Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Il regime fiscale degli assegni di mantenimento (di Elisabetta Misilmeri, Avvocata in Livorno)


L’autrice analizza il regime fiscale degli assegni di mantenimento in favore del coniuge o ex coniuge, distinguendo tra assegno periodico e corrisposto in un’unica soluzione, rilevandone la diversa natura, e le conseguenti scelte del legislatore tributario. Successivamente tratta della tassazione degli assegni di mantenimento in favore dei figli ponendo l’accento sulla diversità rispetto all’assegno al coniuge e a quello alimentare. Infine si sofferma brevemente sulla rilevanza degli assegni di mantenimento ai fini dell’ammissione al patrocinio dello Stato ed I.S.E.E.

The author analyzes the tax regime of maintenance allowances paid to the spouse or former spouse, distinguishing between a periodic allowance and one made in a single payment, and explaining their different natures and the consequent choices made by tax legislation. She then discusses the taxation of maintenance allowances to children, emphasizing the differences from the spousal and food allowances. Lastly, she briefly touches upon the importance of maintenance allowances for the purposes of admission to legal aid and the equivalent economic status indicator. (I.S.E.E).

SOMMARIO:

1. La crisi familiare e le scelte legislative in tema di tassazione dell’assegno di mantenimento - 2. La tassazione dell’assegno periodico di mantenimento in favore del coniuge o ex coniuge - 3. La tassazione dell’assegno corrisposto in un’unica soluzione - 4. La tassazione dell’assegno periodico di mantenimento in favore dei figli - 5. L’assegno di mantenimento ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed ai fini I.S.E.E. - NOTE


1. La crisi familiare e le scelte legislative in tema di tassazione dell’assegno di mantenimento

Nella famiglia sussistono obblighi di assistenza e di contribuzione, sia nei confronti del coniuge [1], che dei figli [2]. In caso di crisi della vita matrimoniale, tali obblighi verso il coniuge, o ex coniuge, economicamente più debole sono adempiuti mediante la previsione di un mantenimento corrisposto in forma periodica o una tantum [3]. Nei confronti dei figli i genitori possono contribuire con un mantenimento diretto o tramite la corresponsione di un assegno periodico, generalmente da parte del genitore non collocatario in via prevalente [4]. Il legislatore tributario presta particolare attenzione a tali obblighi nel caso di crisi del nucleo familiare. In effetti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stato previsto che gli assegni periodici corrisposti al coniuge (o ex coniuge) a seguito di separazione o divorzio sono deducibili dal reddito per chi li versa e, parallelamente, imponibili per chi li riceve; diversamente gli assegni corrisposti in un’unica soluzione all’ex coniuge e quelli destinati ai figli sono fiscalmente irrilevanti, nel senso che tali importi non sono né deducibili dal reddito del soggetto che li versa, né sottoposti a tassazione per colui che li percepisce [5]. Al fine di comprendere le ragioni di una tale scelta è necessario ripercorrere brevemente l’iter di determinazione dell’I.R.P.E.F., ponendo in evidenza i tratti che maggiormente interessano ai nostri fini. L’I.R.P.E.F. è l’imposta sul reddito delle persone fisiche ed è disciplinata dal d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917. Il concetto di reddito è diverso rispetto a quello di patrimonio [6]. Il patrimonio è un insieme di situazioni giuridiche soggettive a contenuto economico di cui è titolare un soggetto, mentre il reddito è un flusso di ricchezza che incrementa il patrimonio di un soggetto in un determinato periodo di tempo. Pertanto, al fine di individuare il reddito prodotto da un soggetto in un periodo d’imposta [7], è necessario effettuare la differenza tra il suo patrimonio alla fine e al­l’inizio del periodo d’imposta. Il reddito è proprio tale variazione incrementale del patrimonio nel corso del periodo d’imposta di riferimento. Non tutte le entrate, però, costituiscono reddito. Il presupposto dell’I.R.P.E.F. è il possesso di redditi in [continua ..]


