Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Il diritto all'oblio – il diritto ad essere dimenticati nell'era digitale (di Alessia Benincasa, Avvocata in Arezzo)


Che ci piaccia o no siamo nel XXI secolo, nell’era della connessione facile, dell’utilizzo compulsivo di internet, delle dinamiche virtuali, del “clikkare”, del postare, del twittare, visualizzare, feedare, taggare, navigare, selezionare, cercare, commentare.

Ebbene sì, siamo nel c.d. mondo 2.0 dove la rete funziona da cassa di risonanza, facendoci sempre più allontanare dal mondo reale verso il mondo virtuale dove tutto ciò che ci rappresenta diventa intangibile e potenzialmente aperto a tutti.

È in questa progressiva ed esponenziale crescita della “rete” che si è fatto sempre più sentire il bisogno di salvaguardare la sfera privata del singolo, affinché sia tutelata la divulgazione dei dati e impedito qualsiasi uso illegittimo degli stessi.

Whether we like it or not, we are in the 21st century, the wired age, the age of compulsive Internet use and virtual dynamics, of right-clicking, posting, tweeting, displaying, feeding, tagging, surfing, selecting, searching, and com­menting.

So yes, we are in the “second generation” world, where the web has become an echo chamber, taking us farther and farther from the real world and more and more towards the virtual one where everything that is represented becomes intangible and potentially open to all.

It is in this progressive, exponential growth of the web that the need has been increasingly felt to safeguard the privacy of the individual, in order that the dissemination of data might be protected, and any illegitimate use of data might be prevented.

SOMMARIO:

1. Introduzione. Cenni sul diritto alla Privacy - 2. La particolare tutela del “Diritto all’oblio” - 3. L’annosa questione del bilanciamento tra libertà di informazione e di espressione e diritto alla riservatezza - 4. Diritto all’oblio, quale tutela per i minori? - 5. Esercizio del diritto all’oblio: a chi ci si può rivolgere? - NOTE


1. Introduzione. Cenni sul diritto alla Privacy

La Privacy, o diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della vita privata, salvaguarda la sfera privata del singolo individuo, affinché sia impedita la divulgazione di notizie e dati senza il consenso del medesimo. Nel nostro ordinamento, di diritto alla riservatezza si è iniziato a parlare per la prima volta a partire dagli anni ’50, desunto dai principi generali espressi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 (art. 12) [1] prima e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU, art. 8) [2] poi, ratificata in Italia nel 1955. Il Diritto alla Privacy viene, quindi, considerato un diritto di nuova formazione, dal momento che nella nostra costituzione, se pur la Cassazione [3] è compatta nel farlo rientrare tra il novero dei diritti inviolabili dell’uomo consacrati nell’art. 2 della nostra Carta, non ne è stata data una espressa codificazione. Naturalmente in origine la riservatezza era pensata come tutela offerta nei confronti dei media e della stampa, con portata quasi esclusivamente nazionale. Con il diffondersi delle nuove tecnologie, e quindi con il rapido “circolare” delle informazioni, si è fatta sentire l’esigenza a livello Europeo di trovare una normativa comune a tutti gli stati membri, in modo da creare una uniformità di trattamento. Il 4 maggio 2016, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Europea il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati Personali (General Data Protection Regulation GDPR), che entrerà in vigore il 24 maggio 2016. Essendo un regolamento deve essere, ed è stato, attuato allo stesso modo in tutti gli Stati Membri, senza margini di libertà nell’adattamento. In Italia il GDPR è stato recepito con il d.lgs. n. 101/2018. Con il regolamento si passa da una visione proprietaria del dato, in base alla quale non lo si poteva trattare senza consenso, ad una visione di controllo del dato, che favorisce la libera circolazione dello stesso, rafforzando nel contempo i diritti dell’interessato, il quale deve poter sapere sia quali informazioni sono usate e come vengono utilizzate per tutelare lui e l’intera collettività dai rischi insiti nel trattamento dei dati [4]. Scopo della legge sulla Privacy, dunque, è quello di dettare delle norme comuni che tutti coloro che trattano i dati personali di altri soggetti sono [continua ..]


2. La particolare tutela del “Diritto all’oblio”

In questo particolare contesto si inserisce l’art. 17 del GDPR che, per quello che a noi interessa, tratta appunto il diritto “alla cancellazione” («diritto all’oblio»). Tale norma così dispone: Art. 17 – Diritto alla cancellazione («diritto all’oblio») 1. L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti: a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati; b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2; d) i dati personali sono stati trattati illecitamente; e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto del­l’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento; f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1. 2. Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali. 3.I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario: a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione; b) per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento [continua ..]


