuali o più brevi ex art. 2948, n. 4, c.c. Quanto alla questione relativa all’esistenza o meno di un diritto del coniuge divorziato che abbia percepito l’una tantum, in caso di decesso dell’altro coniuge, alla pensione di reversibilità ex art. 9, 3° comma, l. n. 898/1970, il dibattito giurisprudenziale, svoltosi per lungo tempo, ha dato vita a pronunce spesso discordanti. La Corte di Cassazione ha sempre utilizzato, come assunto dal quale partire per ogni possibile valutazione, la distinzione esistente fra l’ipotesi di attribuzione di un assegno divorzile periodico che costituisce presupposto indefettibile per il riconoscimento della pensione di reversibilità e quella, alternativa, rappresentata dalla dazione di una somma, anche rateizzata (ma non parcellizzata), ovvero il trasferimento di un bene o di un diritto che comportino la perdita, per il futuro, della possibilità, per il soggetto percipiente, di avanzare una nuova domanda a con­tenuto economico. Parte della Giurisprudenza in ipotesi di corresponsione di un una tantum, ha ritenuto tale dazione, atta a definire stabilmente i rapporti economici fra gli ex coniugi (garantendo un sicuro vantaggio nei confronti del beneficiario), incompatibile con future ed ulteriori erogazioni aggiuntive, ivi inclusi i trattamenti pensionistici [11]. Altra giurisprudenza, pur riconoscendo natura previdenziale al diritto alla pensione di reversibilità, ha nettamente escluso la possibilità che sorga, in capo al soggetto beneficiario dell’una tantum, il diritto a percepirla, trovandoci in presenza di una corresponsione non attuale dell’as­segno [continua ..]


4. Modalità di dazione ed aspetti fiscali

La modalità di dazione dell’una tantum varia a seconda dell’oggetto della corresponsione. In ipotesi di trasferimento immobiliare, occorre evidenziare che lo stesso avviene, si, nelle for­me ordinarie, ma sarà soggetto ad un trattamento fiscale vantaggioso, in quanto il trasferimento non è assoggettato all’imposizione tributaria delle compravendite immobiliari, trattandosi di atto di trasferimento connesso e conseguenziale ad accordi presi in sede divorzile e ciò in virtù di quanto previsto dall’art. 19, l. n. 74/1987 [14]. Per quanto concerne, invece, la dazione di una somma di denaro, oltre alla possibilità di corrispondere l’importo in un’unica soluzione, la Cassazione con sent. 24 maggio 2007, n. 12157 è intervenuta nel senso di ritenere ammissibile una rateizzazione del versamento dell’importo calcolato a titolo di una tantum, purché la stessa non sia talmente frazionata da rendere la dazione assimilabile al versamento di un assegno periodico [15]. Ed è stata sempre la stessa pronuncia a chiarire che il sopravvenire di nuove nozze del beneficiario non estingue in alcun modo il diritto al pagamento del residuo, in ipotesi di rateizzazione dell’importo con la modalità ora indicata [16]. Per quanto concerne gli aspetti fiscali se è notoria la deducibilità dal reddito complessivo ai fini Irpef, se non lo sono nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, degli assegni periodici corrisposti al coniuge (ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli) in conseguenza di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultino da provvedimenti dell’autorità giudiziaria (articolo 10, 1° comma, lett. c), TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, aggiornato con le modifiche da ultimo introdotte dalla l. 30 dicembre, n. 145 e dal d.lgs. 29 novembre 2018, n. 142), la deduzione non spetta per l’assegno corrisposto al coniuge e qualificato dal provvedimento dell’autorità giudiziaria nella forma dell’una tantum e ciò anche se il relativo pagamento avviene in maniera rateizzata [17]. In tal caso, infatti, la rateizzazione del pagamento costituisce solo una diversa modalità [continua ..]


5. L’una tantum e la negoziazione assistita

L’art. 6, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con l. 10 novembre 2014, n. 162, nel disciplinare la negoziazione assistita in tema di separazione e divorzio, afferma, in modo chiaro, che l’accordo stipulato in sede di convenzione “tiene luogo” dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio [19]. Pertanto, in sede di negoziazione assistita, le parti possono raggiungere, per via negoziale, i medesimi risultati giuridici che sarebbero conseguibili con una sentenza di separazione o di divorzio o con un decreto di omologa o di modifica. In considerazione della prevista possibilità per i coniugi di addivenire ad un accordo anche su questioni che tipicamente riguardano diritti indisponibili, considerata, altresì, la locuzione ado­perata dal legislatore (l’accordo “tiene luogo” della sentenza), sembra ragionevole ritenere che gli stessi coniugi possano accordarsi sulla corresponsione in un’unica soluzione dell’assegno di­vorzile in caso di scioglimento del vincolo o cessazione degli effetti civili del matrimonio [20]. Con ciò intendendosi che l’accordo ben potrebbe risolversi nel trasferimento di diritti reali su beni immobili di esclusiva appartenenza ad uno dei coniugi. La congruità dell’entità dell’una tantum che in sede giudiziale è compiuta in via equitativa, esula dal controllo che il pubblico ministero è tenuto a compiere e, cionondimeno, il fatto che, di contro, la legge imponga al giudice una valutazione, appunto, equitativa, non sembra argomento sufficiente a ritenere che la determinazione in sede negoziale sia preclusa alle parti e consta che molte procure come quella di Roma sono inclini a non rilevare negli accordi di divorzio contenenti una disposizione una tantum un fatto impeditivo al rilascio del nulla osta.


6. Conclusioni

Ciò detto, dalla breve disamina ora svolta che non ha la pretesa di essere esaustiva, emerge con chiarezza, l’innegabile utilità che la decisione di “liquidare” il coniuge economicamente più debole, mediante la corresponsione di un “una tantum”, potrà avere. Primo fra tutti vi è il vantaggio di porre fine ad ogni rapporto economico riguardante strettamente i coniugi, producendo tale tipologia di corresponsione, un effetto “tombale” ancora più incisivo nelle coppie senza figli minorenni o non autosufficienti, rispetto alle quali alla cessazione del vincolo matrimoniale corrisponderà la fine di ogni tipo di rapporto. Se da un lato chi accetterà l’una tantum non potrà avanzare in futuro ulteriori richieste economiche, dall’altro non potrà essere soggetto ad un depotenziamento del suo diritto in termini di riduzione/elisione dell’assegno percepito, rischio, con tutta evidenza aumentato a seguito dei recenti interventi giurisprudenziali. Appare corretto affermare che sono proprio i recenti interventi giurisprudenziali in materia di assegno divorzile ad aver reso ancora più vantaggiosa ed auspicabile tale soluzione, considerando l’incertezza dell’esito del vaglio, in termini di riconoscimento o meno del diritto all’asse­gno divorzile, che il tribunale è chiamato ad attuare qualora venga avanzata domanda di assegno divorzile periodico. Chi verserà l’assegno non potrà chiederne la riduzione o la restituzione, ma potrà eliminare ogni alea futura conservando, primo fra tutti, il diritto a percepire interamente il suo TFR, qualora ne abbia diritto. Particolare attenzione dovrà essere prestata nella determinazione dell’importo dell’una tantum, anche in termini di valore di un immobile che ne divenga oggetto, determinazione per la quale il ruolo degli avvocati che assisteranno le parti sarà determinante dovendosi tenere in considerazione la complessità degli elementi che andranno necessariamente valutati, quasi ad anticipare il successivo vaglio di equità che il tribunale è tenuto, in ogni caso, a fare.


NOTE