2. La tassazione dell’assegno periodico di mantenimento in favore del coniuge o ex coniuge

L’assegno periodico corrisposto al coniuge (o ex coniuge), nella misura in cui risulta da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, è deducibile dal reddito complessivo del soggetto che lo versa ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del T.U.I.R. [11] Parallelamente, tale importo costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. i), del T.U.I.R., per il coniuge che lo percepisce. Quest’ultimo, poi, potrà usufruire della detrazione d’imposta prevista dall’art. 13, comma 5-bis, del T.U.I.R. La deducibilità fiscale prevista dall’art. 10 del T.U.I.R. è regolata secondo il principio di cassa nel senso che ai fini della deduzione si dovrà tener conto solo degli assegni effettivamente corrisposti per ciascun periodo d’imposta [12]. La documentazione da controllare e conservare al fine di usufruire di tale deduzione sarà il provvedimento dell’autorità giudiziaria e le ricevute di bonifico effettuate all’altro coniuge o le ricevute rilasciate da quest’ultimo, e ciò al fine di verificare che gli importi dedotti coincidano con quanto versato [13]. Nel provvedimento dell’autorità giudiziaria potrebbero anche essere previste forme alternative rispetto al versamento dell’assegno periodico. Tali importi saranno deducibili dal reddito del soggetto che li versa. In particolare, nel provvedimento del giudice potrebbe anche essere stato previsto come contributo al mantenimento il pagamento delle spese sostenute per assicurare al coniuge, o ex coniuge, la disponibilità di un alloggio, come il canone di locazione e le spese condominiali [14]. Tali importi saranno deducibili dal reddito se nel provvedimento sono stati quantificati o comunque siano essi quantificabili [15]. Qualora tali somme riguardino l’immobile a disposizione del coniuge e dei figli la deducibilità sarà limitata alla metà delle spese sostenute ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 42/1988 [16]. Inoltre, se il coniuge si accolla le rate del mutuo intestato all’altro potrà dedurre dal reddito tali importi nei limiti dell’assegno di mantenimento previsto nel provvedimento del giudice [17]. L’obbligo di corrispondere l’assegno potrebbe essere assolto anche attraverso la compensazione con un proprio [continua ..]


3. La tassazione dell’assegno corrisposto in un’unica soluzione

L’assegno di mantenimento corrisposto in un’unica soluzione, invece, è fiscalmente irrilevante, cioè non è deducibile per colui che lo versa e non sarà tassato in capo al soggetto che lo percepisce [21]. Tale diverso regime fiscale dell’assegno una tantum, rispetto a quello versato in modo periodico, dipende dalla natura dello stesso. La Corte Costituzionale, con l’ordinanza del 6 dicembre 2001 n. 383 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. sollevata dalla Corte di Cassazione in relazione agli artt. 3 e 53 cost.,, nella parte in cui non prevede la deducibilità dal reddito anche dell’assegno corrisposto in unica soluzione. La Corte Costituzionale, in particolare, ha evidenziato come non sia irragionevole una diversa regolamentazione tributaria dell’assegno di mantenimento periodico e una tantum, e ciò in quanto sono due forme di adempimento sotto vari profili diverse. “L’importo da corrispondere in forma periodica viene fissato in base alla situazione esistente al momento della pronuncia e può essere successivamente modificato, mentre quello versato una tantum, che non corrisponde necessariamente alla capitalizzazione dell’assegno periodico, viene concordato liberamente dai coniugi, ai fini della definitiva determinazione dei loro rapporti patrimoniali e non è più rivedibile”. Nonostante tale arresto, la giurisprudenza di merito [22] ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, let. c), T.U.I.R. La Corte Costituzionale con l’ordinanza del 29 marzo 2007 n. 113 ha ribadito le diversità dei due assegni, evidenziando la natura “transattiva” di quello corrisposto in un’unica soluzione, ed ha affermato che “il legislatore, nel caso di corresponsione di un capitale una tantum – sicuramente di importo maggiore di un assegno periodico – ha preferito tutelare l’accipiens (cioè il coniuge economicamente più debole….) non assoggettandolo a tassazione per il relativo importo e lasciando simmetricamente immutato l’ordinario carico fiscale del solvens, senza prevedere, quindi, alcuna deduzione per tale esborso”. La Corte di Cassazione [23] si è allineata a tale orientamento della [continua ..]