3. L’annosa questione del bilanciamento tra libertà di informazione e di espressione e diritto alla riservatezza

Frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, più che normativa, nel nostro ordinamento il diritto all’oblio prende le mosse da una importante sentenza della Corte di Cassazione del 1998 [5], ritenuta l’origine dell’evoluzione successiva e di ciò che oggi è il diritto all’oblio. Tale pronuncia affrontava la questione della legittimità di una seconda pubblicazione, a distanza di più di sei anni, di una notizia all’epoca pubblicata legittimamente, riguardante fatti di mafia, che avevano arrecato grave pregiudizio al protagonista della vicenda, che nelle more delle due pubblicazioni era risultato estraneo ai fatti. Nel loro ragionamento gli ermellini introducono, quale nuovo elemento di contemperamento tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza (anche in caso di fatti già noti, quindi il diritto ad essere dimenticati) il criterio dell’ATTUALITÀ DELLA NOTIZIA. Il presupposto di tale elemento è che l’interesse pubblico alla conoscenza di un fatto è racchiuso in quello spazio temporale necessario ad informare la collettività, e che con il trascorrere del tempo si affievolisce, fino a scomparire [6]. In mancanza del requisito dell’attualità al momento della nuova e successiva diffusione della notizia, deve essere valutata la RILEVANZA SOCIALE dell’informazione, quale interesse che il pubblico ha ad avere nuova e successiva notizia di un fatto a distanza temporale del suo accadimento. Il Diritto all’oblio, quindi, si può definire come il giusto interesse di ogni individuo a non restare esposto per un periodo indeterminato agli ulteriori danni arrecati al suo onore e alla sua reputazione dalla reiterata diffusione di notizie risalenti, a meno che i fatti sopravvenuti non siano idonei a rendere nuovamente attuale l’informazione (rilevanza sociale). [7] In mancanza dell’attualità viene, quindi, in evidenza l’elemento della rilevanza sociale dell’informazione. Fanno naturalmente eccezione i fatti di rilevanza storica, come tali sempre riproducibili. A differenza del diritto alla riservatezza, dunque, il diritto all’oblio non è rivolto a cancellare il passato, ma a proteggere il presente, in quanto ha per oggetto avvenimenti che, nel momento del loro accadimento, non rientravano nella sfera della privacy, ma erano caratterizzati dall’interesse [continua ..]


4. Diritto all’oblio, quale tutela per i minori?

Il “diritto all’oblio” non è necessariamente collegato alla libertà di cronaca – cioè al diritto della collettività di venire a conoscenza di fatti di interesse pubblico – ma può riguardare dati di nessun interesse pubblico (che non lo hanno mai avuto, nemmeno in passato), che non necessariamente sono stati resi pubblici (si può infatti chiedere anche la cancellazione di dati non pubblici, ma gestiti solo dal titolare del trattamento) e che, in molti casi, sono stati originariamente immessi in Internet per decisione stessa dell’interessato. La questione del diritto alla cancellazione è particolarmente rilevante se l’interessato ha dato il consenso quando era minore, e quindi non pienamente consapevole dei rischi derivanti dal trattamento, e vuole successivamente eliminare questo tipo di dati personali, in particolare da internet. Fra le condizioni indicate dall’art. 17, per le quali è possibile chiedere e ottenere la cancellazione dei dati personali, figura alla lettera f anche quella indicata dall’art. 8 del GDPR, cioè «l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori». Corre subito rilevare che, sebbene il GDPR inserisca tra i presupposti per cui è possibile ottenere la cancellazione dei dati la circostanza del consenso prestato dal minore, poi non si prevedono specifiche tutele per tali soggetti, né obblighi più pregnanti e stringenti per chi tratta appunto i dati dei minorenni. Le condizioni per le quali il soggetto minore può chiedere e ottenere la cancellazione dei propri dati personali, infatti, non sono diverse da quelle generalmente applicate agli adulti, mancando qualsiasi specifica disposizione in merito. Questa – ad avviso della scrivente – rappresenta una lacuna del sistema, che mal si adatta ai tempi attuali ove sempre più adolescenti si approcciano alla “rete” e dove dovrebbe essere prevista una disciplina più agevole e snella quando ad invocare il diritto all’oblio sia un minore. È pur vero che la speciale protezione di cui i minori devono godere, in quanto non pienamente consapevoli delle implicazioni relative al trattamento dei loro dati personali, soprattutto se realizzato per finalità commerciali (marketing o profilazione dell’utente), è richiamata nel considerando [continua ..]


5. Esercizio del diritto all’oblio: a chi ci si può rivolgere?

Sul piano operativo, chiunque intenda esercitare il diritto all’oblio può chiedere al gestore del motore di ricerca, quale titolare del trattamento, di rimuovere dai risultati di ricerca associati al suo nominativo le URL che rinviano alle fonti che riportano informazioni ritenute per lui pregiudizievoli. In caso di mancata risposta o di risposta negativa, il successivo rimedio è il reclamo al Garante Privacy ai sensi dell’art. 77 del GDPR o in alternativa il ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria. Se si sceglie la via del reclamo al Garante, contro la decisione è poi possibile ricorrere all’au­to­rità giudiziaria. Sono ormai numerose le decisioni nelle quali il Garante Privacy ha preso posizione sul rifiuto da parte dei motori di ricerca di rimuovere dai risultati di ricerca gli URL che rinviano ad articoli online su vicende giudiziarie o di cronaca, del passato più o meno remoto. Nei suoi provvedimenti il Garante afferma costantemente che, per valutare se il diritto al­l’oblio sia stato esercitato in modo legittimo o meno, occorre considerare non solo il fattore “tempo trascorso”, ma anche gli altri criteri individuati dal Gruppo Art. 29 nelle proprie Linee Guida. Tale gruppo si è costituito, quale organismo indipendente con funzioni consultive (oggi sostituito dal COMITATO EUROPEO PER LA PROTEZIONE DEI DATI) in seguito alla famosa sentenza CEDU “Google Spain” del 2014 [12], elencando, tra le altre cose, una serie di criteri orientativi per le autorità garanti nazionali chiamate a gestire i reclami riguardanti richieste di deindicizzazione. Fra questi criteri: se il richiedente sia un soggetto pubblico, la minore o maggiore età dell’inte­ressato; il riferimento alla vita professionale o personale, il collegamento del risultato di ricerca con informazioni che recano pregiudizio alla persona o alla sua sicurezza.


NOTE