4. La tassazione dell’assegno periodico di mantenimento in favore dei figli

L’assegno destinato al mantenimento dei figli [28] è fiscalmente irrilevante e, dunque, tali importi non saranno ricompresi nella base imponibile del genitore che li percepisce e non saranno deducibili per colui che li versa. In particolare, ai sensi della lettera b) del comma 3, dell’art. 3 del T.U.I.R. sono in ogni caso esclusi dalla base imponibile “gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”. Parallelamente, come espressamente previsto dall’art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. [29], il coniuge che corrisponde tali assegni non può dedurre tali importi. In relazione all’indeducibilità dell’importo corrisposto a titolo di mantenimento in favore dei figli sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale per disparità rispetto al mantenimento del coniuge e all’assegno alimentare [30]; in entrambi i casi gli importi versati sono deducibili dal reddito di colui che li versa e tassati in capo al soggetto percipiente. Sotto il primo profilo, la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 950 del 29 luglio 1988, afferma che la scelta in merito alla deducibilità o detraibilità di determinati oneri o spese è sottoposta alla piena discrezionalità del legislatore e, comunque, “non è irrazionale la disparità di trattamento tra l’assegno periodico al coniuge rispetto a quello di mantenimento dei figli, in quanto l’uno costituisce una perdita economica del soggetto erogatore, mentre l’altro rappresenta adempimento di un obbligo sancito per legge a carico dei genitori, che non viene meno a seguito di separazione legale o di scioglimento del matrimonio”. Sotto il secondo profilo, la Corte Costituzionale con la sentenza del 14 novembre 2008 n. 373 ha dichiarato la questione di legittimità non fondata, in quanto l’assegno in favore dei figli e quello alimentare sono diversi. In primo luogo, l’assegno alimentare costituisce, quantitativamente, un minus rispetto all’assegno di mantenimento e da ciò consegue soltanto che, nel caso di assegno di mantenimento per i figli, la funzione propriamente alimentare del [continua ..]


5. L’assegno di mantenimento ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed ai fini I.S.E.E.

Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si deve tenere conto sia dell’assegno di mantenimento al coniuge o ex coniuge che di quello in favore dei figli. L’art. 76 del d.P.R. n. 115/2002 (Testo Unico spese di giustizia) detta le condizioni per l’am­missione al patrocinio a spese dello Stato. Al comma 1 prevede che “può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito [32], risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 12.838,01 [33]”. Prima di tutto è necessario comprendere se al fine di verificare il rispetto del limite reddituale previsto dalla legge per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si debba tener conto del reddito complessivo lordo, ovvero comprensivo degli oneri deducibili, ovvero del reddito netto. Si contrappongono due diversi orientamenti. Secondo un primo orientamento deve tenersi conto del reddito complessivo lordo e, dunque, comprensivo delle somme che ai fini I.R.P.E.F. vengono dedotte dal reddito o detratte dall’im­posta [34]. A tale orientamento se ne è contrapposto un altro, sposato anche dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui si dovrà tener conto del reddito imponibile, ovvero netto [35]. Dati tali contrapposti orientamenti e la rilevanza penale [36] di eventuali falsità o omissioni contenute nell’istanza di ammissione, in via prudenziale sarebbe opportuno tenere conto del reddito complessivo lordo del soggetto. Il comma 3 dell’art. 76 del d.P.R. n. 115/2002 precisa che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si deve tener conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva. A ciò consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite [37], il reddito di cittadinanza [38] e gli assegni di mantenimento in favore dei figli [39]. Gli assegni di mantenimento assumono una rilevanza ancora diversa ai fini I.S.E.E. (indicatore della situazione economica equivalente). La Dichiarazione Sostitutiva Unica (D.S.U.) [40] è un documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare al [continua ..]


NOTE